Responsabilità professionale del medico e copertura assicurativa

In materia di responsabilità civile da sinistro, qualora l’assicurato comunichi con apposita lettera all’assicuratore il proprio rinvio a giudizio da parte del GIP, la lettera si considera idonea a comunicare l’esercizio dell’azione civile da parte del danneggiato nel processo penale mediante costituzione di parte civile.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con sentenza n. 20975/18 depositata il 23 agosto. La vicenda. La Corte d’Appello in sede penale, ritenuta la responsabilità del medico, per decesso di una signora, direttore del reparto di chirurgia generale della struttura ospedaliera, lo condannava al risarcimento del danno subito dai familiari della deceduta, costituitisi parti civili. Con apposito ricorso il medico agiva in giudizio nei confronti dell’azienda ospedaliera, quale datrice di lavoro, e nei confronti della compagnia assicuratrice che assicurava l’azienda e con cui egli aveva stipulato un’estensione di garanzia assicurativa per colpa grave ed inoltre nei confronti di altra assicurazione con cui aveva stipulato una polizza a secondo rischio, per vedersi da queste garantito in ordine alle richieste di risarcimento danno. Il ruolo della lettera all’assicuratore. La Suprema Corte, chiamata ad esprimersi nel caso di specie, cassa la sentenza impugnata in applicazione del seguente principio di diritto qualora il soggetto assicurato, che in precedenza abbia notiziato la propria assicurazione per la responsabilità civile di un sinistro, comunichi all’assicuratore con una lettera la circostanza del proprio rinvio a giudizio da parte del giudice delle indagini preliminari ed indichi nell’oggetto della comunicazione in danneggiato nella specie gli eredi della persona deceduta nel sinistro nonché la propria responsabilità professionale, precisando, altresì, che la comunicazione è fatta per le competenze del caso”, la lettera deve considerarsi idonea a comunicare l’esercizio dell’azione civile da parte del danneggiato nel processo penale mediante costituzione di parte civile ed il giudice di merito che non la considera idonea in tal senso commette falsa applicazione della norma dell’art. 2952, quarto comma, cod. civ. .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 22 gennaio – 23 agosto 2018, n. 20975 Presidente Vivaldi – Relatore Frasca Fatti di causa 1. Con sentenza n. 2887 del 28 giugno 2012, confermata dalla Corte di Cassazione, la Corte di Appello di Palermo in sede penale, ritenuta la responsabilità, per il decesso di G.S. , del dott. S.G. , direttore dell’U.O.C. di chirurgia generale della struttura ospedaliera presso cui la stessa era stata ricoverata e sottoposta ad intervento chirurgico e quindi a successive cure dall’esito infausto, lo ha condannato al risarcimento del danno subito dai familiari della deceduta, costituitisi parti civili, liquidando in favore della figlia, St.An. , in proprio e nella qualità di erede del padre St.Gi. , la somma di Euro 1.245.059,00, nonché in favore della madre, C.M. , la somma di Euro 200.000,00 oltre interessi e spese. 2. Con ricorso ex art. 702-bis cod. proc. civ., S.G. ha agito in giudizio nei confronti dell’A.S.P. di , quale propria datrice di lavoro, nonché nei confronti della Società Reale Mutua di Assicurazione S.p.A., compagnia che assicurava l’A.S.P. e con cui egli aveva poi stipulato un’estensione della garanzia assicurativa per colpa grave, nei confronti della Carige Assicurazioni S.p.A., con cui aveva stipulato una polizza di assicurazione per la responsabilità civile professionale, e nei confronti dell’UNIPOL S.p.A. già Aurora Assicurazioni s.p.A. , con cui aveva stipulato una polizza assicurativa a secondo rischio, onde vedersi da queste garantito e manlevato la ASP quale datore di lavoro e le compagnie assicurative convenute ex art. 1917 cod. civ. in ordine alle richieste di risarcimento dei danni avanzate da C.M. in forza della predetta sentenza di condanna della Corte di Appello di Palermo, chiedendo altresì che le società di assicurazione venissero condannate al pagamento diretto del dovuto in favore indicate parti offese, che all’uopo chiamava in giudizio. Il giudice di primo grado, con ordinanza del 24 febbraio 2014 accoglieva la domanda e condannava Carige Assicurazioni S.p.A., nei limiti della somma assicurata, pari ad Euro 1.197.000,00 rivalutata secondo gli indici ISTAT, a tenere indenne S.G. di quanto questi avrebbe dovuto pagare a C.M. ed St.An. , in forza della citata sentenza penale. 3. L’ordinanza veniva appellata dalla Carige Assicurazioni S.p.A. e la Corte d’Appello di Palermo, accogliendo l’eccezione di prescrizione sollevata dall’appellante, già disattesa dal primo giudice, ha rigettato la domanda dello S. con sentenza del 4 maggio 2015. 4. Avverso tale sentenza lo S. ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a due motivi. Il ricorso è stato proposto contro la Amissima Assicurazioni s.p.a. già Carige Assicurazioni s.p.a. , nei confronti della St. e della C. , della Unipol Assicurazioni s.p.a., della Società Reale Mutua Assicurazioni e dell’A.S.P. di . 3. Ha resistito con controricorso solo la s.p.a. Amissima. 4. In vista dell’odierna udienza il ricorrente ha depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2952 IV comma c.c., per avere la Corte d’Appello ritenuto che nessuno dei documenti prodotti in giudizio, ed in particolare la missiva del 12.6.2006, fosse idoneo a spiegare effetti sospensivi della prescrizione, presupponendo oneri di forma non richiesti . 2. Il motivo censura la motivazione resa sul punto dalla sentenza impugnata nei termini seguenti considera innanzitutto il collegio decidente che secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, richiamata per altro dalle stesse danneggiate cfr. Sez. 3, Sentenza n. 17834 del 22/08/2007 sentenza n. 4548 del 2014 in tema di assicurazione, alla norma generale dettata, in tema di prescrizione, dall’art. 2935 c.c. secondo la quale la prescrizione stessa comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere , viene apportata deroga dalla norma di cui all’art. 2952, quarto comma, c.c., la quale, regolando in ogni suo aspetto il rapporto tra assicurato e assicuratore, detta, altresì, la disciplina speciale della sospensione del termine di prescrizione sino alla definitiva liquidità ed esigibilità del credito del terzo danneggiato tale sospensione si verifica non già con la denuncia del sinistro, bensì con la comunicazione, efficace anche se proveniente dallo stesso danneggiato o da un terzo, all’assicuratore, della richiesta di risarcimento proposta dal danneggiato. Come rilevato dall’assicurazione appellante, consegue a quanto detto che nella fattispecie de qua la prescrizione del diritto vantato dallo S. nei confronti della Carige è iniziata a decorrere dalla data in cui i danneggiati hanno avanzato nei suoi confronti domanda di risarcimento con raccomandata del 26 maggio 2006 e comunque, a voler ritenere fondata l’obiezione in parte qua formulata dall’appellato, dalla data in cui come pacifico gli eredi della Sig.ra G. si sono costituiti parte civile, ovvero nel corso dell’udienza preliminare innanzi al GIP svoltasi in data 30 maggio 2006 cfr. memoria delle danneggiate . Da tale data e fino al 2012, come evidenziato dall’assicurazione appellante, né l’assicurato né terzi hanno comunicato alla società Carige, né l’avvenuta richiesta risarcitoria avanzata dalle eredi della deceduta né, in ogni caso, l’avvenuta loro costituzione di parte civile, unico atto che secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte avrebbe potuto sospendere il termine di prescrizione. Come dedotto dalla Carige, invero, da un’attenta disamina dei documenti prodotti in atti. che secondo le considerazioni espresse dal giudice di prime cure avrebbero avuto effetto sospensivo, non si desume affatto l’avvenuta comunicazione della domanda avanzata dalle danneggiate ovvero dell’azione da queste promossa nei confronti dello S. . Procedendo infatti ad una specifica analisi dei detti documenti, che invero potrebbe essere limitata, per ragioni ancor prima logiche che giuridiche esclusivamente agli atti successivi alla costituzione di parte civile delle danneggiate, atteso che fino a quel momento il termine prescrizionale non aveva ancora iniziato a decorrere, è agevole evidenziare che - con la nota del 19 novembre 2005, il dott. S. si è limitato ad informare l’assicurazione che a seguito di informazione di garanzia ricevuta in data 19.11.2005 in merito a fatti avvenuti in data anteriore e prossima al 29.05.2004 si comunica l’apertura di un procedimento a carico dello scrivente. Farà seguito a questa nota la relazione sugli accadimenti , senza alcun riferimento specifico ai fatti per cui era sottoposto ad indagine ed alla presenza di eventuali danneggiati ò con la nota del 28 novembre 2005, il dott. S. ha relazionato all’assicurazione circa le cure prestate alla signora G. , le condizioni cliniche della stessa e l’excursus dei diversi ricoveri da quest’ultima subiti, senza alcun riferimento neanche in tale atto ad eventuali danneggiati - dalla nota trasmessa dalla Carige allo S. in data 5 dicembre 2005, come rilevato dal giudice di prime cure può facilmente trarsi l’avvenuta apertura cautetativa del sinistro da parte dell’assicurazione, fatto tuttavia privo di alcuna rilevanza con riferimento al decorso del termine di prescrizione. Del resto, come si evince da una lettura dello stesso documento, l’assicurazione, proprio ai fini di una completa istruzione della pratica, aveva tra l’altro chiesto allo S. la trasmissione di copia della corrispondenza pervenutale in dipendenza dei fatti denunciati, da parte della direziono sanitaria, e delle autorità giudiziarie , richiesta che non risulta dagli atti sia stata assecondata, con riferimento alla parte lesa ò dalla nota trasmessa dalla Carige all’Azienda USL oggi ASP si evince ancora l’avvenuta apertura cautelativa del sinistro ed a tal fine la richiesta di alcuni dati necessari al riguardo - le note del 11 e del 16 gennaio 2006 trasmesse dallo S. e dall’Azienda sanitaria all’Assicurazione sono di mero parziale riscontro alla nota della Carige del 5 dicembre ed alla stessa vengono comunicati gli estremi della Compagnia Assicurativa con cui l’azienda aveva stipulato la copertura del rischio per la responsabilità civile dei sanitari e del medesimo tenore sono le note in data 9 febbraio 2006 con cui la Carige sollecita allo S. l’indicazione della compagnia di assicurazioni con cui lo stesso era assicurato al momento del sinistro e la successiva nota di risposta in data 27 febbraio 2006 del sanitario e note in data 27 febbraio - con nota del 12 giugno 2006 avente ad oggetto rinvio a giudizio. Eredi G.S. /Dr.S.G. RC Professionale , l’appellato ha testualmente comunicato all’Assicurazione appellante A seguito di comunicazione del 16/01/06 prot. N. 178 Direziono Sanitaria di Presidio e conclusioni di indagini effettuate dal GIP della Procura di Termini Imerese si comunica che lo scrivente è stato rinviato a giudizio con la prima udienza prevista per il 19/10/16. Si comunica per le competenze del caso. Si resta a disposizione per eventuali chiarimenti . Anche in tale nota non viene fatto alcun riferimento all’avvenuta costituzione di parte civile da parte degli eredi della Sig.ra G. nei confronti dello S. , né di certo, come invero rappresentato dagli appellati, tale evenienza avrebbe potuto trarsi dall’avvenuto rinvio a giudizio del sanitario sia perché il costituirsi parte civile è rimesso alla scelta delle persone offese sia perché la costituzione avrebbe potuto effettuarsi anche in dibattimento. Tali essendo i documenti sottoposti in disamina dal giudice di primo grado è da escludersi che gli stessi possano avere avuto alcun effetto sospensivo del corso della prescrizione ex art. 2952 comma IV cc del diritto vantato dal dott. S. nei confronti del Carige e del resto alcun ulteriore atto avente il detto effetto è rinvenibile nella documentazione agli atti. Ribadito che l’apertura cautelativa del sinistro da parte dell’assicurazione in assenza di alcuna comunicazione di cui al comma 4 dell’art. 2952 c.c. non determina una sospensione del corso della prescrizione, è pertanto fondata l’eccezione di prescrizione sollevata dalla Carige e conseguentemente, cosi assorbita ogni ulteriore doglianza avanzata dall’appellata, l’ordinanza impugnata va in parte qua riformata rigettando la domanda di garanzia e manleva avanzata da S.G. nei confronti della Carige che per l’effetto nulla deve versare agli intervenuti C.M. e St.An. . 3. La riportata motivazione è criticata assumendosi che sarebbe affetta da eccessivo formalismo ed evocandosi il principio di diritto di cui a Cass. n. 3014 del 2014 secondo cui la comunicazione all’assicuratore della richiesta del terzo danneggiato, quale prevista ai sensi e per gli effetti di cui al quarto comma dell’art. 2952 cod. civ. e non assoggettata dalla legge a particolari oneri di forma, non rappresenta un atto di costituzione in mora, ma persegue semplicemente lo scopo di fare conoscere all’assicuratore stesso la circostanza della istanza 8 del terzo” ed inferendone che la comunicazione prevista dall’art. 2952, quarto comma, cod. civ., non prevedrebbe l’uso di formule sacramentali e può anche desumersi da una dichiarazione che, esplicitamente o per implicito assolva allo scopo informativo. Inoltre viene invocata analoga giurisprudenza quanto al contenuto degli atti interruttivi della prescrizione. Si rileva, quindi, che nella specie, l’assicurato, nella citata lettera del 12.6.2006, ha comunicato di essere stato rinviato a giudizio, ha indicato, quali parti del processo penale, gli eredi della defunta - che a nessun altro titolo avrebbero potuto partecipare al processo se non come parte civile - ha segnalato la data della successiva udienza e ha invitato la Compagnia ad assumere le competenze del caso , onde la missiva, per il suo contenuto sostanziale, sarebbe stata idonea a spiegare gli effetti sospensivi di cui alla citata norma. In fine si rileva che il motivo non solleciterebbe una diversa valutazione delle prove emerse nel corso del giudizio, riservata al giudice del merito, bensì uno scrutinio sulla osservanza della legge e sulla violazione della norma dell’art. 2952, quarto comma. 4. In via preliminare va disattesa l’eccezione della resistente di inammissibilità del ricorso e, quindi, del motivo in esame, per violazione del c.d. principio di autosufficienza, scilicet dell’art. 366 n. 6 cod. proc. civ., che ne costituisce il precipitato normativo Cass. n. 7455 del 2013, ex multis . Il motivo si fonda sul contenuto della lettera inviata dal ricorrente alla Carige a data 12 giugno 2006 e, quindi, per rispettare l’art. 366 n. cod. proc. civ., avrebbe dovuto riprodurre direttamente oppure indirettamente in questo secondo caso indicando la parte del documento corrispondente all’indiretta riproduzione il contenuto del detto atto e localizzarlo sia quanto alla indicazione della produzione nel giudizio di merito sia quanto alla indicazione della produzione rilevante quest’ultima, cioè la produzione, ai diversi effetti di cui al secondo comma, dell’art. 369, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ., per il caso di necessità, ai fini dello scrutinio del motivo, di un concreto esame da parte di questa Corte del documento in questo giudizio di legittimità. Ciò, alla stregua della consolidata giurisprudenza di questa Corte sul significato dell’art. 366 n. 6 cod. proc. civ., inaugurata da Cass. ord. n. 22303 del 2088 e Cass., Sez. Un., n. 28547 del 2008. Ora, nell’esposizione del fatto parte ricorrente ha riprodotto la citata lettera e, quanto alla produzione nel giudizio di merito, l’ha detta allegata con il n. 7 alle note autorizzate del 10 aprile 2013, depositate in primo grado. Non ha precisato invece se e dove tali note e il detto allegato siano state prodotte in questo giudizio di legittimità e, in particolare, avendo indicato nelle produzioni effettuate in chiusura del ricorso quella dei fascicoli di primo e di secondo grado, non ha precisato se detti atti siano presenti in alcuno d quei fascicoli. Tuttavia, nell’esposizione del fatto parte ricorrente ha riprodotto la motivazione della sentenza impugnata, nella quale, come emerge dalla riproduzione sopra effettuata, risulta riprodotta la lettera del 12 giugno 2006 e ciò negli stessi termini indicati direttamente dallo stesso ricorrente nella parte precedente dell’esposizione del fatto. Ne segue che avendo parte ricorrente indicato il contenuto della lettera ed avendo evidenziato che esso è stato richiamato e riprodotto nella sentenza impugnata, lo scrutinio del motivo, in quanto fondato sull’esegesi della lettera stessa, è possibile senza che occorra in concreto esaminare la lettera direttamente, giacché la riproduzione del suo contenuto nella motivazione della sentenza e la riproduzione di quest’ultima rendono superfluo quell’esame diretto, che sarebbe stato necessario per verificare se la riproduzione fatta dal ricorrente risultava veritiera, essendo possibile la verifica tramite la lettura della sentenza impugnata che, effettivamente conferma l’esattezza della riproduzione . Ne discende che, agli effetti dell’osservanza dell’art. 366 n. 6 cod. proc. civ., resta in questo caso irrilevante che non sia stata localizzata la citata lettera in questo giudizio di legittimità. 5. Sempre in via preliminare dev’essere disattesa l’eccezione della resistente nel senso che il motivo solleciterebbe questa Corte a procedere ad un riesame della quaestio facti ad Essa precluso invero, la quaestio facti, cioè il tenore della lettera, è assunta come tale, cioè nel letterale contenuto della missiva e si postula l’erroneità del rifiuto della corte territoriale di sussumerla come fattispecie concreta sotto la fattispecie astratta dell’art. 2952, quarto comma, cod. civ. Non si postula, dunque, una diversa ricostruzione della quaestio facti, ma solo l’apprezzamento del come è stato considerato dalla corte territoriale il suo tenore in iure e, dunque, si censura un error in iudicando conseguente al rifiuto della suddetta sussunzione. Sicché, il vizio denunciato è di falsa applicazione della citata norma, perché quando si sostiene che una risultanza probatoria evidenziante una fattispecie concreta e considerata negli esatti termini in cui l’ha considerata la sentenza di merito impugnata è stata da essa, con un ragionamento, o ricondotta ad una certa norma erroneamente, oppure, come nella specie, non è stata ricondotta ad una certa norma, il detto ragionamento è un ragionamento che il giudice di merito ha svolto in iure. In tal caso, infatti, il giudice di merito, contemplando la norma astratta nei suoi esatti termini - cioè interpretandola esattamente sotto tale profilo e, dunque assumendo esattamente sia il significato delle singole espressioni con cui è enunciata, sia il significato complessivo della loro combinazione - riconduce, rispettivamente, la fattispecie concreta pacificamente come nella specie o esattamente individuata, non già sotto la norma astratta la cui pur esatta applicazione avrebbe dovuto giustificarne la riconduzione ma sotto altra norma, oppure si rifiuta di ricondurvela senza ricondurla ad altra norma e, dunque, giudica incorrendo in un’erronea applicazione della norma di diritto che avrebbe dovuto applicare. In tal caso, la denuncia dell’erroneità del ragionamento del giudice di merito integra una censura di c.d. falsa applicazione della norma astratta, cui fa riferimento l’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., cioè un vizio inerente il procedimento di c.d. sussunzione della fattispecie concreta pacificamente ed esattamente individuata sotto la norma astratta che le è applicabile. Procedimento che, dopo quello di ricognizione del significato della norma astratta, siccome emergente dall’esatta individuazione del significato dei suoi elementi testuali e del significato della loro combinazione, il giudice di merito, una volta ricostruita la fattispecie concreta in fatto, deve compiere necessariamente all’esito di un ragionamento giuridico, trattandosi di fare appunto applicazione del risultato esegetico del procedimento astratto e, dunque, di rendere effettiva la forza regolatrice della norma in termini Cass. n. 13747 del 2018 . Tanto premesso, la sollecitazione rivolta con il motivo in esame a verificare se la corte territoriale, escludendo che la lettera del giugno del 2006, avesse, per il suo contenuto, il valore di comunicazione rilevante agli effetti dell’art. 2952, quarto comma, cod. civ., si concreta nella denuncia di un vizio di sussunzione, là dove denuncia che erroneamente la corte palermitana si sia rifiutata di ricondurre la lettera, assunta come fattispecie concreta, sotto quella norma e, dunque, lamenta che essa sia incorsa in una falsa applicazione di essa in ragione di tale omissione. 6. Tanto premesso, il primo motivo è fondato. Queste le ragioni. Il contenuto della lettera del 12 giugno 2006 è stato erroneamente apprezzato in iure dalla corte palermitana là dove Essa ha escluso che non contenesse la comunicazione della proposizione di un’azione giudiziaria da parte dei soggetti danneggiati. Invero, la comunicazione di tale proposizione, cioè la partecipazione alla società assicuratrice destinataria della circostanza di detta proposizione, emergeva in base alla mera contemplazione dell’indicazione dell’oggetto, che, come emerge dalla trascrizione fattane dal ricorrente e contenuta nella sentenza impugnata, venne fatta con l’espressione rinvio a giudizio. Eredi G.S. /Dr S.G. RC Professionale . Invero, la gradata indicazione della circostanza del rinvio a giudizio, del riferimento agli eredi G. versus il ricorrente, e quella della responsabilità professionale, evidenziavano come oggetto della comunicazione, in quanto rivolta all’assicuratrice, fosse proprio la partecipazione del fatto che gli eredi, cioè i danneggiati, si erano attivati giudizialmente nel far valere le loro ragioni. Infatti, l’associazione della circostanza del rinvio a giudizio con il riferimento agli eredi in unione al nome del qui ricorrente, cioè dell’assicurato, sottintendeva senza dubbio, in quanto seguita dall’evocazione della responsabilità civile professionale, che il rinvio a giudizio era stato disposto in una situazione in cui gli eredi della de cuius si erano costituiti parte civile nella fase dell’udienza preliminare davanti al GIP. Mette conto, infatti, di rilevare che, mentre nella vigenza del Codice di Procedura Penale del 1930 vigeva il principio di diritto secondo cui Poiché la legge processuale determina il solo termine finale per l’utile Esercizio dell’Azione civile nel processo penale e non già quello iniziale, deve ritenersi che la Costituzione di parte civile può essere validamente effettuata sin dal momento della commissione del reato e del verificarsi del danno anche se il danneggiante non abbia ancora assunto la veste di imputato Cass. pen. n. 37 del 1971 , nella vigenza del Codice di Procedura penale del 1989 la giurisprudenza di questa Corte ha affermato il diverso principio di diritto secondo cui Al privato danneggiato dal reato è assegnato un potenziale ruolo processuale, con facoltà di costituzione di parte civile, soltanto quando il procedimento sia pervenuto alla fase indicata dall’art. 79 cod. proc. pen. e non nel corso delle indagini preliminari Cass. pen. n. 2853 del 1997 , pur precisandosi ulteriormente che Al privato danneggiato dal reato il codice di procedura penale assegna un potenziale ruolo processuale, con la possibilità di costituzione di parte civile, soltanto quando il procedimento sia pervenuto alla fase indicata dall’art. 79 cod. proc. pen., mentre alla parte offesa sono riconosciute facoltà e diritti sin dalla fase delle indagini preliminari . Cass. n. 1998 del 1995 . L’orientamento che ancora la costituzione della parte civile e, dunque, il connesso esercizio dell’azione civile in sede penale soltanto all’evolversi della vicenda penale con l’udienza preliminare è stato confermato anche più recentemente statuendosi che non è consentita la costituzione di parte civile nell’udienza fissata a seguito della richiesta di applicazione della pena presentata nel corso delle indagini preliminari e che lo stesso principio deve ritenersi operante, data l’identità di ratio , anche in relazione alle udienze fissate per l’applicazione della pena richiesta con l’opposizione a decreto penale o a seguito di decreto di giudizio immediato si veda Cass., Sez. Un. Pen., n. 47803 del 2008 . Ebbene, la mera contemplazione dei ricordati principi e, dunque, del fatto che rispetto ad un rinvio a giudizio, la posizione della parte offesa rileva potenzialmente come quella di parte civile con riguardo all’udienza preliminare all’esito della quale è pronunciato il detto rinvio, evidenzia che l’indicazione nella lettera dell’oggetto della comunicazione nei termini descritti, per il fatto stesso di contemplare gli eredi della de cuius e, dunque, i danneggiati con riferimento ad un avvenuto rinvio a giudizio, che supponeva necessariamente la tenuta di un’udienza preliminare, non poteva che essere inteso nel senso di un riferimento implicante la costituzione dei detti eredi come parti civili in quell’udienza e ciò a maggior ragione in quanto si evocava la responsabilità civile. Se, in ipotesi, peraltro, denegata, vi fosse bisogno di una conferma in tal senso essa sarebbe desumibile dall’espressa affermazione nel contenuto della lettera di una sorta di motivazione della comunicazione con l’espressione si comunica per le competenze del caso e con l’ulteriore dichiarazione si resta a disposizione per eventuali chiarimenti . Il riferimento alle competenze del caso non poteva che intendersi come confermativo di quanto ricollegabile al contenuto delle indicazioni dell’oggetto della comunicazione. La comunicazione non poteva, dunque, avere altro senso che quello di notiziare la società assicuratrice che vi era stato esercizio da parte degli eredi dell’azione civile con la costituzione di parte civile nell’udienza preliminare rispetto al rinvio a giudizio. D’altro canto, già Cass. n. 176 del 1962 ebbe a statuire che l’art. 2952, quarto comma, cod. civ. non richiede alcuna particolare formalità il che esclude che sia necessario indicare nella comunicazione in modo espresso che è stata esercitata l’azione civile, essendo sufficiente che il contenuto della comunicazione riveli tale esercizio in modo anche soltanto implicito tanto esclude che il ricorrente dovesse dire espressamente che era stata esercitata l’azione civile con la costituzione di parte civile e anche soltanto che era stata esercita quell’azione. Si aggiunga che la norma in questione pone in via meramente alternativa come determinativa dell’effetto della sospensione del corso della prescrizione la richiesta di risarcimento danni, alludendo, dunque, come contenuto idoneo della comunicazione pure alla semplice manifestazione di una partecipazione di esercizio stragiudiziale del diritto risarcitorio e tale circostanza evidenzia che, se anche, in ipotesi denegata, si volesse escludere che la lettera fosse idonea a partecipare l’esercizio dell’azione risarcitoria tramite la costituzione di parte civile, in ogni caso, per il tramite dell’espressa evocazione degli eredi e della precisazione della finalità della comunicazione come effettuata per le competenze del caso , risultava idonea a comunicare sicuramente che gli eredi avevano formulato almeno una richiesta risarcitoria e ciò perché altrimenti sarebbe stata incomprensibile una comunicazione per quelle competenze, che altro non erano se non il farsi carico della pretesa risarcitoria nell’economia del contratto assicurativo. L’affermazione della sentenza impugnata che l’evenienza della costituzione di parte civile non avrebbe potuto trarsi dall’avvenuto rinvio a giudizio del sanitario sia perché il costituirsi parte civile è rimesso alla scelta delle persone offese sia perché la costituzione avrebbe potuto effettuarsi anche in dibattimento trascura completamente il rilievo appena svolto e dunque che la lettera era Ogni caso idonea a sottendere che gli eredi avevano formulato richiesta risarcitoria. Ma, prima ancora, omette di considerare il dato dell’indicazione degli eredi in contrapposizione all’assicurato, che sopra si è sottolineato e che, in relazione al rinvio a giudizio, come s’è detto non poteva che sottendere, sebbene in modo implicito, che gli eredi si erano attivati con la costituzione di parte civile. È sufficiente osservare che, se non v fosse stata la costituzione di parte civile, il ricorrente non avrebbe avuto alcuna necessità di indicare oltre al rinvio la sua correlazione alla posizione degli eredi in rapporto alla sua. In sostanza, se la costituzione non vi fosse stata in sede di udienza preliminare sarebbe stato ragionevole che il ricorrente si limitasse a comunicare il mero dato del rinvio e semmai sarebbe stato ragionevole che egli indicasse, per individuare la vicenda la de cuius. Tanto si rileva non senza rimarcare, ad abundantiam come circostanza aliunde rispetto alla lettera ed attinente al pregresso comportamento delle parti , che nel tenore della pretesa corrispondenza gli eredi, cioè i soggetti che potevano far valere la pretesa risarcitoria stragiudizialmente o giudizialmente non erano mai stati evocati, sicché la percezione da parte della Carige della lettera in quanto li evocava a maggior ragione, cioè al dl là di quanto evidenziava solo il suo contenuto, doveva essere nel senso che vi fosse stata la costituzione di parte civile. La corte di merito ha, dunque, eseguito il procedimento di sussunzione della fattispecie concreta emergente dalla lettera de qua in modo erroneo ed ha pertanto fatto falsa applicazione della norma dell’art. 2952, quarto comma, cod. civ La sentenza dev’essere cassata in applicazione del seguente principio di diritto qualora il soggetto assicurato, che in precedenza abbia notiziato la propria assicurazione per la responsabilità civile di un sinistro, comunichi all’assicuratore con una lettera la circostanza del proprio rinvio a giudizio da parte del giudice delle indagini preliminari ed indichi nell’oggetto della comunicazione il danneggiato nella specie gli eredi della persona deceduta nel sinistro nonché la propria responsabilità professionale, precisando, altresì, che la comunicazione è fatta per le competenze del caso, la lettera deve considerarsi idonea a comunicare l’esercizio dell’azione civile da parte del danneggiato nel processo penale mediante costituzione di parte civile ed il giudice di merito che non la considera idonea in tal senso commette falsa applicazione della norma dell’art. 2952, quarto comma, cod. civ. . 7. L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento del secondo con il quale si denunciava la violazione nell’esegesi della lettera più volte citata di norme sull’interpretazione dei contratti. 8. Il giudice di rinvio, che si designa in altra sezione della Corte d’Appello di Palermo, comunque in diversa composizione, provvederà a rendere una nuova decisione, considerando la lettera, sulla base del principio di diritto enunciato che è tale ancorché sia correlato alla rilevazione di un vizio di sussunzione citata Cass. n. 13747 del 2018 , idonea a determinare l’effetto della sospensione del corso della prescrizione ai sensi dell’art. 2952, quarto comma, cod. civ. Al giudice di rinvio è rimesso di regolare le spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e cassa la sentenza impugnata in relazione. Dichiara assorbito il secondo motivo. Rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Palermo, comunque in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.