La perdita di tempo per spiegare che ho ragione non è risarcibile

Con la sentenza del 10 maggio 2018, n. 11244 la Terza Sezione della Corte di Cassazione, sostanzialmente, ribadisce il concetto che la perdita di tempo per spiegare che un soggetto ha ragione non è risarcibile perché deve essere tollerante.

Mancato aggiornamento e multe. L’attore aveva agito nei confronti del’ACI e del Ministero delle infrastrutture in quanto non avevano, secondo la tesi, aggiornato correttamente l’Archivio nazionale degli autoveicoli non annotando la perdita di possesso del veicolo viceversa correttamente annotata presso il PRA . E così alcuni Comuni avevano notificato sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada a quello che risultava essere il proprietario dell’autovettura in base all’Archivio. Di qui la richiesta di risarcimento dei danni da mancato aggiornamento della banca dati l’attore aveva lamentato, infatti, di essersi personalmente attivato presso gli uffici della Motorizzazione di Milano richiedendo informazioni in ordine alle annotazioni relative al veicolo e, quindi, di aver subito spese e disagi e perdite di tempo che avevano determinato un pregiudizio psichico. Si trattava di disagi logistici subiti dall’attore, il quale ha dovuto impiegare il tempo, spostamenti e impegno per cercare di chiarire la situazione con gli enti competenti . Sebbene il giudice d’Appello avesse condannato in solido i convenuti per responsabilità extracontrattuale liquidando i danni in via equitativa con l’eccezione delle spese processuali relative ai giudizi per opporsi alle sanzioni amministrative , la Suprema Corte rigetta la domanda dell’attore siccome improponibile sic! . Mero fastidio E la rigetta perché il danno non patrimoniale, pur lamentato per supposta lesione di diritti costituzionalmente protetti, a causa della applicazione di sanzioni amministrative, non è meritevole di tutela risarcitoria quando è in quadrabile, come nel caso di specie, nello sconvolgimento della quotidianità della vita, che si traduca in meri disagi, fastidi, disappunti, ansie e ogni altra espressione di insoddisfazione, costituenti conseguenze non gravi ed insuscettibili di essere monetizzate perché bagatellari . tolleranza costituzionalmente imposta. E ciò perché – secondo la Suprema Corte – indipendentemente dalla sussistenza di un comportamento illegittimo o di una colposa omissione, la supposta violazione in tema di aggiornamento degli archivi pubblici non si sottrae alla verifica della gravità della lesione” e della serietà del danno” quale perdita di natura personale effettivamente patita dall’interessato , in quanto anche per tale diritto opera il bilanciamento con il principio di solidarietà ex art. 2 Cost., di cui il principio di tolleranza della lesione minima è intrinseco precipitato . Il tempo non era denaro? Orbene, sarà pure un danno bagatellare, ma non è possibile sottostimare l’importanza di quel danno e anche l’importanza strategica di risarcire in qualche modo quel danno. Ed infatti, se il presupposto è che un fatto illecito ci sia, non è pensabile – francamente – che chi sbagli, non paghi seppure un minimo .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 21 novembre 2017 – 10 maggio 2018, n. 11244 Presidente Spirito – Relatore Positano Fatti di causa Con atto di citazione del 17 marzo 2010, S.M.M. evocava in giudizio l’Automobile Club d’Italia-A.C.I. e il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti davanti al Tribunale di Milano per sentir dichiarare la responsabilità dei convenuti lamentando la condotta omissiva colposa degli stessi nell’aggiornamento dell’archivio nazionale degli autoveicoli, tenuto presso la Direzione Generale del Dipartimento per i Trasporti, attestante lo stato giuridico del veicolo del quale l’attore aveva perduto il possesso a seguito di furto fin dal 30 maggio 2000. Lamentava che, in data 13 giugno 2000, veniva annotata la perdita di possesso del veicolo presso il PRA, ma non anche nell’Archivio nazionale degli autoveicoli. Il veicolo era stato ritrovato dai Carabinieri in data 8 settembre 2000 e successivamente aggiudicato all’asta a C.G. , il 27 marzo 2003, ma tale passaggio intermedio non risultava annotato. Sulla base di tali elementi richiedeva il risarcimento dei danni per prestazioni di assistenza legale, spese relative ai giudizi nei quali era stato oggetto di sanzioni amministrative e per tutti i disagi personali e logistici subiti. Costituitosi l’ACI rilevava di avere provveduto ad annotare tutte le vicende relative al veicolo in oggetto. Il Ministero convenuto contestava la fondatezza della domanda e il Tribunale di Milano, con sentenza del 4 maggio 2012 respingeva le pretese dell’attore, ritenendo insussistente il nesso di causalità fra il danno lamentato e la condotta dei convenuti. In particolare, l’attore non poteva pretendere a titolo di risarcimento le spese processuali poste a suo carico nei procedimenti giudiziari, mentre il mero fastidio o disagio restava estraneo all’area del danno risarcibile. Avverso tale sentenza proponeva appello S.M. e l’Automobil Club d’Italia reiterava le proprie difese. La Corte d’Appello di Milano, con sentenza del 18 agosto 2014, dichiarava gli appellati responsabili in solido dei danni subiti da S.M.M. per le errate annotazioni relative al rientro in possesso dell’auto e li condannava al pagamento della somma, equitativamente determinata, in Euro 5000, oltre al pagamento delle spese di lite. La Corte territoriale rilevava che l’A.C.I. aveva consentito l’annotazione del rientro in possesso del veicolo, a far data dall’8 settembre 2000, sulla base della dichiarazione proveniente, in data 2 dicembre 2004, non dal proprietario dei mezzo, S. , ma dal successivo aggiudicatario all’asta, C.G. divenuto proprietario solo il 6 maggio 2003. Inoltre, l’archivio nazionale dei veicoli non era stato aggiornato, per cui l’intestatario del veicolo risultava sempre S.M. con la conseguenza che se anche i Comuni che avevano emesso le sanzioni amministrative nei confronti di tale veicolo avessero consultato l’Archivio nazionale, non avrebbero individuato il reale proprietario del veicolo. Quanto al Ministero, la responsabilità risiedeva nell’omesso aggiornamento dell’archivio informatico. Sulla base della responsabilità extracontrattuale da fatto illecito liquidava i danni, ad eccezione di quelli relativi alle spese processuali rimaste a carico di S.M. pallone nei giudizi civili. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione l’A.C.I. affidandosi a cinque motivi. Resiste in giudizio, con controricorso, S.M.M L’Automobil Club d’Italia e il controricorrente depositano memorie ex art. 375 c.p.c Ragioni della decisione Con il primo motivo deduce la violazione degli articoli 2043 c.c. e 196 del Codice della strada, ai sensi dell’articolo 360, n. 3 c.p.c. rilevando che la Corte d’Appello non avrebbe correttamente valutato il disposto dell’articolo 196 citato che prevede la responsabilità dell’autore della violazione, in solido con il proprietario del veicolo, se non prova che la circolazione è avvenuta contro la sua volontà . Ipotesi questa dimostrabile attraverso l’annotazione della perdita di possesso regolarmente annotata presso il PRA. Conseguentemente, la responsabilità ricade sui Comuni che avrebbero dovuto esaminare tale registro pubblico e non l’Archivio nazionale dei veicoli, mentre resta irrilevante la circostanza che l’annotazione relativa al rientro in possesso del successivo trasferimento della proprietà sia avvenuta sulla base delle indicazioni fornite, non da S.M.M. , ma dal successivo acquirente C.G Con il secondo motivo lamenta la violazione degli articoli 2043, 2056 e 1223 c.c., e dei principi in tema di nesso di causalità e di attualità del danno, oltre alla violazione dell’articolo 112 c.p.c. e del principio di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato. In particolare, la pronuncia di condanna si fonda su una circostanza che la stessa Corte d’Appello esclude e cioè la consultazione diligente da parte dei Comuni per individuare il proprietario del veicolo. È la stessa Corte territoriale ad evidenziare che ciò non era avvenuto, in quanto i Comuni si erano limitati a consultare l’Archivio nazionale dei veicoli. È pacifico, quindi, che il fatto si è verificato perché i Comuni interessati avevano erroneamente consultato l’archivio nazionale e non il PRA. Con il terzo motivo deduce la violazione degli articoli 94 e seguenti del Codice della strada e dei principi in materia di trascrizione e degli articoli 2658 e seguenti c.c. e della legge 19 febbraio 1928, n. 510 e successive modificazioni, nonché la violazione dell’articolo 112 c.p.c. e del principio di coririspondenza tra il chiesto e il pronunciato. In particolare, il Conservatore del pubblico registro aveva l’obbligo di procedere alla trascrizione su istanza di parte e, tale soggetto, nel caso di specie era l’acquirente C.G Con il quarto motivo lamenta la violazione degli artt. 196 e 201 del Codice della strada, nonché dell’articolo 386 del Regolamento di attuazione di tale codice. La Corte territoriale ha addossato all’Aci le conseguenze dell’omissione degli enti comunali di Roma e di Mondragone, che avrebbero dovuto osservare il disposto del citato articolo 196, che prevede che la contestazione della violazione deve essere effettuata nei confronti del soggetto che risulti proprietario o titolare di un diritto sulla base dei pubblici registri. L’unico pubblico registro cui il Codice della strada fa riferimento è il PRA, certamente non consultato dai Comuni. Inoltre, il Regolamento di attuazione del Codice della strada prevede che colui che risulti intestatario del certificato di proprietà e destinatario di una sanzione debba informare il Comando procedente che non è proprietario del veicolo. Se l’attore si fosse attivato avrebbe potuto agevolmente evitare le conseguenze negative lamentate. Con il quinto motivo deduce la violazione dell’articolo 2043 c.c. sotto il profilo del risarcimento per pregiudizio bagatellare e difetto di motivazione su un punto decisivo della controversia. La Corte territoriale avrebbe riconosciuto H risarcimento di un danno espressamente escluso dalla giurisprudenza della Suprema Corte, trattandosi di pregiudizio futile e irrisorio, causato da condotte prive del requisito della gravità. Sulla base del criterio della ragione più liquida è opportuno prendere in esame tale ultima doglianza con la quale parte ricorrente deduce la non risarcibilità del pregiudizio lamentato dall’attore, trattandosi di danno futile o irrisorio, in quanto causato da una condotta priva del requisito della gravità. Il motivo è fondato. Cori l’atto di citazione S.M. ha dedotto che, a seguito delle vicende esposte in narrativa, gli erano stati notificati numerosi verbali di accertamenti di infrazioni al codice della strada e successive cartelle esattoriali e che lo stesso si era attivato personalmente presso gli uffici della Motorizzazione di Milano richiedendo informazioni in ordine alle annotazioni relative al veicolo. A seguito dell’attività profusa personalmente per informarsi e chiarire la propria posizione presso gli uffici pubblici, l’attore aveva subito spese e disagi e perdita di tempo che avevano determinato un pregiudizio psichico. Questa Corte di legittimità, in più occasioni, ha avuto modo di precisare che il danno non patrimoniale, pur lamentato per supposta lesione di diritti costituzionalmente protetti, a causa della applicazione di sanzioni amministrative, non è meritevole di tutela risarcitoria quando è inquadrabile, come nel caso di specie, nello sconvolgimento della quotidianità della vita, che si traduca in meri disagi, fastidi, disappunti, ansie e ogni altra espressione di insoddisfazione, costituenti conseguenze non gravi ed insuscettibili di essere monetizzate perché bagatellari Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 2370 del 04/02/2014, Rv 629712 - 01 . Indipendentemente dalla sussistenza di un comportamento illegittimo o di una colposa omissione, la supposta violazione delle disposizioni in tema di aggiornamento degli archivi pubblici non si sottrae alla verifica della gravità della lesione e della serietà del danno quale perdita di natura personale effettivamente patita dall’interessato , in quanto anche per tale diritto opera il bilanciamento con il principio di solidarietà ex art. 2 Cost., di cui il principio di tolleranza della lesione minima è intrinseco precipitato, sicché determina una lesione ingiustificabile del diritto non la mera violazione delle prescrizioni poste dalle norme citate anche dalla parte ricorrente, ma solo quella che ne offenda in modo sensibile la sua portata effettiva. Nel caso di specie, peraltro, la domanda ha trovato accoglimento, non già per esborsi concretamente sostenuti e documentati e neppure, in ciò confermando la decisione di primo grado, delle spese legali sostenute nei procedimenti indicati dallo S. , ma in via del tutto equitativa, con riferimento ai disagi logistici subiti dall’attore, il quale ha dovuto impiegare il tempo, spostamenti e impegno per cercare di chiarire la situazione con gli enti competenti. L’accoglimento del quinto motivo comporta l’assorbimento delle precedenti censure. La sentenza va cassata senza rinvio in quanto la causa non poteva essere proposta ai sensi dell’art. 382 terzo comma c.p.c. Le spese del presente giudizio di cassazione - liquidate nella misura indicata in dispositivo seguono la soccombenza e vanno poste a carico del controricorrente. P.T.M. La Corte accoglie il quinto motivo di ricorso dichiara assorbiti gli altri motivi cassa la sentenza impugnata senza rinvio e condanna il controricorrente al pagamento delle spese in favore del ricorrente, liquidandole in Euro 5.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.