«Questa birra fa schifo...»: Rai condannata per il dialogo di una fiction

Riflettori puntati su una puntata della serie tv Tutto può succedere” in quell’occasione viene sottolineata la scarsa qualità della birra artigianale. L’episodio spinge la Unionbirrai a citare in giudizio la Rai, che dovrà versare 3mila euro come risarcimento per il giudice le frasi utilizzate sono evidentemente lesive della reputazione dei birrifici non industriali.

Può costare carissima una birra, finanche 3mila euro Come ha scoperto ‘mamma Rai’, condannata a risarcire l’associazione Unionbirrai – versandole 3mila euro, per l’appunto – per il contenuto di alcune frasi pronunciate dai protagonisti della fiction ‘Tutto può succedere’ durante la puntata andata in onda su Rai1 il primo di giugno del 2017. Il dialogo centrato sulla qualità – scarsa”, secondo i personaggi della serie tv – di una birra artigianale è stato ritenuto sufficiente a ledere la reputazione dei piccoli birrifici indipendenti italiani Giudice di Pace di Milano, sentenza n. 5695/19, sez. IV Civile, depositata il 27 maggio . Dialogo. A far sobbalzare i membri dell’associazione Unionbirrai è il sorprendente dialogo dei personaggi di ‘Tutto può succedere’. Più precisamente, nella puntata del primo di giugno del 2017, andata in onda su ‘Rai1’, due attori parlano di una fornitura di birra e si esprimono così Mamma mia, assaggia bene e dimmi se è potabile questa bevanda [] Queste birre non valgono quello che costano [] Non si può bere, fa schifo [] Prima il fornitore aveva tutte birre normali, quelle che si trovano, poi si è buttato sulle birre artigianali vatti a fidare . Tali frasi sono, secondo Unionbirrai, gravi e lesive del prodotto e diffamanti a mezzo dei media , anche perché, legge alla mano, si definisce birra artigianale la birra prodotta da piccoli birrifici indipendenti . In sostanza, è evidente, sempre secondo Unionbirrai, dal tenore della conversazione andata in onda la lesione all’immagine della birra artigianale in sé a vantaggio e di quelle industriali con denigrazione dell’intera categoria di produttori italiani . Consequenziale è la richiesta di risarcimento nei confronti della Rai per un danno quantificato in 5mila euro da Unionbirrai. Pronta la replica della Rai, secondo cui il dialogo in parola aveva lo scopo di mettere in risalto che il protagonista aveva effettuato un ordine senza prima avere assaggiato il prodotto venduto e che l’intento non era denigrare le birre artigianali italiane, peraltro nella fiction non è nemmeno certa la provenienza geografica della birra assaggiata durante la scena , senza dimenticare che il protagonista della fiction offende una precisa birra artigianale in realtà inesistente e non tutta la produzione di birra artigianale . E comunque i legali della Rai tengono a ribadire il fine puramente artistico delle opere di fantasia che prescinde dal requisito della verità . Immagine. Per inquadrare meglio la vicenda il Giudice di Pace di Milano premette che l’immagine di un’impresa si esprime anche nella considerazione che di queste hanno i consociati o singole platee a cui la società specificamente si rivolge . Logica conseguenza è, dunque, che anche una diminuzione della considerazione della persona giuridica, a causa dell’utilizzo, a mezzo stampa e televisivo, di qualsivoglia espressione che non sia frutto di dissenso ragionato ossia di una critica quale esplicazione del diritto d’espressione, costituzionalmente garantito , ma di un’aggressione gratuita e distruttiva, sia fonte di un danno non patrimoniale risarcibile per lesione dell’immagine commerciale . In quest’ottica, poi, sempre secondo il Giudice di Pace, bisogna considerare che oltre all’immediato indotto economico che viene lasciato sul territorio da una produzione, le produzioni cinetelevisive producono un vero e proprio spot per il territorio scelto oltre che per tutti i prodotti utilizzati nella produzione cibo, arredamento, abbigliamento, locali pubblici e altre tendenze , i cui risvolti economici si apprezzano a medio e lungo termine. I prodotti audiovisivi infatti impongono con grande forza nella mente degli spettatori immagini di luoghi, colori, cibi, bevande, mobili e vestiti, inducendo veri e propri stili di vita in senso generale e amplissimo, dando un grande contributo alla distribuzione e vendita di tutti i prodotti utilizzati durante le riprese . Proprio per questo, il dialogo della fiction ‘Tutto può succedere’ in onda su Rai1 in prima serata con uno share del 18% circa non può essere sottovalutato per i possibili effetti negativi che è destinato a produrre sulla vendita di birre artigianali . Per il Giudice di Pace, quindi, i birrai artigianali hanno subito una lesione al decoro professionale con conseguente discredito commerciale nel settore in cui operano ove vi sono continui confronti con i più favoriti e conosciuti birrifici industriali e commerciali il danno nei loro confronti è da rinvenirsi nella ridotta affidabilità di cui sono stati tacciati nel dialogo tra i due attori e nel riflesso negativo che una affermazione di tal genere poiché infondata, ovviamente può avere sulle vendite delle birre artigianali da loro prodotte . Sia chiaro, è assolutamente legittimo che un consumatore scontento possa sentirsi libero di manifestare il proprio disappunto pubblicamente, senza incorrere nel rischio di vedersi condannato per diffamazione , sottolinea il Giudice, ma in questo caso il dialogo tra i due attori era infondato, non supportato da fatti documentabili, non obbiettivo e carico di sottintesi sapienti quindi, esso viola il limite della continenza poiché utilizza argomenti intesi direttamente a screditare il soggetto evocando una pretesa scarsa qualità del prodotto rispetto a quello tradizionalmente” consumato fa schifo”, queste birre non valgono quello che costano”, assaggia e dimmi se è potabile questa bevanda”, non si può bere” , essendo tali affermazioni delle vere e proprie insinuazioni, poiché non supportate da prove ma soprattutto perché dirette verso un’intera categoria e non verso una birra artigianale specifica e non del territorio . In sostanza, i due attori ovviamente come da copione e non di loro spontanea volontà non hanno esercitato un mero diritto di critica , così come sostenuto invece dalla Rai, poiché il loro dialogo contiene alcune affermazioni particolarmente lesive della dignità della categoria rappresentata dalla Unionbirrai in quanto lamenta oltre che il gusto schifoso” della bevanda anche la sua inadeguatezza rispetto alle birre tradizionali e l’eccesso di fiducia riposto nel prodotto acquistato vatti a fidare” . Tirando le somme, non vi sono dubbi, per il Giudice di Pace, sulla piena responsabilità della Rai per avere leso l’interesse giuridicamente rilevante dell’Unionbirrai al decoro, all’onore e alla reputazione . Evidente il danno morale conseguente alla obiettiva offesa di posizioni quali l’onore, la reputazione, l’immagine commerciale, di per sé suscettibili di apprezzamento indipendentemente da una loro valutazione patrimoniale e indipendentemente dalla prova di un concreto nocumento agli interessi commerciali , danno che viene quantificato in 3mila euro, cifra che la Rai dovrà versare alla Unionbirrai.

Giudice di Pace di Milano, sez. IV Civile, sentenza 15 – 27 maggio 2019, n. 5695 Giudice di Pace Marchioretto Ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione, regolarmente notificato, l'Associazione Unionbirrai conveniva in giudizio la RAI Radiotelevisione Italiana chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti per la lesione alla reputazione asseritamente patita in conseguenza di alcune frasi ritenute lesive della birra artigianale pronunciate durante la fiction Tutto può succedere da uno dei personaggi in data 1. giugno 2017, sul canale Rai 1. Assumeva l'attrice che durante tale puntata, due attori, parlando di una fornitura di birra artigianale ricevuta presso il loro locale testualmente riferiscono mamma mia assaggia bene e dimmi se è potabile questa bevanda e ancora queste birre non valgono quello che costano non si può bere e ancora fa schifo e ancora prima il fornitore aveva tutte birre normali, quelle che si trovano, poi si è buttato sulle birre artigianali vatti a fidare che tali espressioni ritenute gravi e lesive del prodotto e diffamanti a mezzo dei media, venivano immediatamente stigmatizzate da una comunicazione a mezzo mail da parte dell'odierna attrice organismo di tutela di categoria nei rapporti con le istituzioni pubbliche e private, nelle iniziative giudiziali e in ogni iniziativa che possa perseguire un'utilità diretta o indiretta per i piccoli Birrifici Indipendenti Italiani , rimasta senza alcun riscontro di essere legittimata attivamente in quanto rappresentante della categoria sia per statuto in virtù del quale essa è volta alla tutela, promozione, salvaguardia e rappresentanza collettiva dei Piccoli Birrifici indipendenti Italiani associati sia per essere stata danneggiata direttamente dalle affermazioni surriportate quale ente divenuto centro di condensamento dell'interesse diffuso dei piccoli produttori che la definizione di birra artigianale si rinviene all'art. 2 della legge del 16 agosto 1962, come modificata dall'art. 35/1. comma della legge 154/2016 ove si legge che si definisce birra artigianale la birra prodotta da piccoli birrifici indipendenti e non sottoposta, durante la fase di produzione, a processi di pastorizzazione e di microfiltrazione che, nel caso di specie, appare pacifico, dal tenore della conversazione, la lesione all'immagine della birra artigianale in sé a vantaggio di quelle industriali e la conseguente denigrazione dell'intera categoria di produttori italiani che tale danno è quantificabile in via equitativa in Euro 5.000,00. Alla prima udienza del 22 dicembre 2017 si costituiva la RAI Radiotelevisione Italiana, contestando tutto quanto ex adverso dedotto e argomentato in fatto e in diritto ed eccependo, in via preliminare, l'improcedibilità della domanda per il mancato esperimento della mediazione e la carenza di legittimazione attiva della attrice in quanto non è l'unica rappresentante della categoria dei Birrai Artigianali. Nel merito, specificava che il dialogo in parola aveva lo scopo di mettere in risalto che il protagonista aveva effettuato un ordine senza prima avere assaggiato il prodotto venduto e che l'intento non era denigrare le birre artigianali italiane peraltro nella fiction non è nemmeno certa la provenienza geografica della birra assaggiata durante la scena . Specificava altresì che il protagonista della fiction offende una precisa birra artigianale in realtà inesistente e non tutta la produzione di birra artigianale. In ogni caso, ribadiva il fine puramente artistico delle opere di fantasia che prescinde dal requisito della verità. Inviate le parti alla mediazione delegata, autorizzato il deposito di memorie istruttorie, ritenuta la causa matura per la decisione, la causa veniva trattenuta a sentenza all'udienza del 6 marzo 2019. Preliminarmente, in relazione alla legittimazione attiva della odierna attrice, dalla documentazione agli atti emerge che Unionbirrai è un organismo di tutela di categoria nei rapporti con le istituzioni pubbliche e private, nelle iniziative giudiziali e in ogni iniziativa che possa perseguire un'utilità diretta o indiretta per i piccoli Birrifici Indipendenti Italiani come ribadito all'articolo 2 dello Statuto docomma 4 fascicolo attoreo . Tale caratteristica le conferisce anche la qualità di rappresentante di categoria e, come tale, può e deve tutelare la categoria stessa in tutti i modi consentiti pertanto, la sua legittimazione attiva nel caso de quo appare del tutto legittima ed evidente, poiché, ritenuto lesivo della dignità dei birrifici artigianali un dialogo avvenuto in una fiction RAI, ha prontamente agito per difendere la categoria stessa e perseguire, quindi, gli scopi del proprio Statuto. Si riporta, a tal proposito, un significativo stralcio di una pronuncia della Cassazione del 2017 n. 16612 del 04.04.2017 Devono, in proposito, confermarsi i principi più volte espressi dalla giurisprudenza di questa Corte e ribaditi nella predetta pronunzia, secondo i quali non solo una persona fisica ma anche una entità giuridica o di fatto, una fondazione, un'associazione - come nella fattispecie in esame - può rivestire la qualifica di persona offesa dal reato di diffamazione, essendo concettualmente concepibile un onore o un decoro collettivo, quale bene morale di tutti gli associati o suoi membri, considerati come unitaria entità capace di percepire l'offesa. Tuttavia, è incontroverso che la legittimazione competa anche ai singoli componenti, solo se le offese si riverberino direttamente su di essi, colpendo la loro personale dignità Sez. 5, n. 2886 del 24/01/1992 . Con un'altra sentenza, la Corte di Cassazione ha stabilito che le espressioni denigratorie dirette nei confronti dei singoli appartenenti ad un'associazione o istituzione possono, al contempo, aggredire anche l'onorabilità dell'entità collettiva cui essi appartengono, entità alla quale, conseguentemente, anche compete la legittimazione ad assumere la qualità di soggetto passivo di delitti contro l'onore. Ne consegue che, quando l'offesa assume carattere diffusivo nel senso che essa viene ad incidere sulla considerazione di cui l'ente gode nella collettività , detto ente, al pari dei singoli soggetti offesi, è legittimata alla presentazione della querela e alla successiva costituzione di parte civile Cass., sent. n. 1188 del 14.01.2002 . Nel merito, ritiene questo giudice che la domanda dell'attrice debba essere accolta, nei limiti di cui alla motivazione. La domanda, oggi in decisione, costituisce azione di risarcimento danni per violazione del diritto all'onore e alla reputazione per avvenuta diffamazione a mezzo della televisione della birra artigianale. La Suprema Corte di Cassazione, Sezione III Civile, con sentenza n. 12929 del 4 giugno 2007, dopo aver affermato che va posta una differenza tra danno patrimoniale così come previsto dall'art. 2043 c.c., fonte di risarcimento sia per una persona fisica sia per una persona giuridica e danno non patrimoniale così come enucleato dall'art. 2059 c.c. e che quest'ultimo ricomprende sia il danno morale in senso soggettivo perturbamento dell'animo del danneggiato, derivante dall'illecito subito che il danno patrimoniale non in senso economico come, ad esempio, il danno per la lesione in sé di una situazione giuridica riconducibile a diritti fondamentali della persona , specifica che il danno non patrimoniale non potrebbe sussistere per un ente o una società, perché di difficile prova e, tuttavia, ritiene comunque risarcibile il danno non patrimoniale, inteso in senso diverso dal danno morale soggettivo e da quello biologico, anche in favore delle persone giuridiche. E ciò nonostante per queste non sia configurabile un coinvolgimento psicologico in termini di patema d'animo o, più in generale, agli enti collettivi, pur privi di personalità giuridica comunque considerati dall'ordinamento come dotati, in vario modo, di soggettività giuridica . Ciò è possibile ogniqualvolta vi sia lesione di una situazione giuridica del soggetto in questione e il fatto lesivo incida su diritti che rappresentino l'equivalente di diritti fondamentali della persona umana costituzionalmente garantiti. Il Tribunale di Milano, con sentenza del 22 novembre 2001 ritiene risarcibili, a favore della persona giuridica, i danni conseguenti all'obiettiva offesa dell'onore, della reputazione, dell'immagine commerciale, dell'identità politica, nonché storica e culturale . Tali posizioni, sempre secondo il Tribunale di Milano, infatti, sono, di per sé, suscettibili di apprezzamento, indipendentemente da una loro valutazione economica, che, tra l'altro, deve essere liquidata in via equitativa, e dalla prova di una lesione agli interessi commerciali patrimoniali del soggetto leso . A fronte di quanto premesso, va ulteriormente precisato che l'immagine di un'impresa si esprime anche nella considerazione che di questa hanno i consociati o singole platee a cui la società specificamente si rivolge. Logica conseguenza è, dunque, che anche una diminuzione della considerazione della persona giuridica, a causa dell'utilizzo, a mezzo stampa o televisivo, di qualsivoglia espressione che non sia frutto di dissenso ragionato ossia di una critica quale esplicazione del diritto d'espressione, costituzionalmente garantito , ma di un'aggressione gratuita e distruttiva, sia fonte di un danno non patrimoniale risarcibile per lesione dell'immagine commerciale. La giurisprudenza, di merito e di legittimità, è ormai concorde nel ritenere che il danno in esame non è un danno-evento rappresentato dal fatto in sé della lesione , bensì un danno-conseguenza ossia un accadimento che si ricollega alla lesione della situazione protetta sulla base di un nesso causale e che l'immagine commerciale se si tratta di imprese , è un diritto equivalente a uno dei diritti fondamentali della persona umana e costituzionalmente garantiti. Bisogna infatti considerare che oltre all'immediato indotto economico che viene lasciato sul territorio da una produzione, le produzioni cine televisive producono un vero e proprio spot per il territorio scelto oltre che per tutti i prodotti utilizzati nella produzione cibo, arredamento, abbigliamento, locali pubblici e altre tendenze , i cui risvolti economici si apprezzano a medio e lungo termine. I prodotti audiovisivi infatti impongono con grande forza nella mente degli spettatori immagini di luoghi, colori, cibi, bevande, mobili e vestiti, inducendo veri e propri stili di vita in senso generale a amplissimo, dando un grande contributo alla distribuzione e vendita di tutti i prodotti utilizzati durante le riprese. Per tutte queste ragioni, il dialogo oggi in parola della fiction di Tutto può succedere in onda su Rai Uno in prima serata con uno share del 18 % circa, non può essere sottovalutato per i possibili effetti negativi che è destinato a produrre sulla vendita di birre artigianali e, in effetti, il decoro professionale, che rientra nel concetto di reputazione, corrispondente a quella immagine che il soggetto ha costruito nel proprio ambito lavorativo, è meritevole di tutela. A sommesso parere di questo giudicante, i birrai artigianali hanno subito una lesione al decoro professionale con conseguente discredito commerciale nel settore lavorativo in cui operano ove vi sono continui confronti con i più favoriti e conosciuti birrifici industriali e commerciali il danno nei loro confronti è da rinvenirsi nella ridotta affidabilità di cui sono stati tacciati nel dialogo tra i due attori e nel riflesso negativo che una affermazione di tal genere poiché infondata, ovviamente può avere sulle vendite delle birre artigianali da loro prodotte. Il danno risarcibile quindi é la diminuzione della considerazione della categoria, sia sotto il profilo della incidenza negativa che tale diminuzione comporta, sia sotto il profilo della diminuzione della considerazione da parte dei settori e delle categorie con le quali la persona giuridica o l'ente di norma interagisca Cass. Sez. 1 n. 11446/2017 . La stessa sentenza di cui sopra ha poi affermato che il pregiudizio arrecato ai diritti immateriali della personalità costituzionalmente protetti, tra cui appunto quello all'immagine, può essere oggetto di allegazione e di prova anche attraverso l'indicazione degli elementi costitutivi e delle circostanze di fatto da cui desumerne, sebbene in via presuntiva, l'esistenza . Giurisprudenza costante Cass. penale , sez. V, sentenza 28.12.2011 n. 48553 specifica che sebbene il diritto di critica abbia confini più ampi del diritto di cronaca, affinché non si configuri la diffamazione, è necessario che il giudizio, anche severo e irriverente, sia collegato col dato fattuale dal quale il criticante prende spunto. In caso contrario, il fatto rappresenta solo l'occasione e pretesto per sfogare sentimenti ostili verso persone o nel caso di specie verso prodotti che con esso non hanno relazione. Alla luce del disposto costituzionale, quindi, considerare a priori una critica negativa come diffamatoria è senz'altro sbagliato. E' assolutamente legittimo, pertanto, che un consumatore scontento possa sentirsi libero di manifestare il proprio disappunto pubblicamente senza incorrere nel rischio di vedersi condannato per diffamazione. Tale regola generale, tuttavia, patisce alcune eccezioni che è bene prendere in seria considerazione se da un lato, infatti, la Costituzione tutela la liberà di critica, dall'altro l'ordinamento giuridico non può e non deve dimenticare di offrire la giusta protezione anche ad altri diritti come quello di non vedere leso il proprio onore e la propria reputazione. Più precisamente possiamo dire che il diritto di critica legittimo deve essere esercitato con verità, pertinenza e continenza al fine di non uscire dalla sfera del lecito, altrimenti, quando la critica negativa supera i confini della legittimità e sfocia nell'insulto, nella menzogna o nella totale tendenziosità, è lecito ipotizzare la violazione dell'art. 595 del codice penale che definisce, appunto, il reato di diffamazione. Quindi, esistono circostanze che consentono di identificare una critica negativa come diffamatoria. Ciò accade quando l'opinione è fine a se stessa, formulata al solo fine di danneggiare l'altrui reputazione, espressa in modo non veritiero, non pertinente e/o non continente e pertanto risulta ingiustamente lesiva dell'altrui reputazione. Nel caso di specie, il dialogo tra i due attori ascoltato anche da questo giudice , non ha rispettato i canoni suesposti poiché esso, prima facie, appariva infondato, non supportato da fatti documentabili, non obbiettivo e carico di sottintesi sapienti quindi, esso viola il limite della continenza poiché utilizza argomenti intesi direttamente a screditare il soggetto evocando una pretesa scarsa qualità del prodotto rispetto a quello tradizionalmente consumato fa schifo queste birre non valgono quello che costano assaggia e dimmi se è potabile questa bevanda non si può bere essendo tali affermazioni delle vere e proprie insinuazioni, poiché non supportate da prove ma soprattutto perché dirette verso un'intera categoria e non verso una birra artigianale specifica e non del territorio. Dalla visione dello stralcio, agli atti, non è affatto dubitabile che i due attori ovviamente come da copione e non di loro spontanea volontà non hanno esercitato un mero diritto di critica, così come dalla RAI specificato infatti, tale dialogo contiene alcune affermazioni particolarmente lesive della dignità della categoria rappresentata dall'attuale attrice in quanto lamenta oltre che il gusto schifoso della bevanda anche la sua inadeguatezza rispetto alle birre tradizionali e l'eccesso di fiducia riposto nel prodotto acquistato vatti a fidare . Alla luce di quanto sopra, ne deriva la piena responsabilità dell'odierna convenuta la quale ha leso l'interesse giuridicamente rilevante dell'attrice al decoro, all'onore e alla reputazione e il conseguente obbligo della stessa al risarcimento del danno provocato. Alla liquidazione di tale danno morale conseguente alla obiettiva offesa di posizioni quali l'onore, la reputazione, l'immagine commerciale di per sé suscettibili di apprezzamento indipendentemente da una loro valutazione patrimoniale, deve provvedersi con liquidazione equitativa, indipendentemente dalla prova di un concreto nocumento agli interessi commerciali patrimoniali del soggetto leso. Alla luce delle considerazioni svolte, equa appare la condanna della RAI Radiotelevisione Italiana al pagamento a titolo di danno non patrimoniale della somma di Euro 3.000,00 in favore dell'attrice. Le somme sono liquidate all'attualità e pertanto non sono suscettibili di rivalutazione monetaria su di esse sono dovuti, però, gli interessi legali calcolati dalla pubblicazione della sentenza all'effettivo saldo. Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza, ai sensi dell'art. 91 c.p.comma e vengono liquidate in base alla difficoltà della controversia e all'impegno in essa profuso. P.Q.M. Il Giudice di Pace, definitivamente pronunziando, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede ACCOGLIE la domanda attorea e, per l'effetto DICHIARA il dialogo in esame, avvenuto durante la fiction Tutto può succedere in onda il giorno 1 giugno 2017 su Rai Uno, diffamatorio dell'onore e della reputazione dell'Unionbirrai in rappresentanza dei Piccoli Birrifici indipendenti Italiani e, per l'effetto CONDANNA RAI Radiotelevisione italiana a pagare in favore di Unionbirrai in rappresentanza dei Piccoli Birrifici Indipendenti Italiani la somma di Euro 3.000,00 oltre interessi legali dalla pubblicazione della sentenza all'effettivo saldo CONDANNA altresì, la convenuta RAI Radiotelevisione italiana alla rifusione delle spese sostenute dall'attrice Unionbirrai in rappresentanza dei Piccoli Birrifici Indipendenti Italiani, liquidate in complessivi Euro 1.170,00, di cui Euro 300,00 per spese ed Euro 870,00 per compenso professionale ex D.M. 140/12, oltre IVA, CPA e rimborso forfettario DICHIARA la presente sentenza provvisoriamente esecutiva ai sensi di legge.