Notificazioni a mezzo posta: in caso di ritardo risponde l’ufficiale giudiziario

In tema di notificazioni avvenute a mezzo posta, a fronte del mandato ex lege instauratosi tra colui che richiede la notifica e l’ufficiale giudiziario che la esegue, avvalendosi dell’agente postale coma ausiliario del servizio, in caso di ritardo nella spedizione o nel recapito risponde esclusivamente l’ufficiale giudiziario.

Sul tema la Corte di Cassazione con ordinanza n. 29253/18, depositata il 14 novembre. Il caso. Un avvocato conveniva in giudizio Poste Italiane s.p.a. davanti al GdP per ottenere il risarcimento danni derivanti dal ritardo, superiore ai 10 giorni, nella consegna dell’avviso di ricevimento di raccomandate per atti giudiziari da lui spedite. Il GdP accoglieva la domanda dell’avvocato e Poste Italiane s.p.a. impugnava la sentenza dinanzi al Tribunale, il quale accoglieva la domanda della s.p.a., rigettando la domanda dell’avvocato. Così quest’ultimo propone ricorso per cassazione. Le notificazioni a mezzo posta. La Suprema Corte ha più volte chiarito che, in tema di notificazioni a mezzo posta, il relativo servizio si basa su un mandato ex lege tra colui che richiede la notificazione e l’ufficiale giudiziario che la esegue, avvalendosi, qualora possibile, dell’agente postale come ausiliario, nell’ambito di un rapporto obbligatorio, al quale il notificante rimane estraneo. Da ciò deriva che, in caso di ritardo nella spedizione o nel recapito dell’atto notificato, nel confronti del richiedente la notifica risponde esclusivamente l’ufficiale giudiziario, ai sensi dell’art. 1228 c.c., e non anche l’agente postale del quale si avvale l’ufficiale giudiziario stesso. Per questi motivi il ricorso principale è rigettato.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 3, ordinanza 18 ottobre – 14 novembre 2018, n. 29253 Presidente De Stefano – Relatore Cirillo Fatti di causa 1. L’avv. C.A. convenne in giudizio la Poste italiane s.p.a. . davanti al Giudice di pace di Cervinara, chiedendo il risarcimento dei danni derivanti dal ritardo, superiore ai dieci giorni, nella consegna dell’avviso di ricevimento di una serie di raccomandate per atti giudiziari da lui spedite. Chiese che, oltre al costo della singola raccomandata Euro 3,90 , la convenuta fosse condannata al risarcimento dei danni, ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ., per il conseguente strepitus fori. Si costituì in giudizio la società convenuta, ponendo alcune eccezioni preliminari e chiedendo, nel merito, il rigetto della domanda. Il Giudice di pace accolse la domanda e condannò la società convenuta al rimborso di Euro 3,90 per ciascuna raccomandata, oltre ad Euro 12.000 per responsabilità aggravata ed Euro 18.200 a titolo di spese di giudizio. 2. La sentenza è stata impugnata dalla convenuta soccombente e il Tribunale di Avellino, con sentenza del 6 dicembre 2016, ha accolto l’appello e, in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato la domanda dell’avv. C. , compensando le spese di lite. Ha osservato il Tribunale che, non essendo applicabile nella specie il foro del consumatore, posto che il professionista aveva agito per scopi inerenti la sua professione, la causa si sarebbe dovuta svolgere davanti al Giudice di pace di Roma sede della Poste italiane s.p.a. ovvero di Avellino luogo di esecuzione della prestazione da parte dell’agente postale competente per territorio per cui il riconoscimento della propria competenza da parte del Giudice di pace adito aveva determinato una violazione dei principi regolatori della materia, con conseguente appellabilità della sentenza pronunciata secondo equità. Nel merito, il Tribunale ha osservato che la notificazione è atto dell’ufficiale giudiziario che ne è responsabile per cui, non essendo intervenuto alcun rapporto tra il professionista e Poste italiane, l’attore era privo di legittimazione attiva nei confronti della società convenuta. 3. Contro la sentenza del Tribunale di Avellino propone ricorso l’avv. C.A. con atto affidato a due motivi. Resiste la Poste italiane s.p.a. con controricorso contenente ricorso incidentale condizionato affidato a due motivi. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ., e la Poste italiane s.p.a. ha depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Il Collegio rileva, innanzitutto, che, poiché la sentenza impugnata è stata redatta in formato digitale, il ricorrente principale avrebbe dovuto procedere all’autenticazione della stessa in sede di deposito del ricorso per cassazione in formato analogico, ai sensi dell’art. 9, commi 1-bis e 1-ter della legge n. 53 del 1994 ordinanza 8 maggio 2018, n. 10941 . Tale attestazione è, nella specie, mancante. 2. Ciò premesso, con il primo motivo del ricorso principale si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 4 , cod. proc. civ., violazione degli artt. 113, secondo comma, e 339, terzo comma, del codice di procedura civile. Dopo aver premesso che il Giudice di pace aveva, nella specie, deciso la causa secondo equità, il ricorrente rileva che nell’atto di appello non erano stati indicati i principi regolatori della materia quanto alla competenza per territorio, la questione non poteva essere esaminata dal Tribunale, posto che in primo grado la società convenuta non aveva sollevato alcuna eccezione su questo punto. 2.1. Il motivo non è fondato. La questione relativa alla competenza per territorio è irrilevante perché il Tribunale, pur avendo in sostanza affermato che il Giudice di pace avrebbe dovuto dichiarare la propria incompetenza, non ne ha poi tratto la conclusione conseguente, e cioè la riforma della sentenza di primo grado per tale ragione. Poiché il Tribunale ha deciso la causa nel merito, l’esame di questa parte del primo motivo resta assorbito da quanto si dirà a proposito del secondo. Quanto, invece, alla necessaria identificazione dei principi regolatori della materia, il Collegio osserva che questa Corte ha già affermato che, a seguito della sostituzione del secondo comma dell’art. 113 cod. proc. civ. da parte dell’art. 1 del d.l. n. 18 del 2003, convertito, con modificazioni, nella legge n. 63 del 2003 e, quindi, della conseguente introduzione per i giudizi iniziati dal 10 febbraio 2003 art. 1-bis del d.l. n. 18 del 2003 della regola di decisione da parte del giudice di pace secondo diritto, per le controversie non eccedenti Euro millecento, derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità di cui all’art. 1342 cod. civ., cioè mediante moduli o formulari, deve ritenersi - una volta considerato che l’esigenza della decisione secondo diritto obbedisce, nelle intenzioni del legislatore, alla necessità che le dette controversie vengano decise in modo uniforme -che un’analoga regola trovi applicazione alle controversie comprese entro quel valore, le quali originino da rapporti contrattuali che siano sottoposti ad uniformità di disciplina, perché intervenuti tra un utente ed un monopolista legale di un pubblico servizio. Anche in tale caso, infatti, l’esigenza di uniformità di decisione, garantita dalla regola, di natura processuale, della decisione secondo diritto non può che ricorrere a maggior ragione allorquando l’uniformità di disciplina del rapporto discenda dalla legge, che, nell’assicurare il monopolio del servizio, impone al monopolista di garantire all’utente parità di trattamento sentenza 8 maggio 2007, n. 10394 . 3. Con il secondo motivo del ricorso principale si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 4 , cod. proc. civ., violazione del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, sostenendo che il professionista sarebbe legittimato ad agire direttamente nei confronti della Poste italiane s.p.a., data l’avvenuta privatizzazione di tale società. 3.1. La doglianza non è fondata. Questa Corte ha già chiarito che in tema di notificazioni a mezzo posta, il relativo servizio si basa su di un mandato ex lege tra colui che richiede la notificazione e l’ufficiale giudiziario che la esegue, eventualmente avvalendosi, quale ausiliario, dell’agente postale, nell’ambito di un distinto rapporto obbligatorio, al quale il notificante rimane estraneo. Ne consegue che, in caso di ritardo nella spedizione o nel recapito dell’atto notificato, nei confronti del richiedente la notifica risponde, ai sensi dell’art. 1228 cod. civ., esclusivamente l’ufficiale giudiziario, non anche l’agente postale del quale costui si avvalga sentenza 18 febbraio 2015, n. 3261, confermata dalla recente ordinanza 12 febbraio 2018, n. 3292 . A tale giurisprudenza, cui si è correttamente attenuto il Tribunale di Avellino, il Collegio odierno intende dare continuità né le argomentazioni contenute nel ricorso sono idonee a determinare l’assunzione di un diverso orientamento. 4. Il rigetto del ricorso principale determina l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato. 5. In conclusione, il ricorso principale è rigettato, con assorbimento del ricorso incidentale condizionato. A tale esito segue la condanna del ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del d.m. 10 marzo 2014, n. 55. Ritiene inoltre il Collegio che, in considerazione dell’esistenza di altri precedenti in termini sull’argomento v. anche l’ordinanza 23 ottobre 2017, n. 25060 , della futilità del danno richiesto e della qualità professionale del ricorrente, a carico dello stesso vada posta l’ulteriore condanna ai sensi dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ., nella misura di cui in dispositivo. Sussistono inoltre le condizioni di cui all’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte del solo ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso principale con assorbimento del ricorso incidentale condizionato e condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi euro 3.200, di cui euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge, nonché ulteriori euro 3.000 ai sensi dell’art. 96 del codice di procedura civile. Ai sensi dell’art. 13, comma 1- quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte del solo ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.