Il fattore naturale indipendente dalla condotta colposa del medico non rileva sulla ricostruzione del nesso di causalità

Al fattore naturale non imputabile privo di interdipendenza funzionale con l’accertata condotta colposa del sanitario, ma dotato di efficacia concausale nella determinazione dell’unica e complessiva situazione patologica riscontrata, non può attribuirsi rilievo sul piano della ricostruzione del nesso di causalità tra detta condotta e l’evento dannoso, appartenendo a una serie causale del tutto autonoma rispetto a quella in cui si inserisce il contegno del sanitario, bensì unicamente sul piano della determinazione equitativa del danno, potendosi così pervenire – sulla base di una valutazione da effettuarsi, in difetto di qualsiasi automatismo riduttivo, con ragionevole e prudente apprezzamento di tutte le circostanze del caso concreto – solamente a una delimitazione del quantum del risarcimento.

La fattispecie. La sentenza in commento n. 10812/19, depositata il 18 aprile trae origine da una decisione della Corte d’Appello di Caltanisetta che, in parziale accoglimento del gravame proposto da un medico di un ospedale siciliano, ha ridotto l’ammontare dei danni riconosciuti agli originari attori dal Giudice di primo grado in conseguenza dei danni neonatali sofferti dalla loro figlia al momento della nascita. La Corte di merito ha confermato la responsabilità – già ravvisata dal Giudice di prime cure – del medico per non avere sottoposto la madre della piccola a tutti gli esami strumentali necessari ed imposti dai dati obiettivi per accertare la grave sofferenza di un feto e le condizioni di un altro, in parto gemellare, al fine di assicurare un rapido trasferimento della puerpera per il parto presso un’altra struttura attrezzata con Unità di Terapia Intensiva Prenatale”. Nonostante quanto sopra la Corte ha tuttavia rideterminato l’ammontare del risarcimento riconosciuto all’esito del giudizio di primo grado in considerazione della presenza di un fattore naturale non imputabile idoneo a generare l’evento dannoso, caratterizzato da un c.d. distress respiratorio da deficit di surfattante del quale era affetta la neonata, non considerato dai Giudici di primo grado. Il rapporto tra condotta del medico e danno è indipendente da fattori naturali privi di interdipendenza funzionale. Nella propria articolata decisione, gli Ermellini hanno analiticamente ricostruito l’evoluzione della giurisprudenza della Corte di Cassazione in tema di responsabilità delle strutture sanitarie ex se e per fatto dell’ausiliario, rilevando preliminarmente la responsabilità contrattuale delle prime per fatto proprio, ex art. 1218 c.c., ove tali danni siano dipesi dall'inadeguatezza della struttura e per fatto altrui, ex art. 1228 c.c., ove siano dipesi dalla colpa dei sanitari di cui le stesse si avvalgono e precisando che il rapporto in base al quale il debitore è chiamato a rispondere non può essere distinto tra comportamento doloso ovvero colposo del soggetto agente. In tale contesto, la struttura sanitaria risponde direttamente di tutte le ingerenze dannose che al dipendente o al terzo preposto – della cui opera comunque si è avvalso – sono state rese possibili dalla posizione conferitagli rispetto al creditore/danneggiato, e cioè dei danni che ha potuto arrecare in ragione di quel particolare contatto cui e risultato esposto nei suoi confronti il creditore nel caso di specie rappresentato dalla gestante/partoriente e il feto/neonato . La struttura sanitaria è infatti direttamente responsabile allorquando l’evento dannoso risulti, come nella specie, da ascriversi alla condotta colposa posta in essere anche a sua insaputa dal medico, della cui attività essa si è comunque avvalsa per l’adempimento della propria obbligazione contrattuale. Si tratta allora di delineare i criteri valevoli a delimitare la giuridica rilevanza delle conseguenze dannose eziologicamente derivanti dal danno evento costituenti integrazione del rischio specifico posto in essere dalla condotta dolosa o colposa del debitore/danneggiante, che a tale stregua solo a carico del medesimo, e non anche sul creditore/danneggiato, devono gravare. In presenza di danni conseguenza aggravamento/morte costituenti effetto delle eccezionali condizioni personali del danneggiato a titolo esemplificativo, emofilia, cardiopatia, allergia rara, ecc. ovvero del fatto successivo del terzo – e in particolare del medico i.e. cura errata, errato intervento medico, ecc. , non può invero pervenirsi a ridurre o escludere anche il relativo risarcimento in favore della vittima. II danneggiato rimane infatti agli stessi specificamente esposto in conseguenza dell’antecedente causale determinato dalla condotta colposa o dolosa del debitore/danneggiante come posto in rilievo anche da autorevole dottrina, che lo indica quale danno diretto” , quest'ultimo dovendo pertanto risponderne anche sul piano risarcitorio. Diverso è il caso in cui, come nel caso in esame, si sia in presenza di un pregresso fattore naturale non legato all’altrui condotta colposa da un nesso di interdipendenza causale. Infatti, secondo la Corte, allorquando un pregresso fattore naturale non imputabile venga individuato quale antecedente che, pur privo di interdipendenza funzionale con l'accertata condotta colposa del sanitario, sia dotato di efficacia concausale nella determinazione dell’unica e complessiva situazione patologica riscontrata, a esso non può attribuirsi rilievo sul piano della ricostruzione della struttura dell’illecito, e in particolare dell'elemento del nesso di causalità tra tale condotta e l’evento dannoso, appartenendo a una serie causale del tutto autonoma rispetto a quella in cui quest'ultima si inserisce. Al medesimo può assegnarsi rilevanza unicamente sul piano della determinazione equitativa del danno, e conseguentemente pervenirsi – sulla base di una valutazione da effettuarsi, in difetto di qualsiasi automatismo riduttivo, con ragionevole e prudente apprezzamento di tutte le circostanze del caso concreto – alla delimitazione del quantum del risarcimento dovuto dal responsabile. Per tale ragione, conclude la Corte, al fattore naturale non imputabile privo di interdipendenza funzionale con l’accertata condotta colposa del sanitario, ma dotato di efficacia concausale nella determinazione dell'unica e complessiva situazione patologica riscontrata, non può attribuirsi rilievo sul piano della ricostruzione del nesso di causalità tra detta condotta e l'evento dannoso, appartenendo a una serie causale del tutto autonoma rispetto a quella in cui si inserisce la condotta del sanitario, bensì unicamente sul piano della determinazione equitativa del danno, potendosi così pervenire – sulla base di una valutazione da effettuarsi, in difetto di qualsiasi automatismo riduttivo, con ragionevole e prudente apprezzamento di tutte le circostanze del caso concrete – solamente a una delimitazione del quantum del risarcimento.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 19 aprile 2018 – 18 aprile 2019, n. 10812 Presidente/Relatore Scarano Svolgimento del processo Con sentenza del 22/12/2014 la Corte d’Appello di Caltanissetta, rigettato quello in via incidentale spiegato dal sig. Ci.Ca. , in parziale accoglimento del gravame interposto dalla sig. C.M. e in conseguente parziale riforma della pronunzia - su riunite cause - Trib. Caltanissetta 22/7/2008, ha parzialmente accolto la domanda in origine proposta dai sigg. V.G. e M.G. -in proprio e nella qualità di esercenti la potestà sulla figlia minore V.M. , nei confronti dell’Azienda Ospedaliera omissis , della Regione Siciliana, della Gestione Liquidatoria della UsI n. 16 di Caltanissetta, dei dottori F.C. e C.M. , nonché delle chiamate in causa società Euro Americana e Zurigo Assicurazioni s.p.a., ed altresì del medico curante Ci.Gi. , di risarcimento dei danni rispettivamente sofferti in conseguenza dei danni neonatali subiti da V.M. , in occasione della nascita avvenuta l’ , presso la divisione di ostetricia e ginecologia dell’Ospedale omissis . La corte di merito ha in particolare confermato la responsabilità ravvisata dal giudice di prime cure - della C. , medico quel giorno in servizio presso la suindicata divisione di ostetricia e ginecologia dell’Ospedale omissis , per non avere sottoposto la M. a tutti gli esami strumentali necessari ed imposti dai dati obbiettivi per accertare la grave sofferenza di un feto e le condizioni di un altro, in parto gemellare, al fine di assicurare un rapido trasferimento della puerpera per il parto presso altra struttura attrezzata con Unità di Terapia Intensiva Prenatale UTIN . Sulla base della CTU disposta ed espletata in sede di giudizio di appello, ha ravvisato non addebitabile la sintomatologia dolorosa lamentata dalla M. al momento del ricovero ad una minaccia di parto pre-termine, ma, piuttosto al distacco intempestivo di placenta, non diagnosticato e trattato con tocolitici, mentre sarebbe stato urgente il taglio cesareo, per scongiurare danni al feto ha per converso accertato il nesso di causalità materiale tra la condotta omissiva colposa dei sanitari del - consistita nel non praticare il parto cesareo all’insorgere della sofferenza fetale connessa alla crisi di bradicardia, che i predetti non hanno neppure diagnosticato - ed il danno, essendosi la suddetta condotta posta come antecedente idoneo a generarlo, in base al criterio di probabilità relativa del più probabile che non . Il giudice del gravame ha per altro verso riformato la sentenza del tribunale nella parte in cui ha ritenuto nel caso non rilevante anche il distress respiratorio da deficit di surfattante - e, quindi la esistenza di un fattore naturale non imputabile idoneo a generare l’evento dannoso , pervenendo ad assegnare a quest’ultimo un’incidenza in misura preponderante sul danno , nella misura di due terzi. Ha pertanto rideterminato l’ammontare dal giudice di prime cure a titolo di risarcimento dei danni liquidato in favore della minore M. , calcolandolo sulla base delle Tabelle di Milano, aggiornate al 2014, con aumento del 15% dell’individuato punto tabellare d’invalidità a titolo di personalizzazione e successiva riduzione di due terzi. Ha altresì rideterminato in aumento quanto dal tribunale liquidato a titolo di danno morale in favore della madre M. , tenendo conto di tutti i profili relativi alla sofferenza soggettiva ed all’impegno connessi alla gravissima invalidità della figlia equiparabili a quelli derivanti dalla morte del congiunto , respingendo viceversa la domanda di risarcimento del danno esistenziale, in quanto compreso nel danno morale . Ha del pari rigettato la domanda di ristoro dei costi connessi all’assistenza alla figlia, stante la mancata dimostrazione di esso . Ha infine posto la somma liquidata a carico della società Zurich Assicurazioni, ma non oltre il massimale di polizza, non essendo stata allegata, neppure, la mala gestio da parte della compagnia , avendo l’Assessorato Regionale domandato solo la condanna della compagnia a tenerlo indenne da quanto dovuto in conseguenza della eventuale pronuncia di condanna a proprio carico, senza riferimento alla mala gestio . Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la M. e il V. , quest’ultimo anche in qualità di tutore della figlia M. , propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 5 motivi, illustrati da memoria. Resistono con separati controricorsi la società Zurich Insurance Public Limited Company e la Società Reale Mutua di Assicurazioni s.p.a Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva. Motivi della decisione Con il 1 motivo i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione dell’art. 1218 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Con il 2 motivo denunziano violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 1218, 1223 e 1226 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Con il 3 motivo denunziano violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 1218, 1223 e 1226 c.c., artt. 61 e 192 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Con il 4 motivo denunziano violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 1218, 1223 e 1226 c.c., artt. 61 e 192 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Con il 5 motivo denunziano violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3, 13, 29 e 34 Cost., art. 1226 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Si dolgono che la corte di merito abbia erroneamente escluso la legittimazione contrattuale del padre , laddove anch’esso deve ritenersi tra i soggetti protetti dal contratto, nei cui confronti la prestazione è dal medico dovuta. Lamentano che erroneamente la corte di merito non ha riconosciuto preponderante rilevanza causale alla condotta negligente dei medici, anche in ragione della difettosa tenuta della cartella medica alla mancata individuazione del feto morto alla valutazione delle condizioni della paziente, che avrebbero richiesto la cesarizzazione immediata . Lamentano non avere nella specie l’Ospedale fornito la prova di cui all’art. 1218 c.c., considerate le divergenti conclusioni delle due consulenze tecniche . Si dolgono che la corte di merito non abbia liquidato il danno esistenziale, laddove l’handicappato cognitivo ha un danno molto più vasto rispetto al puro e semplice handicappato motorio, sia pure a parità di valutazione del danno biologico . I primi 4 motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono p.q.r. fondati e vanno accolti nei termini di seguito indicati. Come risulta indicato nell’impugnata sentenza, è rimasto nella specie accertato che la odierna ricorrente M. , non riuscendo ad avere figli, dopo un primo nato nel 1980 a seguito di gravidanza naturale a termine e dopo una successiva interruzione volontaria della seconda gravidanza, si è rivolta al Dott. Ci.Ca. , che l’ha sottoposta ad inseminazione artificiale omologa intraperitoneale, dalla quale è derivata la gravidanza gemellare per cui è causa La M. era, ed è, affetta da talassemia minor, che ne determina l’anemia. In occasione dell’ultimo controllo presso il suo studio professionale a Palermo la sera del 7 settembre 1993, il Dott. Ci. dopo l’esame dei feti, uno corrispondente alla trentesima settimana e l’altro alla trentunesima, mentre la gravidanza era giunta alla trentaduesima settimana e stante la riscontrata differenza di peso tra gli stessi, uno dei quali di kg 1,50 e l’altro di kg. 1,00 le consigliò di sottoporsi ad un esame specialistico di flussimetria doppler . Risulta ulteriormente indicato che il giorno successivo la M. , intorno alle 12,00, ha cominciato ad accusare forti dolori addominali, con contrazioni uterine ad intervalli regolari, delle quali ha riferito telefonicamente, alle 12,30, al predetto Dott. Ci. . Questi le ha consigliato di recarsi presso il più vicino ospedale. Di qui la scelta di andare all’ospedale omissis , dove è giunta alle ore 14,00 circa e dove è stata visitata dal Dott. F. , che ha riscontrato che il cerchiaggio era ben posizionato, prescrivendo un tracciato cardiotocografico, e terapia farmacologica cortisonica e tocolitica Il Dott. F. ha cessato il turno alle 14.30 circa. La terapia è stata proseguita dalla Dott. C. , giunta in servizio nel turno successivo a quello del Dott. F. . La predetta ha, inoltre, sottoposto la M. a tracciato cardiotocografico con apparecchio non di ultima generazione e, quindi, non in grado di verificare contemporaneamente due feti , dalle ore 15,23 alle ore 15,58 e, inoltre, prescritto alla paziente assoluto riposo a letto. Intorno alle ore 19,00, in presenza di forti e dolorose contrazioni uterine, il primario, Dott. R. , nel frattempo sopraggiunto, ha eseguito un esame ecografico, in sala operatoria, praticandole, dopo circa novanta minuti, il taglio cesareo, da cui è nata, alla ore 20,30 circa, la piccola M. , nonché un secondo feto morto Risulta, altresì, che subito dopo la nascita M. ha subito una crisi di ipossia prolungata, superata a seguito di intervento di rianimazione, con massaggio cardiaco, ossigenoterapia e cortisone La neonata è stata trasferita in autoambulanza all’ospedale Aiuto Materno di , Divisione di neonatologia e terapia intensiva. Ivi è giunta poco dopo le ore 2.00 del giorno . Durante il viaggio ha subito altre due crisi di ipossia, di cui una con arresto cardiaco, risolto con massaggio cardiaco e stimolazione Dal contenuto della cartella clinica redatta dai medici della divisione di neonatologia e terapia intensiva dell’ospedale Aiuto Materno di si evince che la causa della grave encefalopatia della minore è stata individuata nelle crisi ipossiche subite dopo la nascita, a loro volta causate da deficit da surfactante, o malattia da distress o delle membrane ialine . Orbene, va anzitutto osservato che giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità la struttura sanitaria risponde a titolo contrattuale dei danni patiti dal paziente a per fatto proprio, ex art. 1218 c.c., ove tali danni siano dipesi dall’inadeguatezza della struttura b per fatto altrui, ex art. 1228 c.c., ove siano dipesi dalla colpa dei sanitari di cui essa si avvale cfr. Cass., 3/2/2012, n. 1620 Cass., Sez. Un., 11/1/2008, n. 577 Cass., 13/4/2007, n. 8826 Cass., 24/5/2006, n. 12362 . Si è al riguardo precisato che la responsabilità contrattuale della casa di cura non rimane esclusa in ragione dell’insussistenza di un rapporto contrattuale che leghi il medico alla struttura sanitaria, in tale ipotesi operando il principio dell’appropriazione o dell’avvalimento dell’opera del terzo di cui all’art. 1228 c.c. v. Cass., 27/8/2014, n. 18304 . Va pertanto ribadito che in base alla regola di cui all’art. 1228 c.c. come quella di cui all’art. 2049 c.c. il debitore che nell’adempimento dell’obbligazione si avvale dell’opera di terzi risponde dunque anche dei fatti dolosi o colposi di costoro v. Cass., 24/5/2006, n. 12362 Cass., 4/3/2004, n. 4400 Cass., 8/1/1999, n. 103 , ancorché non siano alle sue dipendenze v. Cass., 11/12/2012, n. 22619 Cass., 21/2/1998, n. 1883 Cass., 20/4/1989, n. 1855 . La responsabilità per fatto dell’ausiliario e del preposto prescinde infatti dalla sussistenza di un contratto di lavoro subordinato, irrilevante essendo la natura del rapporto tra i medesimi intercorrente ai fini considerati, fondamentale rilievo viceversa assumendo la circostanza che dell’opera del terzo il debitore comunque si sia avvalso nell’attuazione della propria obbligazione, ponendo la medesima a disposizione del creditore, sicché la stessa risulti a tale stregua inserita nel procedimento esecutivo del rapporto obbligatorio. La responsabilità che dall’esplicazione dell’attività di tale terzo direttamente consegue in capo al soggetto che se ne avvale riposa infatti sul principio cuius commoda eius et incommoda, o, più precisamente, come detto, dell’appropriazione o avvilimento dell’attività altrui per l’adempimento della propria obbligazione, comportante l’assunzione del rischio per i danni che al creditore ne derivino cfr., con riferimento a diverse fattispecie, Cass., 14/2/2019, n. 4298 Cass., 22/11/2018, n. 30161 Cass., 12/10/2018, n. 25374 Cass., 12/10/2018, n. 25373 Cass., 6/6/2014, n. 12833 Cass., 26/5/2011, n. 11590 . Né, al fine di considerare interrotto il rapporto in base al quale il debitore è chiamato a rispondere, vale distinguere tra comportamento colposo e comportamento doloso del soggetto agente che della responsabilità del primo costituisce il presupposto , essendo al riguardo sufficiente in base a principio che trova applicazione sia nella responsabilità contrattuale che in quella extracontrattuale la mera occasionalità necessaria v. Cass., 17/5/2001, n. 6756 Cass., 15/2/2000, n. 1682 . La struttura sanitaria risponde allora direttamente di tutte le ingerenze dannose che al dipendente o al terzo preposto medico , della cui opera comunque si è avvalso, sono state rese possibili dalla posizione conferitagli rispetto al creditore/danneggiato, e cioè dei danni che ha potuto arrecare in ragione di quel particolare contatto cui è risultato esposto nei suoi confronti il creditore nel caso, la gestante/partoriente e il feto/neonato . La struttura sanitaria è infatti direttamente responsabile allorquando l’evento dannoso risulti come nella specie da ascriversi alla condotta colposa posta in essere quand’anche a sua insaputa cfr. Cass., 17/5/2001, n. 6756 dal medico cfr. Cass., 27/8/2014, n. 18304 , della cui attività essa si è comunque avvalsa per l’adempimento della propria obbligazione contrattuale. Deve ulteriormente porsi in rilievo che, come questa Corte ha già avuto modo di affermare, la responsabilità contrattuale del medico e della struttura sanitaria oltre che nei confronti del paziente è configurabile anche relativamente ai soggetti terzi cui si estendono gli effetti protettivi del contratto, e in particolare ai prossimi congiunti, tra cui il padre, anche qualora il contratto sia stato stipulato tra una gestante e una struttura sanitaria e/o un medico, avente in particolare ad oggetto la prestazione di cure finalizzate a garantire il corretto decorso della gravidanza cfr. Cass., 11/05/2009, n. 10741 Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26972 Cass., 22/7/2004, n. 13634. Con riferimento al danno c.d. da nascita indesiderata scaturente dalla mancata rilevazione di malformazioni congenite del concepito, cfr. altresì, da ultimo, Cass., 21/8/2018, n. 20829 Cass., 29/1/2018, n. 2070 Cass., 2/10/2012, n. 16754 Cass., 2/2/2010, n. 2354 . Va per altro verso posto in rilievo che come questa Corte ha già avuto modo di porre in rilievo, la relazione materiale designa invero il derivare di un evento da una condotta dolosa o colposa, dovendo propriamente qualificarsi come nesso di causalità non già meramente materiale bensì giuridica quantomeno in ragione dell’essere essa rilevante per il diritto v. Cass., 29/2/2016, n. 3893. Cfr. altresì quanto al riguardo sostanzialmente adombrato da Cass., 21/7/2011, n. 15991 , il successivo diverso ed autonomo momento della determinazione del risarcimento dovuto attiene in realtà propriamente non già al piano della c.d. causalità equitativo-proporzionale apportioment of liability in argomento v. Cass., 16/1/2009, n. 975 bensì a quello dei criteri di delimitazione dell’ambito del danno risarcibile, come risulta confermato anche dall’interpretazione che riceve l’art. 1223 c.c Tale norma richiamata dall’art. 2056 c.c. viene infatti ormai da tempo -in accordo con la dottrina - dalla giurisprudenza di legittimità intesa come da riferirsi non solo alle conseguenze dal danno evento derivanti in via immediata e diretta, ma anche quelle mediate ed indirette v. Cass., 19/1/1999, n. 475 Cass., 9/5/2000, n. 5913 Cass., 16/2/2001, n. 2335 Cass., Sez. Un., 1/7/2002, n. 9556 Cass., 19/8/2003, n. 12124 Cass., 4/7/2006, n. 15274. E già Cass., 6/5/1966, n. 1173 nonché, da ultimo, Cass., 22/10/2013, n. 23915 , facendosi in particolare ricorso al criterio della regolarità causale e considerando risarcibili i danni rientranti nel novero delle conseguenze normali ed ordinarie del fatto v. Cass., 20/10/2014, n. 22225 Cass., 12/2/2014, n. 3207 Cass., 24/4/2012, n. 6474 Cass., 16/6/2011, n. 13179 Cass., 23/12/2010, n. 26042 Cass., Sez. Un., 11/1/2008, n. 576 Cass., 31/5/2003, n. 8828 Cass., 1/12/1998, n. 12195 Cass., 11/11/1986, n. 6607. E già Cass., 9/4/1963, n. 910 , nell’avvertita la necessità di non lasciare priva di ristoro l’ipotesi in cui l’evento lesivo sia conseguenza necessitata del fatto lesivo quand’anche statisticamente anomalo, sicché il criterio della prevedibilità va distinto da quello della normalità delle conseguenze v. Cass., 29/2/2016, n. 3893 . Come questa Corte ha già avuto occasione di porre in rilievo, la norma di cui all’art. 1223 c.c., si risolve in realtà nell’indicazione di un mero criterio da utilizzarsi unitamente a quelli posti agli artt. 1225, 1226, 1227 e 2056 c.c. di delimitazione dell’ambito del danno risarcibile cfr. già Cass., 15/10/1999, n. 11629 causalmente ascritto alla cagionato dalla condotta qualificata dalla colpa o dal dolo del soggetto responsabile, non essendovi necessariamente coincidenza tra danno arrecato e danno risarcibile v. Cass., 29/2/2016, n. 3893, ove si pone in rilievo come la stessa richiamata Cass., 21/7/2011, n. 15991 faccia a tale significato in realtà sostanzialmente riferimento laddove evoca la selezione del pregiudizi risarcibili . Si tratta allora di delineare i criteri valevoli a delimitare la giuridica rilevanza delle conseguenze dannose eziologicamente derivanti dal danno evento costituenti integrazione del rischio specifico posto in essere dalla condotta dolosa o colposa del debitore/danneggiante, che a tale stregua solo a carico del medesimo, e non anche sul creditore/danneggiato, debbono conseguentemente gravare. Orbene, in presenza di danni conseguenza aggravamento/morte costituenti effetto a delle eccezionali condizioni personali del danneggiato es., emofilia, cardiopatia, rara allergia ovvero b del fatto successivo del terzo, e in particolare del medico cura errata, errato intervento medico , non può invero pervenirsi a ridurre o escludere anche il relativo risarcimento in favore della vittima. Il danneggiato rimane infatti agli stessi specificamente esposto in conseguenza dell’antecedente causale determinato dalla condotta colposa o dolosa del debitore/danneggiante come posto in rilievo anche da autorevole dottrina, che lo indica quale danno diretto” , quest’ultimo dovendo pertanto risponderne anche sul piano risarcitorio v. Cass., 21/8/2018, n. 20829 Cass., 20/11/2017, n. 27254 Cass., 29/2/2016, n. 3893 Cass., 3/2/2012, n. 1620 Cass., 21/7/2011, n. 15991 . Diverso è viceversa il caso in cui come nella specie si sia in presenza di un pregresso fattore naturale non legato all’altrui condotta colposa da un nesso di interdipendenza causale. Allorquando come nella specie un pregresso fattore naturale non imputabile venga individuato quale antecedente che, pur privo di interdipendenza funzionale con l’accertata condotta colposa del sanitario, sia dotato di efficacia concausale nella determinazione dell’unica e complessiva situazione patologica riscontrata, ad esso non può attribuirsi rilievo sul piano della ricostruzione della struttura dell’illecito, e in particolare dell’elemento del nesso di causalità tra tale condotta e l’evento dannoso, appartenendo ad una serie causale del tutto autonoma rispetto a quella in cui quest’ultima si inserisce. Al medesimo può assegnarsi rilevanza unicamente sul piano della determinazione equitativa del danno, e conseguentemente pervenirsi -sulla base di una valutazione da effettuarsi, in difetto di qualsiasi automatismo riduttivo, con ragionevole e prudente apprezzamento di tutte le circostanze del caso concreto - alla delimitazione del quantum del risarcimento dovuto dal responsabile v. Cass., 29/2/2016, n. 3893 . In altri termini, confermata la validità del principio causale puro c.d. all or nothing , non essendo ammissibile la comparazione tra causa umana imputabile e causa naturale non imputabile ma solo tra comportamenti umani colposi v. Cass., 21/7/2011, n. 15991, e conformemente Cass., 6/5/2015, n. 8995 Cass., 29/2/2016, n. 2893 Cass., 20/11/2017, n. 27254 Cass., 21/8/2018, n. 20829 Cass., 21/8/2018, n. 20836 , deve nel caso ribadirsi che la valutazione equitativa attiene propriamente non già all’accertamento del fatto costitutivo del danno risarcibile, e in particolare ad uno degli elementi della struttura dell’illecito e dell’inadempimento qual è - unitamente alla condotta e all’evento - il nesso di causalità, bensì alla - logicamente successiva all’accertamento dell’an dell’illecito o dell’inadempimento - fase della determinazione del quantum art. 1226 c.c. del danno-conseguenza risarcibile. Unicamente all’esito dell’accertamento della sussistenza del nesso di causalità - sulla base del criterio del più probabile che non - tra condotta dolosa o colposa e danno evento lesivo, la considerazione del pregresso stato patologico del creditore/danneggiato può invero valere a condurre ad una limitazione dell’ammontare dovuto dal debitore/danneggiante, in occasione del diverso e successivo momento della delimitazione dell’ambito del danno risarcibile e della determinazione del quantum di risarcimento. Nell’avvertita necessità di non lasciare priva di ristoro l’ipotesi in cui il danno sia conseguenza necessitata del fatto dannoso quand’anche statisticamente anomalo, il criterio della prevedibilità dovendo tenersi invero distinto da quello della normalità delle conseguenze v. Cass., 29/2/2016, n. 3893 , si è da questa Corte sotto ulteriore profilo posto in rilievo doversi procedere a delineare la giuridica rilevanza delle conseguenze dannose eziologicamente derivanti dal danno evento costituenti integrazione del rischio specifico posto in essere dalla condotta dolosa o colposa del debitore/danneggiante, che a tale stregua solo a carico del medesimo, e non anche sul creditore/danneggiato, debbono conseguentemente gravare v. Cass., 21/8/2018, n. 20829 . Si è al riguardo affermato che sono a carico del debitore/danneggiante, costituendo integrazione del rischio specifico posto in essere dalla sua antecedente condotta dolosa o colposa, le conseguenze costituenti effetto a delle eccezionali condizioni personali del danneggiato b del fatto successivo del terzo. Ove sia possibile pervenire ad attribuire a tale antecedente una concorrente - seppure autonoma - incidenza causale nella determinazione dell’unica e complessiva situazione patologica del paziente/danneggiato, trattandosi di ipotesi di concorso di più cause efficienti nella determinazione del danno cfr. Cass., 3/3/2010, n. 7618 Cass., 9/11/2006, n. 23918. e, da ultimo, Cass., 9/4/2014, n. 8372. Cfr. altresì Cass., 11/5/2012, n. 7404 , va invero escluso che possa farsene derivare l’automatica riduzione dell’ammontare risarcitorio dovuto alla vittima/danneggiato in proporzione del corrispondente grado percentuale di incidenza causale. La relativa valutazione sul piano del nesso di causalità è infatti volta solo ad accertare la valenza assorbente dell’una rispetto all’altra cfr. Cass., 21/7/2011, n. 15991 . Anziché sul piano dell’accertamento in via equitativa della frazione di nesso di causalità c.d. criterio equitativo proporzionale del nesso di causalità , il pregresso fattore non imputabile può - come detto - in tale ipotesi assumere allora se del caso rilievo, in ossequio al principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte v. Cass., 11/11/2008, n. 26972 in base al quale il danneggiante risponde di tutto il danno ma solo del danno cagionato, meramente sul diverso e successivo piano della delimitazione dell’ambito del danno risarcibile e di determinazione dell’ammontare del quantum risarcitorio dovuto mediante valutazione equitativa ex art. 1226 c.c Spetta al giudice del merito individuare, dandone congrua motivazione, l’idoneo criterio di valutazione equitativa del danno da utilizzare nel caso concreto. Va al riguardo peraltro considerato che, essendo volta a determinare la compensazione economica socialmente adeguata del pregiudizio, quella che l’ambiente sociale accetta come compensazione equa cfr. Cass., 7/6/2011, n. 12408 Cass., 30/6/2011, n. 14402 , la valutazione equitativa subordinata alla dimostrata esistenza di un danno risarcibile non meramente eventuale o ipotetico ma certo cfr., da ultimo, Cass., 8/7/2014, n. 15478. E già Cass., 19/6/1962, n. 1536 , e alla circostanza dell’impossibilità o estrema difficoltà v. Cass., 24/5/2010, n. 12613. E già Cass., 6/10/1972, n. 2904 di prova nel suo preciso ammontare, attenendo pertanto alla quantificazione e non già all’individuazione del danno non potendo valere a surrogare il mancato assolvimento dell’onere probatorio imposto all’art. 2697 c.c. v. Cass., 11/5/2010, n. 11368 Cass., 6/5/2010, n. 10957 Cass., 10/12/2009, n. 25820 e, da ultimo, Cass., 4/11/2014, n. 23425 va effettuata con prudente e ragionevole apprezzamento di tutte le circostanze del caso concreto, e in particolare dei vari fattori incidenti sulla gravità della lesione. Il danno non può essere quindi liquidato in termini puramente simbolici o irrisori o comunque non correlati all’effettiva natura o entità del danno v. Cass., 12/5/2006, n. 11039 Cass., 11/1/2007, n. 392 Cass., 11/1/2007, n. 394 , ma deve essere congruo, dovendo pertanto tendere, in considerazione della particolarità del caso concreto e della reale entità del danno, alla maggiore approssimazione possibile all’integrale risarcimento v. Cass., 30/6/2011, n. 14402 Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26972 Cass., 29/3/2007, n. 7740 , sicché è necessario tenere conto a fini risarcitori, in quanto sussistenti e provati, di tutti gli aspetti o voci di cui si compendiano sia la categoria generale del danno patrimoniale v. Cass., 14/7/2015, n. 14645 che la categoria generale del danno non patrimoniale v. Cass., 12/6/2015, n. 12211 . È rimesso al giudice accertare l’effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli, individuando quali ripercussioni negative si siano per il creditore/danneggiato verificate, provvedendo alla relativa integrale riparazione v. Cass., 13/5/2011, n. 10527 Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26972 , con indicazione dei criteri assunti a base del procedimento valutativo cfr., da ultimo, Cass., 14/7/2015, n. 14645 . Ne consegue che in presenza di una liquidazione di ammontare non congruo, in quanto irragionevole e sproporzionato per difetto o per eccesso v. Cass., 31/8/2011, n. 17879 , e pertanto sotto tale profilo non integrale, il sistema di quantificazione adottato si palesa per ciò stesso inidoneo a consentire di pervenire ad una valutazione informata ad equità, fondando i dubbi in ordine alla sua legittimità. Vale d’altro canto sottolineare che ai fini della valutazione equitativa del quantum di risarcimento da ridursi a carico del danneggiato può se del caso farsi ricorso anche al criterio della gravità della colpa e dell’entità delle conseguenze posto all’art. 1227 c.c., dettato in tema di concorso colposo del danneggiato ma da ritenersi di portata generale, e pertanto utilizzabile anche in caso di concorso tra una pluralità di danneggianti autori di condotte autonome ed indipendenti. A tale stregua, essendo stata nel caso accertata la sussistenza di una eccezionale ipotesi di pregresso fattore naturale non ascrivibile a condotta umana imputabile, priva di incidenza causale sulla successiva e autonoma condotta colposa dei sanitari che hanno assistito al parto, quest’ultima ritenuta concausa determinante di un più grave stato d’invalidità, alla riduzione dell’ammontare risarcitorio, in considerazione della peculiarità della fattispecie, ex art. 1226 c.c., può invero pervenirsi alla valutazione equitativa del danno anche in percentuale diversa da quella di ravvisata incidenza causale della condotta o del fatto v. Cass., 21/8/2018, n. 20829 Cass., 29/2/2016, n. 3893 Cass., 21/7/2011, n. 15991 . Va pertanto ribadito che al fattore naturale non imputabile privo di interdipendenza funzionale con l’accertata condotta colposa del sanitario, ma dotato di efficacia concausale nella determinazione dell’unica e complessiva situazione patologica riscontrata, non può attribuirsi rilievo sul piano della ricostruzione del nesso di causalità tra detta condotta e l’evento dannoso, appartenendo ad una serie causale del tutto autonoma rispetto a quella in cui si inserisce il contegno del sanitario, bensì unicamente sul piano della determinazione equitativa del danno, potendosi così pervenire - sulla base di una valutazione da effettuarsi, in difetto di qualsiasi automatismo riduttivo, con ragionevole e prudente apprezzamento di tutte le circostanze del caso concreto - solamente ad una delimitazione del quantum del risarcimento v. Cass., 21/8/2018, n. 20829 Cass., 20/11/2017, n. 27254 Cass., 29/2/2016, n. 3893 Cass., 3/2/2012, n. 1620 Cass., 21/7/2011, n. 15991. Contra v. peraltro Cass., 16/1/2009, n. 975 . Orbene, nell’impugnata sentenza la corte di merito ha invero disatteso i suindicati principi. In particolare là dove ha affermato non essere configurabile un rapporto contrattuale con il marito della gestante, e padre del neonato, il quale, al fine di ottenere il ristoro degli eventuali danni patiti in conseguenza della condotta colposa dei medici ospedalieri, avrebbe potuto agire ai sensi dell’art. 2043 c.c. . Ancora, là dove è pervenuta a liquidare il quantum di risarcimento ritenuto spettante alla minore danneggiata M. . Nel confermare la responsabilità - ravvisata dal giudice di prime cure - della C. , medico quel giorno in servizio presso la suindicata divisione di ostetricia e ginecologia dell’Ospedale omissis , per non avere sottoposto la M. a tutti gli esami strumentali necessari ed imposti dai dati obbiettivi per accertare la grave sofferenza di un feto e le condizioni di un altro, in parto gemellare, al fine di assicurare un rapido trasferimento della - puerpera per il parto presso altra struttura attrezzata con Unità di Terapia . Intensiva Prenatale UTIN , sulla base della CTU disposta ed espletata in appello la corte di merito ha ravvisato non addebitabile la sintomatologia dolorosa lamentata dalla M. al momento del ricovero ad una minaccia di parto pre-termine , ma privilegiando le conclusioni della 2 CTU disposta in sede di gravame in luogo di quelle cui è pervenuta la CTU espletata nel giudizio di 1 grado ha ritenuto accertato il nesso di causalità materiale tra la condotta omissiva colposa dei sanitari del - consistita nel non praticare il parto cesareo all’insorgere della sofferenza fetale connessa alla crisi di bradicardia, che i predetti non hanno neppure diagnosticato - ed il danno, essendosi la suddetta condotta posta come antecedente idoneo a generarlo, in base al criterio di probabilità relativa, del più probabile che non cfr. Cass. Civ., sez. III, n. 1591/2011 . Nel riformare, motivatamente discostandosene invece reputa non esaustive le spiegazioni dei C.T.U . circa la erroneità della diagnosi da distress respiratorio da deficit di surfattante - e, quindi, circa la esistenza di un fattore naturale non imputabile idoneo a generare l’evento dannoso - essendo insufficiente il richiamo all’epoca di gestazione trentaduesima settimana , che non giustificherebbe la dedotta dal C.T.U. Carbonaro probabilità di danno derivante dalla malattia delle membrane ialine . Ciò in considerazione, per un verso, che nella fattispecie il feto aveva raggiunto uno sviluppo inferiore alla trentaduesima settimana, per altro verso, che una sua maggiore sofferenza derivava anche dalla complicata situazione connessa alla presenza in utero di un gemello in condizioni assai gravi, se non addirittura morto. I predetti consulenti, inoltre, non hanno considerato che l’anticipazione del parto di alcune ore avrebbe certamente comportato una situazione di sofferenza polmonare alla nascita ancora più grave di quella riscontrata alle ore 20.30, dopo la terapia al cortisone. Una conferma della grave insufficienza polmonare nella piccola M. - su cui ha particolarmente insistito il C.T.U. Ca. - si ricava dalle annotazioni contenute nella cartella clinica dell’ospedale Aiuto Materno di , in cui si dà atto della grave insufficienza respiratoria a destra e dell’espandersi del polmone sinistro solo alle ore 9,00 del giorno - successivo alla nascita v. pagg. 24 e 25 della sentenza impugnata , la ò sentenza del tribunale, ritenendo comprovata in termini di certezza la presenza di un fattore naturale idoneo a generare le gravissime compromissioni alla nascita costituita dalla patologia delle membrane ialine con maggiore sofferenza derivante anche dalla complicata situazione connessa alla presenza di un gemello in condizioni assai gravi, se non addirittura morto la corte di merito ha ravvisato difettare per converso la prova che tale causa naturale abbia assunto efficacia determinante, sì da escludere il nesso di causalità materiale tra la condotta omissiva dei sanitari ed il danno, non essendo possibile accertare, per le ragioni relative alle lacune dei dati della cartella clinica, che non si fosse già verificata la grave sofferenza ipossica intrapartale, che ha determinato la paralisi a livello encefalico e le ulteriori conseguenze riscontrate dopo la nascita . Ha dunque assegnato alla sofferenza connessa alla malattia delle membrane ialine , in ragione della accertata gravità , incidenza in misura preponderante sul danno, aggravandolo, avendo causato le gravi crisi ipossiche alla nascita , non scongiurabili in una struttura sanitaria priva di UTIN , riconducendo il danno nella misura di due terzi alla causa naturale e il rimanente terzo alla condotta colposa dei sanitari dell’ospedale . Ha quindi rideterminato l’ammontare dal giudice di prime cure a titolo di risarcimento dei danni liquidato in favore della minore M. , calcolandolo sulla base delle Tabelle di Milano, aggiornate al 2014, con aumento del 15% dell’individuato punto tabellare d’invalidità a titolo di personalizzazione, e ha quindi ridotto l’importo complessivamente determinato di due terzi, in ragione dell’accertata incidenza del fattore naturale non imputabile ai sanitari . Emerge evidente come nella determinazione del quantum risarcitorio dovuto dai danneggianti la corte di merito ha pertanto fatto in realtà luogo alla decurtazione in termini di automatica corrispondenza con la ravvisata percentuale incidenza causale nella determinazione del danno del fattore naturale non imputabile nel caso, il deficit da surfactante, o malattia da distress o delle membrane ialine , in applicazione del diverso e non accolto criterio della c.d. causalità equitativo-proporzionale. Avuto riguardo al 5 motivo, in ordine alla complessiva determinazione dell’importo del danno non patrimoniale liquidato in favore della minore danneggiata, va infine osservato che, diversamente da quanto dagli odierni ricorrenti sostenuto, la corte di merito ha nell’impugnata sentenza dato espressamente atto di avere proceduto ad una nuova determinazione del danno non patrimoniale da lesione dell’integrità psico-fisica, in conformità al recente indirizzo giurisprudenziale richiamato, tenendo conto delle diverse componenti distintamente valutate dal primo giudice, attinenti, rispettivamente, alla incapacità lavorativa generica, alla sofferenza soggettiva, sicuramente individuabile nonostante la gravissima compromissione delle facoltà cerebrali, ed alla compromissione delle relazioni sociali e degli altri profili invocati a proposito del danno esistenziale . Facendo applicazione delle tabelle del Tribunale di Milano aggiornate relative all’anno 2014 , la corte di merito ha tenuto conto del valore per punto d’invalidità rapportato all’età della persona danneggiata all’epoca del sinistro 1 ed alla percentuale dell’invalidità permanente accertata 100% , aumentando l’ammontare complessivo ottenuto del 15% ai fini della personalizzazione , in ragione della gravissima menomazione, sia a livello fisico che psichico, che compromette irreparabilmente le funzioni ed attività proprie della persona . A tale stregua, i giudici di merito hanno tenuto in effetti in considerazione, ai fini risarcitori, anche i profili relazionali del pregiudizio non patrimoniale subito dalla minore danneggiata, ivi ricompresi quelli di particolare gravità ed eccezionalità affettanti la medesima e integranti l’aspetto dinamico-relazionale del danno non patrimoniale indicato con la sintesi verbale di c.d. danno esistenziale, che questa Corte ha avuto ripetutamente modo di affermare dover essere - in caso di relativa accertata ricorrenza nello specifico caso concreto - anch’esso ristorato, oltre al pregiudizio ai rapporti della vita di relazione o c.d. pregiudizio dinamico relazionale normalmente conseguente, sulla base dell’id quod plerumque accidit, ad un determinato danno evento cfr., in particolare, Cass., 30/10/2018, n. 27482 Cass., 31/5/2018, n. 13992 Cass., 29/1/2018, n. 2056 Cass.,17/1/2018,n. 901 Cass.,16/11/2017, n. 27229 Cass., 7/5/2018, n. 10912 Cass.,15/05/2018, n. 11754 Cass., 13/10/2017, n. 24075 Cass., 21/9/2017, n. 21939 Cass., 19/10/2016, n. 21060 Cass., 20/08/2015, n. 16992 Cass., 13/8/2015, n. 16788 Cass., 8/05/2015, n. 9320 Cass., 7/11/2014, n. 23778 Cass., 14/1/2014, n. 531 Cass., 17/04/2013, n. 9231 Cass., 13/5/2011, n. 10527 . Alla fondatezza dei primi 4 motivi del ricorso nei suesposti termini, consegue l’accoglimento p.q.r. del ricorso. Dell’impugnata sentenza s’impone pertanto la cassazione in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d’Appello di Caltanissetta, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo dei suindicati disattesi principi applicazione. Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie p.q.r. il ricorso. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Caltanissetta, in diversa composizione.