La portata probatoria della constatazione amichevole in caso di litisconsorzio necessario

Il modello di constatazione amichevole sottoscritto dalle parti dopo il sinistro costituisce una prova documentale con efficacia confessoria e rappresenta un elemento istruttorio, come tutte le altre emergenze processuali, incluse quelle idonee a superarlo, la cui valutazione da parte del giudice consente di giungere all’accertamento del fatto e quindi alla decisione sull’an debeatur, valida per tutti i soggetti incluso l’assicuratore che partecipano al giudizio.

Il principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 25770/19, depositata il 14 ottobre. La vicenda. Il Tribunale di Spoleto, accertata la responsabilità del convenuto per un sinistro stradale, aveva omesso di condannare la compagnia assicuratrice al relativo risarcimento ritenendo che le risultanze del modello CAI a doppia firma e relative alla dinamica dell’incidente dovevano ritenersi superate da elementi indiziari opposti. A seguito della conferma della decisione da parte della Corte d’Appello, il soccombente ha proposto ricorso per cassazione. Valore probatorio del modulo CAI. Richiamando il proprio consolidato orientamento, la Corte ribadisce che, nel giudizio promosso dal danneggiato nei confronti dell’assicuratore da RCA, il responsabile del danno deve essere chiamato in giudizio fin dall’inizio quale litisconsorte necessaria posto che la controversia deve svolgersi in modo unitario per i tre soggetti coinvolti nel rapporto processuale e dunque danneggiato, assicuratore e responsabile del danno. Il procedimento coinvolge infatti inscindibilmente sia il rapporto di danno, originato dal fatto illecito dell’assicurato, sia il rapporto assicurativo. Ne consegue la necessità che il giudizio si concluda con una decisione uniforme per tutti i partecipanti. Per quanto riguarda le dichiarazioni confessorie del responsabile del danno, secondo il Collegio deve escludersi che, nel giudizio instaurato ai sensi dell’art. 18 l. n. 990/1969, sia nel caso in cui sia stata proposta soltanto l’azione diretta nell’ipotesi in cui sia stata avanzata anche la domanda di condanna nei confronti del responsabile del danno, si possa pervenire ad un differenziato giudizio di responsabilità in base alle suddette dichiarazioni, in ordine ai rapporti tra responsabile e danneggiato, da un lato, e danneggiato e assicuratore dall’altro . La dichiarazione confessoria contenuta nel modulo di constatazione amichevole del sinistro deve infatti essere liberamente apprezzata dal giudice in applicazione dell’art. 2733, comma 3, c.c., secondo il quale, in caso di litisconsorzio necessario, la confessione resa appunto solo da alcuni dei litisconsorti è liberamente apprezzabile. La Corte accoglie dunque il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Perugia in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 9 luglio – 14 ottobre 2019, n. 25770 Presidente Travaglino – Relatore Di Florio Ritenuto che 1. M.M. ricorre, affidandosi a due motivi, per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Perugia che aveva rigettato l’impugnazione incidentale proposta avverso la pronuncia del Tribunale di Spoleto con la quale, accertata la corresponsabilità con J.V. in ordine al sinistro stradale verificatosi attraverso la collisione dei veicoli da loro condotti, aveva omesso di condannare la Direct Line Srl al relativo risarcimento, affermando che la presunzione portata dal modello CAI a doppia firma prodotto, relativo alla dinamica dell’incidente, dovesse ritenersi superata da elementi indiziari opposti che, pur consentendo la reciproca condanna risarcitoria, legittimavano il rigetto della domanda nei confronti della compagnia di assicurazione. 2. Hanno resistito entrambi gli intimati la V. ha proposto, altresì, ricorso incidentale sulla base di due motivi in relazione al quale la Direct Line srl si è difesa. Considerato che 1. Deve premettersi che i motivi di ricorso principale e quelli di ricorso incidentale sono affidati alle medesime censure e possono essere, pertanto, congiuntamente esaminati. 1.1. Con il primo motivo, i ricorrenti deducono, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 329 c.p.c., comma 2, anche in relazione agli artt. 342 e 346 c.p.c. assumono che la Corte territoriale aveva omesso di considerare che i capi della sentenza di primo grado n. 1, 2 e 3 non erano stati affatto impugnati e che, pertanto, su di essi si era formato il giudicato. Precisano che la Direct Line srl aveva omesso di proporre appello incidentale e lamentano che, pur risultando definitivamente accertato l’evento storico dell’incidente, la Corte lo aveva impropriamente riconsiderato, affermando addirittura che non era stata raggiunta la prova della sua stessa esistenza. 1.2. Con il secondo, si dolgono, altresì, della violazione dell’art. 143 CdA che, pur facendo salva la prova contraria della impresa di assicurazione, attribuisce al modello C.A.I., sottoscritto da entrambe le parti, la presunzione di veridicità dei fatti in esso descritti. 2. I motivi devono essere congiuntamente esaminati in quanto interconnessi il secondo è antecedente logico del primo e deve essere valutato alla luce della mancata proposizione dell’appello incidentale della Direct Line Srl sull’accertamento di pari responsabilità statuito dal giudice di primo grado. 2.1. Deve, infatti, premettersi quanto segue. Questa Corte ha affermato il principio al quale il Collegio intende dare seguito secondo cui nel giudizio promosso dal danneggiato nei confronti dell’assicuratore della responsabilità civile da circolazione stradale, il responsabile del danno, che deve essere chiamato nel giudizio sin dall’inizio, assume la veste di litisconsorte necessario, poiché la controversia deve svolgersi in maniera unitaria tra i tre soggetti del rapporto processuale danneggiato, assicuratore e responsabile del danno e coinvolge inscindibilmente sia il rapporto di danno, originato dal fatto illecito dell’assicurato, sia il rapporto assicurativo, con la derivante necessità che il giudizio deve concludersi con una decisione uniforme per tutti i soggetti che vi partecipano. Pertanto, avuto riguardo alle dichiarazioni confessorie rese dal responsabile del danno, deve escludersi che, nel giudizio instaurato ai sensi della L. n. 990 del 1969, art. 18, sia nel caso in cui sia stata proposta soltanto l’azione diretta che nell’ipotesi in cui sia stata avanzata anche la domanda di condanna nei confronti del responsabile del danno, si possa pervenire ad un differenziato giudizio di responsabilità in base alle suddette dichiarazioni, in ordine ai rapporti tra responsabile e danneggiato, da un lato, e danneggiato ed assicuratore dall’altro. Conseguentemente, va ritenuto che la dichiarazione confessoria, contenuta nel modulo di constatazione amichevole del sinistro cosiddetto C.I.D. , resa dal responsabile del danno proprietario del veicolo assicurato e - come detto - litisconsorte necessario, non ha valore di piena prova nemmeno nei confronti del solo confitente, ma deve essere liberamente apprezzata dal giudice, dovendo trovare applicazione la norma di cui all’art. 2733 c.c., comma 3, secondo la quale, in caso di litisconsorzio necessario, la confessione resa da alcuni soltanto dei litisconsorti è, per l’appunto, liberamente apprezzata dal giudice. cfr. Cass. SUU 10311/2006 Cass. 12257/2007 Cass. 9520/2007 Cass. 23467/2009 . 2.2. Al riguardo, va precisato che, nell’economia del giudizio, il modello CAI è una prova documentale con efficacia confessoria e rappresenta un elemento istruttorio che, insieme a tutte le altre emergenze processuali, incluse quelle idonee a superarla, consente al giudice di giungere all’accertamento del fatto, e cioè alla decisione sull’an debeatur. La relativa statuizione finale , pertanto, concernente l’esistenza e la dinamica del sinistro è valida rispetto a tutti i soggetti che partecipano al giudizio e deve essere nei loro confronti uniforme. 2.3. Nel caso in esame, in primo luogo la Corte territoriale ha errato nel ritenere che potessero essere rivalutate le emergenze istruttorie sulle quali il giudice di primo grado aveva fondato la propria decisione,accertando la corresponsabilità di entrambi i veicoli coinvolti nell’incidente nella misura del 50%, nonostante che su tale statuizione non fosse stata proposta alcuna impugnazione. 2.4. Al riguardo, si osserva che - pacifico che l’oggetto degli appelli proposti principale ed incidentale fosse riferito soltanto all’omessa condanna della compagnia di assicurazione alla manleva - era preciso onere di quest’ultima proporre appello incidentale avverso il capo della sentenza che aveva deciso in ordine alla dinamica del sinistro, al fine di evitare che la decisione sul punto con gli effetti estensivi sopra richiamati - potesse diventare definitiva. 2.5. È stato infatti chiarito che in tema di impugnazioni, qualora un’eccezione di merito sia stata respinta in primo grado, in modo espresso o attraverso un’enunciazione indiretta che ne sottenda, chiaramente ed inequivocamente, la valutazione di infondatezza, la devoluzione al giudice d’appello della sua cognizione, da parte del convenuto rimasto vittorioso quanto all’esito finale della lite, esige la proposizione del gravame incidentale, non essendone, altrimenti, possibile il rilievo officioso ex art. 345 c.p.c., comma 2, per il giudicato interno formatosi ai sensi dell’art. 329 c.p.c., comma 2 , nè sufficiente la mera riproposizione, utilizzabile, invece, e da effettuarsi in modo espresso, ove quella eccezione non sia stata oggetto di alcun esame, diretto o indiretto, ad opera del giudice di prime cure, chiarendosi, altresì, che, in tal caso, la mancanza di detta riproposizione rende irrilevante in appello l’eccezione, se il potere di sua rilevazione è riservato solo alla parte, mentre, se competa anche al giudice, non ne impedisce a quest’ultimo l’esercizio ex art. 345 c.p.c., comma 2 cfr. Cass.SUU 11799/2017 ed in termini Cass. 15107/2013 . 3. In mancanza di ciò, la statuizione del giudice di primo grado sull’esistenza del fatto storico sinistroso dedotto e sulla sua dinamica deve ritenersi definitiva ciò non consentiva alla Corte territoriale di rimettere in discussione il valore probatorio del modello CAI, perché tale questione era stata superata dalla decisione sulla corresponsabilità delle parti coinvolte, passata in giudicato e costituente, dunque, valida ed intangibile premessa, ex art. 144 CdA, per il coinvolgimento, nella condanna, della compagnia litisconsorte necessario. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Perugia per il riesame della controversia alla luce del principio di diritto sopra evidenziato. La Corte di rinvio dovrà decidere anche sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte, accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Perugia in diversa composizione anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.