La liquidazione del danno esistenziale è già compresa in quella dei danni non patrimoniali

La liquidazione di una ulteriore posta di danno, quale quello esistenziale, comporterebbe una duplicazione risarcitoria.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 12985/2013, depositata il 24 maggio scorso. Il caso. In un sinistro stradale in cui venivano coinvolti un autocarro, che si immetteva nella circolazione uscendo da un parcheggio privato, e un’autovettura aziendale, un minore, passeggero di quest’ultimo veicolo, riportava gravi lesioni con postumi di natura permanente. I genitori del ragazzo, quindi, chiedevano al Tribunale di condannare al risarcimento danni la società proprietaria dell’auto, i conducenti dei due veicoli e le rispettive assicurazioni. Danno morale Dopo il riconoscimento di quasi 70mila euro di risarcimento per il minore e di 1.800 per i due genitori, gli stessi propongono appello, ottenendo altri 22mila euro oltre interessi legali. Ma la cifra, secondo i due, non è ancora sufficiente, per questo propongono ricorso per cassazione. Agli Ermellini viene chiesto, in primis , il riconoscimento del danno morale patito dai due genitori, che non viene riconosciuto perché la domanda si presenta come nuova ed inammissibile. e il danno esistenziale? Altro danno di cui si chiede il riconoscimento - questo già negato dai giudici di merito – è quello esistenziale. Tuttavia, la S.C. non ritiene meritevole di accoglimento nemmeno questo motivo. Il risarcimento dei danni non patrimoniali comprende anche il danno esistenziale. Secondo un recente orientamento delle Sezioni Unite n. 26972/2008 , infatti, non è ammissibile nel nostro ordinamento l’autonoma categoria di danno esistenziale, inteso quale pregiudizio alle attività non remunerative della persona . Questo perché – spiega la Corte – i pregiudizi scaturenti dalla lesione di interessi della persona di rango costituzionale, ovvero derivanti da fatti-reato, sono già risarcibili ai sensi dell’art. 2059 c.c. danni non patrimoniali di conseguenza, la liquidazione di una ulteriore posta di danno comporterebbe una duplicazione risarcitoria . Inoltre – concludono i giudici di Cassazione – nel caso in cui nel danno esistenziale si volesse includere i pregiudizi non lesivi di diritti inviolabili della persona, tale categoria sarebbe del tutto illegittima, posto che simili pregiudizi sono irrisarcibili , visto il divieto ex art. 2059 c.c

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 10 aprile – 24 maggio 2013, n. 12985 Presidente Massera – Relatore Carleo Svolgimento del processo Con citazione notificata in data 1-3/6/94, V.P. e D.A.C. convenivano in giudizio la VIS UNO srl, L.L. , Lloyd Adriatico assicurazioni spa, G F. e la SAI Società Assicuratrice Industriale spa, innanzi al Tribunale di Roma, per sentirli condannare al risarcimento dei danni che, in proprio e nella qualità di genitori del figlio minore L. , avevano subito il ., in località omissis , a seguito di un sinistro stradale. Esponevano che il giorno dell'incidente L V. , in qualità di trasportato, viaggiava sull'autovettura Peugeot tg omissis di proprietà delle VIS Uno srl, guidata da L L. che percorreva la strada provinciale omissis con direzione ., quando, all'altezza del km 7,500, la vettura veniva in collisione con l'autocarro OM tg omissis , di proprietà e guidato da F.G. il quale, uscendo dal parcheggio privato omissis si immetteva nella circolazione stradale che nell'incidente il minore aveva riportato gravi lesioni con postumi di natura permanente. Si costituiva in giudizio la SAI, compagnia di assicurazione della rea dell'autocarro OM, rilevando che il sinistro era stato provocato dalla responsabilità concorsuale di entrambi i conducenti dei veicoli coinvolti. Si costituiva altresì la Lloyd, sostenendo che la maggiore responsabilità era invece da attribuirsi al conducente dell'autocarro, il quale, immettendosi nella circolazione stradale, non aveva concesso la precedenza all'autovettura che stava sopraggiungendo. Nel corso dell'istruttoria veniva disposta consulenza medico legale sulla persona del minore, acquisito il rapporto redatto dalla Polizia stradale, espletato l'interrogatorio formale dei conducenti. A seguito dell'istituzione delle sezioni stralcio, la causa era assegnata ad un Goa ed all'udienza del 7/1/2002 era assunta in decisione. Con sentenza n. 29762/02, il Tribunale dichiarava la responsabilità di entrambi i conducenti, quantificando quella del F. nel 70% e quella del L. nel 30% condannava in solido tutti i convenuti al risarcimento della somma di Euro 69.110,53 in favore del minore e di Euro 1.804,03 in favore dei genitori. Avverso tale decisione proponevano appello L V. , C D.A. e V.P. . Si costituivano entrambe le compagnie di assicurazione, chiedendo il rigetto dell'appello e la conferma della sentenza di primo grado. Rimanevano contumaci gli altri appellati, nonostante la rituale notifica dell'atto di appello. In esito al giudizio la Corte di Appello di Roma con sentenza depositata in data 6 luglio 2007, in parziale riforma della sentenza impugnata, condannava in solido VIS UNO, L L. , G F. , Lloyd Adriatico Assicurazioni e la Fondiaria Sai al pagamento, in favore di V.L. , dell'ulteriore somma di Euro 22.157,44 oltre interessi legali, rigettando nel resto e provvedendo al governo delle spese. Avverso la detta sentenza V.P. e D.A.C. hanno quindi proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi, illustrato da memoria. Motivi della decisione Con la prima doglianza, deducendo la violazione e la falsa applicazione dell'art. 2059 cc, parte ricorrente ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di Appello, nonostante la domanda di danni non patrimoniali, non avrebbe operato la verifica e l'accertamento degli estremi di reato per la liquidazione del danno morale in favore dei genitori di un minore politraumatizzato da un sinistro comportante lesioni gravissime. Con la seconda doglianza, deducendo la violazione e la falsa applicazione dell'art. 2697 cc, parte ricorrente ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di Appello ha ritenuto il difetto di prova in ordine ai danni non patrimoniali, trascurando che nella specie vi era una immedesimazione quasi assoluta fra fatto costitutivo della domanda di danno non patrimoniale e prova dello stesso ed era possibile il riconoscimento del danno morale. Entrambe le doglianze, che vanno esaminate congiuntamente in quanto sia pure sotto diversi ed articolati profili, prospettano ragioni di censura connesse tra loro, riguardanti la mancata attribuzione del danno morale, sono inammissibili per difetto di correlazione con la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale è fondata sulla considerazione che in primo grado gli attori non avevano mai chiesto l'attribuzione del danno morale patito in proprio, quali genitori della vittima. Conseguentemente così continua la Corte il Tribunale non aveva omesso alcuna valutazione e la relativa domanda, proposta per la prima volta in appello, si presentava ora nuova ed inammissibile v. pag. 9 della decisione impugnata . Tutto ciò considerato, appare evidente come le censure proposte eludano il punto nodale della pronunzia e non siano correlate con la ratio decidendi della decisione impugnata, fondata vale la pena di ribadirlo sulla novità e conseguente inammissibilità della domanda di riconoscimento del danno morale agli attori, in proprio quali genitori, difettando della necessaria specificità, attesa la loro non riferibilità alle ragioni poste a base della sentenza. Ed è appena il caso di osservare che le ragioni di gravame, per risultare idonee a contrastare le ragioni della decisione, devono correlarsi con le stesse, in modo che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata risultino contrapposte quelle dell'impugnante, volte ad incrinare il fondamento logico-giuridico delle prime. Ne deriva l'inammissibilità delle due censure. Passando infine alla terza doglianza, va rilevato che con tale censura, deducendo la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1223 e 2059 cc, parte ricorrente ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di Appello ha ritenuto di non riconoscere il danno esistenziale, inteso come modifica delle loro abitudini e delle loro normali attività socio-economiche. La doglianza non merita di essere accolta, alla luce del recente orientamento delle Sezioni Unite di questa Corte, le quali hanno statuito che non è ammissibile nel nostro ordinamento l'autonoma categoria di danno esistenziale , inteso quale pregiudizio alle attività non remunerative della persona, atteso che ove in essa si ricomprendano i pregiudizi scaturenti dalla lesione di interessi della persona di rango costituzionale, ovvero derivanti da fatti-reato, essi sono già risarcibili ai sensi dell'art. 2059 cod. civ., interpretato in modo conforme a Costituzione, con la conseguenza che la liquidazione di una ulteriore posta di danno comporterebbe una duplicazione risarcitoria ove nel danno esistenziale si intendesse includere pregiudizi non lesivi di diritti inviolabili della persona, tale categoria sarebbe del tutto illegittima, posto che simili pregiudizi sono irrisarcibili, in virtù del divieto di cui all'art. 2059 cod. civ. Sez. Un. n. 26972/08 . Ne deriva l'infondatezza della doglianza. Considerato che la sentenza impugnata appare esente dalle censure dedotte, ne consegue che il ricorso per cassazione in esame, siccome infondato, deve essere rigettato, senza che occorra provvedere sulle spese in quanto le parti vittoriose, non essendosi costituite, non ne hanno sopportate. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.