Camminamento pericoloso: sceglie comunque di utilizzarlo. Niente risarcimento per la caduta

Il capitombolo si verifica in un cortile di pertinenza di una struttura ospedaliera. A essere responsabile, secondo i Giudici, è però proprio la vittima, che ha tenuto una condotta imprudente, utilizzando il camminamento asfaltato, nonostante la presenza di disconnessioni sul manto stradale, la disponibilità di un percorso alternativo e la protezione cautelare del locus.

Pessima idea quella di utilizzare un poco sicuro camminamento asfaltato posizionato all’interno di un cortile di pertinenza di una struttura ospedaliera. A rendersene conto sulla propria pelle è una donna, che proprio a causa di quella scelta finisce rovinosamente a terra, riportando non poche lesioni. Sotto accusa, ovviamente, la struttura sanitaria, ma per i giudici il capitombolo va addebitato alla donna che si è comportata in modo imprudente, ignorando la precarietà di quel camminamento e la disponibilità di un più sicuro percorso alternativo Cassazione, ordinanza n. 16857/19, sez. VI Civile - 3, depositata oggi . Caduta. Decisivo il passaggio in Corte d’Appello. Lì i Giudici, ribaltando il pronunciamento del Tribunale, respingono la richiesta di risarcimento presentata dalla donna. In sostanza, i Giudici ritengono che i danni provocati dalla brutta caduta debbano essere ricondotti sul piano causale al comportamento gravemente imprudente della donna , comportamento dotato dei caratteri di eccezionalità e di imprevedibilità tali da escludere ogni possibile responsabilità della struttura ospedaliera. Imprudenza. La lettura data all’episodio in secondo grado è ritenuta corretta dai magistrati della Cassazione. Inutile il ricorso proposto dall’avvocato della donna e finalizzato a dare prova della colpa della struttura ospedaliera. Su questo fronte il legale sottolinea la mancata previsione della condotta, anche imprudente, della vittima e la considera sufficiente per porre in evidenza la responsabilità del custode , ossia della struttura ospedaliera rispetto al camminamento asfaltato che è stato teatro della caduta della donna. I Giudici della Cassazione ritengono però questa obiezione non sufficiente a mettere in discussione le valutazioni della Corte d’appello, soprattutto tenendo presenti alcuni specifici aspetti della gravità della condotta tenuta dalla donna. Quest’ultima, in particolare, ha ignorato la manifesta evidenza delle sconnessioni del manto stradale e l’agevole evidenza e l’immediata prossimità del percorso alternativo , scegliendo di utilizzare il camminamento. E a rendere ancora più grave la sua decisione c’è, secondo i giudici, anche la palese conformazione, oggettivamente interdittiva, della protezione cautelare del locus pericoloso . Tutti gli elementi probatori a disposizione sono quindi sufficienti per escludere ogni responsabilità della struttura ospedaliera e per respingere la richiesta di risarcimento presentata dalla donna.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 3, ordinanza 7 marzo – 24 giugno 2019, n. 16857 Presidente Frasca – Relatore Dell’Utri Fatto e diritto Rilevato che, con sentenza resa in data 18/12/2017, la Corte d'appello di Bologna, in accoglimento dell'appello proposto dall'Azienda Unità Sanitaria Locale della Romagna, e in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato la domanda proposta da Ma. An. La. per la condanna dell'Azienda Sanitaria della Romagna al risarcimento dei danni sofferti dall'attrice a seguito di una caduta in cui la stessa era incorsa nel percorrere il camminamento a-sfaltato ubicato all'interno di un cortile di pertinenza della struttura ospedaliera che, a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato come il danno denunciato dall'attrice dovesse interamente ricondursi, sul piano causale, al comportamento gravemente imprudente della vittima, dotato dei caratteri di eccezionalità e imprevedibilità tali da escludere ogni possibile responsabilità della controparte che, avverso la sentenza d'appello, An. Ca. e An. Ca., in qualità di eredi di Ma. An. La., propongono ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo d'impugnazione che l'Azienda unità Sanitaria Locale della Romagna resiste con controricorso che, a seguito della fissazione della camera di consiglio, sulla pro-posta di definizione del relatore emessa ai sensi dell'art. 380-bis le parti non hanno presentato memoria considerato che, con l'unico motivo d'impugnazione proposto, le ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione degli artt. 2051 e 1227 c.c. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. , per avere la corte territoriale erroneamente trascurato la valutazione del comportamento dell'azienda avversaria sotto il profilo della concreta imputabilità alla stessa di un concorso nella produzione dei fatto dannoso, con particolare riguardo alla mancata previsione della condotta, anche imprudente, della vittima, di per sé suscettibile di rilevare ai fini della responsabilità del custode, ai sensi dell'art. 2051 c.c. che il motivo è inammissibile che, al riguardo, osserva il Collegio come, con il motivo in esame, le ricorrenti - lungi dal denunciare l'erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata dalle norme di legge richiamate - alleghino un'erronea ricognizione, da parte del giudice a quo, della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa operazione che non attiene all'esatta interpretazione della norma di legge, inerendo bensì alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, unicamente sotto l'aspetto del vizio di motivazione cfr., ex plurimis, Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612745 Sez. 5, Sentenza n. 26110 del 30/12/2015, Rv. 638171 , neppure coinvolgendo, la prospettazione critica delle ricorrenti, l'eventuale falsa applicazione delle norme richiamate sotto il profilo dell'erronea sussunzione giuridica di un fatto in sé incontroverso, insistendo propriamente le stesse nella prospettazione di una diversa ricostruzione dei fatti di causa, rispetto a quanto operato dal giudice a quo che, infatti, muovendo dall'esame della motivazione della pronuncia impugnata, osserva il Collegio come il giudice a quo abbia espres-samente considerato il comportamento dell'Azienda custode del camminamento in esame anche in relazione ai parametri della concreta prevedibilità dell'eventuale azione imprudente dei potenziali utilizzatori, sottolineando gli specifici aspetti di gravità della condotta della vittima in esame per la palese conformazione, oggettivamente interdittiva, della protezione cautelare del locus pericoloso la manifesta evidenza delle sconnessioni del manto stradale l'agevole evidenza e l'immediata prossimità del percorso alternativo , di per sé tali da escludere una qualsiasi ipotesi di responsabilità in capo al custode cfr. pag. 8 della sentenza impugnata , proprio alla luce dei parametri della eccezionalità e imprevedibilità della condotta dell'utilizzatrice della strada rivista in termini di sensatezza cfr. pag. 7 della sentenza impugnata che la combinata valutazione delle circostanze di fatto indicate dalla corte territoriale a fondamento del ragionamento probatorio in concreto eseguito non può in alcun modo considerarsi fondata su indici privi, ictu oculi, di quella minima capacità rappresentativa suscettibile di giustificare l'apprezzamento ricostruttivo che il giudice del merito ha ritenuto di porre a fondamento del ragionamento probatorio argomentato in sentenza che, nel caso di specie, al di là del formale richiamo, contenuto nell'epigrafe del motivo d'impugnazione in esame, al vizio di violazione e falsa applicazione di legge, l'ubi consistam delle censure sollevate dalle odierne ricorrenti deve piuttosto individuarsi nella negata congruità dell'interpretazione fornita dalla corte territoriale del contenuto rappresentativo degli elementi di prova complessivamente acquisiti o dei fatti di causa evidenziati che si tratta, come appare manifesto, di un'argomentazione critica con evidenza diretta a censurare una tipica erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa e pertanto di una tipica censura diretta a denunciare il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato che, ciò posto, il motivo d'impugnazione così formulato deve ritenersi inammissibile, non essendo consentito alla parte censurare come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante, sul quale la sentenza doveva pronunciarsi Sez. 3, Sentenza n. 10385 del 18/05/2005, Rv. 581564 Sez. 5, Sentenza n. 9185 del 21/04/2011, Rv. 616892 , non potendo ritenersi neppure soddisfatti i requisiti minimi previsti dall'art. 360 n. 5 c.p.c. ai fini del controllo della legittimità della motivazione nella prospettiva dell'omesso esame di fatti decisivi controversi tra le parti che, sulla base delle argomentazioni che precedono, dev'essere dichiarata l'inammissibilità del ricorso, con la condanna delle ricorrenti al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di cassazione, secondo la liquidazione di cui al dispositivo, oltre all'attestazione della sussistenza dei presupposti per il pagamento, da parte delle ricorrenti, del doppio contributo, ai sensi dell'art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002 P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna le ricorrenti al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200.00, e agli accessori come per legge. Ai sensi dell'art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell'art. 1-bis, dello stesso articolo 13.