Pedone investito mentre attraversa la strada: è corresponsabile se non utilizza le strisce?

Sul pedone che attraversa la strada al di fuori delle strisce pedonali grava l’obbligo di dare la precedenza ai veicoli e, in ipotesi di investimento, la condotta del pedone medesimo assurge a concausa del sinistro.

Lo ha puntualizzato la Sesta Sezione Civile della Corte di Cassazione, nell’ordinanza depositata il 28 gennaio, n. 2241, dove, nell’esaminare una controversia vertente sul risarcimento dei danni da investimento stradale, ha ribadito l’orientamento già affermato in tema di riparto della responsabilità tra pedone e conducente. La valutazione delle prove. La distribuzione della responsabilità tra il pedone investito ed il guidatore del veicolo consiste in un accertamento che compete al Giudice di merito. Secondo i Giudici Ermellini, i ricorrenti avevano richiesto una nuova valutazione delle emergenze probatorie, laddove solamente al giudice di merito compete individuare le fonti del proprio convincimento e, a tal fine, valutare le prove, controllarne l’attendibilità, come pure la confluenza, optare tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a comprovare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova. La valutazione difforme rispetto alle aspettative. I Giudici Ermellini evidenziano che, piuttosto di denunziare i vizi della pronuncia gravata, i ricorrenti deducono un’erronea attribuzione, da parte del giudice di merito, agli elementi, di un valore e di un significato discordante rispetto alle loro aspettative. Ciò si traduce nella pretesa di una lettura dell’assetto probatorio differente da quella operata dai Giudici di merito. A dir degli stessi Giudici romani, i ricorrenti cercano di sollecitare un nuovo giudizio di merito, in tal modo collidendo col principio secondo il quale quello innanzi la Cassazione non costituisce un terzo grado di giudizio ove sottoporre ulteriormente gli elementi di fatto già valutati nelle sedi di merito, ed al fine di pervenire a un differente apprezzamento degli stessi. La presunzione di colpa. Il Giudice territoriale, in parziale riforma della prima pronuncia, aveva distribuito la responsabilità ritenendola prevalente in capo al pedone, e quantificandola nel 60%, così addossando il rimanente 40% all’investitore. La Corte Suprema rammenta che il giudice, in fattispecie siffatte, deve procedere secondo tre passaggi a principiare dal dato che la colpa del conducente del veicolo è presunta e pari al 100%, b accertare in concreto la colpa del pedone, c ridurre progressivamente la percentuale di colpa presunta a carico del guidatore, a mano a mano che emergono circostanze idonee a comprovare la colpa in concreto del pedone. I precedenti. Un doveroso cenno meritano le tre sentenze citate, tutte rese dalla III Sezione civile - 4 aprile 2017, n. 8663 , secondo la quale l’accertamento di un comportamento colposo del pedone investito da veicolo non è sufficiente per l’affermazione della sua esclusiva responsabilità, essendo sempre necessario che l’investitore vinca la presunzione di colpa posta a suo carico ex art. 2054, comma 1, c.c., dimostrando di aver fatto il possibile per evitare il danno. - 18 novembre 2014, n. 24472 , dove si è affermato che l’anomalia della condotta del pedone che, in ipotesi di investimento al di fuori delle strisce di attraversamento, consente di ritenere superata la presunzione di responsabilità esclusiva del conducente prevista dall’art. 2054, comma 1, c.c., non coincide con la mera inosservanza dell’obbligo di dare la precedenza ai veicoli in transito, bensì esige la dimostrazione che egli, violando le regole stradali, si sia portato imprevedibilmente dinanzi alla traiettoria di marcia del veicolo investitore. - 19 febbraio 2014, n. 3964 dove, in ipotesi di investimento pedonale, la circostanza che il pedone abbia repentinamente attraversato un incrocio regolato da semaforo per lui rosso non vale ad escludere la responsabilità del conducente, ove tale condotta anomala del pedone fosse ragionevolmente prevedibile. Il rigetto. Nel rigettare il ricorso, la Cassazione sottolinea che il Giudice di prime cure aveva correttamente applicato le richiamate regole facendo proprie le risultanze della consulenza tecnica, e ciò nonostante gli appellanti, eredi superstiti della donna investita, avessero posto in luce che il sinistro era occorso nei pressi di una chiesa, e che al momento dell’investimento la donna si trovava in prossimità dell’attraversamento pedonale, per cui doveva essere tenuta una condotta di guida particolarmente prudente. Infine, lo stesso giudice di merito aveva messo in evidenza che sul pedone che attraversa la strada al di fuori delle strisce pedonali grava l’obbligo di dare la precedenza ai veicoli e, in ipotesi di investimento, la condotta del pedone assurge a concausa del sinistro.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 3, ordinanza 8 maggio 2018 – 28 gennaio 2019, n. 2241 Presidente Amendola – Relatore Scarano Svolgimento del processo Con sentenza del 9/1/2017 la Corte d’Appello di Perugia, in parziale accoglimento del gravame interposto dai sigg. T.L. ed altri -quali coniuge e figli della defunta sig.ra C.A. - e in conseguente parziale riforma della pronunzia Trib. Spoleto n. 445/2015, ha rideterminato -nella misura rispettivamente del 60% e del 40%- la concorrente responsabilità della defunta C. e del sig. S.O. , conducente dell’autovettura che in Spoleto il 4/8/2008 la prima aveva investito. Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito i sigg. T.L. ed altri propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi, illustrati da memoria. Resiste con controricorso la società Vittoria Assicurazioni s.p.a. Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva. Motivi della decisione Con il 1 motivo i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione dell’art. 2054 c.c., comma 1 e art. 1227 c.c., comma 1, in relazione agli artt. 190 e 191 C.d.S., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Si dolgono che la corte di merito non si sia soffermata a descrivere e valutare la condotta di guida del conducente del veicolo investitore con riferimento non solo alla presunzione di responsabilità prevista dall’art. 2054 c.c., ma anche e soprattutto in relazione alla violazione degli artt. 190 e 191 C.d.S., pervenendo all’ingiusta erronea e immotivata attribuzione della colpa del pedone nella misura del 60% . Lamentano non essersi dalla corte di merito affermata la quantomeno prevalente responsabilità del conducente dell’autovettura investitrice laddove, indipendentemente dalla velocità del veicolo, la sig.ra C. al momento dell’investimento si trovava in prossimità dello attraversamento pedonale segnalato per pericolo bambini e attraversamento pedonale per la presenza di una chiesa, per cui doveva essere tenuta una condotta di guida particolarmente prudente . Con il 2 motivo denunziano l’omesso esame di un fatto decisivo per la decisione della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Lamentano l’ assolutamente omessa e comunque insufficiente motivazione resa dalla corte di merito circa una questione emersa sia nella perizia del consulente del PM, sia in sede di c.t.u. dell’ing. S. . Si dolgono che erroneamente la corte di merito abbia attribuito alla C. una corresponsabilità prevalente, solo perché la stessa ha eseguito l’attraversamento in pieno centro cittadino ed in zona con segnaletica orizzontale e verticale segnalante pericolo , appena 100 m dalle strisce pedonali , non essendo stata viceversa esaminata la decisiva e rilevante circostanza che il conducente l’autovettura investitrice, solo ove avesse osservato l’obbligo di attenzione previsto dagli artt. 190 e 191 C.d.S., poteva tranquillamente evitare l’investimento . I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati. Va anzitutto osservato, con particolare riferimento al 1 motivo, che là dove lamentano non avere la corte di merito assolutamente spiegato l’iter logico seguito per graduare la misura della responsabilità delle parti, valorizzando unicamente la circostanza meramente soggettiva addebitata alla C. non comparandola con i ben più pesanti addebiti mossi dai consulenti al S. , i ricorrenti in effetti inammissibilmente richiedono la rivalutazione delle emergenze probatorie, laddove solamente al giudice di merito spetta individuare le fonti del proprio convincimento e a tal fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la confluenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova. Quanto al merito, deve porsi in rilievo che come questa Corte ha già avuto modo di affermare il conducente di veicoli a motore è onerato da una presunzione di colpa e ove il giudice si trovi a dover valutare e quantificare l’esistenza di un concorso di colpa tra la colpa del conducente e quella del pedone investito deve a muovere dall’assunto che la colpa del conducente sia presunta e pari al 100% b accertare in concreto la colpa del pedone c ridurre progressivamente la percentuale di colpa presunta a carico del conducente via via che emergono circostanze idonee a dimostrare la colpa in concreto del pedone v. Cass., 4/4/2017, n. 8663 Cass., 18/11/2014, n. 24472 Cass. 19/2/2014, n. 3964 . Orbene, nell’affermare che il comportamento assunto nell’occorsi dalla C. è comunemente qualificato dalla giurisprudenza quale concausa nella produzione dell’evento atteso che sul pedone che attraversi la strada al di fuori delle strisce pedonali grava l’obbligo di dare la precedenza ai veicoli , e che il Giudice di prime cure, quindi non ha fatto altro che procedere al riparto delle rispettive percentuali di colpa aderendo sostanzialmente alle conclusioni peritali delle indagini tecniche svolte, spiegando un corretto impianto logico e argomentativo , del suindicato principio la corte di merito ha nell’impugnata sentenza invero fatto piena e corretta applicazione. Emerge evidente, a tale stregua, come lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni dei ricorrenti oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in realtà si risolvono nella mera doglianza circa la dedotta erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore e un significato difformi dalle loro aspettative v. Cass., 20/10/2005, n. 20322 , e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’assetto probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932 . Per tale via in realtà sollecitano, cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi all’attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici di merito, al fine di pervenire a un diverso apprezzamento dei medesimi cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443 . Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore di ciascuno dei contro ricorrenti, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solidodelle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 5.200,00 di cui Euro 5.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore di ciascuno dei controricorrenti. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.