Quando la pubblica amministrazione è responsabile ex lex aquilia

Al fine di riconoscere la responsabilità della P.A. per violazione degli interessi legittimi pretensivi, è necessario che il giudice proceda con l’autonoma verifica della ricorrenza degli elementi costitutivi della fattispecie risarcitoria azionata e, segnatamente, all’accertamento, in concreto ed ex ante”, della colpa della P.A. .

Così ha stabilito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 28798/18, depositata il 9 novembre. Il caso. A seguito del rilascio di un provvedimento di concessione edilizia, un cittadino subiva una diminuzione volumetrica del proprio terreno, area oggetto della concessione necessaria per la realizzazione di lavori di pubblico interesse. Il proprietario si rivolgeva quindi al Tribunale territoriale per sentire condannare il Comune al risarcimento dei danni conseguiti, a dire dell’attore, all’illegittima riduzione del fondo. Domanda accolta in primo grado ma riformata dal giudizio dalla Corte d’Appello la quale ha ritenuto esclusa la sussistenza di colpa della pubblica amministrazione nel caso di specie. Pertanto il privato cittadino ricorre in Cassazione deducendo la violazione dell’art. 112 c.p.c. Corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato e lamentando che la Corte d’Appello aveva applicato erroneamente i principi di diritto riferiti alla lesione dell’interesse legittimo. Responsabilità aquiliana della P.A La deduzione riferita all’art. 112 c.p.c. è stata ritenuta infondata dai Giudici di legittimità sottolineando che la violazione principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato non ricorre quando il Giudice non interferisca nel potere dispositivo delle parti e non alteri nessuno degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione . Di seguito, la stessa Corte ha sottolineato che la lesione di un interesse legittimo, al pari di quella di un diritto soggettivo o di un altro interesse giuridicamente rilevante, può essere fonte di responsabilità aquiliana e, quindi, dar luogo a un risarcimento del danno ingiusto, a condizione che risulti danneggiato, per effetto dell’attività illegittima della P.A., l’interesse al bene della vita al quale il primo si correla, e che detto interesse risulti meritevole di tutela alla strega del diritto positivo . È dunque necessario, che il Giudice, nel valutare la domanda di risarcimento dei danni proposta nei confronti della P.A., affermi la sussistenza di un evento dannoso, di un danno ingiusto, del profilo causale e dell’evento dannoso imputabile a dolo o colpa della P.A Alla luce di tali principi, gli Ermellini ritengono che la Corte d’Appello abbia fatto corretta applicazione degli stessi, tale da incesurare la decisione emessa. Pertanto, il ricorso è da ritenersi infondato.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 20 settembre – 9 novembre 2018, n. 28798 Presidente Giancola – Relatore Iofrida Fatti di causa La Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza n. 142/2014, pronunciata in un giudizio promosso da O.M. nei confronti del Comune di Rossano per sentire condannare il convenuto al risarcimento dei danni conseguenti all’illegittima riduzione, in un provvedimento di concessione edilizia, rilasciato nel 1989 in relazione ad un terreno di sua proprietà, della maggiore volumetria consentita per costruzioni, - ha, in riforma della decisione di primo grado, respinto le domande attoree. Il Tribunale di Rossano, ritenuta la propria giurisdizione in relazione ad azione risarcitoria per la lesione di interessi legittimi pretensivi, aveva accolto la domanda risarcitoria, ritenendo arbitraria ed ingiustificata l’esclusione a fini volumetrici della superficie della particella asseritamente demaniale, essendo vincolata a sede stradale, in difetto di un formale decreto di esproprio. La Corte d’appello ha, invece, escluso la sussistenza di colpa della RA. nel diniego di concessione edilizia all’O. per l’intera volumetria richiesta, con riguardo specifico alla particella , rilevando che, alla data di emanazione del provvedimento comunale, asseritamente lesivo degli interessi dell’O. , nell’agosto 1989, vi era una sentenza, del dicembre 1987, del Tribunale di Rossano in un giudizio promosso dal Comune di Rossano nei confronti dell’O. e del suo dante causa, S.C. , che aveva accertato, in via incidentale, l’acquisto da parte del Comune, per accessione invertita, stante la realizzazione del prolungamento di una strada, della proprietà dell’area in questione e l’inadempimento dello S. il quale aveva alienato il terreno, nel 1983, all’O. agli obblighi derivanti dalla licenza edilizia n. 203/1977, che ne imponevano la destinazione a strada e la cessione al Comune, nonché un’altra sentenza, del 1985, del Tribunale Superiore delle Acque pubbliche, che aveva accertato, del pari, la natura demaniale del terreno in oggetto in presenza di tali pronunce la prima delle quali era stata riformata in appello soltanto sei anni dopo e stante la pendenza di contenziosi tra le parti, neppure risultando evidente il fatto che il terreno venduto all’O. fosse libero dal vincolo, perché le opere di urbanizzazione di cui all’atto di sottomissione erano state già realizzate, il Sindaco del Comune non era in colpa per avere rilasciato la concessione edilizia, nel 1989, per una volumetria minore di quella richiesta. Inoltre, ad avviso della Corte d’appello, nel 1989, la particella in oggetto era occupata per l’esecuzione di avori relativi ad opere pubbliche, che, ultimati nel marzo 1988, avevano comportato, in assenza di decreto di esproprio, l’irreversibile trasformazione del suolo per quasi tutta la superficie XX . Non decisivi, poi, ai fini dell’accertamento della colpa dell’amministrazione nel diniego di concessione per le maggiori volumetrie richieste, erano la Relazione dell’Ufficio Tecnico ed il parere della Commissione edilizia, favorevoli alla concessione edilizia senza riduzioni di volumetrie, trattandosi in ogni caso di atti non vincolanti. Avverso la suddetta sentenza, O.M. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti del comune di Rossano che resiste con controricorso . Il ricorrente ha depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Il ricorrente lamenta, con il primo motivo, sia la violazione, ex articolo 360 n. 4 c.p.c., dell’articolo 112 c.p.c., in relazione al principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato, sia la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 n. 3 c.p.c., degli articolo 2909 c.c., 324 e 342 c.p.c., avendo la Corte d’appello, a fronte di un gravame del Comune basato esclusivamente sull’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario al cui solo fine era stata dedotta l’esclusione di profili colpa in capo all’Ente pubblico e sulla contestazione del quantum dei danno liquidato in primo grado, rimesso in discussione il fondamento, sotto il profilo dell’elemento soggettivo, della pretesa risarcitoria avanzata in primo grado, con ultrapetizione e violazione dei giudicato interno infine, con il secondo motivo, si lamenta sia la violazione, ex articolo 360 n. 4 c.p.c., dell’articolo 112 c.p.c., in relazione al principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato, sia la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 n. 3 c.p.c., degli articolo 2043 e 832 c.c., sia l’omesso esame, ex articolo 360 n. 5 c.p.c., circa un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, in ordine alla ritenuta insussistenza di colpa dell’amministrazione comunale nel rilascio della concessione edilizia, con diniego dell’intera volumetria richiesta. 2. Le censure, implicanti plurime doglianze, da esaminare congiuntamente, sono infondate. Va premesso che il principio secondo cui l’interpretazione delle domande, eccezioni e deduzioni delle parti dà luogo ad un giudizio di fatto, riservato al giudice di merito, non trova applicazione quando si assume che tale interpretazione abbia determinato un vizio riconducibile alla violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato articolo 112 cod. proc. civ. od a quello del tantum devolutum quantum appellatum , trattandosi in tal caso della denuncia di un error in procedendo che attribuisce alla Corte di cassazione il potere-dovere di procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali e, in particolare, delle istanze e deduzioni delle parti Cass.21856/2004 Cass. 17109/2009 Cass. 21421/2014 . Ora, il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, fissato dall’articolo 112 cod. proc. civ. - che implica il divieto per il giudice di attribuire alla parte un bene non richiesto o comunque di emettere una statuizione che non trovi corrispondenza nella domanda - deve ritenersi violato ogni qual volta il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri alcuno degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione petitum e causa petendi , attribuendo o negando ad alcuno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nella domanda, ovvero, pur mantenendosi nell’ambito dei petitum , rilevi d’ufficio un’eccezione in senso stretto che, essendo diretta ad impugnare il diritto fatto valere in giudizio dall’attore, può essere sollevata soltanto dall’interessato, oppure ponga a fondamento della decisione fatti e situazioni estranei alla materia del contendere, introducendo nel processo un titolo causa petendi nuovo e diverso da quello enunciato dalla parte a sostegno della domanda Cass. 919/1999 Cass. 6945/2007 . Tale violazione, invece, non ricorre quando il giudice non interferisca nel potere dispositivo delle parti e non alteri nessuno degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione. Nella specie, la Corte d’appello ha ritenuto che l’atto di appello del Comune investisse sia la questione della giurisdizione sia la richiesta di riforma della sentenza di primo grado, nel merito, nella sua interezza, con riguardo all’an ed al quantum della pretesa risarcitoria. All’esito dell’esame degli atti, deve concludersi che la Corte d’appello non è incorsa in vizio di ultrapetizione nell’esaminare la ricorrenza anche del profilo soggettivo della colpa della pubblica amministrazione. Invero, nell’atto di appello, il Comune chiedeva l’integrale riforma della decisione impugnata, rilevando che, salva la questione della c.d. pregiudiziale amministrativa vale a dire la necessità del previo annullamento dell’atto amministrativo ad opera del giudice competente , al giudice ordinario, adito per il risarcimento del danno derivato dalla lesione di interessi legittimi pretensivi , era demandata una complessa indagine, che includeva anche la necessaria verifica dell’imputabilità dell’evento dannoso a dolo o colpa della P.A. l’appellante ribadiva che, nella specie, doveva essere escluso ogni profilo di colpa del Sindaco. Quanto poi alle violazioni di diritto sostanziale, va rammentato che, all’esito della pronuncia delle S.U. di questa Corte n. 500/1999, con la quale si è riconosciuto che la lesione di un interesse legittimo, ai pari di quella di un diritto soggettivo o di altro interesse giuridicamente rilevante, può essere fonte di responsabilità aquiliana, e, quindi, dar luogo a risarcimento del danno ingiusto, a condizione che risulti danneggiato, per effetto dell’attività illegittima della P.A., l’interesse al bene della vita al quale il primo si correla, e che detto interesse risulti meritevole di tutela alla stregua del diritto positivo, questa Corte Cass. 6199/2004 , ha chiarito che in caso di domanda di risarcimento dei danni proposta nei confronti della P.a. al fine di stabilire se la fattispecie concreta integra un’ipotesi di responsabilità extracontrattuale ex articolo 2043 cod. civ. il giudice deve procedere, in ordine successivo, a svolgere le seguenti indagini a accertare la sussistenza di un evento dannoso b stabilire se l’accertato danno sia qualificabile come danno ingiusto, in relazione alla sua incidenza su un interesse rilevante per l’ordinamento, tale essendo l’interesse indifferentemente tutelato nelle forme del diritto soggettivo assoluto o relativo , dell’interesse legittimo funzionale alla protezione di un determinato bene della vita, la cui lesione rileva ai fini in esame o dell’interesse di altro tipo, pur se non immediato oggetto di tutela in quanto dall’ordinamento preso in considerazione a fini diversi da quelli risarcitori e quindi comunque non qualificabile come interesse di mero fatto c accertare sotto il profilo causale, facendo applicazione dei noti criteri generali, se l’evento dannoso sia riferibile ad una condotta positiva od omissiva della P.a. d stabilire se l’evento dannoso sia imputabile a dolo o colpa della P.a., non trovando al riguardo applicazione il principio secondo cui la colpa della struttura pubblica dovrebbe considerarsi sussistente in re ipsa in caso di esecuzione volontaria di atto amministrativo illegittimo conf. Cass. 6005/2007 Cass. 12282/2009 Cass. 4326/2010 Cass. 22508/2011 Cass. 5ì4172/2012 Cass. 27800/2017 Cass. 16196/2018 . La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione di tali principi di diritto. Nel giudizio instaurato nei confronti della P.A. per l’accertamento della responsabilità per lesione degli interessi legittimi pretensivi, infatti, occorre procedere all’autonoma verifica della ricorrenza degli elementi costitutivi della fattispecie risarcitoria azionata e, segnatamente, all’accertamento, in concreto ed ex ante , della colpa della P.A Nella specie, nella sentenza impugnata, si è negato il diritto al risarcimento del danno in capo al Comune, per il diniego di maggiore volumetria nella concessione edilizia, avendo i giudici di merito escluso, con motivazione non illogica e plausibile, l’illiceità dei diniego amministrativo. I vizi motivazionali, formulati in relazione a tutti i motivi, sono inammissibili, alla luce della nuova formulazione dell’articolo 360 n. 5 c.p.c., per mancata individuazione degli specifici fatti storici decisivi, oggetto di discussione tra le parti, non esaminati dalla Corte d’appello. 3. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate, ire favore del Comune controricorrente, in complessivi Euro 8.000,00, a titolo di compensi, oltre 200,00 per esborsi, rimborso forfetario spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.