Per il danno non patrimoniale vanno prese in considerazione le tabelle alla data di liquidazione

Le sentenze quadrigemellari sul danno non patrimoniale del 2008 nn. 26972/08 e ss. hanno evidentemente costretto a una revisione delle tabelle di liquidazione, che si sono dovute uniformare ai criteri dettati nelle predette pronunce in tema di danno non patrimoniale onnicomprensivo. Così le differenze, applicando allo stesso evento le tabelle ante o post 2008, possono essere molto ampie, e ciò anche nell'eventualità che le prime vengano rivalutate.

Il punto è al centro della sentenza n. 7272, depositata in cancelleria il giorno 11 maggio 2012. La vicenda. Il caso che giunge all'attenzione degli Ermellini trae spunto da una vicenda processuale relativa alla richiesta di risarcimento per la morte di una figlia/sorella. La Corte d'Appello aveva liquidato il danno sulla base delle tabelle in uso nel foro alla data della sentenza di primo grado, e su tali somme dichiarando poi la necessità di applicare la rivalutazione monetaria. I danneggiati chiedono invece l'applicazione delle tabelle post 2008 la sentenza di secondo grado è stata depositata nel 2009 . L'altro aspetto è quello relativo, nel caso in cui il risarcimento venga quantificato, al limite massimo entro cui condannare se rivalutato sino alla sentenza di primo grado ovvero di secondo . Rivalutazione monetaria. La Terza Sezione della Cassazione anzitutto ribadisce l'affermazione della rivalutazione monetaria come funzione di integrale ristoro del danno per equivalente tenendo conto del tempo trascorso per la sua liquidazione . Conseguentemente afferma che il giudice di appello avrebbe dovuto considerare, come limite per la condanna, le somme richieste dagli attori e poi rivalutate sino alla liquidazione definitiva ovvero la sentenza di secondo grado e non fermandosi alla data della sentenza di primo grado. Inoltre, dovendosi per l'appunto fare riferimento a tale, successivo momento, lo stesso criterio vale anche per l'adozione delle tabelle. Aggiornamento delle tabelle. D'altra parte viene anche chiarito il rapporto tra rivalutazione e aggiornamento delle tabelle che capita, nella pratica quotidiana, che vengano confuse l'aggiornamento in riferimento alle variazioni del costo della vita accertate dall'I.S.T.A.T., che pure viene fatto in ambito nazionale con riguardo alle tabelle di liquidazione del danno comunemente adoperate, è operazione che può essere compiuta, volta per volta, anche dal giudice di merito essa è tuttavia cosa diversa sia dall'individuazione di criteri generali atti a consentire un ristoro del danno quanto più equo possibile in una situazione tipica predeterminata, sia dalla personalizzazione del risarcimento con riguardo al caso concreto . Danno patrimoniale da perdita degli alimenti. Infine, per quanto riguarda il danno patrimoniale da perdita degli alimenti, viene ribadito il principio che la perdita deve essere provata secondo criteri non meramente ipotetici bensì ragionevolmente probabilistici.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 2 aprile – 11 maggio 2012, n. 7272 Presidente Massera – Relatore Barreca Svolgimento del processo 1.- Con la decisione ora impugnata, pubblicata il 17 luglio 2009, la Corte d'Appello di Firenze ha accolto parzialmente l'appello principale proposto da M S. ved. M. , M.D. e M. , nonché l'appello incidentale proposto da Lloyd Adriatico s.p.a., avverso la sentenza del Tribunale di Pistoia del 30.9/21.11.2003, la quale aveva liquidato in loro favore, in conseguenza delle lesioni e della morte di M.C. , rispettivamente loro figlia e sorella, a seguito di incidente stradale causato da E D. , assicurato presso Lloyd Adriatico s.p.a., le seguenti voci di danno - danno biologico iure hereditatis in Euro 15.000,00 - danno morale in favore della madre, in Euro 82.500,00 ed in favore di ciascuno di fratelli in Euro 27.500,00 - esborsi Euro 4.000,00. 2.- Proposti tre motivi di appello principale da parte degli attori, e costituitasi in appello la convenuta Lloyd Adriatico s.p.a., con proposizione da parte sua di un motivo di appello incidentale, in relazione alla liquidazione del danno biologico iure hereditatis , la Corte d'Appello di Firenze ha accolto il primo motivo dell'appello principale, liquidando per il danno non patrimoniale, ritenendo in questo compresi il pregiudizio derivante dalla lesione all'integrità della famiglia ed il ed, danno morale, le seguenti somme, calcolate secondo i criteri tabellari applicati al tempo della sentenza di primo grado alla madre la somma di Euro 140.000,00 ed in favore di ciascuno dei fratelli la somma di Euro 60.000,00, oltre rivalutazione della differenza fra quanto liquidato dal Tribunale e tali ultimi importi, fino alla data della sentenza, ed interessi legali dalla medesima decorrenza al saldo. La Corte d'Appello ha rigettato il motivo d'appello concernente la mancata liquidazione del danno patrimoniale, ritenendo corretta la sentenza di primo grado che ne aveva ritenuto il difetto di prova. Ha altresì rigettato il terzo motivo dell'appello principale ed accolto invece parzialmente il motivo del ricorso incidentale, relativi al danno biologico iure hereditatis , ritenendo equa la liquidazione corrispondente all'importo di Euro 50,00 al giorno, relativo all'invalidità temporanea, moltiplicato per quindici volte, così riducendo ad Euro 2.250,00 la liquidazione fatta dal giudice di primo grado. 3.- Avverso la sentenza della Corte d'Appello di Firenze, S.M. , M.M. e D. , propongono ricorso per cassazione affidato a due motivi. Resiste con controricorso Allianz S.p.A. già S.p.A. R.A.S., conferitaria dell'azienda di Lloyd Adriatico S.p.A. . Y Non si è difeso l'intimato D. . Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 cod. proc. civ Motivi della decisione 1.- Col primo motivo di ricorso si denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2056, 2059, 1226 cod. civ., nonché vizio di motivazione sulla risarcibilità del danno non patrimoniale, per avere la Corte d'Appello liquidato il danno non patrimoniale in maniera assolutamente inadeguata, con violazione delle norme di riferimento e con inadeguato esercizio del potere equitativo, anche sotto il profilo della mancata personalizzazione del risarcimento e con insufficiente e contraddittoria motivazione circa i criteri di liquidazione del danno. I ricorrenti sostengono che il giudice di secondo grado ha dichiarato di applicare i criteri di liquidazione tabellari espressi dall'Osservatorio del Tribunale di Milano, in uso anche presso la Corte d'Appello di Firenze, per la liquidazione di un'unica voce di danno non patrimoniale, ma in realtà avrebbe fatto riferimento a valori obsoleti che non terrebbero conto della visione unitaria del danno non patrimoniale e della sua personalizzazione e comunque avrebbe liquidato somme addirittura inferiori al minimo dei criteri tabellari in uso e ciò in ragione del fatto che il giudice d'appello avrebbe applicato tabelle di liquidazione in vigore al momento della sentenza di primo grado, ma oramai superate al momento della pronuncia di secondo grado, anche perché si sarebbe trattato di tabelle che non tenevano conto dell'evoluzione giurisprudenziale sul danno non patrimoniale, espressa infine dalle decisioni a Sezioni Unite della Corte di Cassazione numeri da 26972 a 26975 dell'11 novembre 2008. Per di più, l'applicazione di dette tabelle sarebbe stata fatta senza adeguata motivazione, ed, anzi, sarebbe mancata ogni motivazione sulla scelta di applicare le tabelle vigenti alla data della sentenza di primo grado piuttosto che quelle in vigore alla data della sentenza di secondo grado. 1.1.- La resistente eccepisce l'inammissibilità e l'improcedibilità del ricorso per non essere stati indicati e depositati i documenti su cui il ricorso si fonda, in particolare per la mancata specifica indicazione delle tabelle di liquidazione del danno predisposte dall'Osservatorio del Tribunale di Milano, rispettivamente vigenti alla data delle due decisioni, di primo e di secondo grado, nonché degli atti dell'Osservatorio sulla giustizia civile di Firenze che richiamerebbero tali tabelle inoltre, questi documenti non sarebbero stati depositati unitamente al ricorso né questo indica la sede processuale nella quale sarebbero stati acquisiti. Per le stesse ragioni, ed anche perché non vi sarebbe stato riportato il contenuto di detti atti, il ricorso sarebbe privo del requisito dell'autosufficienza, ed anche perciò inammissibile. Nel merito, la resistente deduce l'infondatezza del primo motivo perché non tiene conto della premessa da cui la sentenza prende le mosse il risarcimento del danno non patrimoniale era stato chiesto dagli odierni ricorrenti in una somma specificata in lire 400.000.000, pari ad Euro 206.582,76. Pertanto, la somma richiesta, rivalutata alla data della sentenza di primo grado novembre 2003 , sarebbe stata pari ad Euro 279.521,59 con applicazione di un coefficiente di rivalutazione 1,353 . Allora, secondo la ricorrente, avendo la Corte liquidato un danno - rapportato alla data della sentenza di secondo grado - complessivamente pari ad Euro 260.000,00 Euro 140.000,00 in favore della madre ed Euro 60.000,00 in favore di ciascuno dei fratelli , vi sarebbe stato il quasi integrale accoglimento della domanda , che sarebbe perciò incompatibile con l'affermazione dei ricorrenti secondo cui la liquidazione sarebbe stata assolutamente inadeguata . Aggiunge la resistente che, quando la parte procede alla specificazione del quantum della pretesa, tale specificazione costituirebbe il limite invalicabile della domanda, che il giudice non può superare, per rispettare il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Ancora, nel merito, la resistente assume che in primo grado gli attori si sarebbero riferiti soltanto al danno morale c.d. in senso stretto, e che il giudice d'appello non avrebbe risolto in senso favorevole agli appellanti la questione preliminare circa l'estensione della domanda. 2.- Il motivo è fondato e, con riguardo a tale motivo, il ricorso risulta sia procedibile che ammissibile. Intanto, è da escludersi un difetto di autosufficienza, poiché esso contiene al suo interno l'indicazione specifica dei valori indicati come limiti minimo e massimo di liquidazione del danno c.d. tabellare in favore dei congiunti per la morte, rispettivamente, della figlia e della sorella, sia nella tabella milanese in vigore alla data della sentenza di primo grado che in quella in vigore alla data della sentenza di secondo grado cfr. pag. 6 e pag. 11, in particolare . Siffatta indicazione rende completo il ricorso, ai sensi dell'art. 366 n. 6 cod. proc. civ Poiché, inoltre, non è contestato che le tabelle milanesi fossero in uso presso la Corte d'Appello di Firenze, all'epoca della decisione, non ne era richiesta la produzione in sede di merito cfr. Cass. n. 12408/11, in motivazione ed in quanto non si tratta di documenti da versare in atti, malgrado la decisione su di essi si fondi, nemmeno ne è necessaria la produzione nel giudizio di cassazione ex art. 369 cod. proc. civ 2.1.- Nel merito, è corretto il riferimento che la resistente fa al principio, più volte espresso da questa Corte, e che qui si ribadisce, per il quale in una causa nella quale l'attore indica con precisione l'ammontare del suo credito e chiede che quell'ammontare gli sia attribuito dal giudice, il giudice è vincolato, per il rispetto del principio dell'art. 112 cod. proc. civ., dall'ammontare della somma determinata dalla parte, a meno che questa non adoperi una formula che, non avendo contenuto meramente formale, manifesti ragionevole incertezza sull'ammontare del danno effettivamente da liquidarsi cfr., da ultimo, Cass. n. 6350/10 . La sentenza impugnata esordisce con l'affermazione per la quale .secondo la domanda degli attori, invero specifica indicando dettagliatamente le diverse voci che determinavano l'importo complessivo richiesto di L. 791.000.000, esse riguardano .omissis quanto a L. 400.000.000 il danno da pecunia doloris in relazione anche al rapporto di convivenza con i familiari”. Questa premessa dell'impianto motivazionale, relativa all'individuazione del petitum , non è stata impugnata dai ricorrenti. Pertanto, il limite entro il quale il giudice di merito avrebbe potuto liquidare la voce di danno in parola non avrebbe potuto comunque superare la somma di lire 400.000.000, corrispondente a quella di Euro 206.582,72, oltre rivalutazione ed interessi. Peraltro, poiché la rivalutazione, dovendo assolvere alla sua funzione di integrale ristoro del danno per equivalente tenuto conto del tempo trascorso per la sua liquidazione, va considerata fino al momento di questa liquidazione, non è corretto il calcolo compiuto dalla resistente, che si arresta alla sentenza di primo grado. L'importo limite entro il quale il giudice di merito avrebbe dovuto contenere la sua condanna del responsabile, tenuto conto della somma così come determinata dagli attori, va fissato rivalutando quest'ultima somma, dalla data del fatto fino al momento appunto della liquidazione definitiva, vale a dire - nel caso di specie - fino alla pronuncia della sentenza di secondo grado. Questo limite, applicando gli stessi criteri di rivalutazione seguiti dalla resistente, sarebbe superiore a quanto liquidato dalla sentenza, anche tenendo conto della rivalutazione delle somme costituenti differenza fra quanto liquidato dal Tribunale e quanto liquidato dalla Corte d'Appello sussiste perciò l'interesse ad impugnare da parte degli odierni ricorrenti, al fine di fare valere la violazione di legge ed il vizio di motivazione denunciati col primo motivo. 2.2.- La Corte d'Appello di Firenze, dopo aver dato atto di applicare comunemente le tabelle milanesi, ha fatto riferimento a quelle in uso alla data della sentenza di primo grado novembre 2003 piuttosto che a quelle in uso alla data della sentenza impugnata luglio 2009 . Tali seconde tabelle sono state predisposte tenendo conto dei criteri elaborati dalla più recente giurisprudenza di legittimità in tema di unitarietà della liquidazione del danno non patrimoniale cfr. Cass. n. 12408/12 cit., in, motivazione elaborazione che va riferita, in particolare, alle sentenze a Sezioni Unite del 2008, citate in ricorso. La liquidazione del danno derivante dalla perdita di un congiunto è stata oggetto, dapprima, delle sentenze di questa Corte nn. 8827 e 8828 del 2003, le quali hanno affermato che il soggetto che chiede iure proprio il risarcimento del danno subito in conseguenza della morte di un congiunto per la definitiva perdita del rapporto parentale lamenta l'incisione di un interesse giuridico diverso sia dal bene salute, sia dall'interesse all'integrità morale, e ciò in quanto l'interesse fatto valere è quello alla intangibilità della sfera degli affetti e della reciproca solidarietà nell'ambito della famiglia e alla inviolabilità della libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana nell'ambito di quella peculiare formazione sociale costituita dalla famiglia, la cui tutela è ricollegabile agli artt. 2, 29 e 30 Cost Qualche tempo dopo dette sentenze ed ulteriormente evolutasi la giurisprudenza sia di merito che di legittimità, è intervenuta la fondamentale decisione a S.U. n. 26972 del 2008. Questa ha, tra l'altro, affermato che la perdita di una persona cara implica necessariamente una sofferenza morale, la quale non costituisce un danno autonomo, ma rappresenta un aspetto - del quale tenere conto, unitamente a tutte le altre conseguenze, nella liquidazione unitaria ed onnicomprensiva del danno non patrimoniale. Ne segue che la differenza tra le liquidazioni determinate, nel caso di specie, secondo le une vigenti nel 2003 piuttosto che secondo le altre vigenti nel 2009 tabelle non è colmata dalla rivalutazione degli importi, che tenga conto del lasso di tempo trascorso tra l'elaborazione dell'una o l'elaborazione dell'altra, alla stregua di un mero aggiornamento ciò è reso evidente dalla comparazione dei valori che risultano dagli atti. Ed invero, l'aggiornamento in riferimento alle variazioni del costo della vita accertate dall'I.S.T.A.T., che pure viene fatto in ambito nazionale con riguardo alle tabelle di liquidazione del danno comunemente adoperate, è operazione che può essere compiuta, volta per volta, anche dal giudice di merito essa è tuttavia cosa diversa sia dall'individuazione di criteri generali atti a consentire un ristoro del danno quanto più equo possibile in una situazione tipica predeterminata, sia dalla personalizzazione del risarcimento con riguardo al caso concreto. Pertanto, coglie nel segno la censura dei ricorrenti, sotto il profilo della violazione di legge, per la quale, applicando tabelle vigenti alla data del novembre 2003, e provvedendo al loro aggiornamento soltanto mediante la rivalutazione della differenza tra gli importi liquidati in secondo grado e quelli liquidati in primo grado, il giudice d'appello è pervenuto ad un'inadeguata valutazione equitativa del danno. 2.3.- Contrariamente a quanto sostenuto nel controricorso, la Corte d'Appello ha ritenuto che la domanda risarcitoria proposta iure proprio, rispettivamente dalla madre e dai fratelli della povera vittima del sinistro per cui è causa, non potesse affatto intendersi come limitata ad una parte soltanto del danno non patrimoniale, specificamente riferibile al ed, danno morale soggettivo. Questa conclusione è assolutamente in linea con quanto oramai ritenuto in più di un'occasione dalla giurisprudenza di legittimità. Infatti, la liquidazione del danno non patrimoniale da perdita di congiunto va effettuata mediante la determinazione di un importo omnicomprensivo cfr., di recente, Cass. ord. n. 19816/10 Cass. n. 2557/11 , includendovi sia la sofferenza inferiore e lo stato di prostrazione derivanti dall'avvenimento luttuoso compreso quello che la resistente qualifica in termini di c.d. danno morale in senso stretto” sia le conseguenze nell'ambito delle relazioni parentali e familiari che la sentenza qualifica in termini di pregiudizio derivante dalla lesione dell'integrità della famiglia” , senza che siano ammissibili duplicazioni cfr., dopo S.U. n. 26972/2008 cit., tra le altre Cass. n. 1072/11 , ma neanche riduzioni. Ovviamente, sempreché la somma complessivamente determinata -a prescindere dal nomen iuris riferito dal giudicante alla voce o alle voci di danno che con essa ha inteso liquidare - risponda ai criteri di equità che ne debbono conformare la liquidazione. Allora, il valore da ritenersi equo per la liquidazione del danno non patrimoniale c.d. da perdita del rapporto parentale avrebbe dovuto, nel caso di specie, essere determinato avendo come riferimento le tabelle elaborate tenendo conto dei criteri fatti propri dalle sentenze a S.U. del 2008. A quanto fin qui detto si aggiunga che la motivazione non da affatto conto delle ragioni della scelta operata dalla Corte territoriale, eventualmente in considerazione delle peculiarità del caso di specie. In conclusione, il primo motivo di ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata per quanto di ragione e la causa va rinviata alla Corte d'Appello di Firenze, in diversa composizione, che provvedere a liquidare il danno non patrimoniale sofferto dai ricorrenti, nelle rispettive qualità, tenendo conto dei valori minimo e massimo delle tabelle milanesi, comunemente in uso presso la stessa Corte d'Appello, vigenti alla data della liquidazione, nel rispetto dell'ammontare specificamente richiesto con l'atto introduttivo, rivalutato fino alla stessa data. 3.- Col secondo motivo di ricorso è denunciata violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2043, 2056, 1223, 1226 e 2729 cod. civ., ai sensi dell'art. 360 n. 3 cod. proc. civ., nonché vizio di motivazione, ai sensi dell'art. 360 n. 5, con riferimento alla risarcibilità del danno patrimoniale. Sostengono i ricorrenti che sarebbe errata la sentenza nella parte in cui ha confermato la decisione di primo grado che ha ritenuto il difetto di prova del danno patrimoniale, perché non avrebbe valutato gli elementi probatori, precisi ed esaustivi, che gli odierni ricorrenti hanno fornito nel giudizio di merito, dando prova che la figlia fosse convivente e dei redditi dalla stessa percepiti .” e fornendo altresì la prova testimoniale tramite la deposizione di tale R. che la vittima C M. conviveva e contribuiva ai bisogni della famiglia con i propri redditi dell'attività artigianale. Aggiungono che la giurisprudenza di legittimità ammette e riconosce il risarcimento del danno patrimoniale, anche ricorrendo alle presunzioni ed ai dati del notorio e della comune esperienza, sicché il giudice di merito avrebbe potuto riconoscere il risarcimento del danno patrimoniale, anche in via presuntiva, nei confronti dei familiari stretti , che avrebbero potuto confidare anche in futuro, e segnatamente la madre anche alla stregua degli obblighi di legge, nell'assistenza e mantenimento da parte della figlia. 3.1.- Anche con riguardo a tale motivo, la resistente deduce il difetto di autosufficienza del ricorso per non avere i ricorrenti riportato il contenuto della deposizione della teste R. , che avrebbe fornito la prova di cui sopra, né il contenuto dei documenti , che avrebbero sostenuto le loro ragioni inoltre, per non avere riportato, per un verso, la data dell'udienza nella quale la deposizione è stata acquisita, per altro verso a quali specifici documenti si riferiscono. 4.- L'eccezione di inammissibilità del motivo per difetto di autosufficienza del ricorso è fondata. È vero infatti che questo risulta del tutto carente sia quanto alla prova testimoniale che quanto alla prova documentale proprio per le ragioni esposte nel controricorso, che trovano il loro riscontro normativo nell'art. 366 n. 6 cod. proc. civ. cfr., per la relativa applicazione, con riguardo alla denuncia del vizio di motivazione per omessa od insufficiente od erronea valutazione di elementi di prova, da ultimo, Cass. ord. n. 17915/10, con principio affermato ai sensi art. 360 bis n. 1 cod. proc. civ. . 4.1.- Quanto alla censura concernente il mancato ricorso alla prova presuntiva, è sufficiente rilevare come, ai fini della liquidazione del danno patrimoniale futuro derivante dalla perdita degli alimenti che il figlio avrebbe potuto erogare in favore dei genitori o del genitore superstite, questi devono provare che, sulla base delle circostanze attuali, secondo criteri non ipotetici, ma ragionevolmente probabilistici, essi avrebbero avuto bisogno di tale prestazione alimentare allo stesso modo, va provato il verosimile contributo del figlio ai bisogni della famiglia, ove dedotto per il futuro cfr. Cass. n. 4791/07 e n. 8546/08 . Ove, poi, la perdita di tale contributo sia dedotta nel presupposto che questo fosse già in essere al momento del decesso del congiunto convivente, non è sufficiente la prova della convivenza né la prova della percezione di redditi da parte della vittima, dovendo appunto essere provato che questa destinasse parte dei propri redditi ai bisogni familiari. Il secondo motivo di ricorso non è pertanto meritevole di accoglimento. 5.- Va rimessa al giudice del rinvio anche la decisione sulle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo ricorso rigetta il secondo cassa la sentenza per quanto di ragione e rinvia alla Corte d'Appello di Firenze, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.