Detenzione inumana e prescrizione del diritto al risarcimento

I Supremi Giudici esprimendosi sulla controversia, avente ad oggetto la richiesta di risarcimento dei danni subiti a causa dei trattamenti inumani subiti dal richiedente durante la detenzione in carcere, ribadiscono i termini di prescrizione del diritto al risarcimento in questo specifico caso, ricordando anche i criteri per garantire una condizione detentiva umana e rispettosa dell’art. 3 CEDU.

Sul punto la Cassazione con sentenza n. 17275/18, depositata il 2 luglio. Il caso. Il Tribunale di Napoli respingeva il ricorso contro il Ministero della Giustizia con il quale l’interessato lamentava di essere stato detenuto in condizioni disumane e degradanti presso la Casa circondariale prima di Napoli e poi di Potenza. Secondo il Giudice di merito in primi luogo il credito insorto in dipendenza della detenzione presso la Casa di Napoli si era prescritto per prescrizione quinquennale ed, inoltre, durante il periodo passato nella Casa circondariale di Potenza il detenuto non era in condizioni inumane o degradanti. La decisione di merito è impugnata per cassazione dall’interessato con un unico motivo di ricorso con il quale si denuncia la violazione degli artt. 1173 Fonti delle obbligazioni e 2946 c.c. Prescrizione ordinaria , nonché dell’art. 35- ter l .n. 354/1975 Legge sull’ordinamento penitenziario . Prescrizione e risarcimento per la detenzione disumana. Secondo la Suprema Corte di Cassazione il motivo, nella parte in cui si censura il termine di prescrizione applicabile al caso di specie, deve essere accolto, facendo applicazione del principio di diritto secondo il quale il diritto ad ottenere una somma di denaro ,- 8 euro per ogni giorno di detenzione - nel caso in cui le condizioni del detenuto non fossero conformi ai criteri di cui l’art. 3 della Convezione dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e ai sensi dell’art. 35- ter l. n. 354/1975, si prescrive in 10 anni. Inoltre, precisa il Collegio coloro che abbiano cessato di espiare la pena detentiva prima dell’entrata in vigore della nuova normativa, se non sono incorsi nelle decadenze previste dall’art. 2 d.l. n. 92/2014, convertito nella l. n. 117/2014, hanno anch’essi diritto all’indennizzo ex art. 35- ter, terzo comma, cit., il cui termine di prescrizione in questo caso non opera prima del 28 giugno 2014, data di entrata in vigore del decreto-legge . Da ciò consegue che nel caso di specie erroneamente il Tribunale ha ritenuto applicabile la prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento del danno. Condizioni inumane e fattori compensativi. Esprimendosi sulla questione relativa al rigetto da parte del Giudice di merito della domanda proposta in seguito alla lamentata detenzione inumana presso la Casa di Potenza la Cassazione ha ritenuto fondato anche questa seconda parte del motivo di ricorso. Nel dettaglio gli Ermellini hanno ribadito i principi affermati in tema di risarcimento del danno in materia, i quali prevedono che se la superfice utilizzabile da ciascun detenuto, nella cella collettiva, risulti inferiore a 3 mq sussiste una forte presunzione della violazione del divieto di trattamenti inumani o degradanti, la quale, alla luce della giurisprudenza della CEDU, può essere superata attraverso la valutazione di adeguati fattori compensativi come la brevità della restrizione carcerari, l’offerta di attività all’estero della cella, servizi igienici adeguati Lo Stato ha l’onere di provare tali fattori compensativi. Detta prova, nella fattispecie in esame, non è fornita dal Ministero della Giustizia e per questo motivo secondo la Cassazione, accogliendo interamente il motivo di ricorso, il decreto deve essere cassato con rinvio al Tribunale in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 11 maggio – 2 luglio 2018, n. 17275 Presidente Genovese – Relatore Di Marzio Fatti di causa 1. - Con decreto del 4 aprile 2016 il Tribunale di Napoli ha respinto il ricorso proposto da A.P. nei confronti del Ministero della giustizia, ai sensi dell’articolo 35 ter, terzo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354, modificata dal d.l. 26 giugno 2014, n. 92, convertito in legge 11 agosto 2014, n. 117, con cui il ricorrente aveva lamentato di essere stato detenuto in condizioni inumane o degradanti presso la Casa circondariale di dal 25 maggio 2009 al 10 luglio 2009 e presso la Casa circondariale di dal 10 luglio 2009 al 12 maggio 2012. A fondamento della decisione il Tribunale ha ritenuto - che il credito insorto in dipendenza della detenzione presso la Casa circondariale di si fosse prescritto per prescrizione quinquennale - che, presso la Casa circondariale di , la detenzione subita dall’A. non fosse stata inumana o degradante. 2. - Per la cassazione del decreto A. ha proposto ricorso per un motivo. Il Ministero della giustizia ha resistito con controricorso. Ragioni della decisione 1. - Il ricorso contiene un solo motivo rubricato Violazione dell’articolo 1173 e 2946 c.c. nonché dell’articolo 35 ter della legge 354/73 in relazione all’articolo 360, primo comma, numero 3, c.p.c. . Esso, tuttavia, svolge due censure eterogenee, la prima riferita alla dichiarazione di prescrizione del credito maturato a seguito della detenzione presso la Casa circondariale di , la seconda riferita al rigetto della domanda quanto alla detenzione presso la Casa circondariale di . 2. - Il ricorso è fondato. 2.1. - Il motivo va accolto nella parte in cui riferito al termine di prescrizione applicabile. Va difatti applicato il principio che segue Il diritto ad una somma di denaro parti a otto Euro per ciascuna giornata di detenzione in condizioni non conformi ai criteri di cui all’art. 3 della Convenzione dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, previsto dall’art. 35-ter, terzo comma, della legge n. 354 del 1975, si prescrive in dieci anni, che decorrono dal compimento di ciascun giorno di detenzione nelle suindicate condizioni. Coloro che abbiano cessato di espiare la pena detentiva prima dell’entrata in vigore della nuova normativa, se non sono incorsi nelle decadenze previste dall’art. 2 del d.l. n. 92 del 2014, convertito nella legge n. 117 del 2014, hanno anch’essi diritto all’indennizzo ex art. 35-ter, terzo comma, cit., il cui termine di prescrizione in questo caso non opera prima del 28 giugno 2014, data di entrata in vigore del decreto-legge Cass., Sez. Un., 8 maggio 2018, n. 11018 . Sicché il giudice di merito ha errato nel ritenere applicabile la prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento del danno extracontrattuale. 2.2. - Il motivo va altresì accolto nella parte in cui è riferito al rigetto della domanda proposta a seguito della detenzione presso l a Casa circondariale di . Questa Corte ha già avuto modo di affermare Cass. 20 febbraio 2018, n. 4096 che - in tema di risarcimento del danno ex articolo 35-ter, comma 3, della legge numero 354 del 1975, lo Stato incorre nella violazione del divieto di trattamenti inumani o degradanti nei confronti di soggetti detenuti o internati, stabilito dall’art. 3 della CEDU, così come interpretato dalla conforme giurisprudenza della Corte EDU, quando, in una cella collettiva, il detenuto non possa disporre singolarmente di almeno 3 mq. di superficie, calcolati detraendo l’area destinata ai servizi igienici e agli armadi appoggiati, o infissi, stabilmente alle pareti o al suolo ed anche lo spazio occupato dai letti sia a castello che singoli , che riducono lo spazio libero necessario per il movimento, senza che, invece, abbiano rilievo gli altri arredi facilmente amovibili, come sgabelli o tavolini - in tema di risarcimento del danno ex articolo 35-ter, comma 3, della legge numero 354 del 1975, qualora, in una cella collettiva, la superficie utilizzabile da ciascun detenuto risulti inferiore a 3 mq., sussiste la forte presunzione della violazione del divieto di trattamenti inumani o degradanti, la quale, alla luce della giurisprudenza della Corte EDU, può essere superata attraverso la valutazione di adeguati fattori compensativi - che si individuano nella brevità della restrizione carceraria, nell’offerta di attività in ampi spazi all’esterno della cella, nell’assenza di aspetti negativi relativi ai servizi igienici e nel decoro complessivo delle condizioni di detenzione - la cui esistenza è onere dello Stato, convenuto in giudizio, provare. Orbene, il decreto impugnato è palesemente inadeguato ed stato reso in evidente violazione dei principi sopra riassunti - si dice infatti che la cella in cui era ristretto l’A. aveva dimensioni di circa mq 16 ed era occupata da quattro-cinque detenuti, con un bagno di circa 1 metro quadro, ed era dotata di luce naturale ed artificiale, aereata e riscaldata si aggiunge che vi era un servizio docce ed era offerta la possibilità di prendere parte a varie attività ricreative, essendo inoltre garantita la permanenza al di fuori delle celle dalle 9 00 alle ore 11,15 e dalle ore 13,30 alle ore 14,50, nonché dalle ore 16,15 alle ore 18,15 - si omette però totalmente di spiegare come sia stata calcolata la superficie disponibile, il che assume particolare rilievo ove si consideri le dimensioni della cella a fronte del numero dei detenuti n essa presenti, né si comprende se le ulteriori condizioni della detenzione, meramente enunciate, siano state considerate quali adeguati fattori compensativi. 3. - Il decreto è cassato e rinviato al Tribunale di Napoli in diversa composizione, che si atterrà ai principi dianzi indicati e provvederà anche sulle spese di questo giudizio di legittimità. P.Q.M. accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia anche per le spese al Tribunale di Napoli in diversa composizione.