Odori e fumi dalla pizzeria nell’abitazione: il disagio non basta per il risarcimento

Il gestore dell’attività di ristorazione e il proprietario del locale devono adottare accorgimenti ad hoc per porre fine al problema. Allo stesso tempo, però, la persona che vive nell’appartamento soprastante e ha dovuto subire fumi e odori sgradevoli non può pretendere un risarcimento, poiché non ha dato prova di un concreto danno alla salute.

Fumi sgradevoli ‘recapitati’ dalla pizzeria nell’abitazione soprastante. Questo dato di fatto non è sufficiente però per riconoscere il diritto a un risarcimento. Necessario, difatti, spiegano i giudici, fornire prove certe del danno alla salute lamentato Cassazione, ordinanza n. 26882/19, sez. II Civile, depositata oggi . Canna. Terreno di scontro è un condominio nella zona di Ancona. Sotto accusa il gestore di una pizzeria e il proprietario del locale che è collocata al piano terra dello stabile e sfrutta la canna fumaria per permettere la fuoriuscita di fumi e odori dalla cucina. A risentirne però è una persona che vive nel palazzo e che ha l’appartamento proprio sopra all’attività di ristorazione, e, come ciliegina sulla torta, si ritrova con la canna fumaria che scarica a pochissima distanza dal suo balcone. Inevitabile la lite prima e il processo poi. E proprio su quest’ultimo fronte i giudici di merito ritengono legittime le lamentele dell’uomo così al proprietario del locale e al gestore della pizzeria viene ordinato di adottare accorgimenti ad hoc, consistenti nell’installazione di cappe aspiranti a carboni attivi all’interno del locale e nella riparazione della canna fumaria, rivelatasi interrotta proprio in prossimità del balcone relativo all’appartamento soprastante. Salute. Resta però da sciogliere il nodo del ristoro economico richiesto dall’uomo per l’avere dovuto subire fumi e odori sgradevoli nel proprio appartamento. E a questo proposito i giudici della Cassazione sanciscono che non si può parlare, in questo caso, di danno alla salute . Decisiva l’osservazione che l’esistenza delle immissioni non implica necessariamente un danno risarcibile, poiché quando il fenomeno può essere eliminato mediante accorgimenti tecnici , come in questo caso, allora il danno alla salute può essere escluso . Allargando l’orizzonte, poi, i magistrati richiamano un precedente e ribadiscono che in caso di immissioni di fumo eccedenti il limite della normale tollerabilità, non può essere risarcito il danno non patrimoniale consistente nella modifica delle abitudini di vita del danneggiato se manca una specifica prospettazione di un danno attuale e concreto alla sua salute . E in questa vicenda la persona costretta a subire fumi e odori non ha dato prova, concludono i giudici, di un reale danno alla salute , anche perché la documentazione medica prodotta non era idonea , come già sancito in appello, a fornire certezze sulla derivazione causale del disagio lamentato dal fenomeno dannoso accertato .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 13 settembre – 22 ottobre 2019, numero 26882 Presidente Lombardo – Relatore Oliva Fatti di causa Con atto notificato il 15.11.2005 Gi. Gu. riassumeva innanzi il Tribunale di Ancona il giudizio precedentemente instaurato innanzi il Giudice di Pace di Ancona, sul quale quest'ultimo si era dichiarato incompetente, evocando in giudizio innanzi il predetto Tribunale marchigiano La. Ma., Co. Cr., Po. Ca., Po. Gi., Po. Ma. Gr. e Po. Li. per sentir dichiarare nei loro confronti l'illiceità delle immissioni di fumi, calore ed esalazioni provenienti dal locale pizzeria gestito dalla convenuta Co., di proprietà dei Po., sito in Ancona, al piano terra dello stabile di via Scrima numero 8 nel quale è ubicato l'appartamento di proprietà dell'attore. Quest'ultimo invocava inoltre la condanna dei convenuti all'eliminazione delle immissioni contestate, con eliminazione del tratto della canna fumaria sottostante il balcone della sua proprietà, nonché il risarcimento del danno derivante dalle lamentate immissioni. I convenuti resistevano alla domanda spiegando domanda riconvenzionale per il pagamento di Euro 331,25 a titolo di indennizzo per il danno causato alla loro caldaia a seguito della eliminazione della canna fumaria manomessa arbitrariamente dall'attore, nonché la condanna di quest'ultimo all'integrale ripristino dello statu quo ante rispetto alla manomissione. Con sentenza numero 53/2008 il Tribunale accoglieva in parte la domanda, condannando i convenuti ad eliminare le infiltrazioni riscontrate anche dal C.T.U. appositamente nominato e a porre in essere gli accorgimenti indicati dall'ausiliario, consistenti in particolare nell'installazione di cappe aspiranti a carboni attivi all'interno del locale pizzeria della Cortesi e nella riparazione della canna fumaria, rivelatasi interrotta proprio in prossimità del balcone dell'attore. Respingeva invece tutte le altre domande da quest'ultimo proposte, come pure la domanda riconvenzionale spiegata dai convenuti. Con separato atto di citazione il Gi. evocava in giudizio i medesimi convenuti, sempre innanzi il Tribunale di Ancona, per sentir accertare nei loro confronti l'inesistenza della servitù di passaggio della canna fumaria posta a servizio della pizzeria. Esponeva in particolare che la preesistente canna fumaria era stata concepita solo a servizio dell'appartamento sottostante quello di sua proprietà e che, a seguito del suo illecito collegamento con la pizzeria, si era creato un aggravamento non consentito del diritto di servitù. Anche in questo giudizio si costituivano i convenuti resistendo alla domanda ed eccependo il loro acquisto per usucapione del diritto di fruire della canna fumaria anche per scaricarvi i fumi provenienti dalla pizzeria. Il Tribunale, dopo aver disposto una seconda C.T.U., riconosceva -con sentenza numero 962/2011 l'illecito aggravio della servitù ed accoglieva la domanda, ordinando la rimozione dell'intero tratto di canna fumaria oggetto di contestazione. Con separati appelli gli originari convenuti interponevano gravame avverso ambedue le decisioni di prima istanza. In ambedue i giudizi di seconde cure si costituiva il Gi. per resistere all'impugnazione, nonché -quanto al solo appello avverso la prima delle due decisioni del Tribunale spiegando appello incidentale relativamente alla domanda risarcitoria respinta dal primo giudice. I due giudizi di impugnazione venivano riuniti e decisi con la sentenza oggi impugnata, numero 562/2015, con la quale la Corte di Appello di Ancona osservava che la domanda di ripristino della canna fumaria era già stata proposta dal Gi. nel primo giudizio, conclusosi in prime cure con la sentenza numero 53/2008 che detta domanda era stata respinta in quella sede e che il Gi. non aveva proposto appello, né in via principale né in via incidentale, sul relativo capo di decisione, la quale era di conseguenza passata in giudicato sul punto. Ravvisava quindi la sussistenza del giudicato relativamente alla medesima domanda spiegata nel secondo giudizio, che -in riforma della seconda sentenza numero 962/2011 dichiarava improcedibile. Rigettava poi l'appello principale avverso la prima decisione del Tribunale, numero 53/2008, che riteneva coerente con le conclusioni del C.T.U. appositamente nominato dal Tribunale per accertare lo stato dei luoghi. Rigettava infine l'appello incidentale proposto dal Gi. avverso la medesima decisione solo per la domanda risarcitoria, in quanto il danno alla salute da egli allegato non era stato adeguatamente provato. Propone ricorso per la cassazione di detta decisione Gi. Gu. affidandosi a due motivi. Gli intimati non hanno svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità. Il ricorrente ha depositato memoria in prossimità dell'adunanza camerale. Ragioni della decisione Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del principio del ne bis in idem in relazione all'articolo 112 c.p.c. e del principio del giudicato in relazione all'articolo 2909 c.c., con riferimento all'articolo 360 nnumero 3 e 4 c.p.c. Ad avviso del Gi. la Corte di Appello avrebbe errato nel ravvisare il giudicato, perché la prima causa aveva ad oggetto solo il tratto della canna fumaria esistente tra il vecchio impianto e la pizzeria ovverosia il collegamento illecitamente realizzato dai convenuti tra l'esercizio commerciale ed il preesistente manufatto a servizio dell'appartamento mentre la seconda causa aveva ad oggetto tutta la canna fumaria, in quanto si contestava la creazione di una nuova servitù a carico dell'alloggio dell'attore, mediante la modifica della predetta canna fumaria posta, in origine, a servizio del solo appartamento sottostante quello del Gi La censura è infondata. Ed invero va ribadito che il giudice di merito è chiamato ad interpretare la domanda anche oltre le espressioni usate dalle parti, facendo riferimento al cd. bene della vita in concreto da esse invocato. Nel caso specifico lo stesso ricorrente dichiara la natura unitaria della sua richiesta, che è comunque riferita ad una modifica illecita di una canna fumaria pacificamente preesistente detta modifica consiste nella realizzazione di un collegamento realizzato tra la stessa ed un locale pizzeria ab origine non servito dal manufatto in esame. Il Gi. afferma cfr. pag.3 del ricorso di aver chiesto già nel primo giudizio la demolizione del primo tratto della canna fumaria, ossia di quello che collegava la preesistente conduttura alla pizzeria, creando in tal modo sia l'immissione che la nuova servitù e prosegue dando atto cfr. pag.8 del ricorso che il Tribunale, a conclusione di quel primo giudizio, aveva respinto la domanda di eliminazione della canna fumaria, ritenendo sufficiente ai fini di ovviare alle lamentate immissioni l'imposizione ai convenuti di alcuni accorgimenti e modifiche atte a non impedire lo svolgimento dell'attività produttiva. Ne consegue che sia nel primo che nel secondo giudizio l'oggetto del contendere non era la canna fumaria nella sua interezza, posto che il ricorrente dichiara e riconosce la sua preesistenza, ma soltanto il suo abusivo collegamento alla pizzeria pertanto la domanda di eliminazione del detto collegamento, respinta nel primo giudizio, avrebbe dovuto essere riproposta dal Gi. mediante specifico motivo di appello, principale o incidentale. Il fatto che con la prima sentenza -numero 53/2008 il Tribunale abbia condannato i convenuti soltanto ad operare accorgimenti tecnici all'interno della pizzeria ed a riparare la canna fumaria, mentre con la seconda decisione -numero 962/2011 li ha condannati invece ad eliminare l'intera canna fumaria non costituisce invero un fatto in sé e per sé rilevante, ai fini della configurabilità del giudicato, poiché per valutare l'esistenza di quest'ultimo si deve fare riferimento alla domanda, e non alla statuizione finale del giudice. Neppure rileva il fatto che la questione sia stata posta, nel primo giudizio, sub specie di domanda ex articolo 844 c.c. nel secondo invece sub specie di actio negatoria servitutis, posta l'unicità del fatto lesivo rappresentato dalla modifica della preesistente canna fumaria , l'identità della domanda di fatto proposta dal Gi. risolventesi nella richiesta di eliminazione del collegamento abusivo tra la canna fumaria e la pizzeria e la circostanza che la domanda ex articolo 844 c.c. sia stata diretta sin dal principio non soltanto avverso il responsabile delle immissioni, ma anche nei confronti dei proprietari del bene da cui esse provenivano. Va in proposito ribadito che L'azione inibitoria di cui all'articolo 844 c.c. contro le immissioni moleste provenienti dal fondo vicino ha natura reale, rientra nello schema della negatoria servitutis e deve essere proposta contro tutti i proprietari di tale fondo, qualora l'attore miri ad ottenere un divieto definitivo delle immissioni operante, cioè, nei confronti dei proprietari attuali o futuri del fondo medesimo e dei loro aventi causa, in modo da ottenere l'accertamento dell'infondatezza della pretesa, anche solo eventuale e teorica relativa al diritto di produrre siffatte immissioni. . La suddetta azione ha, invece, carattere personale, rientrante nello schema dell'azione di risarcimento in forma specifica di cui all'articolo 2058 c.c., nel caso in cui l'attore miri soltanto ad ottenere il divieto del comportamento illecito dell'autore materiale delle suddette immissioni, sia esso detentore ovvero comproprietario del fondo, il quale si trovi nella giuridica possibilità di eliminare queste ultime senza bisogno dell'intervento del proprietario, o degli altri comproprietari, del fondo medesimo Cass. Sez.2, Sentenza numero 647 del 27/02/1976, Rv.379296 cfr. anche Cass. Sez.2, Sentenza numero 1404 del 06/03/1979, Rv. 397713 Cass. Sez.2, Sentenza numero 1469 del 08/03/1982, Rv. 419280 cass. Sez. 2, Sentenza numero 2598 del 23/03/1996, Rv. 496547 Cass. Sez. U, Sentenza numero 10186 del 15/10/1998, Rv. 519722 Cass. Sez. 3, Sentenza numero 8999 del 29/04/2005, Rv. 582329 . Poiché nel caso specifico il Gi. aveva agito sin dal principio non soltanto nei confronti del gestore della pizzeria responsabile delle immissioni moleste, ma anche dei comproprietari del fondo dal quale queste ultime provenivano, ponendo la questione dell'aggravamento della servitù derivante dal passaggio della canna fumaria preesistente in conseguenza della modifica operata su quest'ultima da parte convenuta, alla relativa domanda va attribuita natura reale. Di conseguenza, sulla scorta dei riportati precedenti di questa Corte va ritenuta corretta la statuizione della Corte anconetana, che ha ravvisato l'identità tra la prima e la seconda domanda proposte dal Gi. nei due giudizi di prime cure da quest'ultimo intrapresi, poiché in entrambi i casi si configurava in sostanza un'actio negatoria servitutis. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2043 c.c. in relazione all'articolo 360 nnumero 3 e 4 c.p.c. perché la Corte di Appello avrebbe errato nel respingere l'appello incidentale relativo al risarcimento del danno alla salute derivante dalle immissioni ad avviso del ricorrente, una volta riscontrata l'esistenza di queste ultime, la Corte di merito non avrebbe potuto escludere la sussistenza, in concreto, del pregiudizio lamentato. La doglianza va disattesa. In primo luogo, essa non si confronta con la consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo cui l'esistenza delle immissioni non implica necessariamente un danno risarcibile, poiché quando il fenomeno può essere eliminato mediante accorgimenti tecnici -come è avvenuto nel caso di specie il danno alla salute può essere escluso. In un caso di immissioni sonore, infatti, si è ritenuto che L'accertata esposizione ad immissioni sonore intollerabili non costituisce di per sé prova dell'esistenza di danno alla salute, la cui risarcibilità è subordinata all'accertamento dell'effettiva esistenza di una lesione fisica o psichica Cass. Sez.3, Sentenza numero 25820 del 10/12/2009, Rv. 610924 . Ed anche in caso di immissioni di fumo . eccedenti il limite della normale tollerabilità, non può essere risarcito il danno non patrimoniale consistente nella modifica delle abitudini di vita del danneggiato, in difetto di specifica prospettazione di un danno attuale e concreto alla sua salute o di altri profili di responsabilità del proprietario del fondo da cui si originano le immissioni Cass. Sez. 3, Sentenza numero 4394 del 20/03/2012, Rv.622034 . Nel caso specifico/ la sentenza impugnata dà atto che il Gi. non aveva dimostrato il danno alla salute del quale aveva invocato il risarcimento, svolgendo pertanto un giudizio di fatto che non può costituire, in sé, oggetto di revisione in questa sede. La Corte di Appello ha infatti ritenuto che la documentazione medica prodotta dal ricorrente non fosse idonea ai fini della prova della derivazione causale del disagio lamentato dal fenomeno dannoso accertato, esprimendo in tal modo un apprezzamento sul compendio istruttorio di per sé non è censurabile in Cassazione. In proposito, va ribadito che L'esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull'attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata Cass. Sez. 3, Sentenza numero 12362 del 24/05/2006, Rv.589595 conf. Cass. Sez. 1, Sentenza numero 11511 del 23/05/2014, Rv.631448 Cass. Sez. L, Sentenza numero 13485 del 13/06/2014, Rv.631330 . In definitiva, il ricorso va rigettato. Nulla per le spese, in difetto di svolgimento di attività difensiva in questo giudizio di legittimità da parte dei soggetti intimati. Poiché il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, va dichiarata la sussistenza, ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater, del Testo Unico di cui al D.P.R. numero 115 del 2002, inserito dall'articolo 1, comma 17, della Legge numero 228 del 2012, dei presupposti per l'obbligo di versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. PQM la Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater, del D.P.R. numero 115/2002, inserito dall'articolo 1, comma 17, della Legge numero 228/12, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma I-bis dello stesso articolo 13.