Trasfusione con sangue infetto: la mancata tracciabilità della sacca inchioda l’ospedale

Sacrosanto per i Giudici il diritto al risarcimento per la persona che ha contratto l’epatite B a seguito della trasfusione. Nessun dubbio sulla responsabilità addebitabile alla struttura sanitaria, proprio alla luce della mancata indicazione nella cartella clinica del referto di accompagnamento del centro emotrasfusionale.

Trasfusione fatale per un uomo, che si ritrova affetto da epatite B’ Inevitabile il contenzioso per ottenere un adeguato ristoro economico. E sacrosanta, sanciscono i Giudici, è la pretesa da lui avanzata anche nei confronti della struttura – un’azienda ospedaliera – decisiva la constatata impossibilità, all’epoca dei fatti, di tracciare la sacca di sangue utilizzata Cassazione, ordinanza n. 852/20, sez. III Civile, depositata il 17 gennaio . Sacca. Il lungo e delicato processo ha un passaggio decisivo in appello. Lì i Giudici escludono la responsabilità della struttura chiamata in causa, osservando che l’omissione o l’insufficienza dei controlli del sangue avrebbe potuto condurre a una pronuncia di condanna” qualora fosse stato allegato dalla persona danneggiata dalla trasfusione l’avvenuta utilizzazione di sacche di sangue estranee ai circuiti autorizzati dal Ministero o raccolte nell’ambito della propria gestione di un centro trasfusionale”. Invece, in questo caso, ci si è limitati, osservano i Giudici di secondo grado, a ipotizzare la provenienza del sangue da sacche ignote” mentre dall’esame della cartella clinica” è risultata la mancata annotazione del referto di accompagnamento del centro emotrasfusionale” e questo dato non può equivalere a prova della ignota provenienza del sangue”. In sostanza, è mancata la prova dell’omessa diligenza” da parte della struttura sanitaria, concludono i giudici d’Appello. Cartella. Visione completamente opposta, invece, quella della Cassazione, che riconosce il diritto della persona danneggiata a un adeguato ristoro economico. Ciò perché gli elementi probatori a disposizione sono sufficienti per ritenere sussistente la responsabilità della struttura sanitaria”. In questa ottica i giudici sottolineano che l’impossibilità di tracciare una sacca di sangue trasfusa comporta una irregolarità nella tenuta della cartella clinica, cui può ricollegarsi l’affermazione di responsabilità” della struttura. Tirando le somme, la mancata annotazione nella cartella clinica del referto di accompagnamento del ‘Centro trasfusionale’” inchioda l’azienda ospedaliera, e legittima la richiesta di risarcimento avanzata dalla persona danneggiata dalla trasfusione. Necessario però un nuovo processo in Appello per stabilire la cifra.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 19 settembre 2019 – 17 gennaio 2020, n. 852 Presidente Travaglino – Relatore Moscarini Fatti di causa An. Pi., affetto da virus HBV in conseguenza di una trasfusione di sangue infetto somministratagli nel 1982 presso la Usl n. 40 della Campania, ricorre per cassazione avverso la sentenza dalla Corte d'Appello di Napoli che, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha accolto l'appello del Ministero della Salute ed ha dichiarato maturata la prescrizione del diritto dei Pi. al risarcimento del danno aquiliano, rigettando l'appello incidentale del medesimo volto a far valere la responsabilità contrattuale dell'Azienda sanitaria e dei singoli sanitari, con conferma della pronuncia di prime cure sulla mancanza di prova di inadempienze o negligenze del personale medico dell'ospedale. La Corte territoriale, per quel che ancora rileva in questa sede, ha statuito che l'omissione o l'insufficienza dei controlli del sangue avrebbe potuto condurre ad una pronuncia di condanna dell'azienda ospedaliera qualora la parte istante avesse allegato l'avvenuta utilizzazione di sacche di sangue estranee ai circuiti autorizzati dal Ministero o raccolte nell'ambito della propria gestione di un centro trasfusionale. Essendosi, invece, l'attore limitato ad ipotizzare la provenienza del sangue da sacche ignote ma risultando, invece, dall'esame della cartella clinica esaminata dal CTU la mancata annotazione del referto di accompagnamento del Centro Emotrasfusionale, non potendo la stessa equivalere a prova dell'ignota provenienza del sangue, era dunque mancata la prova dell'omessa diligenza dell'azienda sanitaria. Né, ad avviso del Giudice di merito, poteva ritenersi incombere sulle convenute la prova di aver fornito sacche di sangue sano poiché, all'epoca in cui si svolsero i fatti, l'uso di sangue infetto non era imputabile alla struttura ospedaliera ove il materiale organico provenisse da centri autorizzati. In mancanza di prova, in capo al danneggiato, della violazione dei doveri di diligenza qualificata della struttura il Giudice ha rigettato l'appello incidentale, compensando le spese. Avverso la sentenza An. Pi. propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, illustrato da memoria. Resiste la Regione Campania con controricorso. Ragioni della decisione Occorre preliminarmente esaminare l'eccezione di prescrizione del diritto al risarcimento del danno contrattuale, già sollevata nei gradi di merito e riproposta in questa sede da parte esistente. L'eccezione è infondata. Il Giudice di merito, rigettando nel merito le domande della Regione e della Gestione Liquidatoria, ha implicitamente rigettato l'eccezione di prescrizione e su tale statuizione è sceso il giudicato. 2. Con l'unico motivo di ricorso - violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.comma 1218, 1225, 1228, 1176, 2236 e 2697 c.c. del D.P.R. n. 1256/71 in relazione all'art. 360, co. 1 n. 3 c.p.comma Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione all'art. 360, co. 1 n. 5 c.p.comma - il ricorrente censura la sentenza per non essersi conformata alle norme indicate in epigrafe e per aver invertito l'onere della prova, ponendo a carico del danneggiato, oltre che la prova del fatto e del nesso causale, anche la prova della colpevolezza della struttura quando, in base ai principi della responsabilità contrattuale, il debitore ai sensi dell'art. 1218 c.c., è tenuto al risarcimento del danno a meno che non provi che l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile. La sentenza si porrebbe in contrasto con il consolidato orientamento di questa Corte secondo il quale la prova del nesso causale, nella responsabilità per inadempimento contrattuale in materia di sangue infetto, è ripartita tra danneggiato e struttura ospedaliera, nel senso che il danneggiato deve provare che l'esecuzione della prestazione si è inserita nella serie causale che ha condotto all'evento di danno, mentre grava sulla struttura l'onere di provare di aver agito con diligenza, ad esempio dimostrando che le sangue di sangue utilizzate provenivano dai centri preposti alla fornitura, alla tracciabilità ed al controllo. 2.1 Il motivo è fondato. La sentenza impugnata, pur dando atto che nella cartella clinica mancava l'annotazione del referto di accompagnamento del centro trasfusionale, ha ritenuto che la prova della colpa gravasse sul danneggiato. Questa statuizione è in patente contrasto con l’ormai granitica giurisprudenza di questa Corte secondo la quale in tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e di responsabilità professionale da contatto sociale del medico, ai fini del riparto dell'onere probatorio l'attore, paziente danneggiato, deve limitarsi a provare l'esistenza del contratto o il contatto sociale e l'insorgenza o l'aggravamento della patologia ed allegare l'inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, rimanendo a carico del debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante Cass., S.U., n. 577 dell'11/1/2008 Cass., 3, n. 20101 del 18/9/2009 3, n. 1538 del 26/1/2010 3, 15993 del 21/7/2011 Cass., 3, n. 20904 del 12/9/2013 n. 820 del 20/1/2015, Cass., 3, n. 24073 del 13/10/2017 . La statuizione, con le opportune precisazioni in tema di riparto della prova del nesso causale, ha trovato ulteriore applicazione nelle più recenti pronunce di questa Corte Cass. 18392 del 2017 Cass. 28991/2 del 2019 , dalle quali emerge la conferma del principio secondo il quale, provato, da parte del paziente, anche a mezzo di presunzioni, la relazione causale tra la condotta e la lesione relazione che, nella specie, non risulta in discussione , l'onere della prova della causa non imputabile e, a più forte ragione, contrariamente a quanto opinato dalla Corte territoriale, dell'assenza di colpa grava sul presunto danneggiante. In assenza di tali prove, la responsabilità della struttura non può ritenersi esclusa. In particolare, questa Corte ha ancora precisato che l'impossibilità di tracciare una sacca di sangue trasfusa comporta un'irregolarità nella tenuta della cartella clinica cui può ricollegarsi l'affermazione di responsabilità contrattuale con riguardo alla prova presuntiva Cass., 11316/2003 . 3. La sentenza va, dunque cassala e la causa rinviata al giudice di merito per nuovo esame al fine di procedere alla liquidazione del danno, posto che l'an della pretesa risarcitoria deve ritenersi definitivamente accertato, sulla base degli atti di causa La Corte di rinvio procederà altresì alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa l'impugnata sentenza e rinvia la causa per nuovo esame ed anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione alla Corte d'Appello di Napoli in diversa composizione.