Non provato il legame affettivo: niente risarcimento al nonno per la perdita della nipote

Respinta la richiesta presentata dall’uomo a seguito del decesso della nipote, rimasta vittima di un bruttissimo incidente stradale. Per i Giudici non vi sono i presupposti per parlare di forte legame affettivo tra i due familiari. Irrilevanti, a questo proposito, i contatti telefonici e l’appartenenza alla stessa fede religiosa.

Frequenti contatti telefonici e appartenenza alla medesima religione non sono elementi sufficienti per parlare di forte legame affettivo tra nonno e nipote. Di conseguenza, alla tragica morte della ragazza, vittima di un incidente stradale, l’anziano parente può sostenere di avere subito una forte ferita morale, ma non può pretendere un corrispondente risarcimento Cassazione, ordinanza n. 12280/19, sez. VI Civile - 3, depositata oggi . Vincolo. L’origine della vicenda risale ai primi mesi del 2009, quando una ragazza muore a seguito di un brutto incidente stradale. Unico colpevole è il conducente della vettura su cui viaggiava la vittima. A gravare sull’automobilista vi è, poi, anche la richiesta di risarcimento presentata dal nonno della ragazza. L’uomo pretende un ristoro economico per la sofferenza affettiva subita a causa della perdita della nipote . Ma i Giudici, prima in Tribunale e poi in appello, respingono la domanda, ritenendo non provata l’intensità del vincolo affettivo tra nonno e nipote non conviventi . Tale visione è ritenuta corretta e confermata anche dalla Cassazione, che respinge definitivamente le obiezioni proposte dal legale del nonno. Riflettori puntati, spiegano i Giudici, sulla esistenza di un intenso vincolo tra i due familiari, e ciò a prescindere dalla convivenza. Ebbene, su questo fronte, il nonno ha solo provato l’appartenenza sua e della nipote alla medesima religione e la frequenza tra di loro di contatti telefonici . Tutti elementi che non sono idonei a dare sostanza all’ipotesi di un vero legame tra nonno e nipote, concludono i magistrati.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 3, ordinanza 15 novembre 2018 – 9 maggio 2019, n. 12280 Presidente Frasca – Relatore Cigna Premesso che Lu. Er., quale procuratore speciale di Pa. Ne., propone ricorso per Cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza 837/2017, con la quale la Corte d'appello di Milano gli ha rigettato il gravame proposto avverso la sentenza 241/14 del Tribunale di Milano che gli aveva respinto, per mancata prova dell'intensità del vincolo affettivo tra nonno e nipote non conviventi , la richiesta di risarcimento dei danni subiti in conseguenza del decesso della nipote Va. Vi. Ma., di nazionalità rumena, evento avvenuto in esito ad incidente stradale occorso in data 8-2-2009, del quale era stato ritenuto esclusivo responsabile Vi. Pe., conducente dell'autovettura assicurata per la rea con la Unipol Assicurazioni SpA sulla quale la nipote era terza trasportata. Resiste con controricorso la Unipol Assicurazioni SpA. Considerato che Con il primo motivo il ricorrente, denunziando -ex art. 360 n. 3 e 4 c.p.c. nullità della sentenza per violazione dell'art. 116 c.p.c. ai sensi dell'art. 132 n. 4 c.p.c., in relazione agli artt. 2059, 2043, 1223, 2056 e 2727 c.c., si duole che la Cotte, con motivazione apparente graficamente data ma logicamente insussistente e senza considerare che anche la prova presuntiva può essere sufficiente a ritenere provata la sofferenza affettiva del nonno per la perdita della nipote, non gli abbia riconosciuto il danno non patrimoniale dallo stesso subito per la morte della nipote. Il motivo è inammissibile. Costituisce consolidato principio di questa Suprema Corte che la mancanza di motivazione, quale causa di nullità per mancanza di un requisito indispensabile della sentenza, si configura nei casi di radicale carenza di essa, ovvero del suo estrinsecarsi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi cosiddetta motivazione apparente , o fra di loro logicamente inconciliabili, o comunque perplesse od obiettivamente incomprensibili Cass. 20112/2009 Cass. sez. unite 8053/2014 nella specie la Corte di appello ha espresso le ragioni della adottata decisione, con argomentazioni logicamente conciliabili, non perplesse ed obiettivamente comprensibili in particolare, invero, con motivazione eccedente rispetto al richiesto minimo costituzionale, dopo avere correttamente chiarito che, anche a prescindere dalla convivenza, l'esistenza eli un precedente intenso vincolo affettivo tra nonno e nipote può essere provato in altro modo conf. Cass. 21230/2016 e 29332/2017 , ha poi precisato che, nel caso di specie, l'attore aveva al riguardo solo allegato e, peraltro, non provato unicamente l'appartenenza di entrambi alla medesima religione ortodossa e la frequenza tra gli stessi di contatti telefonici clementi questi dalla Corte ritenuti tuttavia non idonei a considerare provata l'esistenza di un intenso rapporto affettivo tra il nonno Pa. Ne. e la nipote Va. Vi. Ma. al riguardo ha anche ritenuto corretta la decisione del Tribunale di non ammettere la richiesta prova per testi reiterata anche in appello , atteso che i capitoli di prova, volti a provare da quanto tempo la nipote si trovasse in Italia e se sussistessero ancora rapporti con 1 familiari in Romania, non contenevano alcun elemento idoneo a provare la particolare intensità del vincolo affettivo tra nonno e nipote. La denunziata violazione di legge è inammissibile in quanto si risolve in una critica, non consentita in questa sede, alla valutazione operata dal Giudice di merito in ordine alla mancanza di prova implicitamente anche presuntiva della sussistenza tra nonno e nipote di un intenso vincolo affettivo. Non sussiste, comunque, in particolare, la violazione dell'art. 116 c.p.c. norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale , che, come precisato da Cass. 11892 del 2016 e ribadito da Cass. S.U. 16598/2016, è idonea ad integrare il vizio di cui all'art. 360, n. 4, c.p.c. solo quando e non è il caso di specie il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all'opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime. Né è rispettato il canone fissato da Cass. sez. unite 1785/2018 per la deduzione della violazione in iure dei paradigmi normativi sulle presunzioni semplici, essendosi il ricorrente, anche nel caso in esame, limitato a prospettare una diversa ricostruzione in fatto quale esito dei pretesi ragionamenti presuntivi v. anche Cass. 17720/2018 . Con il secondo motivo il ricorrente, denunziando -ex art. 360 n. 3 e 4 c.p.c. nullità della sentenza per violazione dell'art. 281 ter c.p.c. ai sensi dell'art. 132 n. 4 c.p.c., in relazione agli artt. 2059, 2043, 1223, 2056 e 1226 c.c., si duole che la Corte, con motivazione apparente, abbia rigettato la formulata richiesta di riformulare i capitoli di prova o disporre d'ufficio la prova testimoniale ex art. 281 ter c.p.c Il motivo è inammissibile per violazione dell'art. 366 n. 6 c.p.c., in quanto omette di riprodurre in ricorso sia direttamente sia indirettamente i detti capitoli probatori oggetto di istanza di riformulazione ne consegue la genericità e, quindi, la mancanza del requisito della specificità, richiesto pure per il motivo di ricorso per Cassazione conf. da Cass. 4741/2005 a Cass. S.U. 7074/2017, in motivazione incomprensibile, e come tale inammissibile, è comunque la denunciata violazione dell'art. 281 ter pc, in ordine al quale, in ogni modo, la Corte, con argomentazioni logicamente conciliabili, non perplesse ed obiettivamente comprensibili, ha evidenziato che l'art. 281 ter c.p.c. deve essere interpretato in modo restrittivo, non potendo supplire il potere ufficioso del Giudice alle carenze delle parti. Alla luce di tali considerazioni, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, D.P.R. 115/2002, poiché il ricorso è stato presentato successivamente al 30-1-2013 ed è stato dichiarato inammissibile, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis del cit. art. 13. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 3.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.