Da carabiniere a impiegato a causa di un incidente: la mortificazione della vocazione all’Arma non può essere risarcita

Nessun riconoscimento degli effetti patrimoniali subiti per la perdita di capacità lavorativa specifica e di chances. Nonostante la diversa retribuzione ottenuta come dipendente del Ministero della Difesa e nonostante l’auspicio di una carriera nell’Arma, secondo i giudici è assolutamente impossibile ipotizzare l’esistenza di un danno.

Più che un lavoro, praticamente una ‘missione’. Bruscamente interrotta da un brutto incidente stradale. Ma il carabiniere, congedato dall’Arma proprio a causa della invalidità permanente provocata dall’incidente e costretto a ripiegare su una carriera meno appagante, non può rivendicare, per questo, il diritto a un risarcimento più corposo alla luce della ipotetica perdita di chances Cassazione, sentenza n. 1875, Terza sezione Civile, depositata oggi . Ripiego. Come può cambiare la vita Pochi secondi e un percorso viene completamente stravolto! Esemplare la vicenda vissuta da un carabiniere, obbligato a rinunciare all’Arma a causa dell’invalidità permanente provocatagli da un incidente stradale soluzione di ripiego, dal punto di vista professionale, la ricollocazione nel Ministero della Difesa. Ad avviso dell’oramai ex carabiniere, però, quella drammatica giornata, la giornata dell’incidente, non solo gli ha ‘donato’ lesioni gravi e permanenti, ma anche danni patrimoniali enormi, soprattutto tenendo presente lucro cessante da perdita della capacità lavorativa specifica e perdita di chances . Ma questa visione viene respinta dai giudici che, sia in primo che in secondo grado, riconoscono sì il risarcimento all’uomo, ma in maniera limitata. Guadagno . Eppure sullo stesso tasto batte, anche in Cassazione, nuovamente l’ex carabiniere, sottolineando che a seguito delle lesioni subite nell’incidente, egli è stato prematuramente congedato dall’Arma , e, quindi, avrebbe perduto la capacità lavorativa specifica, nonché il trattamento economico connesso . E, aggiunge ancora l’uomo, il fatto che egli sia stato assunto quale dipendente nei ruoli civili del Ministero della Difesa è non rilevante . Ma quest’ultimo passaggio non viene condiviso dai giudici di terzo grado, i quali, mostrando di condividere le valutazioni già compiute in Appello, ribadiscono che non esiste, in quanto tale, il danno patrimoniale lamentato, perché la capacità di guadagno è intatta, essendo in atto la prova della inesistenza del danno. Infatti, la perdita della capacità lavorativa specifica può essere risarcita dal punto di vista del danno patrimoniale se un tale danno produca in questa vicenda, non può essere ritenuto decisivo il fatto che la diversa attività impiegatizia fosse diversamente retribuita , dunque, il danno lamentato non esiste . Per maggiore chiarezza, poi, i giudici spiegano che non è stato provato che l’alternativa possibilità di lavoro, che per legge è stata offerta, abbia avuto una incidenza negativa, tenuto conto che l’essere stato assunto nei ruoli civili del Ministero della Difesa non ha determinato alcun danno concreto . E senza dubbio non può essere decisivo l’ insistere sulla vocazione da carabiniere, che gli sarebbe stata preclusa dall’incidente, senza portare indizi presuntivi circa la realizzazione in concreto di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato ed impedito dalla altrui condotta illecita .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 15 novembre 2012 – 28 gennaio 2013, n. 1875 Presidente Trifone – Relatore Uccella Svolgimento del processo In data 2 ottobre 2007 il Tribunale di Torino accoglieva in parte la domanda proposta da C. C. nei confronti della s.n.c. B. A. M. e S., B. S. e s.p.a. Reale Mutua Assicurazioni s.p.a., nelle rispettive qualità di proprietaria, di conducente ed assicuratore per la RCA dell'autovettura Punto tg. , che, venendo a collisione in data 8 novembre 1998 con l'autovettura di sua proprietà e da lui condotta, gli aveva procurato gravi lesioni. Su gravame del C., che insisteva per il riconoscimento del danno patrimoniale ed esistenziale, negatigli dal primo giudice, la Corte di Appello di Torino in data 17 settembre 2009 ha accolto in parte l'appello e regolava le spese del giudizio dei due gradi del giudizio, compensandole al 50%. Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione il C., affidandosi ad un unico articolato motivo. Resiste con controricorso la Società Reale Mutua Assicurazioni. Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva. Motivi della decisione 1. con l’unico motivo erronea valutazione dei fatti e violazione degli artt. 1223, 1227, 2043 c.c. 183 e 229 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c. il ricorrente lamenta che erroneamente gli sia stata respinta la domanda risarcitoria relativa al danno patrimoniale portato dal lucro cessante da perdita della Capacità lavorativa specifica p. 13 ricorso e, quindi, la sua perdita di chances p. 14 ricorso . Assume il ricorrente che, a seguito delle lesioni personali subite nell’incidente, egli è stato prematuramente congedato dall'Arma dei Carabinieri, perché il danno da invalidità permanente, accertato anche dal CTU era pari all’11-12%. Infatti, il danno risarcito dovrebbe comprendere la perdita subita dal creditore, come il mancato guadagno nelle sue due caratteristiche di danno emergente e lucro cessante. A conforto del suo assunto riporta l’orientamento di questa Corte, anche relativamente recente, secondo il quale il danno da invalidità permanente deve essere accertato in modo concreto attraverso la dimostrazione che il soggetto leso potesse svolgere presumibilmente in futuro una attività lavorativa produttiva di reddito p. 20 ricorso . In altri termini, essendo egli, al momento del sinistro subito, carabiniere scelto avrebbe perduta la capacità specifica nonche la perdita del trattamento economico connesso p. 21 ricorso . Il fatto che egli sia stato assunto quale dipendente nei ruoli civili del Ministero della Difesa, ai sensi dell’art. 5 della legge n. 266/98, non sarebbe rilevante per il semplice motivo che le lesioni subite avrebbero dovuto essere totalmente risarcite, anche attraverso una CTU contabile, pure invocata, con ricalcolo del danno patrimoniale liquidato p. 29 ricorso . 2. Osserva il collegio che la censura va disattesa. In linea di principio va ribadito l’orientamento ormai consolidato di questa Corte, secondo il quale se i danni da perdita di ciance siano da ritenersi come concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene, il creditore ha comunque l'onere di provare, pur se in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità la realizzazione in concreto di alcuni presupposti per il raggiungimento del risultato sperato ed impedito dalla condotta illecita della quale il danno risarcibile deve essere conseguenza immediata e diretta Cass. n. 1752/05 Cass. n. 21544/08 . Così evidenziato il principio di diritto applicabile nel caso in esame, va detto ce è sufficiente leggere la sentenza impugnata nella quale il giudice a quo ha avuto modo di affermare che non esiste, in quanto tale, il danno patrimoniale lamentato perché la capacità di guadagno è intatta, essendo in atto la prova della inesistenza del danno”. Infatti, la perdita della capacità lavorativa specifica può essere risarcita dal punto di vista del danno patrimoniale se un tale danno produca. Non consta, però che la diversa attività impiegatizia offerta al C. fosse diversamente retribuita e, dunque, il danno lamentato non esiste. Del resto, la invocata CTU contabile effettivamente si sarebbe rivelata inutile per il motivo per cui fu richiesta – determinare i futuri sviluppi di carriera del C. nell’Arma dei Carabinieri -, ma a parte l’aleatorietà di una simile valutazione, non avrebbe potuto individuare alcuna carriera economicamente equivalente che il C. avrebbe avuto diritto a svolgere, senza trascurare che lo stesso vi ha rinunciato. La censura, quindi, non può essere condivisa sotto il profilo della violazione di legge, che non è rinvenibile perché la richiesta di perdita di ciance è stata valutata, ma è stata ritenuta non accoglibile per assoluta inesistenza del danno in concreto, non essendo stato provato, nemmeno per presunzioni, che l’alternativa possibilità di lavoro, che per legge è stata offerta, abbia avuto un’incidenza negativa, tenuto conto che l’essere stato assunto nei ruoli civili del Ministero della Difesa non ha determinato alcun danno concreto. Del resto, lo stesso ricorrente, come icasticamente precisa il giudice dell’appello, fonda la sua censura sull’equazione C. non può fare più il carabiniere, ergo gli spetta la retribuzione di carabiniere a vita, non rilevando cos’altro faccia e possa fare” p. 5 sentenza impugnata . E’ evidente, quindi, che tutta la giurisprudenza di questa Corte che a più riprese il C. riporta non si attaglia affatto al caso in esame. Ma vi è di più. La censura va disattesa anche sotto il profilo del vizio motivazionale, così come proposto. Infatti, non solo non si rinviene alcun vizio logico nell’iter argomentativo seguito dal giudice a quo, ma il ricorrente trascura di porre in rilievo nella censura che egli ha rinunciato ad una carriera economicamente equivalente v. p. 5 sentenza impugnata . In realtà, al di là dell’insistere sulla vocazione da carabiniere, che gli sarebbe stata preclusa dal sinistro, il C., come già precisato, non ha allegato alcun indizio presuntivo circa la realizzazione in concreto di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato ed impedito dalla altrui condotta illecita, di cui il danno risarcibile è conseguenza immediata e diretta Cass. n. 16877/08 . Conclusivamente, il ricorso va respinto e le spese, che seguono la soccombenza, vanno liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in euro 6.100/00, di cui euro 200 per spese, oltre accessori di legge.