Lesioni causate dal malfunzionamento degli airbag: a chi chiedere il risarcimento?

L’autovettura urta contro il guard rail e il conducente riporta lesioni personali per il mancato funzionamento degli airbag, a causa di un difetto di fabbricazione. L’apposizione del marchio sull’automobile da parte della società distributrice in Italia consociata” di un gruppo internazionale non prova la proprietà del marchio stesso e di conseguenza essa non può essere considerata produttrice del veicolo de quo.

Lo ha ribadito la Suprema Corte con sentenza n. 21841/19, depositata il 20 agosto. La vicenda. La Corte d’Appello, a seguito del gravame promosso dal conducente di un’autovettura e dal terzo trasportato, accoglieva la domanda degli stessi presentata nei confronti di una s.r.l. di risarcimento dei danni subiti a seguito di un sinistro stradale in cui i due andavano ad urtare contro il guard rail e riportavano lesioni personali per il mancato funzionamento degli airbag e delle cinture di sicurezza, a causa di un difetto di fabbricazione. La s.r.l., avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione sostenendo che erroneamente la Corte di merito l’abbia considerata produttrice del veicolo coinvolto nel sinistro, posto che su di esso ha apposto il marchio Opel”, ma ciò non prova di per sé la proprietà” del marchio medesimo. Il produttore del veicolo. Al riguardo, la S.C., come già affermato in precedenza, ribadisce innanzitutto che, ai sensi dell’art. 3, comma 3, d.P.R. n. 224/1988, per il risarcimento dei danni causati dal prodotto, viene considerato produttore anche colui che si presenta come tale apponendo il proprio nome, marchio o altro segno distintivo sul prodotto , proseguendo inoltre che a livello internazionale i marchi sono registrati dalla società capogruppo per poi essere utilizzati da tutte le società che ne fanno parte. Ma venendo al caso in esame, si osserva che difetta la prova che la s.r.l. abbia apposto sul veicolo il proprio marchio Opel ed inoltre, erroneamente, la Corte territoriale ha equiparato la medesima società distributrice in Italia del veicolo medesimo al produttore, stando anche a quanto affermato dalla ricorrente che si tratta di un’autovettura fabbricata da una società spagnola per conto di un’altra società di cui essa è mera distributrice in Italia. Dunque, hanno errato i giudici di merito ad equiparare il distributore in Italia al produttore dell’autovettura. Del resto, l’utilizzo da parte della società ricorrente della parola Opel nella propria denominazione sociale risulta essere diversa dalla marcatura con l’apposizione del proprio nome, marchio o altro segno distintivo sul prodotto per identificarlo sul mercato. Da ciò deriva la cassazione della sentenza con rinvio alla Corte d’Appello, in diversa composizione, per nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 13 dicembre 2018 – 30 agosto 2019, n. 21841 Presidente Travaglino – Relatore Scarano Svolgimento del processo Con sentenza del 23/6/2016 la Corte d’Appello di Messina, in accoglimento del gravame interposto dai sigg. S.T.F.A. e L.L. e in conseguente riforma della pronunzia Trib. Messina 15/2/2011, ha parzialmente accolto la domanda dai medesimi proposta nei confronti della società General Motors Italia s.r.l., di risarcimento dei danni subiti in conseguenza di sinistro stradale avvenuto il omissis sull’Autostrada in direzione , allorquando l’autovettura Opel Tigra tg. di proprietà della L. e condotta dallo S. andava ad urtare violentemente contro il guard-rail, e i predetti riportavano lesioni personali anche per il mancato funzionamento degli airbag e delle cinture di sicurezza, dovuto a difetto di fabbricazione. Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la società General Motors Italia s.r.l. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi, illustrati da memoria. Resistono con controricorso lo S. e la L. , che hanno presentato anche memoria. Motivi della decisione Va anzitutto esaminato, in quanto logicamente prioritario, il 2 motivo, con il quale la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 224 del 1988, art. 3, art. 2697 c.c., art. 115 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Si duole che la corte di merito l’abbia erroneamente considerata produttrice del veicolo de quo per avere sul medesimo apposto il marchio Opel, laddove l’ adozione del marchio Opel nella denominazione sociale da parte di una società consociata di un gruppo internazionale di per sé non è probante, nè significativo, della proprietà del marchio , in quanto i marchi sono registrati a livello internazionale dalla società che si pone al vertice del gruppo e vengono utilizzati da tutte le società del gruppo che trattano quei prodotti altrettanto si può dire dell’uso del marchio nella documentazione commerciale . Il motivo è p.q.r. fondato e va accolto nei termini e limiti di seguito indicati. Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, il D.P.R. n. 224 del 1988, art. 3, comma 3, nella specie ratione temporis applicabile, stabilisce che ai fini della responsabilità per i danni causati dal prodotto si considera produttore anche chi si presenti come tale apponendo il proprio nome, marchio o altro segno distintivo sul prodotto o sulla sua confezione v. Cass., 7/12/2017, n. 29327 . Orbene, nell’impugnata sentenza la corte di merito ha invero disatteso il suindicato principio. Premesso che G.M.I. è successore di Opel Italia s.r.l., la quale appunto fornì a Futurauto il veicolo , e che la vettura è denominata Opel Tigra pure nella successiva fattura Futurauto emessa per l’acquirente L. qualificata l’azione intrapresa dai pretesi danneggiati come di responsabilità da inquadrarsi nell’ambito dell’allora vigente D.P.R. n. 224 del 1988 nei confronti di G.M.I. intesa quale produttore nel sottolineare che non si può invero nemmeno trascurare quanto accadeva nella fase preprocessuale in cui, interpellata G.M.I., questa nulla eccepiva circa il proprio possibile ruolo nella vicenda, anzi incoraggiando l’instaurazione e la gestione della trattativa, che veniva infine rigettata nel merito , e solo in sede giudiziale ha dato l’indicazione del produttore per poi in un atto successivo distinguere tra diretto produttore e l’ altro soggetto per il quale il primo fabbricava , la corte di merito ha osservato come il D.P.R. n. 224 del 1988, art. 3 pone altra eventualità di equiparazione tra il distributore, o comunque un soggetto che si frapponga nella catena per l’offerta al pubblico del prodotto, in quanto si considera produttore anche chi si presenti come tale apponendo il proprio nome, marchio o altro segno distintivo sul prodotto o sulla confezione comma 3 del suddetto art. 3 . Tale giudice ha nell’impugnata sentenza ulteriormente sottolineato che notoriamente pure il modello Tigra riporta il classico marchio Opel, raffigurante una sorta di Z stilizzata all’interno di un cerchio. Lo si vede bene nella parte anteriore del mezzo oppure posteriormente con in evidenza anche le scritte Opel e modello Tigra , traendone quindi il corollario che il distributore in Italia Opel Italia s.r.l. appose il proprio nome al prodotto e come tale questo operatore è equiparato al produttore . Stante il ravvisato operare nella specie del D.P.R. n. 224 del 1988, art. 3, comma 3, tale giudice implicitamente muove dalla circostanza che come dall’odierna ricorrente dedotto trattasi di prodotto costituito da vettura fabbricata dalla società Opel Espana de Automoviles s.l. per conto della società Adam Opel AG, di cui essa è mera distributrice in Italia. Orbene, atteso che a livello internazionale i marchi sono normalmente registrati dalla società capogruppo venendo poi utilizzati da tutte le società che del gruppo fanno parte, va osservato come alla stregua di quanto emerge dalla stessa sentenza odiernamente impugnata deve per converso osservarsi difettare invero nella specie la prova che la società Opel Italia s.r.l. abbia apposto sull’autovettura de qua il proprio marchio. A tale stregua, la corte di merito è allora pervenuta ad equiparare il distributore in Italia Opel Italia s.r.l. al produttore, valorizzando elementi invero diversi da quelli previsti dalla suindicata norma. Attesa la lettera del citato D.P.R. n. 224 del 1988, art. 3, comma 3, l’indicata mera utilizzazione del marchio Opel del prodotto Opel Tigra non può considerarsi infatti idonea e sufficiente ad integrare il requisito da tale norma richiesto, inidonea al riguardo essendo come osservato dal P.G. nella sua requisitoria l’utilizzazione dello stesso nome di altra società del gruppo o del gruppo medesimo, ovvero la possibile confondibilità del marchio. L’utilizzazione da parte dell’odierna ricorrente della parola Opel nella propria denominazione si appalesa affatto diversa dalla marcatura con l’apposizione del proprio nome, marchio o altro segno distintivo sul prodotto richiesta dalla norma di cui al D.P.R. n. 224 del 1988, art. 3, comma 3 per univocamente identificarlo e caratterizzarlo sul mercato. Nè d’altro canto in base all’impugnata sentenza risulta dato evincersi se ricorra nella specie un’ipotesi di contitolarità o di comunione del marchio ovvero di marchio di gruppo e del titolo -cessione, licenza, accordo di coesistenza o altro in tal caso idoneo a legittimarne l’uso . O se non debba piuttosto ravvisarsi quale mero indice di collegamento dell’impresa dell’odierna ricorrente a quella altrui. Dell’impugnata sentenza, assorbiti gli altri motivi il 1 motivo, con il quale la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 224 del 1988, artt. 1, 3 e 4, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 il 3 motivo, con il quale denunzia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 224 del 1988, artt. 1 e 3, art. 14 preleggi, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 il 4 motivo, con il quale denunzia motivazione apparente , in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 , s’impone pertanto la cassazione in relazione, con rinvio alla Corte d’Appello di Messina, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo del suindicato disatteso principio applicazione. Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie p.q.r. il 2 motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Messina, in diversa composizione.