Single e senza figli, muore dopo un incidente stradale: niente risarcimento per cognata e nipoti

Respinta la richiesta presentata dai familiari. Impossibile ritenere provata l’esistenza di un legame morale. Irrilevante il fatto che l’uomo deceduto non fosse sposato e non avesse figli.

Drammatico incidente stradale un uomo viene investito da una vettura e perde la vita. Ricostruito l’episodio, le colpe sono divise a metà tra la vittima e il conducente. Di conseguenza, si apre il fronte relativo al risarcimento dei danni per i congiunti accolta la richiesta dei fratelli, respinta, invece, quella avanzata dalla cognata – la moglie del fratello, scomparso anche lui durante il processo – e dai nipoti. Irrilevante il fatto che la persona deceduta a causa dell’incidente non avesse moglie e figli. Impossibile considerare in automatico fratello, cognata e nipoti come la sua famiglia Cassazione, sentenza n. 23632/19, sez. III Civile, depositata oggi . Famiglia. Chiuso il capitolo relativo alle responsabilità per l’incidente stradale che ha portato alla morte dell’uomo investito da una vettura, va sciolto il nodo relativo al risarcimento richiesto da alcuni suoi familiari, cioè la cognata e i nipoti. In appello i Giudici osservano che gli attori e la vittima non erano mai stati conviventi e, soprattutto, non erano state allegate e provate circostanze idonee a ritenere che la morte del famigliare abbiano comportato per la cognata e i nipoti la perdita di un effettivo e valido sostegno morale . Identica posizione assumono anche i giudici della Cassazione, respingendo definitivamente la pretesa avanzata da cognata e nipoti. Inutile l’elemento da loro messo sul tavolo, e cioè il fatto che il loro congiunto , morto a seguito dell’incidente, non era sposato e non aveva figli . Questa circostanza non è sufficiente per ritenere che la sua famiglia era costituita unicamente dal fratello, dalla cognata e dai nipoti .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 18 aprile – 24 settembre 2019, n. 23632 Presidente Travaglino – Relatore Sestini Fatti di causa A seguito di un sinistro stradale in cui era deceduto Gr. La Sp., il Tribunale penale di Catania condannò Fr. Em. conducente dell'autovettura che aveva investito la vittima alla pena -sospesa di dieci mesi di reclusione e -in solido con l'assicuratrice Milano Ass.ni s.p.a. al risarcimento del danno, da liquidarsi in separata sede, in favore delle parti civili costituite Sa. La Sp. e An. La Sp La Corte di Appello assolse l'Em. dal reato ascrittogli, con sentenza che venne successivamente annullata, ai soli effetti civili e con rinvio, dalla Corte di Cassazione. Con atto di citazione ex art. 392 c.p.c, il giudizio venne riassunto da An. Cr. e Sa., Al. e Ca. La Sp. rispettivamente, cognata e nipoti di Gr. La Sp. , tutti in proprio e nella qualità di eredi di An. La Sp. fratello di Gr. , nei confronti di Fr. Em., di Sa. Em. proprietario dell'autovettura condotta dal primo e della Milano Assicurazioni s.p.a. gli attori in riassunzione chiesero la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni quantificati complessivamente in 260.000,00 Euro per la perdita parentale -propria e di An. La Sp., di cui erano eredi e per il danno biologico patito da Gr. La Sp. nell'intervallo tra l'evento lesivo e la morte richiesto iure hereditatis . La Corte di Appello di Catania, respinta l'eccezione di tardività della riassunzione, ha rigettato la domanda di risarcimento danni, condannando Fr. Em. e la Milano Ass.ni a pagare agli attori le spese del giudizio di cassazione e gli attori a rifondere a Sa. Em. e alla società assicuratrice le spese del giudizio di rinvio. La Corte ha affermato che il sinistro era da addebitare a colpa concorrente di entrambe le parti coinvolte, con un concorso determinabile in egual misura era infondata la pretesa risarcitoria avanzata iure proprio in quanto gli attori e la vittima non erano mai stati conviventi e non erano state allegate e provate circostanze idonee a ritenere che la morte del famigliare abbia comportato la perdita di un effettivo e valido sostegno morale parimenti infondata era la domanda di risarcimento del danno biologico patito da Gr. La Sp., in assenza di prova della sussistenza di uno stato di coscienza della persona nel breve intervallo tra il sinistro e la morte dovendosi escludere, peraltro, la possibilità di risarcire la lesione del diritto alla vita in sé considerato doveva infine essere rigettata la domanda di risarcimento del danno morale avanzata dagli attori in qualità di eredi di An. La Sp. fratello della vittima e ciò in quanto l'importo liquidabile da stimarsi per l'intero in 35.000,00 Euro, in moneta attuale, e da ridursi del 50% in considerazione del concorso colposo della vittima era ampiamente coperto dall'importo di 19.500,00 Euro già corrisposto dalla società assicuratrice nel novembre 2005. Hanno proposto ricorso per cassazione -basato su tre motivi-An. Cr. e Sa., Ca. e Al. La Sp., sia in proprio che in qualità di eredi di An. La Sp. hanno resistito, con unico controricorso, Fr. e Sa. Em Ragioni della decisione 1. Va disattesa l'eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività, sollevata dai controricorrenti sull'assunto che, a fronte della pubblicazione della sentenza avvenuta il 3.5.2017, il ricorso era stato notificato il 5.12.2017, oltre il termine di sei mesi previsto dall'art. 327 c.p.c. Deve infatti rilevarsi che -diversamente da quanto sostenuto dai controricorrenti il ricorso risulta notificato il 4.12.2017, ossia entro il termine semestrale computato anche il periodo di sospensione feriale . 2. Il primo motivo deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2043, 2054 e 2059 c.c. e degli artt. 2, 29, 31 e 32 Cost Premesse alcune considerazioni critiche in merito alla ritenuta responsabilità paritaria del conducente dell'autovettura e della vittima considerazioni espressamente qualificate esterne alla illustrazione del motivo , i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per avere ritenuto dirimente, al fine di escludere il danno parentale richiesto iure proprio, il dato della mancata convivenza fra gli attori e il deceduto lamentano che sia stata prestata supina adesione ai principi espressi da Cass. n. 4253/2012 che, in relazione al danno sofferto da parenti estranei al ristretto ambito della famiglia nucleare, ha ritenuto necessaria la sussistenza di una situazione di convivenza, quale connotato minimo attraverso cui si esteriorizza l'intimità delle relazioni di parentela invocano, in senso contrario, pronunce di segno opposto emesse da questa Corte, e segnatamente Cass. n. 21230/2016, secondo cui il rapporto di convivenza non assurge a connotato minimo di esistenza della relazione parentale, potendo invece costituire elemento probatorio utile a dimostrarne l'ampiezza e la profondità evidenziano che Gr. La Sp. non era sposato e non aveva figli, sicché la sua famiglia era costituita unicamente dal fratello, dalla cognata e dai nipoti contestano, infine, alla Corte di merito di avere attribuito, ancorché implicitamente, carattere primario e non invece di sussidiarietà alla prova fornita dalla certificazione anagrafica . 2.1. Il motivo è inammissibile, in quanto non investe in modo adeguato la ratio decidendi adottata dalla Corte, che non si è limitata a ritenere necessaria la dimostrazione della situazione di convivenza, ma ha aggiunto che non erano state allegate e provate circostanze idonee a ritenere che la morte del famigliare abbia comportato la perdita di un effettivo e valido sostegno morale il motivo risulta dunque inidoneo a incrinare il fondamento della decisione e rende priva di interesse la censura per come svolta dai ricorrenti. 3. Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c i ricorrenti si dolgono che la Corte di merito, pur liquidando in loro favore le spese del giudizio di legittimità, li abbia condannati al pagamento delle spese del giudizio di rinvio, senza considerare che la fattispecie in esame è suscettibile di determinare un'ipotesi di accoglimento parziale della domanda e/o di soccombenza reciproca, giammai un'ipotesi di soccombenza totale , tenuto conto che il giudice di rinvio ha accertato la concorrente responsabilità del conducente dell'autovettura ed ha affermato il diritto degli attori al risarcimento del danno parentale patito da An. La Sp. ancorché non lo abbia concretamente riconosciuto, avendo ritenuto adeguato l'importo già versato dall'assicurazione aggiungono che gli attori avevano dovuto riassumere il giudizio anche per recuperare le spese del giudizio di legittimità, la cui liquidazione era stata rimessa al giudice di rinvio. 3.1. Il motivo è infondato, giacché non risulta violato il criterio della soccombenza rispetto alla domanda risarcitoria e non è censurabile la scelta del giudice di merito di non avvalersi della facoltà di compensazione. Né vale addurre che gli attori dovessero comunque riassumere il giudizio per ottenere la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, giacché nulla avrebbe impedito ai ricorrenti di effettuare la riassunzione al solo fine di sentirsi liquidare le spese, così evitando di risultare soccombenti nel merito. 4. Il terzo motivo denuncia anch'esso la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. per avere la Corte di rinvio parametrato il quantum della condanna alle spese al valore della domanda e non invece al valore della controversia, quale appare essere accertato in sentenza i ricorrenti rilevano che la liquidazione è stata effettuata facendo riferimento allo scaglione di valore da 52.001,00 a 260.000,00 Euro, mentre in base al decisum della sentenza impugnata il valore della causa avrebbe dovuto essere pari a 17.500,00 Euro, pari alla cifra determinata a titolo di risarcimento e costituente, pertanto, il valore della causa . 4.1. Il motivo è infondato in caso di soccombenza dell'attore, il valore della causa non può che essere parametrato al valore della domanda nella specie, 260.00,00 Euro , mentre il diverso criterio del decisum opera nell'ipotesi opposta in cui la domanda sia stata accolta in parte e le spese debbano essere poste a carico del convenuto. 5. Le spese di lite seguono la soccombenza. 6. Sussistono le condizioni per l'applicazione dell'art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115/2002. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma I-bis dello stesso articolo 13.