Il potere del giudice di liquidare il danno in via equitativa

Il giudice è tenuto a dar conto dell’esercizio dei propri poteri discrezionali e per far sì che la liquidazione equitativa del danno non risulti arbitraria è necessario che spieghi le ragioni per cui la applica al caso concreto, indicando tutti i criteri assunti.

Così la Corte di Cassazione con ordinanza n. 1579/19, depositata il 22 gennaio. La vicenda. La Corte d’Appello, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, rigettava la domanda nei confronti della società Telecom Italia s.p.a. proposta da una s.r.l. di accertamento dell’inadempimento del contratto di somministrazione per erroneo addebito del traffico telefonico e di risarcimento danni conseguenti all’illegittima disattivazione dell’utenza. La s.r.l. propone ricorso per cassazione avverso tale decisione ritenendo che la Corte territoriale, dopo aver accertato l’inadempimento di Telecom Italia s.p.a. abbia rigettato la domanda di risarcimento dei danni lamentati ritenendo che non erano stati offerti criteri idonei per dar luogo alla valutazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c La valutazione equitativa. Innanzitutto bisogna sottolineare che la valutazione equitativa è subordinata all’esistenza provata di un danno risarcibile non eventuale o ipotetico ma certo e alla circostanza dell’impossibilità di prova nel suo ammontare preciso, attenendo alla qualificazione e non già all’individuazione del danno . E perché la liquidazione equitativa del danno, potere discrezionale che spetta al giudice, non risulti arbitraria, è necessario che questi spieghi tutte le ragioni del processo che lo hanno portato ad applicare al caso concreto tale liquidazione, indicando tutti i criteri adottati, cosa che nella fattispecie concreta è avvenuta. Per tali motivi, nel caso in esame, la Suprema Corte accoglie il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 3, ordinanza 20 marzo 2018 – 22 gennaio 2019, n. 1579 Presidente Amendola – Relatore Scarano Svolgimento del processo Con sentenza n. 1370 del 2016 la Corte d’Appello di Napoli, in parziale accoglimento del gravame interposto dalla società Telecom Italia s.p.a. e in conseguente parziale riforma della pronunzia Trib. Napoli 9/7/2010, ha rigettato la domanda nei confronti della medesima originariamente proposta dalla società Con.bit s.r.l. di accertamento dell’inadempimento del contratto di somministrazione per erroneo addebito del traffico telefonico, e di risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’illegittima disattivazione dell’utenza. Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la società Con.bit s.r.l. propone ora ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo, illustrato da memoria. Resiste con controricorso la società Telecom Italia s.p.a., che ha presentato anche memoria. Motivi della decisione Con il motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 1226, 1218, 1223, 1366, 1375 c.c., art. 115 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Si duole che, dopo avere accertato l’inadempimento della società Telecom Italia s.p.a., la corte di merito abbia rigettato la domanda di risarcimento dei lamentati danni ritenendo non essere stati offerti criteri idonei per farsi luogo alla valutazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c Il ricorso è manifestamente fondato. Essendo, giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, volta a determinare la compensazione economica socialmente adeguata del pregiudizio, quella che l’ambiente sociale accetta come compensazione equa cfr. Cass., 7/6/2011, n. 12408 Cass., 30/6/2011, n. 14402 , la valutazione equitativa è subordinata alla dimostrata esistenza di un danno risarcibile non meramente eventuale o ipotetico ma certo cfr., da ultimo, Cass., 8/7/2014, n. 15478, e già Cass., 19/6/1962, n. 1536 , e alla circostanza dell’impossibilità o estrema difficoltà v. Cass., 24/5/2010, n. 12613, e già, Cass., 6/10/1972, n. 2904 di prova nel suo preciso ammontare, attenendo alla qualificazione e non già all’individuazione del danno non potendo valere a surrogare il mancato assolvimento dell’onere probatorio imposto all’art. 2697 c.c. v. Cass., 11/5/2010, n. 11368 Cass., 6/5/2010, n. 10957 Cass., 10/12/2009, n. 25820 e, da ultimo, Cass., 4/11/2014, n. 23425 . Tale valutazione va effettuata con prudente e ragionevole apprezzamento di tutte le circostanze del caso concreto, e in particolare della rilevanza economica del danno alla stregua della coscienza sociale e dei vari fattori incidenti sulla gravità della lesione. Va peraltro osservato che come questa Corte ha già avuto modo di affermare, il potere, il potere di liquidare il danno in via equitativa conferito al giudice agli artt. 1226 e 2056 c.c., costituisce espressione del più generale potere di cui all’art. 115 c.p.c., e il suo esercizio rientra nella discrezionalità del giudice di merito, senza la necessità della richiesta di parte, dando luogo ad un giudizio di diritto caratterizzato dalla cosiddetta equità giudiziale correttiva od integrativa, con l’unico limite di non potere surrogare il mancato accertamento della prova della responsabilità del debitore o la mancata individuazione della prova del danno dovendo peraltro intendersi in senso relativo v. Cass., 24/10/2017, n. 25094 . Il giudice è pertanto tenuto a dare conto dell’esercizio dei propri poteri discrezionali, e perché la liquidazione equitativa non risulti arbitraria, è necessario che spieghi le ragioni del processo logico sul quale essa è fondata, indicando i criteri assunti a base del procedimento valutativo adottato v. Cass. 20/5/2015, n. 10293 Cass., 30/5/2014, n. 12265 Cass., 19/2/2013, n. 4047 e già Cass., 4/5/1989, n. 2074 Cass., 13/5/1983, n. 3273 , al fine di consentire il controllo di relativa logicità, coerenza e congruità. Orbene, la corte di merito ha nell’impugnata sentenza invero disatteso i suindicati principi. In particolare là dove ha affermato che anche nel caso in cui effettivamente la prova del danno risulta essere particolarmente gravosa, chi invoca l’applicazione dell’esercizio del potere di liquidazione in via equitativa, è sempre tenuto ad offrire elementi di giudizio tali da permettere al giudice di verificare in primis l’esistenza e, successivamente, di determinare l’entità in maniera sufficientemente precisa e adeguatamente argomentata secondo criteri logici e razionalmente giustificati . Atteso che nella specie trattasi invero di contratto telefonico intercorrente tra la società Telecom Italia s.p.a. e la società Con.bit s.r.l., per la somministrazione del relativo servizio in favore dell’opificio industriale di quest’ultima per la produzione di conglomerati bituminosi essenzialmente destinati alla fornitura in favore della P.A., va al riguardo in particolare osservato che l’odierna ricorrente ha invero allegato la illecita disattivazione del servizio telefonico per oltre otto mesi , e, dopo brevissima riattivazione , per altri tre mesi , con conseguente oggettiva ridotta reperibilità da parte dei propri clienti fornitori , giusta richiamata prodotta documentazione al riguardo, quale copiosissima corrispondenza intercorsa con la resistente , deponente per una riduzione della propria complessiva capacità lavorativa . Trattasi di elementi assumenti senz’altro rilievo ai fini della valutazione equitativa del danno secondo l’id quod plerumque accidit , alla stregua di parametri medi desumibili dal mercato di quel determinato bene conglomerati bituminosi , ovvero, nella specie, tenuto conto del criterio dato dalla peculiarità dell’oggetto sociale, proprio in considerazione della particolare rilevanza economica del danno alla stregua della coscienza sociale . Dell’impugnata sentenza s’impone pertanto la cassazione in relazione, con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo del suindicato disatteso principio applicazione. Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione.