Caduta nel reparto di geriatria: niente risarcimento

Esclusa la responsabilità della struttura ospedaliera. Decisiva la ricostruzione dell’episodio incriminato il capitombolo è stato accidentale e, comunque, osservano i Giudici, non vi erano elementi per ipotizzare che l’uomo non potesse deambulare da solo.

Brutta caduta per un anziano paziente. Sotto accusa, ovviamente, la struttura ospedaliera, che però viene scagionata dalla ricostruzione dell’episodio l’uomo, in grado di deambulare, è caduto in modo del tutto accidentale, difatti, mentre camminava lungo il corridoio del reparto di geriatria Cassazione, ordinanza n. 24528/2018, Sezione Terza Civile, depositata il 5 ottobre 2018 . Causalità. Scenario dell’episodio è un ospedale calabrese. Lì un anziano paziente finisce a terra, riportando inizialmente la frattura del femore e, poi, soprattutto ripercussioni fisiche pesanti, che lo costringono su una sedia a rotelle. Consequenziale è la richiesta di risarcimento presentata all’azienda ospedaliera, richiesta sostenuta dal figlio del paziente, oramai deceduto. La domanda viene però ritenuta poco plausibile, prima in Tribunale, poi in Corte d’Appello e infine in Cassazione. Per i Giudici manca la ‘prova provata’ della responsabilità dell’ospedale per la caduta del paziente. A questo proposito, viene evidenziato che l’anziano è caduto mentre camminava lungo il corridoio del reparto di Geriatria e che egli, comunque, era seguito a vista dal personale della struttura che, successivamente, aveva fatto intervenire anche la forza pubblica e aveva contestualmente richiesto una visita psichiatrica . Per chiudere il cerchio, infine, viene sottolineato che la caduta era accidentale e che non vi era alcun elemento per far ritenere che l’uomo non potesse deambulare da solo . Di conseguenza, non esistendo il rapporto di causalità fra il presunto inadempimento della struttura sanitaria e il danno riportato dalla persona ricoverata, va respinta l’ipotesi di obbligare l’ospedale a risarcire il familiare.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza7 febbraio – 5 ottobre 2018, numero 24528 Presidente Travaglino – Relatore Armano Fatti del processo Fr. Fe. ha citato in giudizio l'azienda ospedaliera di Cosenza per ottenere, in qualità di erede, il risarcimento del danno spettante al padre che, a seguito di una caduta, mentre era ricoverato presso il reparto di geriatria del presidio ospedaliero Annunziata di Cosenza, durante un momento di agitazione, era caduto perché era stato trattenuto maldestramente da un infermiere, procurandosi in tal modo la frattura del femore. Il Fe. ha chiesto il risarcimento del danno per negligente operato del personale infermieristico allegando che il padre, dal giorno della caduta, 30 agosto 1995, aveva riacquistato la capacità di deambulare solo in data 6 ottobre 1995 e che le sue condizioni erano rimaste critiche, costringendolo su di una sedia a rotelle. Il tribunale ha rigettato la domanda Recisione confermata dalla corte d'appello di Catanzaro con sentenza pubblicata l'11 giugno 2014. Avverso questa decisione propone ricorso Fr. Fe. con quattro motivi. Ha resistito con controricorso l'azienda ospedaliera di Cosenza, illustrato da successiva memoria. Ragioni della decisione 1. Col primo motivo di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1218 e 2697 c.c. ex articolo 360 numero 3 c.p.c. Sostiene il ricorrente ,che trattandosi di una ipotesi di responsabilità contrattuale, era onere della struttura ospedaliera provare l'assenza di colpa dell'inadempimento. La corte d'appello non ha accertato la mancanza di prova di fatti positivi idonei a discolpare l'azienda ospedaliera, ma soltanto l'assenza in negativo di alcuni di fatti idonei a vincere la presunzione di responsabilità. Il Fe. afferma di aver provato sia l'esistenza del contratto di spedalità, sia il danno fisico sofferto da parte del congiunto e aveva allegato l'inadempimento dell'azienda per violazione di tutti gli obblighi principali, accessori e strumentali derivanti dal predetto contratto di spedalità. 2. Il motivo è infondato. L'articolo 1218 c.c. esonera infatti il creditore dalla prova della colpa del debitore che si presume ,salvo la prova liberatoria eventualmente fornita dal debitore stesso ,ma non anche dalla prova del nesso causale tra la condotta colposa di quest'ultimo l'inadempimento imputabile e il danno, nesso che va invece dimostrato dal creditore secondo la regola generale dell'articolo 2697 comma uno c.c. in quanto fatto costitutivo del azionato diritto al risarcimento. Nella specie il creditore danneggiato, come ha anche espressamente affermato in ricorso, ha provato solo il contratto di spedalità e il danno subito mentre era ricoverato nella struttura, ma non ha provato ,come era suo onere ,il rapporto di causalità fra la condotta asseritamente colposa del personale infermieristico e il danno procurato. Infatti la Corte d'appello ha accertato in fatto che il paziente non si era procurato la frattura mentre veniva maldestramente trattenuto da un infermiere durante un momento di eccitazione, come esposto in citazione, bensì mentre camminava lungo il corridoio del reparto di geriatria che il paziente era seguito a vista dal personale che faceva intervenire anche la forza pubblica e contestualmente richiedeva una visita psichiatrica che la caduta lungo il corridoio era accidentale che non vi era alcun elemento per far ritenere che il paziente non potesse deambulare da solo. Di conseguenza il ricorrente non ha provato, come era suo onere, il rapporto di causalità fra il presunto inadempimento della struttura sanitaria ed il danno. 3. Con il secondo motivo si denunzia violazione falsa applicazione degli artt. 1218 e 1176 c.c. ex articolo 360 numero 3 c.p.c. Il ricorrente censura alcune contraddizioni contenute nella motivazione della corte d'appello ,vale a dire che la sentenza aveva dato rilievo alla circostanza che il paziente non aveva compiuto atti di autolesionismo né di aggressività fisica, mentre avrebbe dovuto considerare che alle 22,25 era stata chiamata la forza pubblica ed era stato richiesto con consulto psichiatrico che la corte d'appello non aveva valutato che alle ore 23,45 il paziente risultava si calmo, tranquillo e orientato nel tempo, ma non era assolutamente orientato nello spazio che dopo la caduta il paziente presentava un quadro di confusione e di deterioramento mentale senile su base organica che aveva dato rilievo alla circostanza che il paziente non era sottoposto a provvedimenti di costrizione fisica né inserito in una struttura ad alta densità assistenziale che aveva commesso un errore di valutazione per aver ritenuto non esigibile in concreto una misura di contenzione fisica del paziente perché questa presuppone aggressività verso terzi e autolesionismo. 4. Il motivo è inammissibile. Infatti sotto l'apparente denunzia di violazione di legge il ricorrente aggredisce la motivazione della sentenza impugnata mettendo in evidenza una serie di presunte contraddizioni. Il presente procedimento è regolato dall'articolo 360 numero 5 c.p.c. ultima formulazione che limita grandemente l'accesso al vizio di motivazione in sede di legittimità. Solo l'assenza totale di motivazione o la motivazione perplessa e incomprensibile e l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio consentono di introdurre in sede di legittimità il vizio di motivazione. Nella specie la motivazione non è perplessa od incomprensibile ed i fatti dedotti sono stati tutti esaminati dalla corte d'appello, mentre nella sostanza il ricorrente censura la valutazione di tali fatti chiedendo una nuova rivalutazione della prova, inammissibile in sede di legittimità. 5. Con il terzo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione degli articoli 1218 ,1322 e 1375 c.c. ex articolo 360 numero 3 c.p.c. Il ricorrente censura la decisione della Corte d'appello per non aver considerato tutta una serie di obbligazioni accessorie che riguardano il contratto di spedalità, che non sono solo l'obbligazione principale di effettuare nei confronti del paziente le prestazioni sanitarie, ma anche quelle di assistenza e di cura che vanno individuate nell'obbligo di correttezza che l'azienda deve rispettare con l'azione dei suoi infermieri. 6. Con il quarto motivo si denunzia l'omesso esame di fatti decisivi della controversia ex articolo 360 numero 5 c.p.c. individuati nella circostanza che l'attuale ricorrente aveva subito denunziato alla struttura che il padre era caduto aggrappato ad una sedia, che la cartella clinica attestava che già alle 22,00 il Ferrara era stato seguito da un medico e da due infermieri, che la cartella accertava che il paziente aveva un grave deterioramento mentale e che solo alla visita psichiatrica le 22,45 veniva accertato una quadro di deterioramento mentale. 7. Il due motivi i si esaminano insieme per la stretta connessione logico giuridica che li lega e sono inammissibili. Entrambi tentano di ottenere da questa corte una nuova rivalutazione dei materiale istruttorio inammissibile in sede di legittimità perché i fatti dedotti come omessi sono non decisivi e sono stati esaminati dalla corte d'appello. Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato e le spese del giudizio seguono la soccombenza. Non ricorre l'ipotesi per il pagamento del doppio contributo unificato risultando il ricorrente ammesso al gratuito patrocinio. P.Q.M La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 4.200,00 oltre Euro 200,00 per esborsi, accessori e spese generali come per legge. Ai sensi dell'articolo 13 comma 1 quater del D.P.R. 115 del 2002 dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma I-bis dello stesso articolo 13.