Infortuni dei dipendenti della P.A.: se la responsabilità è extracontrattuale decide il Giudice ordinario

In merito ad una domanda di risarcimento danni per lesione alla propria integrità psicofisica avanzata da un dipendente dei confronti della pubblica amministrazione, la giurisdizione dipende dalla natura giuridica dell’azione di responsabilità.

Riguardo ad una domanda di risarcimento danni per lesione alla propria integrità psicofisica avanzata da un dipendente dei confronti della pubblica amministrazione, la giurisdizione dipende dalla natura giuridica dell’azione di responsabilità se si fa valere la responsabilità contrattuale la giurisdizione sarà del Giudice amministrativo se la controversia riguarda il periodo antecedente al 30 giugno 1998, ex d.lgs. n. 165/2001 mentre, se si fa valere la responsabilità extracontrattuale, la giurisdizione sarà del Giudice ordinario. Al fine di tale accertamento non sono decisivi in quanto tali i richiami alle norme di cui all’art. 2087 c.c. né di più specifiche norme preposte alla protezione delle condizioni di lavoro. Sarà invece rilevante l’accertamento riguardo all’elemento materiale dell’illecito se la condotta è idonea a ledere la generalità dei cittadini, costituendo in tal caso il rapporto di lavoro un mera occasione, la responsabilità dell’amministrazione è extracontrattuale e la giurisdizione è del giudice ordinario al contrario, la giurisdizione sarà del giudice amministrativo Fattispecie relativa alla richiesta di risarcimento danni per la caduta di una porta carraia posta all’ingresso di una caserma . Tale in sintesi il principio ribadito dalla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 33211, depositata il 21 dicembre 2018, che ora andiamo ad analizzare più da vicino. I fatti di causa. Un carabiniere citava davanti al Giudice ordinario il Ministero dell’Interno, il Ministero della Difesa, il Comune del luogo ed il comandante della caserma all’epoca dei fatti, per chiedere il risarcimento dei danni subiti per essere stato travolto, nell’entrare nella caserma dei Carabinieri dove lavorava, da una porta carraia che aveva appena aperto. Era successo che, non funzionando il congegno elettrico della porta, il carabiniere l’aveva aperta manualmente, e poiché mancava il fermo di arresto, la porta lo aveva travolto, provocando lesioni personali gravi e postumi invalidanti. Il comandante, costituitosi in giudizio, chiamava in causa l’impresa che si era occupata della manutenzione e le compagnie assicurative. In primo grado veniva emessa condanna al risarcimento del danno biologico e patrimoniale solo nei confronti del Ministero della Difesa condanna poi confermata in secondo grado. In particolare, la Corte d’Appello respingeva l’eccezione relativa al difetto di giurisdizione del giudice ordinario qualificando la domanda attorea, al pari del Tribunale, come domanda di risarcimento per responsabilità extracontrattuale l’attore aveva richiesto i danni subiti al suo diritto assoluto ed all’integrità fisica, mentre non si palesava la volontà di fare valere la responsabilità contrattuale derivante dal rapporto di lavoro l’idoneità lesiva della condotta avrebbe potuto danneggiare la generalità dei cittadini, dunque non si sarebbe potuta inquadrare nell’ambito del rapporto di lavoro, il quale si presentava come una semplice occasione dell’evento. Anche ritenendola non chiaramente formulata, la domanda in base al petitum ed alla causa petendi andava qualificata come una richiesta di risarcimento dei danni ex art. 2043 c.c. secondo quanto già affermato ad es. dalla giurisprudenza di legittimità con la sentenza Cass. SS. UU. n. 99/2001 . Nel merito, condannava il Ministero per responsabilità da cose in custodia ex art. 2051 c.c., non avendo questo dimostrato la presenza dell’evento fortuito che l’avrebbe liberato da responsabilità. La responsabilità è contrattuale, la giurisdizione è del giudice amministrativo. L’unico motivo del ricorso in Cassazione attiene alla qualificazione della domanda come di risarcimento del danno da responsabilità contrattuale nella fattispecie ex art. 2087 c.c. per conseguenza della giurisdizione del giudice amministrativo secondo il Ministero della Difesa, infatti, la sentenza vìola l’art. 63, comma 4, d.lgs. n. 165/2001 che devolve da ultimo al giudice amministrativo le controversie derivanti dal rapporti di lavoro pubblico e l’art. 2087 c.c. che prevede la Tutela delle condizioni di lavoro” . A sostegno della tesi indica due elementi di fatto, decisivi per la qualificazione della domanda il fatto che l’area era aperta solo a personale di servizio - dunque la condotta non poteva dirsi lesiva della generalità dei cittadini e andava fatta rientrare nella responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c. - e il fatto che il danneggiato aveva chiesto ed ottenuto il riconoscimento della dipendenza dell’infortunio da causa di servizio. La Corte rigetta il ricorso così motivando. Il principio giurisprudenziale la giurisdizione dipende dalla natura giuridica della domanda. Il principio ri affermato dalla giurisprudenza di legittimità a Sezioni Unite è che, onde stabilire di quale giudice è la giurisdizione, è necessario procedere all’accertamento della natura giuridica della domanda giudiziale proposta in concreto. Molto semplicemente, perlomeno in teoria se è fatta valere la responsabilità contrattuale, la giurisdizione è del giudice amministrativo se la controversia riguarda il periodo antecedente al 30 giugno 1998, ex art. 69, comma 4, d.lgs. n. 165/2001, secondo cui Sono attribuite al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie di cui all'art. 63 del presente decreto, relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998. Le controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore a tale data restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo solo qualora siano state proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000 se viceversa è fatta valere la responsabilità extracontrattuale, la giurisdizione sarà del giudice ordinario. La Corte rammenta come è stato anche già affermato dalla giurisprudenza di legittimità che, ai fini del detto accertamento, non sempre rileva la asserita violazione delle norme di cui all’art. 2087 c.c. o di più specifiche norme poste a tutela delle condizioni di lavoro. Infine, la Corte rileva che il richiamo alle dette norme è in particolare irrilevante se risulta che la condotta lesiva dell’amministrazione può esplicarsi verso tutti i cittadini e non solo verso i dipendenti, costituendo in tal caso il rapporto di lavoro solo un’occasione dell’evento dannoso. Contrariamente, ove la condotta sia tale da escludere i soggetti che non hanno un rapporto di lavoro con la p.a., non potrà che trattarsi di responsabilità contrattuale. Sul punto la sentenza richiama numerosi precedenti. Nel caso concreto, prosegue la Corte, dato il rapporto di custodia sussistente con la cosa la cui caduta ha prodotto il danno, giustamente la responsabilità dell’amministrazione è stata ricondotta alla previsione di cui all’art. 2051 c.c., che sanziona i danni provocati dalle cose in custodia salvo che non si provi il caso fortuito, piuttosto che alle norme che regolano direttamente il rapporto di impiego. Prosegue la Corte asserendo che la condotta lesiva, cioè l’omessa custodia della porta di accesso alla caserma, era tale da colpire la generalità dei consociati e qui cita il precedente dato da Cass,. SS. UU. n. 1875/2011 . Ai fini della individuazione della giurisdizione è invece irrilevante che il danneggiato si recasse in caserma al momento dell’infortunio, e che l’accesso per quella porta fosse consentito solo ai mezzi autorizzati la prima circostanza è stata solo l’occasione nella quale si è verificato l’infortunio mentre, riguardo alla seconda, la sentenza impugnata non contiene riferimenti, così come il ricorso medesimo non fornisce gli elementi relativi alla proposizione della questione nel giudizio di merito e al momento in cui essa sarebbe divenuta pacifica o non contestata della circostanza. Né, prosegue la Corte, può considerarsi quale nozione di comune esperienza ex art. 115, comma 2, c.p.c. sulla quale il giudice può fondare la propria decisione senza necessità di prove il fatto che dal cancello non potesse accedere personale estraneo, dal momento che non può escludersi ad es., il passaggio di parenti, fornitori, comuni cittadini etc. Altrettanto, conclude la Corte, non può riconoscersi rilevanza alla circostanza che il danneggiato abbia chiesto ed ottenuto il riconoscimento della causa di servizio, dal momento che la sentenza impugnata nulla dice al riguardo e che comunque non si tratterebbe di un elemento idoneo ad incidere sulla determinazione della giurisdizione circa la domanda de qua, non rilevando ai fini della individuazione della natura della stessa, diversi essendo i presupposti normativi necessari ai fini del riconoscimento della causa di servizio rispetto a quelli utili al riconoscimento della responsabilità datoriale principio già affermato molte volte dalla giurisprudenza, richiamata parzialmente in sentenza .

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 4 – 21 dicembre 2018, numero 33211 Presidente Mammone – Relatore Doronzo Svolgimento del processo 1.- L.T.S. convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Catania il Ministero dell’Interno, il Ministero della Difesa, il Comune di Palagonia e P.M. e ne chiese la condanna in solido al risarcimento dei danni, pari a Euro 700.000, oltre spese mediche e assistenziali, in conseguenza dell’infortunio da lui subito in data 15/5/1998. 1.1.- A sostegno della domanda, espose che, la mattina del 15/5/1998, intorno alle ore 7 00, mentre si accingeva ad entrare nella caserma dei Carabinieri, presso cui lavorava quale appartenente all’Arma con il grado di appuntato, era stato investito dalla porta carraia di accesso da lui aperta manualmente a causa del mal funzionamento del congegno elettrico nel compiere tale manovra, a seguito della mancanza del fermo di arresto, la porta era uscita dal binario e lo aveva travolto cagionandogli lesioni personali gravi, con postumi invalidanti. 2.- Nel costituirsi in giudizio, P.M. , comandante della caserma all’epoca dei fatti, chiese di chiamare in causa la C.I.F.A. dei F.lli C. s.numero c., che si era occupata della manutenzione del cancello, nonché la Zurich International Italia S.p.A., la Fondiaria Sai S.p.A. e le Assicurazioni Generali S.p.A., che si costituirono contrastando la domanda. 3.- Con sentenza numero 269/2010, il Tribunale di Catania accolse la domanda nei confronti del Ministero della Difesa, che condannò al pagamento in favore del L.T. di Euro 582.131,26 a titolo di risarcimento del danno biologico e patrimoniale la rigettò, invece, nei confronti degli altri convenuti. 4.- La sentenza fu confermata dalla Corte d’appello di Catania, che rigettò tanto l’impugnazione principale proposta dal Ministero della Difesa e dal Ministero dell’Interno, tanto le impugnazioni incidentali proposte dalla Zurich Insurance Public Limited Company, dalla Fondiaria sai S.p.A. e dal P. . 4.1.- A sostegno della decisione la Corte, nel rigettare l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario a conoscere della controversia, condivise la qualificazione giuridica della domanda data dal Tribunale. 4.2.- Ritenne, al riguardo, che la richiesta risarcitoria fosse stata proposta dal L.T. a tutela del suo diritto assoluto alla vita e all’integrità fisica, senza che nella specie emergesse una precisa scelta del danneggiato di avvalersi della responsabilità contrattuale nascente dal rapporto di lavoro. 4.3.- Osservò che l’idoneità lesiva della condotta dell’Amministrazione era tale da esplicarsi nei confronti della generalità dei cittadini e non solo nei confronti dei propri dipendenti, sicché il rapporto di lavoro costituiva una mera occasione dell’evento dannoso. 4.4.-Aggiunse che, anche a voler ritenere ambigua la domanda, essa doveva comunque essere interpretata, in base al petitum e alla causa petendi, come una causa di risarcimento del danno ai sensi dell’art. 2043 c.c., alla stregua dei principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità Cass. Sez.Unumero 12/3/2001, numero 99 . 4.5.- Nel merito confermò la ricostruzione dei fatti operata dal Tribunale e condivise il giudizio circa la responsabilità della Amministrazione per il danno cagionato da cose in custodia, in mancanza di prova, da parte della convenuta, del caso fortuito che, solo, ai sensi dell’art. 2051 c.c., può interrompere il nesso eziologico tra la cosa e l’evento dannoso. 5.- Contro la sentenza ricorre il Ministero della Difesa, formulando un unico motivo. 5.1.- Resistono con controricorso il L.T. , la Generali Italia S.p.A. e la Zurich Insurance Public Limited Company, mentre non svolgono attività difensiva le altre parti intimate. In prossimità dell’udienza, la Generali Assicurazioni S.p.A. deposita memoria. Motivi della decisione 1.- Con l’unico motivo di ricorso il Ministero della Difesa denuncia la violazione del D.Lgs. numero 165 del 2001, art. 63, comma 4, e dell’art. 2087 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, numero 1 assume che, nel caso di specie, sussistevano gli elementi materiali per configurare la responsabilità contrattuale dell’amministrazione, quale datrice di lavoro, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 2087 c.c., con la conseguenza che la controversia doveva ritenersi attratta nella giurisdizione del giudice amministrativo. 1.2.- In punto di fatto, e sotto un primo aspetto, sottolinea che dalla porta carraia, la cui caduta aveva cagionato le lesioni patite dal L.T. , era consentito l’accesso alla caserma dei carabinieri solo delle auto di servizio e delle auto private dei dipendenti autorizzati, non anche di terzi estranei, trattandosi di area militare, sicché l’obbligo relativo alla manutenzione e alla gestione dei dispositivi di accesso all’area non poteva che qualificarsi come tipicamente datoriale, ossia inerente al rapporto di servizio e riconducibile al paradigma normativo dell’art. 2087 c.c 1.3.- Sotto un secondo aspetto, rileva che il dipendente aveva chiesto e ottenuto il riconoscimento della dipendenza dell’infortunio da causa di servizio. 1.4.- Entrambe queste circostanze di fatto assumono, secondo il ricorrente, un valore significativo per la qualificazione della domanda, essendo pacifico che l’infortunio si è verificato a causa del mal funzionamento del cancello di accesso ad un’area militare mentre il dipendente stava accedendo al luogo di lavoro. 1.5.- A fronte di questi elementi anche il criterio della residualità della domanda di responsabilità contrattuale rispetto a quella extracontrattuale, pure posto dal giudice di merito a fondamento della sua decisione, non era invocabile. 2.- Il motivo è infondato. 2.1.- Nella materia in esame, principio ripetutamente affermato da questa Corte, a Sezioni Unite, è quello secondo cui la soluzione della questione del riparto della giurisdizione, rispetto ad una domanda di risarcimento danni per la lesione della propria integrità psico-fisica proposta da un pubblico dipendente nei confronti dell’Amministrazione, è strettamente subordinata all’accertamento della natura giuridica dell’azione di responsabilità in concreto proposta se è fatta valere la responsabilità contrattuale dell’ente datore di lavoro, la cognizione della domanda rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, nel caso di controversia avente per oggetto una questione relativa al periodo del rapporto antecedente al 30 giugno 1998 mentre, se è stata dedotta la responsabilità extracontrattuale, la giurisdizione spetta al giudice ordinario. 2.2.- Si è poi precisato che, al fine di tale accertamento, non possono invocarsi come indizi decisivi della natura contrattuale dell’azione né la semplice prospettazione dell’inosservanza dell’art. 2087 c.c., né la lamentata violazione di più specifiche disposizioni strumentali alla protezione delle condizioni di lavoro, allorché il richiamo all’uno o alle altre sia compiuto in funzione esclusivamente strumentale alla dimostrazione dell’elemento psicologico del reato di lesioni colpose e/o della configurabilità dell’illecito. 2.3.- Infine, si è rimarcato che la irrilevanza di detto richiamo dipende dai tratti propri dell’elemento materiale dell’illecito, ossia da una condotta dell’amministrazione la cui idoneità lesiva possa esplicarsi indifferentemente nei confronti della generalità dei cittadini come nei confronti dei propri dipendenti, costituendo in tal caso il rapporto di lavoro mera occasione dell’evento dannoso mentre, ove la condotta dell’amministrazione si presenti con caratteri tali da escluderne qualsiasi incidenza nella sfera giuridica di soggetti ad essa non legati da rapporto di impiego, la natura contrattuale della responsabilità non può essere revocata in dubbio, poiché l’ingiustizia del danno non è altrimenti configurabile che come conseguenza delle violazioni di taluna delle situazioni giuridiche in cui il rapporto medesimo si articola e si svolge cfr. in tali sensi Cass. Sez.Unumero 28/11/2017, numero 28368 Cass. Sez. Unumero 7/7/2009, numero 15849 Cass. Sez. Unumero 8/7/2008, numero 18623 Cass. Sez. Unumero 4/3/2008, numero 5785 Cass. Sez. Unumero 7/2/2006, numero 2507 . 3.- È stato accertato dai giudici di merito - con valutazione non oggetto di sindacato in questa sede - che l’evento dannoso è stato causato dalla caduta della porta carraia, sicché è pacifico il nesso di causalità con il bene in custodia dell’amministrazione è stato anche accertato che il Ministero, in qualità di custode, non ha offerto la prova del caso fortuito, inteso come fattore che, in base ai principi della regolarità o adeguatezza causale, per il suo carattere di imprevedibilità e di eccezionalità esclude il nesso eziologico tra cosa e danno ex plurimis, Cass. 12/05/2017, numero 11785 Cass. 05/02/2013, numero 2660 da ultimo, Cass. 30/10/2018, numero 27724 . 4.- A fronte di questa fattispecie, correttamente la sentenza impugnata ha individuato i tratti essenziali dell’illecito nella violazione del principio del neminem laedere, e in particolare nella violazione dell’art. 2051 c.c., in ragione del fatto che esso è stato realizzato con una condotta dell’amministrazione violativa di obblighi ipotizzabili nei confronti di tutti consociati, e non anche nella violazione di obblighi che trovano fonte immediata e diretta nel rapporto di lavoro. 4.1.- La condotta lesiva, per i tratti suoi propri, è infatti idonea ad incidere sulla generalità delle persone, trattandosi dell’omessa custodia di una porta di accesso alla caserma su fattispecie analoga, Cass. Sez. Unumero , 27/1/2011, numero 1875 . 4.2. - Al riguardo è irrilevante, sul piano della determinazione della giurisdizione, il fatto che l’infortunio si sia verificato mentre il L.T. si recava in caserma per prendere servizio, né che l’accesso attraverso la porta carraia fosse consentito solo ai mezzi autorizzati. 4.3.- Quanto alla prima circostanza, essa ha certamente rappresentato l’occasione per il verificarsi dell’infortunio, ma non può di per sé divenire criterio dirimente per la qualificazione del tipo di responsabilità, dovendo aversi riguardo, come si è detto, alla natura della condotta dell’amministrazione e alla sua potenzialità lesiva nei confronti della generalità dei consociati. 4.4.- Quanto alla seconda, manca nella sentenza impugnata ogni riferimento a tale questione di fatto e la parte ricorrente non deduce quando, in che termini e con quale atto essa sarebbe stata sottoposta alla cognizione del giudice di merito né in che modo sarebbe stata decisa ed eventualmente impugnata neppure specifica quando la circostanza sarebbe divenuta pacifica o non contestata , dovendosi al riguardo ricordare che, quando con il ricorso per cassazione si ascriva al giudice di merito di non avere tenuto conto di una circostanza di fatto che si assume essere stata pacifica o non contestata dalle parti , il principio di autosufficienza del ricorso impone al ricorrente di indicare in quale atto sia stata allegata la suddetta circostanza, ed in quale sede e modo essa sia stata provata o ritenuta pacifica Cass. 12/10/2017, numero 24062 Cass. 13/10/2016, numero 20637 . Infine, non può ricorrersi alle nozioni di comune esperienza ex art. 115 c.p.c., comma 2, non potendo ritenersi fatto notorio - quale evento di carattere generale ed obiettivo che, proprio perché tale, non ha bisogno di essere provato nella sua specificità - la circostanza che da quel cancello di accesso non potesse accedere personale estraneo, non potendosi né in astratto né in concreto escludere la possibilità di ingresso di persone non legate da rapporto di servizio, come fornitori, familiari, comuni cittadini. 4.5.- Per le stesse ragioni, non può darsi rilievo al riconoscimento della causa di servizio, di cui non vi è traccia nella sentenza impugnata, trattandosi, peraltro, di circostanza che non è idonea ad incidere sulla qualificazione della domanda, diversi essendo i presupposti normativi del riconoscimento della causa di servizio e dell’equo indennizzo rispetto a quelli idonei a configurare una responsabilità datoriale Cass. 23/7/2004, numero 13887 v. pure Cass. 24/10/2017, numero 25151, e Cass. 29/01/2013 numero 2038 . 5.- Il ricorso deve pertanto essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento, in favore di ciascuno dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio, in applicazione del principio della soccombenza. Nessun provvedimento sulle spese deve invece essere adottato nei confronti delle parti che non hanno svolto attività difensiva. Non può trovare applicazione nei confronti dell’Amministrazione dello Stato il D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, numero 228, art. 1, comma 17, atteso che la stessa, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, è esentata dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo cfr. Cass. 29/1/2016, numero 1778 . P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore di ciascun controricorrente, delle spese del presente giudizio, che liquida, in Euro 5.000,00 per compensi professionali e Euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% di rimborso forfettario delle spese generali e agli altri accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quanto dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.