Dalla cancellazione della società si può inferire in via presuntiva la volontà dei soci di rinunciare ai loro diritti di credito?

Per ritenere realizzato o meno il fenomeno successorio generato di regola dallo scioglimento della società, rileva che le parti, prima della cancellazione della società, non abbiano manifestato una volontà univoca di rinuncia ai diritti di credito fatti valere successivamente in giudizio, non potendosi inferire una volontà di rinuncia in via presuntiva dalla mera cancellazione della società.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 3136/21, depositata il 9 febbraio. Gli attori, nonché attuali ricorrenti, in proprio e nelle vesti di ex soci di una società ormai cancellata dal Registro delle imprese , convenivano in giudizio gli attuali controricorrenti per chiedere la restituzione di quanto versato dalla società in eccesso rispetto al prezzo convenuto per l’acquisto di due immobili. Il Tribunale di Firenze accoglieva la domanda degli attori e condannava i convenuti alla restituzione di una somma pari a circa 133mila euro a titolo di ripetizione dell’indebito oggettivo . A seguito di gravame, però, la Corte d’Appello riformava la pronuncia e rigettava la domanda degli attori, rilevando d’ufficio il difetto di legittimazione attiva . Gli attori impugnano la decisione della Corte mediante ricorso per cassazione, lamentando il fatto che la stessa li avesse ritenuti carenti di legittimazione attiva per via della rinuncia tacita ad azioni non esperite fino a quando la società era stata in vita . La Suprema Corte dichiara il motivo di ricorso fondato , osservando come la Corte di merito aveva ritenuto che dal mancato esperimento delle azioni volte al recupero del credito da parte della società vita durante potesse evincersi un comportamento di rinuncia ad ogni pretesa. La Corte d’Appello, infatti, non ha tenuto conto dell’orientamento giurisprudenziale in materia di sorte dei rapporti sostanziali delle società cancellate, in base al quale avrebbe dovuto analizzare la fattispecie portata al suo esame e valutare se effettivamente dalla mancata menzione della posta attiva de qua alla chiusura dei conti sociali si potesse dedurre la volontà di rinuncia al credito che i soci fanno valere in sede processuale. In tale contesto, gli Ermellini evidenziano che solo in mancanza di una manifestazione di volontà di rinuncia espressa possono soccorrere criteri presuntivi con cui poter ugualmente inferire una volontà univoca di rinuncia. Ciò posto, il Collegio rileva che per ritenere come realizzato o meno il fenomeno successorio di regola generato dallo scioglimento della società, non rileva tanto che si versi, ad esempio, in tema di diritti ancora incerti o illiquidi della società cancellata, fatti valere successivamente in giudizio da soci e tuttora sub iudice , piuttosto che di diritti di credito specificamente individuati o certi già prima dell’atto estintivo, quanto che le parti, all’atto di scioglimento della società o comunque prima della cancellazione , non abbiano manifestato una univoca volontà di rinuncia a detti diritti, non potendosi certamente inferire una volontà abdicativa in via presuntiva dalla semplice cancellazione della società . Ora, nel caso di specie il Giudice non aveva tenuto conto della convenzione inserita all’atto di scioglimento della società, dove si ravvisa ina volontà successoria in base alla quale le parti convengono che eventuali crediti e debiti successivi alla data odierna verranno assegnati tra i soci in parti uguali tra loro . Non avendo il Giudice esaminato la suddetta documentazione, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 9 novembre 2020 – 9 febbraio 2021, n. 3136 Presidente Vivaldi – Relatore Fiecconi Rilevato che 1. Con ricorso notificato il 16/1/2018, B.F. e M.G. propongono ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo e illustrato da memoria, avverso la sentenza n. 2535/2017 della Corte d’Appello di Firenze, notificata in data 22/11/2017. Con controricorso notificato il 15/2/2018, resistono i sig.ri P.G. e G.R. illustrato da memoria. Il 16/6/2020, il PM ha depositato conclusioni scritte instando per l’inammissibilità o, in subordine, il rigetto del ricorso. 2. Per quanto qui ancora interessa, B.F. e M.G. , in proprio e quali ex soci legali rappresentanti della società Super Car Hi Fi. System s.n.c. di B. F. & amp M. G. , cancellata dal registro delle imprese in data 5/1/2007, nel settembre 2007 convenivano in giudizio i sig.ri P.G. e G.R. dinnanzi al Tribunale di Firenze, sezione distaccata di Empoli, per chiedere la restituzione di quanto la società aveva versato in eccesso rispetto al prezzo convenuto per l’acquisto di due immobili, ex art. 2033 c.c., o, in subordine, ex art. 2041 c.c., dichiarandosi soci subentrati nel credito della società cancellatasi dal registro delle imprese. Si costituivano i convenuti per chiedere il rigetto delle domande. 3. Il Tribunale di Firenze, con sentenza del 17/8/2009, accoglieva la domanda proposta dagli attori e, per l’effetto, condannava i convenuti a restituire la somma di Euro 133.221,29 a titolo di ripetizione dell’indebito oggettivo. La Corte d’appello di Firenze, adita dai convenuti rimasti soccombenti, in riforma della pronuncia di prime cure, rigettava la domanda degli attori rilevando ex officio il difetto di legittimazione attiva e compensava le spese di lite del doppio grado di giudizio. In particolare, rilevava che la società, cancellata dal registro delle imprese nel gennaio 2007, non avendo esperito azioni giudiziarie in relazione al contratto di compravendita stipulato sin dal dicembre 2003, avrebbe tenuto un comportamento inequivocabilmente inteso a rinunciare a tali azioni restitutorie, facendo così venir meno l’oggetto di una trasmissione successoria ai soci gli attori ex soci non avrebbero potuto pertanto vantare alcun titolo per la domanda giudiziale proposta. Considerato che 1. Con un unico motivo si denuncia art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 . Violazione e/o falsa applicazione di legge e nullità del procedimento e/o della sentenza , in relazione alle seguenti norme artt. 2312 e 2495 c.c., nonché artt. 112, 116 e 161 c.p.c., per avere la Corte d’Appello negato la legittimazione ad agire dei soci per far valere diritti originariamente spettanti alla società Super Car Hi Fi. System s.n.c. di B. F. & amp M. G. , nella parte in cui la Corte di merito ha ritenuto i soci carenti di legittimazione attiva in conseguenza della rinuncia tacita ad azioni non esperite fino a che la società era stata in vita. Il giudice di merito sarebbe incorso non solo nel vizio di erronea interpretazione delle norme in tema di cancellazione della società di persone artt. 2495 e 2312 c.c. , ma anche nella violazione dell’art. 116 c.p.c., per non avere considerato il contenuto della documentazione allegata e prodotta, dalla quale risulta che i soci avrebbero espressamente indicato all’atto di scioglimento della società in nome collettivo intervenuto il 20/12/2006 senza ulteriore fase liquidatoria che le parti convengono che eventuali crediti e debiti successivi alla data odierna verranno assegnati tra i soci in parti uguali tra loro , e infine nel vizio di extra-petita art. 112 c.c. per avere rilevato ex officio detta carenza di legittimazione in relazione a un credito certo, liquido e non contestato, deducendo la nullità della sentenza ex art. 161 c.p.c 2. Il motivo è fondato per quanto di seguito esposto, soprattutto il riferimento alla errata applicazione delle norme che regolano la sorte dei diritti di credito dopo la cancellazione della società di persone, ex artt. 2495 e 2312 c.c., quand’anche il credito non risulti nel bilancio finale di liquidazione o, comunque, non sia certo e liquido ovvero sottoposto a giudizio di accertamento. 3. La Corte di merito, ricorrendo a un ragionamento presuntivo, ha ritenuto che dal mancato esperimento delle azioni di recupero del credito da parte della società vita durante debba inferirsi un comportamento di rinuncia ad ogni pretesa, facendo venir meno l’oggetto stesso di una trasmissione successoria ai soci v. sentenza p. 4 . 4. Si osserva, preliminarmente, che risulta priva di pregio la censura di violazione del divieto ex art. 112 c.p.c., di decidere ultra petita partium, per avere la Corte d’Appello dedotto il difetto di legittimazione attiva oltre i limiti delle allegazioni attoree e delle eccezioni svolte dai convenuti. Difatti, il difetto di legitimatio ad causam, attiva e passiva, riguardando la regolarità del contraddittorio, è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo v. Cass., Sez. 1 -, Sentenza n. 7776 del 27/3/2017 Sez. U., Sentenza n. 2951 del 16/2/2016 Sez. 3, Sentenza n. 14468 del 30/5/2008 Sez. 2, Sentenza n. 2702 del 12/2/2004 . Tuttavia, la Corte di merito, nel rilevare la carenza di legittimazione attiva degli attori mediante argomenti presuntivi collegati alla intervenuta cancellazione della società originariamente titolare del credito non ha tenuto conto dell’indirizzo segnato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in tema di sorte dei rapporti sostanziali delle società cancellate, poi messo a punto per mezzo di successivi interventi applicativi da parte di questa Corte v. Sezioni Unite nn. 6070, 6071 e 6072 del 12/3/2013 . E difatti, in considerazione del principio ivi stabilito, la Corte di merito avrebbe dovuto scrutinare la fattispecie in concreto portata al suo esame e valutare se effettivamente dalla mancata menzione della posta attiva de qua in sede di chiusura dei conti sociali potesse inferirsi una volontà abdicativa del credito che i soci fanno valere in questa sede processuale. 5. Ed invero, le sezioni unite di questa Corte, riportandosi ai precedenti del 2010 di cui il solo precedente di cui al n. 16758/2010 risulta richiamato dalla Corte di merito e partendo dal dato, oramai acquisito, che la cancellazione ha effetto estintivo, si è soffermata sulla sorte dei rapporti, sia sostanziali e processuali, di cui fosse parte la società al momento della cancellazione, ed ha ricondotto la vicenda estintiva ad un fenomeno normalmente successorio, con conseguente subentro dei soci nelle posizioni attive e passive della società v. in particolare S.0 Cass. n. 6072 del 12/3/2013 . In proposito, dunque, rileva la manifestazione di volontà di rinunciare al credito, al fine di escluderne la trasferibilità ai soci, quest’ultima da intendersi come regola generale del fenomeno estintivo societario. 6. Solo in mancanza di una espressa manifestazione di volontà abdicativa soccorrono criteri presuntivi con i quali poter inferire egualmente una univoca volontà di rinuncia, quali la mancata menzione, nel bilancio finale di liquidazione, di poste illiquide e incerte, includibili nel novero delle cd mere pretese in particolare, si veda la sentenza n. 6072 delle Sezioni Unite del 2013, in cui si indica che i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore giudiziale o extragiudiziale , il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo si vedano, in proposito anche Cass. Sez. 1, Sentenza n. 23269 del 15/11/2016 Rv. 642411 - 01, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 25974 del 24/12/2015 Sez. 2, Sentenza n. 17500 del 12/10/2012, Cass., Sez. 1 -, Ordinanza n. 19302 del 19/7/2018. 7. A fronte di un ricco proliferare di pronunce di merito di segno diverso, tendenti a considerare la natura del credito a prescindere dagli effetti regolati dalle parti all’atto dello scioglimento della società, il pronunciamento emesso da Cass. Sez. 1, con sentenza n. 9464 del 22/05/2020, Rv. 657639 - 01, ha inteso chiarire che deve escludersi che i principi sino ad oggi affermati in riferimento a diverse fattispecie possano condurre ad automatismi applicativi, sulla base di una presunzione assoluta priva dei caratteri ex art. 2729 c.c Il relativo accertamento, concretandosi in un giudizio di fatto, sfugge per vero al sindacato di legittimità purtuttavia, costituisce giudizio di diritto escludere che la mera cancellazione dal registro delle imprese possa, di per sé sola, per la sua invincibile equivocità, reputarsi sufficiente a dedurne una volontà abdicativa così si esprime Cass. Sez. 1, sentenza n. 9464 del 22/05/2020, Rv. 657639 - 01 . 8. In sintesi, per ritenere come realizzato o meno il fenomeno successorio di regola generato dallo scioglimento della società, non rileva tanto che si versi, ad esempio, in tema di diritti ancora incerti o illiquidi della società cancellata, fatti valere successivamente in giudizio da soci e tuttora sub iudice, piuttosto che di diritti di credito specificamente individuati o certi già prima dell’atto estintivo, quanto che le parti, all’atto di scioglimento della società o comunque prima della cancellazione, non abbiano manifestato una univoca volontà di rinuncia a detti diritti, non potendosi certamente inferire una volontà abdicativa in via presuntiva dalla semplice cancellazione della società. 9. Passando all’esame della fattispecie in questione, si rileva che il giudice di merito ha fatto una automatica applicazione del principio in esame, del tutto in spregio del principio sopra esposto, deducendo una implicita volontà di rinuncia al credito dalla cancellazione della società di persone e dal mancato esercizio delle azioni recuperatorie da parte della società vita durante, senza tuttavia tener conto della convenzione inserita all’atto di scioglimento della società, in cui vi è traccia di una volontà successoria là dove si chiarisce che le parti convengono che eventuali crediti e debiti successivi alla data odierna verranno assegnati tra i soci in parti uguali tra loro . Nella specie, dunque, la Corte di merito avrebbe dovuto scrutinare la documentazione prodotta a supporto dell’azione dei soci e considerare, in particolare, non solo che si trattava di un credito derivante da un contratto concluso oltre tre anni prima dicembre 2003 rispetto alla data di cancellazione della società in nome collettivo gennaio 2007 , non fatto valere sino a quel tempo dalla società, ma che detto credito rientrava, in ipotesi, nella clausola di salvaguardia predisposta dai soci all’atto di scioglimento della società. 10. Conclusivamente, il ricorso va accolto per l’effetto, la sentenza è cassata con rinvio alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, anche per le spese di questo giudizio. P.Q.M. La Corte, accoglie il ricorso per l’effetto, cassa la sentenza e rinvia alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, anche per le spese. Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo Presidente per impedimento del Consigliere estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a, s.m.i