Strada dissestata e buca visibile: niente risarcimento per la caduta della motociclista

Escluso ogni addebito nei confronti del Comune. Non in discussione le condizioni precarie del tratto stradale dove si è verificato il fattaccio, condizioni che erano facilmente percepibili dalla persona alla guida della ‘due ruote’ la motociclista, secondo i Giudici, avrebbe dovuto prestare maggiore attenzione e utilizzare maggiore prudenza.

Strada dissestata e buca ben visibile. A fronte di questo contesto, va escluso che il Comune debba risarcire i danni subiti dalla persona caduta col proprio ciclomotore a causa del grosso avvallamento presente sull’asfalto. Per i Giudici – prima in Appello e poi in Cassazione –, difatti, sarebbe stato necessario un comportamento più prudente da parte della donna in sella alla ‘due ruote’ Cassazione, ordinanza numero 27724/18, sezione sesta civile, depositata il 30 ottobre . Buca. Il fattaccio risale alla fine di settembre del 2010. Scenario del capitombolo è una strada del Comune di Ischia. Protagonista – poco felice – una donna che spiega di essere caduta a causa della presenza di una buca mentre era alla guida del proprio ciclomotore. Consequenziale è la richiesta di risarcimento nei confronti dell’ente locale campano, richiesta che viene accolta in Tribunale, dove i giudici dichiarano la responsabilità esclusiva del Comune . Visione opposta, invece, quella tracciata in Corte d’appello, dove i magistrati accolgono le obiezioni proposte dai legali dell’ente locale e dichiarano l’esclusiva responsabilità della donna nella produzione dell’evento lesivo . Più precisamente, viene spiegato che la buca presente sul manto stradale era di ampie dimensioni, ubicata al centro della carreggiata percorsa dal ciclomotore – lungo un più ampio tratto stradale, tutto dissestato e sconnesso , peraltro – e quindi risultava pienamente visibile ed evitabile con la dovuta attenzione . A corredo di questa visione, poi, viene anche richiamato il fatto l’episodio si è verificato in pieno giorno, nel mese di settembre, con forte luminosità naturale . Tutti questi elementi spingono i Giudici d’appello ad addossare alla donna la colpa per la caduta subita. Prudenza. A pesare, quindi, è soprattutto la valutazione compiuta in secondo grado, laddove i magistrati hanno ritenuto che la dovuta attenzione e una maggiore cautela avrebbero salvato la donna, che, dal canto proprio, avrebbe dovuto rendersi conto del tratto stradale vistosamente sconnesso e dissestato . In sostanza, la buca era evitabile , se la donna fosse stata più attenta, anche perché, secondo i giudici d’Appello, quell’avvallamento del tratto stradale non è catalogabile come insidia o trabocchetto . Questa valutazione è condivisa in toto dalla Cassazione, che, di conseguenza, respinge definitivamente la richiesta di risarcimento avanzata dalla donna nei confronti del Comune di Ischia. I Giudici del Palazzaccio mostrano di ritenere corretto, in particolare, il riferimento fatto in appello alla concreta possibilità per la donna di percepire e prevedere con l’ordinaria diligenza la situazione di pericolo che risultava evidente e che escludeva la configurabilità dell’insidia . Evidenti, quindi, le colpe della donna, rea di avere tenuto una condotta imprudente alla guida del proprio ciclomotore, e di avere prestato poca attenzione alle condizioni della strada.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 3, sentenza 23 aprile – 30 ottobre 2018, n. 27724 Presidente Amendola – Relatore Positano Rilevato che con atto di citazione notificato il 16 marzo 2011, Ma. Ro. Sa. evocava in giudizio, davanti al Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Ischia, l'omonimo comune per sentirlo condannare al risarcimento dei danni, ai sensi degli art. 2055 o 2043 c.c. conseguenti alla caduta verificatasi il 30 settembre 2010, su una strada di proprietà comunale, a causa della presenza di una buca. Si costituiva l'amministrazione comunale contestando la fondatezza della pretesa con sentenza del 9 gennaio 2015 il Tribunale dichiarava la responsabilità esclusiva dell'ente comunale nella determinazione eziologica dell'evento lesivo, condannandolo al risarcimento dei danni ed alle spese processuali in favore del procuratore dichiaratosi antistatario avverso tale decisione il Comune di Ischia proponeva appello con atto di citazione del 7 luglio 2015 lamentando il difetto di motivazione, la violazione degli articoli 2043, 2051 e 1227 c.c., l'erronea valutazione delle risultanze istruttorie ed insistendo per la dichiarazione di nullità dell'atto di citazione o, in subordine, per la dichiarazione di concorrente responsabilità della infortunata nella produzione dell'evento lesivo. Si costituiva quest'ultima eccependo l'inammissibilità dell'appello ai sensi dell'articolo 342 c.p.c. e l'infondatezza delle doglianze, nel merito la Corte d'Appello di Napoli, con sentenza del 17 novembre 2016 in accoglimento della impugnazione dichiarava l'esclusiva responsabilità di Ma. Ro. Sa. nella produzione dell'evento lesivo, compensava interamente le spese di lite del doppio grado di giudizio e poneva a carico dell'attrice quelle della consulenza medica avverso tale decisione propone ricorso per cassazione Ma. Ro. Sa. affidandosi a un motivo illustrato da memoria ex art. 380 bis c.p.c. Resiste in giudizio con controricorso il Comune di Ischia. Considerato che con l'unico motivo la ricorrente lamenta la violazione dell'articolo 2051 c.c., ai sensi dell'articolo 360, n. 3 c.p.c. censurando l'argomentazione della Corte secondo cui la buca, in ragione delle condizioni di tempo e di luogo, risultava pienamente visibile ed evitabile da un pedone che proceda con la dovuta attenzione, ravvisando nel comportamento colposo dell'attrice l'unico profilo di responsabilità. La ricorrente aggiunge di avere tenuto una condotta di guida del tutto adeguata alle condizioni di tempo e di luogo, trattandosi di strada asfaltata priva di segnalazioni relative a dissesti del manto stradale o altri pericoli, per cui la motivazione della Corte, fondata esclusivamente sulla documentazione fotografica, poneva una sorta di responsabilità oggettiva a carico del danneggiato, sovvertendo i principi di cui all'articolo 2051 c.c. individuare il caso fortuito nella condotta di guida della danneggiata, significa addebitare a quella condotta un profilo di eccezionalità, imprevedibilità e inevitabilità in concreto insussistente. La mera circostanza che la strada fosse sconnessa, non costituisce un'esimente per l'ente pubblico Osserva il collegio che la motivazione della Corte d'Appello si fonda sull'esclusione del nesso causale, interrotto dal caso fortuito, rappresentato dal fatto del terzo nel caso di specie, dalla colpa esclusiva della danneggiata. La ricostruzione operata dalla Corte territoriale è prettamente fattuale, muovendo dalla condivisibile premessa giuridica secondo cui il principio per il quale l'utente della strada deve poter fare affidamento sull'apparente transitabilità della stessa è limitato da quello di autoresponsabilità, in base al quale l'utente è gravato di un onere di particolare attenzione nell'esercizio dell'uso ordinario e diretto del bene demaniale. Nel caso di specie, con una valutazione esclusivamente in fatto e sostanzialmente non contraddetta dalla ricorrente, la Corte ha ritenuto assorbente la circostanza che la buca presente sul manto stradale, che aveva determinato la caduta del ciclomotore dell'attrice, si presentava in maniera assolutamente chiara, di ampie dimensioni ed era ubicata al centro della carreggiata percorsa dal ciclomotore della appellante. In ragione delle concrete condizioni temporali e ambientali pieno giorno, mese di settembre, forte luminosità naturale tale buca si presentava di apprezzabili dimensioni, non ricoperta da materiale di sorta, collocata al centro della semicarreggiata di pertinenza della Sa. nell'ambito di un più ampio tratto stradale, tutto dissestato e sconnesso. Pertanto, l'utente che proceda con la dovuta attenzione e cautela richiesta dalla concreta situazione di fatto delle condizioni del manto stradale, avrebbe potuto ragionevolmente rendersi conto del tratto vistosamente sconnesso e dissestato. Secondo la Corte, la buca era evitabile da parte dell'attrice se la stessa avesse prestato la dovuta attenzione, non ricorrendo in alcun modo l'ipotesi di insidia o trabocchetto sulla base di tali premesse il motivo è inammissibile avendo la Corte territoriale deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di legittimità e non offrendo l'esame dei motivi elementi di novità l'esame del motivo rende opportuna una puntualizzazione dei principi in materia di responsabilità per danni da cose in custodia, come via via espressi dalla giurisprudenza di questa Corte, con attenzione specifica alla custodia dei beni demaniali e, tra questi, di quelli di grande estensione, come strade e loro accessori e pertinenze. La formulazione dell'articolo 2051 c.c. ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito evidenzia chiaramente che - la responsabilità ex articolo 2051 c.c., postula la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa e una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa Cass. n. 15761/2016 - ad integrare la responsabilità è necessario e sufficiente che il danno sia stato cagionato dalla cosa in custodia, assumendo rilevanza il solo dato oggettivo della derivazione causale del danno dalla cosa, mentre non occorre accertare se il custode sia stato o meno diligente nell'esercizio del suo potere sul bene, giacché il profilo della condotta del custode è - come detto - del tutto estraneo al paradigma della responsabilità delineata dall'articolo 2051 c.c. ex multis, Cass. n. 4476/2011 - ne consegue che il danneggiato ha il solo onere di provare l'esistenza di un idoneo nesso causale tra la cosa ed il danno, mentre al custode spetta di provare che il danno non è stato causato dalla cosa, ma dal caso fortuito, nel cui ambito possono essere compresi, oltre al fatto naturale, anche quello del terzo e quello dello stesso danneggiato - si tratta, dunque, di un'ipotesi di responsabilità oggettiva per tutte, Cass. n. 12027/2017 con possibilità di prova liberatoria, nel cui ambito il caso fortuito interviene come elemento idoneo ad elidere il nesso causale altrimenti esistente fra la cosa e il danno - non può escludersi, invero, che un'eventuale colpa venga fatta specificamente valere dal danneggiato, ma, trattandosi di azione ex articolo 2051 c.c., la deduzione di omissioni o violazioni di obblighi di legge, di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode può essere diretta soltanto a rafforzare la prova dello stato della cosa e della sua attitudine a recare danno, sempre ai fini dell'allegazione e della prova del rapporto causale tra la prima e il secondo nè è da escludere che, viceversa, sia il custode a dedurre la conformità della cosa agli obblighi di legge o a prescrizioni tecniche o a criteri di comune prudenza al fine di escludere l'attitudine della cosa a produrre il danno in entrambi i casi si tratta di deduzioni volte a sostenere oppure a negare la derivazione del danno dalla cosa e non, invece, a riconoscere rilevanza al profilo della condotta del custode - resta dunque fermo che, prospettato e provato dal danneggiato il nesso causale tra cosa custodita ed evento dannoso, la colpa o l'assenza di colpa del custode rimane del tutto irrilevante ai fini dell'affermazione della sua responsabilità ai sensi dell'articolo 2051 c.c. quanto ai criteri di accertamento del nesso causale, va richiamato il consolidato orientamento di legittimità cfr., per tutte, Cass., S.U. n. 576/2008 secondo cui - ai fini dell'apprezzamento della causalità materiale nell'ambito della responsabilità extracontrattuale, va fatta applicazione dei principi penalistici di cui agli articoli 40 e 41 cp., sicché un evento è da considerare causato da un altro se, ferme restando le altre condizioni, il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo cd. teoria della condicio sine qua non - tuttavia, il rigore del principio dell'equivalenza delle cause, posto dall'articolo 41 c.p. in base al quale, se la produzione di un evento dannoso è riferibile a più azioni od omissioni, deve riconoscersi ad ognuna di esse efficienza causale , trova il suo temperamento nel principio di causalità efficiente - desumibile dal capoverso della medesima disposizione - in base al quale l'evento dannoso deve essere attribuito esclusivamente all'autore della condotta sopravvenuta ove questa condotta risulti tale da rendere irrilevanti le altre cause preesistenti, ponendosi al di fuori delle normali linee di sviluppo della serie causale già in atto - al contempo, neppure è sufficiente tale relazione causale per determinare una causalità giuridicamente rilevante, dovendosi, all'interno delle serie causali così determinate, dare rilievo a quelle soltanto che appaiano idonee a determinare l'evento secondo il principio della cd. causalità adeguata o quello similare della cd. regolarità causale, che individua come conseguenza normale imputabile quella che - secondo l'id quod plerumque accidit e quindi in base alla regolarità statistica o ad una probabilità apprezzabile ex ante ancorché riscontrata con una prognosi postuma - integra gli estremi di una sequenza costante dello stato di cose originatosi da un evento iniziale sia esso una condotta umana oppure no , che ne costituisce l'antecedente necessario tutto ciò che non è prevedibile oggettivamente ovvero tutto ciò che rappresenta un'eccezione alla normale sequenza causale, integra il caso fortuito, quale fattore estraneo alla sequenza originaria, avente idoneità causale assorbente e tale da interrompere il nesso con quella precedente, sovrapponendosi ad essa ed elidendone l'efficacia condizionante è pacifico - come detto - che il caso fortuito può essere integrato dalla stessa condotta del danneggiato che abbia usato un bene senza la normale diligenza o con affidamento soggettivo anomalo quando essa si sovrapponga alla cosa al punto da farla recedere a mera occasione o teatro della vicenda produttiva di danno, assumendo efficacia causale autonoma e sufficiente per la determinazione dell'evento lesivo, così da escludere qualunque rilevanza alla situazione preesistente quando, poi, la condotta del danneggiato non assuma i caratteri del fortuito, si da elidere il rapporto causale fra cosa e danno, residua comunque la possibilità di configurare un concorso causale colposo, ai sensi del primo comma dell'articolo 1227 c.c. applicabile anche in ambito di responsabilità extracontrattuale, in virtù del richiamo compiuto dall'articolo 2056 c.c. , che potrà essere apprezzato - al pari del fortuito - anche sulla base di una valutazione officiosa per tutte, Cass. n. 20619/2014 quanto più la situazione di possibile pericolo sia suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione delle normali cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso se è vero, infatti, che il riconoscimento della natura oggettiva del criterio di imputazione della responsabilità custodiale si fonda sul dovere di precauzione imposto al titolare della signoria sulla cosa custodita, in funzione di prevenzione dei danni che da essa possono derivare, è altrettanto vero che l'imposizione di un dovere di cautela in capo a chi entri in contatto con la cosa risponde a un principio di solidarietà ex articolo 2 Cost. , che comporta la necessità di adottare condotte idonee a limitare entro limiti di ragionevolezza gli aggravi per i terzi, in nome della reciprocità degli obblighi derivanti dalla convivenza civile tanto premesso, deve rilevarsi come la Corte territoriale abbia negato la responsabilità del custode dopo avere escluso la sussistenza di un nesso di causa e dopo avere individuato nella incauta condotta della danneggiata la causa da sola idonea a produrre l'evento e ad interrompere qualunque rapporto con la condizione della strada, integrando pertanto gli estremi del caso fortuito. La Corte territoriale, per quanto detto, ha valorizzato la concreta possibilità per l'utente di percepire e prevedere con la ordinaria diligenza la situazione di pericolo che risultava evidente e che escludeva la configurabilità dell'insidia tale conclusione non merita c.c.nsure, giacché costituisce il risultato di un percorso argomentativo ragionevole fondato su una valutazione esclusivamente in fatto delle risultanze istruttorie, riconoscendo alla situazione dei luoghi un ruolo di mera occasione di tale sinistro il tutto in piena conformità ai principi che governano la materia della responsabilità ex articolo 2051 c.c., come sopra richiamati Cass. Sez. 3, n. 2478, 2480 e 2482 del 2018 ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile le spese del presente giudizio di cassazione - liquidate nella misura indicata in dispositivo -seguono la soccombenza, dandosi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 Quando l'impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l'ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma I-bis. Il giudice da' atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l'obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso . P.T.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore del controricorrente, liquidandole in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater del D.P.R. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma Ibis dello stesso articolo 13. Così deciso nella camera di Consiglio della Sesta Sezione della Corte Suprema di Cassazione in data 23 aprile 2018