Ragazzo si sporge dal finestrino, impatto col palo della luce: responsabilità addossabile al guidatore

Rimessa in discussione l’intera vicenda, chiusa, invece, sia in primo che in secondo grado col rigetto della richiesta di risarcimento avanzata dalla madre. Alla luce della dinamica il guidatore non ha dimostrato di aver fatto tutto il possibile per evitare il drammatico episodio. E già aver lasciato il passeggero senza cinture di sicurezza comporta un coinvolgimento

Tutto in pochissimi secondi il ragazzo che si sporge, all’improvviso, dal finestrino il guidatore che prova a richiamarlo dentro l’impatto del minore con un palo dell’illuminazione, collocato fuori dal marciapiede e, quindi, più vicino alla strada. Evidente il concorso di fattori differenti, attribuibili rispettivamente sia alla persona del conducente che a quella del passeggero, ma le azioni compiute dal guidatore non sono bastevoli per evitare un addebito di responsabilità legittimo, quindi, l’onere del risarcimento Cassazione, sentenza numero 7533, Terza sezione Civile, depositata oggi . Pochi secondi Per i giudici di primo e secondo grado, però, la posizione del guidatore era da considerare salva non a caso, la richiesta di risarcimento, avanzata dalla mamma del minore, era stata ritenuta non fondata. Per una ragione semplicissima, legata alla ricostruzione dell’episodio le ipotetiche azioni che avrebbe potuto compiere il guidatore – come, ad esempio, arrestare la vettura, oppure spostare la corsa dell’automobile verso il centro della carreggiata – non sarebbero servite, comunque, ad evitare il drammatico impatto. Per essere ancora più chiari, secondo i giudici di Appello, in particolare, imprevedibilità e repentinità della condotta del minore e brevissimo lasso temporale fra l’uscita dall’abitacolo e la collisione non erano sufficienti a permette al guidatore di ritrarre il ragazzo all’interno dell’autovettura . Responsabilità possibile. Ma proprio l’ottica proposta in Appello è contestata, su tutta la linea, dal legale che rappresenta la madre del minore non a caso, il ricorso in Cassazione è centrato sul ‘peso’ da attribuire alle azioni, sia quelle compiute che quelle non compiute, del conducente. Con riferimenti sparsi, come quello alle manovre non poste in essere per evitare al ragazzo lo scontro con il palo dell’illuminazione, o, ancora, a quello relativo all’aver consentito al passeggero di non allacciare le cinture di sicurezza. Ebbene, per i giudici di Cassazione le valutazioni compiute in secondo grado prestano il fianco a critiche precise. Quadro di riferimento è la circolazione dell’autoveicolo in condizioni di insicurezza stradale – concretizzata, in questo caso, dalla presenza del passeggero senza cinture di sicurezza – ricollegabile anche alla responsabilità del conducente, con conseguenti accettazione dei relativi rischi e cooperazione nel fatto colposo . Entrando nei dettagli della vicenda, alla luce del mancato uso delle cinture di sicurezza da parte del passeggero, non poteva escludersi il nesso di causalità tra l’omissione del conducente e l’evento lesivo subito dal passeggero, proprio perché le cinture di sicurezza avrebbero impedito al passeggero di sporgersi dal finestrino . E, ancora, la prova liberatoria , ossia aver fatto tutto il possibile per evitare il danno , non era stata ‘portata’ dal conducente, soprattutto tenendo presenti gli spazi e i tempi a disposizione, che gli avrebbero permesso di allontanarsi dal margine destro, senza invadere l’altra corsia . Per i giudici di Cassazione, quindi, è assolutamente possibile addebitare al conducente una corresponsabilità per il drammatico impatto, con conseguente spazio per valutare ed eventualmente accogliere la domanda di risarcimento avanzata dalla madre del minore.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 2 aprile – 15 maggio 2012, n. 7533 Presidente Massera – Relatore d’Amico Svolgimento del processo M.B., nella sua qualità di tutore del figlio C.B. convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Treviso, A.D.M., la s.r.l. D.M. Assicurazioni e la s.p.a. W. Assicurazioni per ottenerne la condanna solidale al risarcimento dei danni subiti dal figlio a causa di un sinistro del quale attribuiva la responsabilità al medesimo A.D.M., conducente dell’autovettura sulla quale lo stesso C.B. viaggiava in qualità di trasportato. Si costituivano i convenuti deducendo che la condotta del danneggiato era stata causa esclusiva dell’accaduto, in quanto C.B. si era sporto con tutto il busto fuori dal veicolo sul quale era trasportato. Il Tribunale rigettava la domanda attrice. La Corte d’Appello confermava la sentenza di primo grado. Propone ricorso per cassazione M.B., con tre motivi e presenta memoria. Gli intimati non svolgono attività difensiva. Motivi della decisione Con il primo motivo si denuncia Violazione o falsa applicazione delle norme ex 360, n. 3, c.p.c. con riferimento agli artt. 2054, 1° comma, c.c. e 41 c.p. violazione dell’ art. 360 n. 5 c.p.c. per contraddittoria motivazione. Secondo parte ricorrente la Corte d’ Appello, prima di valutare se l’azione omessa il non avere arrestato il veicolo o il non aver deviato verso il centro della strada oppure, ancor prima, il non aver imposto l’uso delle cinture di sicurezza fu effettivamente idonea ad impedire l’evento e quindi l’urto del B. contro il palo avrebbe dovuto chiedersi se l’azione che ci si sarebbe potuta attendere dal conducente sarebbe stata di per sé idonea ad impedire l’evento. A questa stregua la Corte avrebbe dovuto prima valutare l’esistenza del nesso causale tra l’omissione e l’evento e poi considerare se fosse stata sussistente una idonea prova liberatoria in termini di prevedibilità ed evitabilità dell’evento stesso. Con il secondo motivo si lamenta Violazione o falsa applicazione delle norme ex 360, n. 3, c.p.c., con riferimento agli artt. 2054, 1° comma, c.c. e 169 c.d.s. violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. per contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, riguardante il tempo trascorso dalla percezione del pericolo da parte del D.M. e l’evento, e dunque riguardante la possibilità di porre in essere manovre eversive erroneo superamento della presunzione di responsabilità di cui all’art. 2054, 1° comma, c.c. . Secondo parte ricorrente la Corte ha falsamente applicato il primo comma dell’art. 2054 c.c. ed ha violato l’art. 169 del codice della strada ritenendo, in maniera del tutto erronea e con motivazione contraddittoria, superata la presunzione dello stesso art. 2054 c.c. Con il terzo motivo si denuncia Violazione o falsa applicazione delle norme ex 360, n. 3 c.p.c. con riferimento agli e artt. 116 c.p.c. e 2733 c.c. violazione dell’art. 360, n. 5 c.p.c. per omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, riguardante il valore probatorio della confessione resa dal convenuto D.M. Secondo parte ricorrente la Corte ha completamente omesso di attribuire alla confessione del D.M. il giusto valore di prova legale di prova legale valorizzando invece le testimonianze, ma omettendo completamente ogni riferimento al valore confessorio delle dichiarazioni rese dal D.M. in sede di interrogatorio formale. I tre motivi, che per la loro stretta connessione devono essere congiuntamente esaminati, sono fondati. Qualora infatti la messa in circolazione dell’autoveicolo in condizioni di insicurezza e tale è la circolazione senza che il trasportato abbia allacciato le cinture di sicurezza , sia ricollegabile all’azione od omissione non solo del trasportato, ma anche del conducente che prima di iniziare e proseguire la marcia deve controllare che essa avvenga in conformità della normali norme di prudenza e sicurezza , fra costoro si è formato il consenso alla circolazione medesima con consapevole partecipazione di ciascuno alla condotta colposa dell’altro ed accettazione dei relativi rischi pertanto si verifica un’ipotesi di cooperazione nel fatto colposo, cioè di cooperazione nell’azione produttiva dell’evento diversa da quella in cui distinti fatti colposi convergano autonomamente nella produzione dell’evento . In tale situazione, deve ritenersi risarcibile, a carico del conducente del suddetto veicolo e secondo la normativa generale degli artt. 2043, 2056, 1227 c.c., anche il pregiudizio all’integrità fisica che il trasportato abbia subito in conseguenza dell’incidente, tenuto conto che il comportamento dello stesso, nell’ambito dell’indicata cooperazione, non può valere ad interrompere il nesso causale tra la condotta del conducente ed il danno, né ad integrare un valido consenso alla lesione ricevuta, vertendosi in materia di diritti indisponibili Cass., 11 marzo 2004, n. 4993 . Nel caso in esame la Corte d’Appello, dopo aver accertato il mancato uso delle cinture di sicurezza da parte del B., non poteva escludere il nesso di causalità tra l’omissione del conducente e l’evento lesivo subito dello stesso B. L’uso della cintura avrebbe infatti impedito a quest’ultimo di sporgersi dal finestrino e di subire il relativo danno. La corte territoriale ha poi ritenuto che sia l’imprevedibilità e la repentinità della condotta di C.B., sia il brevissimo lasso temporale intercorso fra l’uscita dall’abitacolo e la collisione erano insufficienti a consentire al Q. di ritrarre il ragazzo all’interno dell’auto. Tale circostanza per la Corte è decisiva considerando il fatto che il conducente della vettura, una volta intimato al trasportato di rientrare nell’abitacolo poteva aspettarsi un ravvedimento dello stesso. La motivazione non può essere condivisa in quanto illogica e contraddittoria poiché esclude la responsabilità del conducente ritenendo che egli abbia fornito la prova liberatoria di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno. Nella fattispecie in esame invece l’ampiezza della carreggiata era tale da consentire al conducente di allontanarsi dal margine destro senza invadere l’altra corsia. Inoltre dalla dichiarazione confessoria riportata dal convenuto D.M. risulta che egli aveva visto sporgersi dal finestrino C.B. e lo aveva richiamato dopo, guardando la strada aveva notato il palo dell’illuminazione collocato fuori dal marciapiedi ad una distanza inferiore a 300 metri. In questo margine di tempo era possibile sterzare a sinistra o comunque mettere in atto una manovra d’emergenza per evitare l’impatto. In conclusione, per tutte le ragioni che precedono, il ricorso deve essere accolto con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza e rinvio alla Corte d’Appello di Venezia che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese nel giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa e rinvia alla Corte d’Appello di Venezia in diversa composizione, anche per le stese del giudizio in cassazione.