Gradino ‘traditore’, ma corrimano e copertura antipioggia smentiscono la vittima della caduta: niente risarcimento

L’episodio si è verificato in un centro sportivo, più precisamene sui gradini di accesso agli spogliatoi della piscina. La mancanza di certezze di un testimone e le foto agli atti smentiscono però la versione data dalla vittima del capitombolo, che è quindi attribuibile solo a una sua disattenzione.

Brutta avventura per la cliente di un circolo sportivo, tradita dalle scale di accesso agli spogliatoi della piscina. Il capitombolo però non è addebitabile alla – presunta – scarsa sicurezza della struttura, bensì, secondo i giudici, al comportamento tenuto dalla donna, che, di conseguenza, deve dire addio ad ogni pretesa risarcitoria per i danni subiti a seguito dell’incidente Cassazione, ordinanza n. 27970/19, sez. VI Civile - 3, depositata oggi . Foto. Ricostruito nei dettagli l’episodio, verificatosi oltre 10 anni fa in un centro sportivo una donna ebbe a cadere sulle scale di accesso agli spogliatoi della piscina . A suo parere il capitombolo è stato provocato dalla presenza di acqua, dalle condizioni usurate dell’antisdrucciolo e dall’assenza di un corrimano. Questa visione viene però respinta dai giudici, che prima in Tribunale e poi in Appello respingono la pretesa risarcitoria avanzata dalla donna nei confronti del centro sportivo. E ora sulla stessa linea si assesta anche la Cassazione, respingendo definitivamente le obiezioni proposte dalla donna. Decisiva la constatazione che proprio un testimone da lei indicato non ha saputo indicare le modalità precise della caduta né precisare se il gradino ‘traditore’ era bagnato d’acqua e presentava l’antisdrucciolo usurato e se infine non vi era neanche il corrimano. Peraltro, le fotografie prodotte in giudizio smentiscono ulteriormente la versione proposta dalla donna, poiché da esse emerge la presenza del corrimano a scala iniziata e l’esistenza di una copertura che avrebbe dovuto rendere più difficile l’ingresso dell’acqua . Tirando le somme, è logico dedurre che la caduta sia stata provocata da una disattenzione della donna.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 3, ordinanza 27 giugno – 30 ottobre 2019, n. 27970 Presidente Frasca – Relatore Gianniti Rilevato che 1. Li. Ma. ha proposto ricorso avverso la sentenza n. 3303/2018 della Corte di Appello di Roma che, rigettando il suo appello nei confronti di SportGest srl e della Unipol Assicurazioni s.p.a. intervenuta nel giudizio di primo grado , ha confermato la sentenza n. 15365/2012 del Tribunale di Roma, con la quale era stata rigettata la domanda di risarcimento danni ex art. 2051 c.c. che la Ma. aveva proposto nei confronti del Circolo sportivo Queen.s club, in relazione al sinistro occorso in data 1073/2008 allorquando ebbe a cadere sulle scale di accesso agli spogliatoi della piscina . 2. Ha resistito con controricorso la Unipol Assicurazioni spa 3. Essendosi ritenute sussistenti dal relatore designato le condizioni per definire il ricorso con il procedimento ai sensi dell'art. 380-bis cod. proc. civ., è stata redatta proposta ai sensi di tale norma e ne è stata fatta notificazione ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza della Corte. 4. In vista dell'odierna adunanza, la ricorrente ha depositato memoria. Considerato che 1. La ricorrente, con un unico motivo di ricorso, denuncia in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. la violazione e falsa applicazione degli artt. 2051 e 2697 c.c. nonché degli art. 115 e 167 c.p.c. Rileva che il giudice di primo grado aveva ritenuto applicabile nella specie l'art. 2051 c.c. e che su tale statuizione, in difetto di impugnativa, si è formato il giudicato. Deduce che la Corte territoriale ha ricostruito il nesso causale in termini diversi da quelli richiesti dalla suddetta norma come interpretata di recente nell'ordinanza n. 25837/2017 di questa Corte e, in tempi più risalenti, dalla sentenza n. 4476 del 2472/2011 , nella parte in cui ha posto a suo carico l'onere di provare non solo il verificarsi dell'evento in occasione dell’utilizzo del bene in custodia ma anche l'insussistenza del caso fortuito e in particolare della sua responsabilità concorrente . Sostiene che la Corte territoriale è anche incorsa nella violazione dell'art. 167 c.p.c. nella parte in cui non ha considerato che la compagnia assicurativa, essendosi costituita tardivamente, non aveva facoltà né di formulare eccezioni e neppure di articolare deduzioni istruttorie. 2. Il ricorso è infondato. Secondo consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità il criterio di imputazione della responsabilità di cui all'art. 2051 ce ha carattere oggettivo nel senso che il danneggiato deve dimostrare il nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre al custode spetta l'onere della prova liberatoria del caso fortuito, inteso come fattore che, in base ai principi della regolarità o adeguatezza causale, esclude il nesso eziologico tra cosa e danno, ed è comprensivo della condotta incauta della vittima, che assume rilievo ai fini del concorso di responsabilità ai sensi dell'art. 1227, comma 1, c.c. e deve essere graduata sulla base di un accertamento in ordine alla sua effettiva incidenza causale sull'evento dannoso, che può anche essere esclusiva Cass, 30775/2017 Cass. 12027/2017 . Ed è stato precisato che l'art. 2051 c.c. non dispensa il danneggiato dall'onere di provare il nesso causale tra cosa in custodia e danno, ossia di dimostrare che l'evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente offensiva, posseduta dalla cosa. Dei suddetti principi ha fatto buon governo la Corte territoriale nel caso di specie. Invero la ricorrente aveva sostenuto di essere caduta dal secondo gradino di accesso agli spogliatoi ed ha dedotto la responsabilità del custode, in quanto vi era presenza di acqua sulle scale, l'antiscivolo sul piano era usurato e non vi era corrimano. Senonché la Corte territoriale ha ritenuto non provato il nesso di causalità tra il bene in custodia e la caduta, rilevando che il testimone, indicato dalla stessa ricorrente ed escusso in primo grado, non aveva saputo indicare le modalità precise della caduta e, in particolare, se la caduta era occorsa sul secondo gradino, se questo effettivamente presentava antisdrucciolo usurato ed era privo di corrimano e fosse bagnato d'acqua e, d'altra parte, le fotografie prodotte attestavano la presenza del corrimano a scala iniziata e l'esistenza di una copertura che avrebbe dovuto rendere più difficile l'ingresso dell'acqua della pioggia . Occorre infine osservare che il motivo del ricorso comunque non si parametra alla motivazione della sentenza impugnata, che ha confermato il rigetto della domanda, disposto dal giudice di primo grado, perché la dinamica del fatto non risultava provata e, in particolare, non risultava provato che lo stato della scala fosse fonte di pericolo . 3 Al rigetto del ricorso consegue la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali valore del ricorso tra 5.200 e 26 mila Euro , nonché al pagamento dell'ulteriore importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo. P.Q.M. La Corte - rigetta il ricorso - condanna parte ricorrente al pagamento in favore di parte resistente delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 1.500 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1 comma 17 della L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera di parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13.