Negato il danno parentale ai congiunti del clochard che non hanno dimostrato di aver mantenuto un legame affettivo

Per il riconoscimento del danno parentale è necessaria la prova dello sconvolgimento dell’esistenza, rivelato da fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita.

Così ha deciso il Tribunale di Roma, Tredicesima Sezione Civile, nella sentenza del 6 marzo 2019. Il caso. La domanda risarcitoria avanzata della madre e dai fratelli nei confronti dell'azienda ospedaliera si basa su fatti già sottoposti all'attenzione del giudice penale in tale sede è stata acclarata la negligenza, imprudenza e imperizia in cui era incorso il personale sanitario, medico e paramedico dell'ospedale che aveva omesso ogni intervento sul clochard ricoverato al pronto soccorso con una grave infezione polmonare in fase acuta, accelerando così l'iter evolutivo del processo patologico già in atto, tanto da portare alla morte. L'azienda ospedaliera, difatti, non ha contestato la ricostruzione storica degli eventi ne la responsabilità del proprio personale medico e sanitario in servizio al pronto soccorso. Ciò che è stato contestato è la risarcibilità del danno da perdita di relazione parentale invocata dalla madre e dai germani del defunto. Il danno parentale non è una pretesa di posizione. Nel respingere la domanda il Tribunale ha anzitutto ricordato come, secondo l'orientamento della Cassazione, anche il danno da perdita del rapporto parentale debba essere allegato e specificamente provato dal danneggiato Cass. Civ. n. 16992/15 . Nel caso di specie, invece, gli attori hanno sostanzialmente lamentato apoditticamente la mera mancanza di convivenza, quasi a voler configurare il danno non patrimoniale asseritamente patito come un danno in re ipsa , laddove la configurabilità di un siffatto danno è stata costantemente esclusa dalla Cassazione. Inoltre, il Tribunale ha affermato come non ci possa essere dubbio sul fatto che nessun legame, e tanto meno alcuna apprezzabile e durevole frequentazione, vi sia mai stato negli ultimi anni di vita del defunto, tra costui e gli attori. Il Tribunale ha ritenuto da un lato non ragionevole e dall'altro, in ogni caso, non sostenuta da prova, la circostanza che negli ultimi anni di vita il clochard, di nazionalità polacca, potesse realmente farsi carico delle spese occorrenti per gli spostamenti necessari a raggiungere il paese d'origine o la sorella residente in provincia di Firenze, come preteso dagli attori. Di conseguenza ha ritenuto che sia mancata la prova della conservazione di un legame affettivo, per quanto labile, con il de cuius e, conseguentemente, la prova del danno da perdita del rapporto parentale di cui i prossimi congiunti hanno chiesto il ristoro

Tribunale di Roma, sez. XIII Civile, sentenza del 6 marzo 2019 Processo e motivi della decisione 1. Con atto di citazione regolarmente notificato la sig.ra X.Y. nella qualità di madre del defunto sig. X.X. , nonché i sigg.ri X.Z. e X.H. nella qualità di germani del X.X. convenivano in giudizio l'AZIENDA USL omissis per ivi sentire accogliere le seguenti conclusioni voglia l'onumero le Tribunale adito, ogni contraria istanza, deduzione, eccezione, disattesa e reietta, accertare e dichiarare la responsabilità professionale del personale dipendente dell'Azienda USL omissis e precisamente del personale in servizio al Pronto Soccorso del Presidio Ospedaliero omissis di omissis e, quindi, la responsabilità della medesima Azienda, in relazione al decesso del sig. X.X., e conseguentemente condannare la convenuta Azienda USL omissis al risarcimento integrale dei danni non patrimoniali subiti dagli attori e quantificati nella somma di Euro 184.000,00 in favore della sig.ra X.Y., madre del de cuius, Euro 88.000,00 in favore del sig. X.Z., fratello, nonché Euro 88.000,00 in favore della sig.ra X.H., sorella o comunque in quella somma maggiore o minore che sarà ritenuta di giustizia. Per quanto attiene al risarcimento del danno derivante dalla lesione del rapporto parentale e/o del danno esistenziale si chiede che il Tribunale voglia decidere in via equitativa, oltre interessi e rivalutazione, dalla data del decesso sino al giorno dell'effettivo soddisfo . 2. A fondamento delle citate conclusioni gli attori esponevano quanto segue il 26.10.2005, una donna segnalava la presenza del sig. X.X. all'incrocio tra viale omissis e via omissis l'ambulanza trasportava il X.X. al P.S. dell'Ospedale omissis dove arrivava alle ore 16.13 una volta barellato, gli addetti del 118 lasciavano il paziente nell'androne collocato tra la camera calda e l'area ove erano situati il box del triage e la sala di visita, denominato atrio che, quale prima anomalia, andava segnalato il fatto che il paziente non in condizione di deambulare autonomamente avrebbe dovuto essere condotto nella sala triage per il rilevamento dei parametri vitali, loro registrazione e conseguente assegnazione del codice di gravità che successivamente l'infermiera addetta quel giorno al servizio di triage, sig.ra Y.Y., si avvicinava alla barella sulla quale giaceva il X.X., posizionata per l'appunto nell'atrio a circa due metri, due metri e mezzo di distanza dall'ingresso del posto di Polizia e rimaneva vicino alla barella per qualche istante numero d.e. quantificabile in circa venticinque secondi senza mai toccare il paziente né tanto meno rilevarne i parametri vitali e riattraversava di nuovo le porte scorrevoli per entrare nell'area del triage, lasciando il paziente sulla barella nell'atrio che al X.X. veniva assegnato un codice bianco ovvero quello che si assegna ai soggetti che non presentano condizioni di urgenza e non necessitano di interventi di urgenza , come documentava il referto di Pronto Soccorso allegato alla cartella clinica intestata al paziente ignoto 2006 , non risultando che l'infermiera Y.Y. avesse fatto il minimo tentativo di farsi declinare oralmente le generalità al X.X., visto che il clochard non aveva con sé documenti che, successivamente, l'infermiera Y.Y. aveva lasciato il X.X. sulla barella nell'atrio e, dunque, in un luogo nel quale non era da lei osservabile, e non nella sala triage o nelle immediate vicinanze della stessa, come richiesto dai protocolli nelle ipotesi in cui si compiono le operazioni in questione, per le quali il paziente deve rimanere sotto la diretta osservazione visiva dell'infermiera che nessun componente del personale medico e paramedico del Pronto Soccorso si era avvicinato al paziente sino alle 18.01, ora in cui la sig.ra Z.Z. all'epoca unica addetta del posto di Polizia del Pronto Soccorso dell'Ospedale omissis usciva dal proprio ufficio, prendeva la barella sulla quale giaceva il X.X. e lo spostava all'esterno dell'ufficio, più precisamente nella camera calda, ovvero quella sorta di galleria nella quale transitavano gli automezzi che portavano o prelevavano i pazienti del Pronto Soccorso che, per effetto di questa manovra, il paziente si era trovato fuori dal campo di osservazione visiva delle infermiere addette al triage e del personale sanitario della D.E.A. e allorquando la dottoressa di turno in sala medica, sig.ra H.H., aveva chiamato in visita il paziente registrato come ignoto 2006 alle ore 18.30 del 26.10.2005, l'infermiera Y.Y. riferiva che si stava occupando lei stessa della ricerca del paziente e, trascorsa un'ora senza che il paziente fosse ritrovato o si fosse presentato autonomamente, il sanitario chiudeva la cartella clinica digitando il codice numerico corrispondente alla modalità di chiusura paziente non risponde alla chiamata che il sig. X.X. aveva trascorso l'intera nottata compresa tra il 26 e il 27 ottobre riverso sulla lettiga posizionata nella camera calda in condizioni ambientali che non giovavano affatto alla sua situazione clinica e mani nessun infermiere o ausiliario in servizio al Pronto Soccorso si accostava alla barella durante tutta la notte che un addetto alla vigilanza, sig. V.V., avvicinandosi al senzatetto alle ore 7.49 del 27 ottobre, lo aveva invitato ad allontanarsi o a fare rientro nel Pronto Soccorso, ma il X.X. aveva risposto emettendo versi incomprensibili che la stessa guardia giurata alle ore 10.49 come documentato dalla telecamera all'angolo della camera calda era entrata precipitosamente nel Pronto Soccorso alla ricerca di un sanitario che constatasse se l'uomo fosse ancora in vita che alle ore 10.51 la barella era stata condotta nell'area triage ed ivi era stato constatato l'intervenuto decesso del X.X. dopodiché due medici del Pronto Soccorso, dott.ssa M.X. e M.Y., nonché il dirigente del P.S. dott. M.Z. ebbero a falsificare la cartella clinica trascrivendo i dati clinici del X.X. sulla cartella di Pronto Soccorso di un altro paziente, individuato come paziente ignoto 2007 trasportato con autoambulanza del 118 presso lo stesso Ospedale omissis alle ore 21 circa del 26.10.2005 che era stato iniziato procedimento penale nel corso del quale si era disposto esame autoptico per accertare le cause di morte del paziente e la correttezza delle cure praticate gli ausiliari tecnici della Pubblica Accusa deducevano che la morte di X.X. era stata causata da un'insufficienza cardio-respiratoria d'origine settica a seguito di broncopolmonite con focolai multipli-confluenti e superinfezione micotica, in soggetto già affetto da plurime patologie infezione che, in quanto manifestatasi in un tempo quantificato tra i quattro e i dieci giorni antecedenti al ricovero era certamente presente e rilevabile alle ore 16.13 del 26 ottobre 2005 che, con sentenza numero 178/2012, il Tribunale penale di Roma in composizione monocratica dichiarava i Dottori M.X., M.Y., M.Z. e l'infermiera Y.Y. responsabili dei reati loro rispettivamente ascritti in rubrica , ritenendo Y.Y. colpevole del reato di omicidio colposo e i sanitari colpevoli dei delitti di falsità materiale e di falsità ideologica. 3. Si costituiva in giudizio l'AZIENDA USL omissis , in persona del legale rappresentante pro tempore, esponendo che la COMPAGNIA ASSICURATRICE 1, di cui chiedeva autorizzarsi la chiamata in causa ex artt. 106 e 269 c.p.comma con richiesta di attivazione della garanzia di cui alla polizza assicurativa numero omissis con durata sino al 31.5.2008 al fine di essere dalla stessa manlevata che, infatti, la COMPAGNIA 1 - a fronte della richiesta di risarcimento danni avanzata dalle figlie del de cuius il 10.7.2007 - aveva già provveduto alla integrale liquidazione degli stessi, con il pagamento dell'importo di Euro 220.000,00 a far data dal 29.11.2007, e che tale liquidazione era avvenuta senza che l'Azienda vi avesse in alcun modo partecipato in quanto il sinistro risulta totalmente coperto da assicurazione RCT e la compagnia ha pertanto gestito integralmente la vicenda che, in ragione della predetta liquidazione del sinistro, la Compagnia de qua aveva implicitamente riconosciuto la propria competenza a gestire tutte le eventuali richieste di risarcimento avanzate dagli aventi causa e collegate all'unico evento generativo delle stesse, a nulla valendo l'eccezione per cui sarebbero liquidabili solo le richieste di risarcimento presentate per la prima volta all'assicurato nel corso del periodo di efficacia del contratto di assicurazione la quale avrebbe alterato il sinallagma contrattuale, violando altresì il tenore letterale di cui all'articolo 1917.1 c.comma che obbliga l'assicuratore a tenere indenne l'assicurato di quanto questi debba pagare a terzi in conseguenza dei fatti accaduti durante la vigenza dell'assicurazione inoltre, eccepiva l'inapplicabilità dell'articolo 11 del contratto di assicurazione per la responsabilità civile validità temporale , costituente clausola vessatoria ed all'epoca non annoverata tra le condizioni generali di assicurazione approvate specificamente ai sensi dell'articolo 1341 c.comma e, ad ogni modo, nullità della medesima disposizione in quanto reputata in contrasto con il principio di libera concorrenza nel merito, la convenuta Azienda chiedeva che – nella denegata ipotesi di accertamento della responsabilità in capo alla stessa – venisse disposta una sostanziale riduzione della quantificazione del danno in ragione del concorso causale della condotta di terzi numero d.e. la sig.ra Z.Z., assistente capo della Polizia di Stato la quale aveva proceduto al menzionato spostamento della barella senza nulla domandare al personale sanitario addetto , privi di immedesimazione organica con l'Azienda, alla verificazione dell'evento eccepiva l'infondatezza della richiesta risarcitoria quanto al danno da lesione per perdita parentale, in ragione del fatto che la dipendenza da alcol, le precarie condizioni economiche e la perdita di una rete di sostegno familiare, di contro alla produzione documentale degli estratti di residenza, non consentivano di ritenere comprovata l'esistenza di una reciproca solidarietà familiare necessaria per integrare una siffatta voce di danno. 4. Si costituiva in giudizio la COMPAGNIA ASSICURATRICE 1 la quale contestava quanto dedotto dalla chiamante ASL omissis , evidenziando in particolare 1. che in relazione alla polizza omissis , con durata dal 31.5.2005 al 31.5.2008 allorché l'azienda USL omissis ha stipulato una diversa polizza claims made con altro assicuratore, Compagnia Assicuratrice 3, per il periodo temporale dal 31.5.2008 sino al 30.9.2011, con retroattività sino al 30.11.2000 l'oggetto della garanzia della responsabilità civile verso terzi è rappresentato dai danni involontariamente cagionati a terzi il cui risarcimento sia stato richiesto per la prima volta all'assicurato durante il periodo di validità stabilito nel contratto le parti hanno inoltre convenuto all'articolo 11 delle condizioni generali di assicurazione Validità temporale dell'assicurazione , che L'assicurazione vale per le richieste di risarcimento presentate per la prima volta all'assicurato contraente nel corso del periodo di efficacia del presente contratto di assicurazione, a condizione che tali richieste siano conseguenti a fatti colposi posti in essere durante il periodo di validità della garanzia. La polizza si intende altresì operante per le richieste di risarcimento conseguenti a comportamenti colposi posti in essere prima del 31.5.2005 ma non oltre il 28.2.2002 se presentate per la prima volta nel periodo di efficacia dell'assicurazione. Si conviene che nel caso di richiesta di risarcimento relativa a comportamenti colposi posti in essere in data anteriore alla dara di effetto dell'indicata polizza l'assicurazione opera comunque nei limiti ed alle condizioni previste dalla stessa dopo l'esaurimento delle garanzie eventualmente operanti sui contratti di assicurazione stipulati in precedenza e senza possibilità di accumulo dei massimali tra rischi o quote di rivalsa e siccome la richiesta di risarcimento perveniva all'Azienda USL omissis in data 10.7.2007, essa ricadeva entro la garanzia prestata da essa COMPAGNIA ASSICURATRICE 1 che perciò aveva, come detto, assunto regolarmente il sinistro e provveduto al pagamento dell'importo omnicomprensivo di Euro 220.000,00 2. che per quanto riguarda poi la polizza numero omissis numero d.e. con franchigia assoluta per i danni a persone ed a cose di Euro 500.000,00 ex articolo 3.3 riguardante il periodo temporale dal 30.9.2012 al 30.9.2013 all'articolo 1.18 efficacia temporale delle garanzie le parti hanno pattuito la presente polizza vale per le richieste di risarcimento pervenute per la prima volta al Contraente durante il periodo di validità della polizza, a condizione che tali richieste siano conseguenti a fatti colposi posti in essere durante il periodo di validità della garanzia. Inoltre la presente assicurazione vale per le richieste di risarcimento pervenute per la prima volta al Contraente durante il periodo di validità contrattuale, a condizione che tali richieste siano conseguenti a fatti colposi verificatasi in data non anteriore al 30.9.2004 PERIODO DI RETROATTIVITA' . In relazione al periodo di retroattività, resta convenuto tra le parti che la massima esposizione della Società stop loss non potrà superare il massimale di Euro 7.000.000,00. L'assicurazione resta operante anche per i sinistri derivanti da fatti o circostanze pregresse alla data di inizio della presente polizza, già note al contraente e/o agli assicurati, a condizione inderogabile che gli stessi non potessero essere validamente denunciati come sinistri ai precedenti assicuratori nella vigenza dell'anzidetta polizza è intervenuta la richiesta di risarcimento del 31.1.2013, ricevuta il 4.2.2013 rientrava a tutti gli effetti nel periodo di retroattività di cui all'anzidetta polizza Senonché poiché la richiesta di risarcimento, pari a complessivi Euro 360.000,00 era inferiore all'anzidetta franchigia assoluta di Euro 500.000,00 a carico della contraente Azienda USL omissis per ciascun sinistro La Compagnia Assicuratrice 1, trattandosi di sinistro comunicato sotto franchigia , ha correttamente invitato l'Azienda USL omissis a gestire autonomamente la vertenza essendo state le condizioni tutte degli stipulati contratti di assicurazione predisposte dal contraente-assicurato ed accettate dall'assicuratore aggiudicatario della gara, non ha senso parlare di clausole vessatorie e/o di mancata loro approvazione, non potendo comunque trovare applicazione, nel caso di patti predisposti e proposti dallo stesso contraente ed accettati dall'assicuratore, il disposto dell'articolo 1341 c.c Né potrebbe assumere rilievo la tesi, del tutto apodittica e peraltro totalmente infondata, secondo cui la pattuizione claims made sarebbe nulla perché violerebbe il principio della concorrenza , in ragione della circostanza che i contratti assicurativi erano stati stipulati all'esito di gare aperte . In definitiva, la COMPAGNIA ASSICURATRICE 1 contestava la fondatezza della domanda di garanzia svolta dalla USL omissis ed escludeva l'operatività della polizza assicurativa numero omissis invocata dal convenuto nosocomio in ragione del fatto che non sopravvive alcuna efficacia postuma della garanzia prestata per fatti che, ancorché verificatisi nel periodo temporale previsto dal patto contrattuale, non abbiano dato luogo nel periodo di durata del contratto e di efficacia temporale delle polizze alla richiesta di risarcimento da parte dell'asserito danneggiato nei confronti dell'assicurato così come considerava non dovuta in relazione al quantum oggetto di causa la garanzia della polizza numero omissis , operando tale garanzia solo oltre la franchigia assoluta di Euro 500.000,00 prevista dalla polizza stessa nella denegata e non creduta ipotesi di accoglimento della richiesta risarcitoria, la Compagnia chiedeva disporsi la limitazione di ogni eventuale obbligazione indennitaria a carico di essa terza chiamata alla proporzionale quota di coassicurazione del 75%. 5. All'udienza di prima comparizione del 14.10.2015 le parti, nel riportarsi ai rispettivi atti introduttivi, chiedevano che il giudice procedente concedesse termini ex articolo 183 VI comma c.p.c La convenuta Azienda ASL omissis tenuto conto del rilievo espresso in atto di costituzione della Compagnia Assicuratrice 1, in ordine alla coassicurazione, riguardante la polizza numero omissis , rispetto alla Compagnia Assicuratrice 2 chiedeva di essere autorizzata alla chiamata in causa di detta compagnia. Il Giudice autorizzava la chiamata del terzo e rinviava per tale incombente all'udienza del 9.3.2016 e, ivi, disponeva la rinnovazione della notifica dell'atto di chiamata in causa della terza COMPAGNIA ASSICURATRICE 2 non andata a buon fine e rinviava all'udienza del 14.7.2016. 6. Si costituiva in giudizio – a seguito della notifica a mezzo del servizio postale - la COMPAGNIA ASSICURATRICE 2, riportandosi interamente alle deduzioni in fatto e in diritto già svolte dalla coassicuratrice COMPAGNIA 1 nel relativo atto introduttivo. 7. All'udienza del 14.7.2016 il giudice concedeva termini ex articolo 183 VI comma c.p.comma con decorrenza del 1. settembre 2016 e rinviava all'udienza del 24.11.2016. Con le memorie istruttorie le parti si riportavano ai rispettivi atti, insistendo nell'accoglimento delle relative conclusioni e delle richieste istruttorie. Il Giudice, a scioglimento della riserva assunta, ammetteva le prove testimoniali richieste come indicate nell'ordinanza del 25.11.2016 e rinviava per l'assunzione delle suddette prove alla data del 23.2.2017 d'ufficio al 22.11.2017 . Ivi, venivano escussi due dei testi di parte attrice la sig.ra omissis rispondeva In data dell' suo numero d.e. avvenuto divorzio non conosceva il signor X.X. e l'ho conosciuto dopo quando già viveva a casa della madre X.Y Ho conosciuto il sig. X.X. intorno al 1994. Ho visto l'ultima volta il sig. X.X. al momento del matrimonio nel 2003 e nel 2005 costui è venuta farci visita Confermo che il sig. X.X. si recava ogni anno per far visita alla madre nelle festività natalizie e pasquali, ma anche in altre occasioni, dopo il suo trasferimento in Italia. Non ricordo neanche in approssimazione in che data il X.X. si sia trasferito in Italia E' vero che nel dicembre 2003 il sig. X.X. partecipò al matrimonio di mia figlia. All'epoca costui era già in Italia .E' vero che il sig. X.X. si recava a Pancaldoli in visita dalla sorella. Ho saputo questo perché raccontatomi da sua sorella X.H. veniva introdotto il secondo teste, la sig.ra omissis , la quale rispondeva sono giunta Italia nel 2001 ed al tempo del matrimonio conoscevo solo X.H Avevo pochi contatti con X.H. e ho conosciuto X.X. solo perché in un'unica occasione nell'autunno del 2003 ho avuto modo di incontrare X.H. e X.X. a Piancaldoli davanti ad un bar che adesso si chiama bar MELINDA. Non ho più rivisto il X.X Ho modo di incontrare talvolta la signora X.H. anche perché siamo connazionali e abitiamo ad una decina di chilometri l'una dall'altra. L'incontro è stato occasionale anche se si era programmato con X.H. di pranzare insieme per presentarle X.X. . Il giudice rinviava per p.comma all'udienza del 14.3.2018 d'ufficio 28.6.2018 e successivamente al 19.9.2018 ex 309 c.p.c. 8. All'udienza del 14.3.2018 l'attore chiedeva di poter depositare copia autentica della sentenza 7003/2017 della Corte d'appello di Roma atto venuto in essere successivamente alla chiusura dell'attività istruttoria . Il giudice rinviava per l'incombente alla data del 4.10.2018. Ivi, le parti concludevano come da rispettive conclusioni e chiedevano termini ex articolo 190 c.p.comma Il Giudice tratteneva la causa in decisione e concedeva i termini per comparse conclusionali e repliche. 9. Le domande sono infondate e, pertanto, devono essere rigettate. 10. Preliminarmente, è opportuno osservare che l'odierna convenuta AZIENDA USL omissis oggi ASL omissis non ha contestato gli assunti attorei per ciò che attiene la ricostruzione storica degli eventi per i quali è causa, né tantomeno la responsabilità del relativo personale medico e sanitario in servizio al Pronto Soccorso dell'Ospedale omissis di omissis negli orari compresi tra l'arrivo in autoambulanza del 118 del sig. X.X. ore 16.13 del 26.10.2005 e il momento in cui un addetto alla vigilanza ITALPOL si avvedeva che il clochard polacco giaceva ormai esanime ore 10.49 del 27.10.2005 . Anzi, la Convenuta Azienda ASL omissis ha riconosciuto la propria legittimazione passiva allorché – a seguito della richiesta di risarcimento danni avanzata dalle figlie del de cuius il 10.7.2007 – ha provveduto a inoltrare la menzionata richiesta alla relativa COMPAGNIA ASSICURATRICE 1 terza chiamata nel presente procedimento senza nulla opporre in merito alla propria responsabilità l'Assicurazione ha difatti liquidato alle richiedenti un importo pari a Euro 220.000,00, già a far data dal 29.11.2007 come da documenti allegati alla comparsa di costituzione . 11. Devono perciò ritenersi pacifiche e non suscettibili di formare oggetto di ulteriore controversia le circostanze in cui è sopraggiunta la morte del X.X. e il fatto ormai acclarato che la negligenza, imprudenza e imperizia in cui è incorso il personale sanitario, medico e paramedico dell'Azienda oggi convenuta – e che all'epoca dei fatti prestava servizio nell'area del triage e delle sale medica, emergenza e chirurgica – abbiano concorso in maniera inconfutabile e significativa, stante il già critico quadro clinico in cui il clochard versava al momento dell'accesso al Pronto Soccorso grave infezione polmonare in fase acuta , ad accelerare l'iter evolutivo del processo patologico in atto decisivo e convincente quanto annotato dal giudice penale sulla posizione dell'agente di polizia Z.Z. v. pagine 35 ss. sentenza numero 178/2012 docomma 22 . 12. A dette conclusioni è pervenuto il giudice penale che – in ragione di una serie di incongruenze, anomalie e irregolarità nel trattamento riservato al sig. X.X. dal personale sanitario, reo quest'ultimo di aver operato in maniera gravemente difforme rispetto a quanto previsto dal protocollo adottato dal D.E.A. dell'ospedale in questione – pronunciava, all'esito del procedimento penale di primo grado, sentenza numero 178/2012 di condanna a carico degli imputati Y.Y. infermiera professionista addetta al triage e dei sanitari M.X., M.Y. e M.Z. in relazione ai reati di falso ideologico e materiale in atti pubblici . Condanna che è stata poi confermata con sentenza numero 7003/2017, in grado di appello, a carico di tutti i summenzionati imputati, eccetto che per l'imputata Y.Y. nei cui confronti il giudice del gravame ha dichiarato non doversi procedere in ordine al reato ascrittole perché estinto per prescrizione . 13. Ciò premesso, nel relativo atto introduttivo, l'Azienda ospedaliera convenuta – in questa sede – si è limitata 1. a contestare la risarcibilità del presunto danno da perdita di relazione parentale invocata da parte della madre e dai germani del defunto X.X. 2. in subordine, ha chiesto che nella definizione del quantum debeatur si tenga conto dell' incidenza che nel processo causativo della morte ha avuto la condotta posta in essere dalla Z.Z. la quale, come detto, agiva nella qualità di assistente capo della Polizia di Stato addetta al posto di polizia collocato all'ingresso del Dipartimento Emergenza/Urgenza e la cui azione improvvida – consistita nello spostare la barella sulla quale giaceva il de cuius all'interno della camera calda e, così, al di fuori dei locali del Pronto Soccorso e della sfera visiva e di monitoraggio del personale infermieristico – determinava l'esposizione di un individuo affetto da un'infezione broncopneumonica a focolai multipli in fase acuta a temperature comprese tra gli 11. C e i 13. C , incidendo nel processo deterministico del suo decesso come si legge anche nella citata sentenza penale di prime cure . 14. Ciò posto v'è, tuttavia, da prendere in considerazione il punto della sussistenza o meno del danno-conseguenza lamentato dagli odierni attori nella vicenda de qua sotto il profilo della interruzione del rapporto parentale. In proposito, alla luce della giurisprudenza di legittimità appresso indicata, mette conto osservare che il Tribunale di Roma nella relazione di accompagnamento alle Tabelle 2018 ha fatto proprio l'indirizzo secondo cui La giurisprudenza ha avuto modo anche di precisare la natura del danno da perdita del rapporto parentale chiarendo che, fermo il fatto che lo stesso debba essere allegato e provato specificamente dal danneggiato ex articolo 2697 c.c., esso rappresenta un peculiare aspetto del danno non patrimoniale, distinto dal danno morale e da quello biologico, con i quali concorre a compendiarlo, e consiste non già nella mera perdita delle abitudini e dei riti propri della quotidianità, bensì nello sconvolgimento dell'esistenza, rivelato da fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita v. Cassazione sez. III, 20 agosto 2015, numero 16992 . 15. In tema di accertamento e quantificazione del danno da perdita di un prossimo congiunto, deve ritenersi costituisca come detto insegnamento consolidato della giurisprudenza di legittimità il principio di diritto secondo cui in caso di perdita definitiva del rapporto matrimoniale e parentale, ciascuno dei familiari superstiti ha diritto ad una liquidazione comprensiva di tutto il danno non patrimoniale subìto, in proporzione alla durata e intensità del vissuto, nonché alla composizione del restante nucleo familiare in grado di prestare assistenza morale e materiale, avuto riguardo all'età della vittima e a quella dei familiari danneggiati, alla personalità individuale di costoro, alla loro capacità di reazione e sopportazione del trauma si veda Cassazione sez. L, numero 14655 del 13/06/2017 m. 645856 - 01 . Ricorda la medesima pronuncia che la ripartizione tra le parti dell'onere probatorio debba conformarsi al criterio generale in base al quale le circostanze del caso concreto come sopra elencate – idonee a consentire al giudice di compiere un'adeguata personalizzazione del danno – sono da allegare e provare anche presuntivamente, secondo nozioni di comune esperienza da parte di chi agisce in giudizio , viceversa spettando alla controparte la prova contraria di situazioni che compromettono l'unità, la continuità e l'intensità del rapporto familiare . 16. A questo doppio onere probatorio gli attori non hanno assolto, mentre per sua parte la ASL omissis ha offerto un'efficace confutazione della sporadica e insufficiente prova testimoniale dedotta ex adverso. Detto ciò in premessa, in termini più puntuali, la prova che incombe al danneggiante, cui spetta dimostrare l'inesistenza dei pregiudizi lamentati da controparte, non può certamente consistere – nel caso di legame parentale stretto – nella mera mancanza di convivenza, atteso che il pregiudizio presunto, proprio per tale legame e le indubbie sofferenze patite dai parenti, prescinde già, in sé, dalla convivenza la mancanza di quest'ultima, quindi, non può rilevare al fine di escludere o limitare il pregiudizio, bensì al solo fine di ridurre il risarcimento rispetto a quello spettante secondo gli ordinari criteri di liquidazione, tenuto conto di ogni ulteriore elemento utile e così, ad esempio, della consistenza più o meno ampia del nucleo familiare, delle abitudini di vita, dell'età della vittima, di quella dei singoli superstiti, ecc. si veda, da ultimo, Cass. sez. L, numero 29784 del 19/11/2018 m. 651673 - 01 . Sempre sul tema della prova in concreto del danno non patrimoniale sub specie di rottura del legame familiare – dal lato però del danneggiato - la Corte ha categoricamente escluso la possibilità di accordarne il riconoscimento ai familiari del defunto, sia pure su base equitativa o per presunzioni, laddove il pregiudizio non sia stato dedotto in modo sufficientemente specifico o dimostrato in modo adeguato. Difatti, il danno non patrimoniale patito dal prossimo congiunto di persona deceduta in conseguenza del fatto illecito del terzo in questo caso la madre e i fratelli del X.X. , in quanto danno diverso ed ulteriore rispetto alla sofferenza morale , non può essere considerato in re ipsa e non può ritenersi sussistente per il solo fatto che il superstite lamenti la perdita delle abitudini quotidiane, essendo necessaria la dimostrazione di fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita, che è onere dell'attore allegare e provare e tale onere di allegazione va adempiuto in modo circostanziato, non potendo risolversi in mere enunciazioni generiche, astratte od ipotetiche cfr. Cass. sez. III numero 21060 del 19/10/2016 m. 642934 – 02 . 17. Ora, in prima approssimazione, non v'è dubbio v. oltre che nessun legame e men che meno alcuna apprezzabile e durevole frequentazione vi sia mai stata negli ultimi anni di vita del povero X.X. tra costui e gli odierni attori ragione per cui essi hanno invocato una mera pretesa da posizione senza che essa sia risultata sostanziata di alcuno dei profili sconvolgimento interiore, alterazione delle relazioni, frequentazioni affettive etc. che sostanziano l'in sé del cd. danno parentale. 18. Invero, trattasi di un danno che, come dai giudici di legittimità evidenziato fin già dalla sentenza numero 10107, del 9/5/2011, va al di là del crudo dolore che la morte in sé di una persona cara provoca nei prossimi congiunti che le sopravvivono, concretandosi esso nel vuoto costituito dal non potere più godere della presenza e del rapporto con chi è venuto meno e perciò nell'irrimediabile distruzione di un sistema di vita basato sull'affettività, sulla condivisione, sulla intangibilità della sfera degli affetti e della reciproca solidarietà nell'ambito della famiglia e sulla inviolabilità della libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana nell'ambito di quella peculiare formazione sociale costituita dalla famiglia, la cui tutela è ricollegabile agli artt. 2, 29 e 30 Cost., nonché nell'alterazione che una scomparsa del genere inevitabilmente produce anche nelle relazioni tra i superstiti, danno che può presumersi allorquando costoro siano legati da uno stretto vincolo di parentela, ipotesi in cui la perdita lede il diritto all'intangibilità della sfera degli affetti reciproci e della scambievole solidarietà che caratterizza la vita familiare nucleare cfr., ex multis, Cass. 16/3/2012, numero 4253 Cass. 14/6/2016, numero 12146 Cass. 15/2/ 2018, numero 3767 . 19. Com'è dato constatare si tratta di un plesso interpretativo assolutamente univoco e coeso innestatosi sulla duplice esigenza manifestata dalla Cassazione di evitare automatismi risarcitori. 20. Orbene, venendo all'esame del caso di specie, la sig.ra X.Y., nonché i sigg.ri X.Z. e X.H. rispettivamente nella qualità di madre e di germani del defunto X.X. , hanno addotto una serie di circostanze nell'intento di provare contrariamente a quanto asserisce la convenuta ASL omissis il mantenimento di uno stabile e reciproco legame affettivo intercorso con il X.X. e bruscamente reciso soltanto dal decesso di quest'ultimo, sopraggiunto in data 27.10.2005. Malgrado il de cuius si fosse trasferito in Italia nel 2002, prima di allontanarsi dalla Polonia e dai relativi affetti familiari, gli attori hanno precisato che costui – avendo divorziato dalla moglie nel 1997 – fosse andato a vivere presso l'abitazione materna e, ivi, assieme ai germani X.Z. e X.H., aveva risieduto per sei mesi ciò è quanto si ricava dal certificato di residenza permanente – v. docomma 12, ed è ulteriormente emerso dalla deposizione resa dalla teste, sig.ra omissis , all'udienza del 22.11.2017 . Gli attori hanno affermato che il legame, già rinforzatosi per effetto della descritta convivenza, ha conservato – immutate – la propria intensità e continuità, indipendentemente dall'allontanamento della casa familiare. A sostegno di tale assunto, è riportata la circostanza emersa sia pure in modo incompleto e frammentario dalle deposizioni dei testi omissis e omissis che il clochard polacco annualmente si sarebbe recato durante le festività pasquali e natalizie presso l'abitazione della madre in Polonia e che, nell'ottobre del 2003, sarebbe andato a far visita alla sorella X.H. che nel frattempo, essendosi trasferita in Italia, lavorava a Piancandoli. In aggiunta a ciò, gli attori hanno depositato copia di alcune fotografie a detta di parte risalenti al 2000 che ritraggono il sig. X.X. in compagnia dei familiari, in Italia e Polonia. Anzitutto, il decidente ritiene non ragionevole e, comunque, non provata la possibilità che, specie negli ultimi anni di vita, il clochard polacco – deceduto nel 2005 in condizioni di assoluta indigenza economica – potesse realmente farsi carico delle spese occorrenti per gli spostamenti necessari a raggiungere il paese d'origine o la sorella in provincia di Firenze né tantomeno, l'assunto di parte attrice genericamente confermato dai testi escussi rinviene un valido fondamento probatorio nei documenti fotografici prodotti in giudizio atteso che, come anticipato, sono state depositate fotografie che ritraggono il sig. X.X. assieme a prossimi congiunti – da ultimo e solo asseritamente – nel 2000, ossia ben cinque anni prima della sua morte. 21. La descritta vicenda dell'isolato incontro con la sorella nell'ottobre del 2003, presso il Comune di Piancandoli ove ella lavorava, testimonia anzi quanto evanescenti e inconsistenti fossero divenute le frequentazioni tra gli odierni attori e il sig. X.X 22. In definitiva è mancata la prova circa la conservazione di un finanche labile legame affettivo con il de cuius e, quindi, la prova del danno da perdita del rapporto parentale di cui i prossimi congiunti hanno chiesto il ristoro. 23. Né, a maggior ragione e da ultimo, v'è la possibilità – in linea con i più recenti e menzionati approdi giurisprudenziali volti a evitare che venga ad essere snaturata la funzione del risarcimento e che si addivenga a ingiustificate locupletazioni – di rinvenire fatti precisi e specifici, idonei a circostanziare i pregiudizi patiti dalle vittime sotti il profilo, ancora più restrittivo e circoscritto, di un cd. danno esistenziale inteso come la sofferenza e il dolore non rimangano più allo stato intimo ma evolvano, in pregiudizi concernenti aspetti relazionali della vita cfr. v. Cass., SS. UU., 11/11/2008, numero 26972. Per tali ragioni, si è ritenuto che vi sia identità tra il pregiudizio esistenziale o da rottura del rapporto parentale che non consiste allora nello sconvolgimento dell'agenda o nella mera perdita delle abitudini e dei riti propri della quotidianità della vita, ma si sostanzia nello sconvolgimento - dell'esistenza rivelato da fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita, in scelte di vita diversa . 24. Restano assorbite le valutazioni sulla polizza assicuratrice. 25. Le spese di lite seguono la soccombenza e possono essere liquidate come da dispositivo alla luce dei criteri di cui all'articolo 4 D.M. 55/2014. 26. Quanto alle chiamate di terzo le stesse possono essere compensate, tenuto conto che proprio la posta risarcitoria riconosciuta dalla COMPAGNIA ASSICURATRICE 1 ha ingenerato nella convenuta il convincimento che la polizza assicurativa fosse idonea all'invocata manleva. P.T.M. il Tribunale di Roma definitivamente decidendo sulle domande proposte da X.Y., X.Z. e X.H. nei confronti dell'AZIENDA USL omissis e sulla chiamata in causa di COMPAGNIA ASSICURATRICE 1 e COMPAGNIA ASSICURATRICE 2, così provvede a. rigetta le domande b. condanna parti convenute, in solido, al pagamento delle spese di lite che liquida in Euro 21.387,00 oltre IVA, CPA e contributo spese generali al 15% comma dichiara assorbite le chiamate in garanzia d. compensa le spese in relazione al capo precedente. Così deciso in Roma il 06/03/2019.