Gli interessi sui crediti chirografari ammessi al passivo maturano anche durante la procedura concorsuale

Secondo l’art. 55, comma 1 l. fall. la sospensione del decorso degli interessi vale solo all’interno del concorso e non si estende anche ai singoli rapporti correnti tra ciascun creditore ed il fallito. Gli interessi, pertanto, continuano a maturare al di fuori del concorso e dunque nei rapporti tra il singolo creditore e debitore sottoposto a procedura concorsuale.

La prescrizione degli interessi sui crediti chirografari ai sensi dell’art. 55, comma 1 l.fall., matura anche nel corso della procedura concorsuale e viene interrotta, nel fallimento, dalla domanda di insinuazione al passivo con effetto permanente per tutto il corso della procedura. Nella diversa ipotesi di amministrazione straordinaria - sottoposta alla disciplina originaria della l. n. 95/1979 – come avviene anche nella procedura di liquidazione coatta amministrativa l’esecutività dello stato passivo depositato dal commissario ai sensi dell’art. 209 l.fall. comporta interruzione della prescrizione con effetto permanente, per tutto il corso della relativa procedura concorsuale, anche per i creditori ammessi a seguito della comunicazione inviata dal commissario ai sensi dell’art. 207, comma 1 l.fall Così la Cassazione, sezione I civile, sentenza n. 11983/20 depositata il 19 giugno. Il creditore di una s.p.a. tornata in bonis dopo una procedura di amministrazione straordinaria ottiene un decreto ingiuntivo per gli interessi sul proprio credito chirografario già ammesso al passivo maturati nel corso della procedura stessa. Nel giudizio di opposizione il Tribunale ritiene non sussistente il credito. In tale procedimento sono intervenute anche due s.p.a. anch’esse in amministrazione straordinaria socie della debitrice. La Corte d’Appello in secondo grado conferma la decisione del Tribunale seppure per ragioni differenti. Il creditore svolge allora ricorso in Cassazione . In primo luogo, è bene ripercorrere i punti salienti della decisione di secondo grado come riepilogati nella sentenza in commento. La Corte d’Appello ha giudicato ammissibili gli interventi delle due s.p.a. poiché esse avevano svolto un intervento ad adiuvandum ed avrebbero subito un pregiudizio in caso di condanna della debitrice al pagamento degli interessi richiesti con il decreto ingiuntivo. Proprio sul tema del credito la corte ha osservato che ai sensi dell’art. 55 L.F., applicabile anche all’amministrazione straordinaria, gli interessi sui crediti chirografari ammessi nella procedura continuano a maturare al di fuori del concorso nei rapporti tra singolo creditore e debitore. Il decreto ingiuntivo tuttavia doveva essere revocato perché era maturata la prescrizione ex art. 2948 n. 4 c.c. dato che anche gli accessori avrebbero dovuto essere richiesti dal debitore nel corso della procedura nel caso in cui il debitore fosse tornato in bonis . Così non era avvenuto e quindi la pretesa creditoria doveva essere respinta. La Cassazione, con approfondita motivazione, accoglie il ricorso della società creditrice e rinvia alla corte d’appello. In primo luogo viene confermata l’ammissibilità degli interventi ex art. 105 c.p.c. delle due s.p.a. socie della debitrice. Esse infatti hanno un interesse giuridico e non di mero fatto a sostegno della posizione della società di cui fanno parte. Questo perché il socio di una società di capitali, già prima che divenga esigibile il suo diritto alla quota di liquidazione, è titolare di una situazione giuridica direttamente tutelata e ciò conferma l’esistenza di un interesse giuridicamente protetto ad un esito favorevole per la parte adiuvata”. La Corte passa quindi all’esame del merito della pretesa creditoria . Dapprima viene inquadrato il perimetro normativo di riferimento. La procedura di amministrazione straordinaria era stata aperta nel 1983 e quindi la disciplina applicabile ratione temporis era dettata dal d.l. n. 26/1979 convertito con l. n. 95/1979 prima delle modifiche del 1999 e dalla legge fallimentare del 1942 ante d.lgs. 5/2006 . La l. n. 95/1979 stabilisce che all’amministrazione straordinaria sono applicabili le disposizioni degli artt. 195 e ss l. fall. e l’ art. 237 l. fall. . Le due norme utilizzate per dirimere la questione sono in particolare l’art. 120, comma 2 l. fall. ora divenuto comma 3 e l’art. 55 l. fall. La prima prevede che con la chiusura del fallimento i creditori riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta di capitale ed interessi. La Cassazione giudica applicabile tale disposizione all’amministrazione straordinaria dato che si tratta di una norma conforme ai principi generali dell’ordinamento, primo fra tutti quello della responsabilità del debitore ex art. 2740 c.c. In altri termini la chiusura della procedura non comporta la liberazione automatica del debitore per la parte di credito non soddisfatta e ciò sia per il capitale, sia per gli interessi. I creditori possono quindi nuovamente agire contro il debitore tornato in bonis per il soddisfacimento delle relative pretese dato che i loro diritti rivivono” dopo la chiusura della procedura. L’altra norma fondamentale è l’ art. 55 l. fall. che stabilisce la sospensione degli interessi sui crediti chirografari nel corso della procedura fallimentare. La sospensione è solo agli effetti del concorso” gli interessi pertanto continuano a maturare al di fuori della procedura nei singoli rapporti interni tra creditore e debitore. Ciò è confermato anche dal caso dei fideiussori o degli obbligati in solido del fallito per questi l’insolvenza del garantito o del coobbligato non blocca” gli interessi in tal senso Cass. 2608/2014 . Gli Ermellini spiegano che depone per tale soluzione anche il termine sospensione” che esclude proprio una cessazione definitiva del decorso degli interessi. Si è così osservato che l’art. 55 l. fall. prevede solo una sorta di inesigibilità temporalmente limitata” degli interessi ai fini del concorso Pajardi-Paluchowski, Manuale di diritto fallimentare . La Cassazione quindi conferma la pretesa creditoria del ricorrente per gli interessi maturati nel corso della procedura di amministrazione straordinaria sul credito chirografario già ammesso al passivo . I Giudici affrontano poi il tema dell’eventuale intervenuta prescrizione di simile credito, non prevedendo nulla in proposito l’art. 55 l. fall. menzionato. La prescrizione infatti non è semplicemente sospesa” o interrotta per effetto della procedura concorsuale. Prova ne è il fatto, ad esempio, che il creditore può comunque agire in giudizio nei confronti del fallito per l’accertamento di un proprio credito, solo che l’eventuale pronuncia favorevole potrà essere utilizzata solo dopo il ritorno in bonis del debitore. In alternativa la pronuncia potrà essere azionata esecutivamente su beni non compresi nel fallimento in tal senso sempre Cass. 2608/2014 ed anche Cass. 5727/2004 . Occorre quindi verificare se vi sono atti efficacemente interruttivi del decorso del termine prescrizionale. Nel fallimento la domanda di ammissione al passivo ex art. 94 l. fall. interrompe il decorso e ciò – spiega la Cassazione – non solo per il capitale, ma anche per gli interessi anche per quelli post fallimento poiché sono meri accessori del credito così Cass. 11071/1993 . Simile interruzione vale fino alla chiusura della procedura concorsuale in applicazione dei principi generali di cui all’art. 2945 c.c. L’art. 94 l. fall. non è espressamente richiamato per l’ amministrazione straordinaria nella disciplina originaria del 1979 , ma la Cassazione ritiene che la pur diversa modalità di verifica crediti in tale procedura come nelle liquidazioni coatte amministrative non sia di ostacolo all’applicazione dei principi dell’art. 94 citato ed in particolare al fatto che la partecipazione del creditore alla procedura concorsuale implichi una interruzione permanente” della prescrizione del credito, compresi gli interessi. Non essendovi una vera e propria domanda di ammissione al passivo nella procedura di amministrazione straordinaria prevista per l’epoca l’art. 207 l. fall. stabilisce un impulso d’ufficio” da parte del commissario che invia specifiche comunicazioni ai singoli creditori con i rispettivi crediti risultanti dalle scritture contabili , discende che l’effetto interruttivo summenzionato si produce quando diventa esecutivo l’elenco dei creditori ammessi ai sensi dell’art. 209, comma 1 l. fall. Il credito del ricorrente – compresi gli interessi accessori” maturati successivamente – non si era quindi prescritto essendo egli stato ammesso al passivo ex art. 209 l. fall. La Cassazione respinge pertanto la tesi della Corte d’Appello in tema di prescrizione e rinvia alla stessa in diversa composizione affinché giudichi attenendosi ai principi di diritto stabiliti e sopra riportati nelle massime .

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 22 gennaio – 19 giugno 2020, n. 11983 Presidente Didone – Relatore Amatore Fatti di causa 1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Venezia - decidendo sull'appello proposto da NPL SECURITISATION ITALY SPV s.r.l. nei confronti di SOCIETA' ITALIANA PER L'INDUSTRIA DEGLI ZUCCHERI SPA in liquidazione nonchè nei confronti di CAVARZESE PRODUZIONI INDUSTRIALI SPA in a.s. e FINANZIARIA INDUSTRIALE VENETA spa in a.s. terzi intervenienti - ha rigettato l'appello principale e quelli incidentali avanzati nei confronti della sentenza n. 738/2017 del Tribunale di Padova, con la quale, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo già emesso in favore della NPL SECURITISATION ITALY SPV s.r.l., era stata respinta la domanda di condanna della SOCIETA' ITALIANA PER L'INDUSTRIA DEGLI ZUCCHERI SPA in liquidazione, tornata in bonis successivamente alla chiusura della procedura di amministrazione straordinaria, al pagamento in favore della detta società NPL della somma pari ad Euro 1.326.371,42, richiesta a titolo di interessi maturati nel corso della procedura, con riferimento ad un credito riconosciuto dalla stessa procedura quale credito chirografario da ammettersi al passivo, con ciò determinando la revoca del decreto ingiuntivo opposto e la restituzione delle somme già incassate in virtù del provvedimento monitorio munito di provvisoria esecutività. Il Tribunale di Padova aveva, in realtà, dichiarato, in via preliminare, ammissibile l'intervento di CAVARZESE PRODUZIONI INDUSTRIALI SPA in a.s. e FINANZIARIA INDUSTRIALE VENETA spa in a.s. e, nel merito, aveva ritenuto insussistente il diritto di credito opposto perchè gli interessi, sul credito ammesso in via chirografaria, non erano maturati nel corso della procedura concorsuale e non potevano, dunque, essere richiesti alla chiusura di quest'ultima. La corte del merito ha ritenuto che a fossero ammissibili gli atti di intervento dispiegati da CAVARZESE PRODUZIONI INDUSTRIALI SPA in a.s. e FINANZIARIA INDUSTRIALE VENETA spa in a.s., posto che quest'ultime, quale socie della SIIZ, avrebbero subito un pregiudizio, ai sensi degli artt. 2280,2282 e 2491 c.c., in caso di condanna della SIIZ al pagamento degli interessi maturati nel corso della procedura e dunque sarebbe evidente l'interesse ad intervenire ad adiuvandum in favore della società partecipata b non era invece fondato l'appello incidentale avanzato dalle appellate in relazione all'eccepito difetto di legittimazione attiva di NPL, in relazione alla dedotta nullità ed inefficacia delle cessione dei crediti di cui si chiedeva ora il pagamento, in quanto oggetto di cessione era stata la posizione debitoria di SIIZ nei confronti della cedente, posizione che comprendeva capitale ed interessi, depurata dai pagamenti nel frattempo ricevuti, con la conseguenza che le cessioni dovevano intendersi determinate nell'oggetto e nella causa ed anche facilmente quantificabili negli importi, trattandosi di interessi corrispettivi regolati dall'art. 1382 c.c. c nonostante l'approvazione dei piani di riparto non era opponibile alla SIIZ e la documentazione prodotta in appello risultava tardiva, comunque la detta approvazione doveva essere apprezzata come indizio di per sè sufficiente a dimostrare l'esistenza e l'entità del credito, in mancanza di specifiche contestazione sollevate dagli appellanti d in base alla L.Fall., art. 55, cui rinvia, per la liquidazione coatta amministrativa, la L.Fall., art. 201, al quale rinvia, a sua volta, anche la L. n. 95 del 1979, art. 1, per le amministrazioni straordinarie , occorreva considerare che la disposizione normativa si limitava a stabilire la sospensione degli interessi agli effetti del concorso e che, pertanto, gli interessi stessi continuano a maturare al di fuori del concorso e dunque nei rapporti tra singolo creditore e debitore sottoposto a procedura, così come, del resto, avviene nei rapporti tra creditore e fideiussore, secondo legge artt. 1282 e 1224 c.c. e convenzioni e non rilevava in senso contrario l'argomento speso dal tribunale secondo cui lo spossessamento subito dal soggetto sottoposto a procedura concorsuale non consentirebbe la possibilità di liberarsi dall'obbligazione principale, posto che tale impedimento riguarderebbe al più la maturazione degli interessi di mora ex art. 1224 c.c. e non rilevava, nel caso di specie, ove veniva in questione l'applicazione degli interessi corrispettivi ex art. 1282 c.c., per i quali unica condizione da rispettare, per il maturarsi degli stessi, è che il credito sia liquido ed esigibile, situazione ricorrente nella fattispecie in esame f la diversa opinione accolta nel pronunciamento impugnato non superava l'obiezione secondo cui si raggiungerebbe l'inspiegabile risultato di liberare il debitore sottoposto a procedura concorsuale della obbligazione di interessi, con un ingiustificato depauperamento del creditore e con la necessità che di tale obbligazione ne risponda invece il fideiussore g tuttavia doveva ritenersi maturata la prescrizione ex art. 2948 c.c., n. 4, perchè gli accessori del credito avrebbero dovuto essere richiesti al debitore anche durante la procedura, per il caso in cui il debitore fosse tornato in bonis. 2. La sentenza, pubblicata il 6.3.2018, è stata impugnata da NPL SECURITISATION ITALY SPV srl con ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, cui hanno resistito SOCIETA' ITALIANA PER L'INDUSTRIA DEGLI ZUCCHERI SPA in liquidazione, nonchè CAVARZESE PRODUZIONI INDUSTRIALI SPA in a.s. e FINANZIARIA INDUSTRIALE VENETA spa in a.s. con controricorsi, con i quali hanno anche avanzato ricorsi incidentali. La NPL SECUTITISATION ITALY SPV s.r.l. ha depositato controricorso in replica ai ricorsi incidentali. Tutte le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c La Procura Generale ha depositato altresì requisitoria scritta. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo la società ricorrente principale NPL SECURITISATION ITALY SPV s.r.l. - lamentando, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione e falsa applicazione dell'art. 100 c.p.c. e art. 105 c.p.c., comma 2, - si duole della dichiarata ammissibilità dell'intervento adesivo dipendente delle due società sopra indicate, e cioè della CAVARZESE PRODUZIONI INDUSTRIALI SPA in a.s. e della FINANZIARIA INDUSTRIALE VENETA spa in a.s Si osserva che l'utile ovvero l'attivo spettante alle due società, quali socie della SIIZ, in caso di rigetto della domanda di pagamento degli interessi post-fallimentari, sarebbe meramente eventuale ed incerto, e dunque come tale integrante un mero interesse di fatto del tutto inidoneo a supportare l'intervento in causa delle due socie della SIIZ, tornata in bonis. 2. Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, vizio di violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 208 e 94, nonchè dell'art. 2935 c.c., art. 2943 c.c., nn. 1 e 2, art. 2945 c.c., n. 2, e art. 2948 c.c., n. 4 , in punto di interruzione della prescrizione degli interessi nel corso della procedura. Evidenzia la società ricorrente che, anche sulla base degli insegnamenti espressi dalla giurisprudenza di legittimità, la domanda di insinuazione al passivo determina l'interruzione della prescrizione del credito insinuato, e dunque, nel caso di specie, anche degli interessi richiesti successivamente alla chiusura della procedura concorsuale. 3. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 2935 e 2943 c.c., art. 2945 c.c. e art. 2948 c.c., n. 4 , nonchè della L.Fall., artt. 51 e 55. Si evidenzia che la corte territoriale era incorsa in un ulteriore violazione di legge in ordine alla ritenuta decorrenza della prescrizione degli interessi in corso di procedura, in relazione principalmente al disposto normativo di cui all'art. 2935 c.c., secondo il quale la prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere . Si osserva che, nel caso di specie, durante la pendenza della procedura concorsuale, il diritto alla percezione degli interessi endocorsuali non può essere legalmente fatto valere dal suo titolare nè nei confronti della massa trattandosi di un diritto sospeso L.Fall., ex art. 55 nè direttamente nei confronti del fallito, stante il divieto di intraprendere o proseguire azioni esecutive o cautelari individuali nei confronti del fallito medesimo, avendo il fallito perduto la disponibilità del suo patrimonio e la capacità processuale, con la conseguenza che ogni atto compiuto da costui è totalmente privo di efficacia. Evidenzia ancora la ricorrente che, non essendo esigibile nei confronti del fallito, il pagamento degli interessi endoconcorsuali, allora non decorrerebbe neanche la prescrizione del diritto che non può essere fatto valere che dopo la chiusura della procedura. 4. Con il quarto motivo si denuncia, sempre ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell'art. 2948 c.c., n. 4, e art. 2944, c.c., in punto di quantificazione degli interessi. 5. Con il quinto motivo la società ricorrente articola, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, vizio di violazione e falsa applicazione dell'art. 345 c.p.c., comma 3, in relazione alla dichiarata inammissibilità della produzione documentale in appello. 6. Con ricorso incidentale SOCIETA' ITALIANA PER L'INDUSTRIA DEGLI ZUCCHERI SPA in liquidazione propone tre motivi di censura alla sentenza ex adverso impugnata. 6.1 Con il primo motivo si denuncia, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5, da un lato, violazione di legge in relazione alla pronuncia della corte di merito riguardante la dichiarata maturazione di interessi endococorsuali in pendenza della procedura di amministrazione straordinaria, e ciò con particolare riferimento alla L.Fall., artt. 42, 43, 44,51 e 55, L.Fall., art. 120, comma 3, e L.Fall., 216, nonchè in relazione agli artt. 1224 e 1284 c.c. e, dall'altro, omesso esame di fatti ed argomentazioni decisivi in relazione alla decisione della controversia. Si evidenziano i seguenti profili di censura a errata applicazione da parte della corte di merito della L.Fall., art. 120, alle procedure di amministrazione straordinarie di cui al D.L. n. 26 del 1979, in assenza di una norma che espressamente richiami la disciplina della procedura fallimentare b la mancata valutazione del profilo che la dichiarazione di fallimento preclude al fallito, ai sensi della L.Fall., art. 42, qualsivoglia possibilità o facoltà di operare pagamenti, per capitale ed interessi, nel corso della procedura c la regola della sospensione del decorso degli interessi di cui alla L.Fall., art. 55 è espressione del principio della cristallizzazione delle pretese dei creditori e della par condicio creditorum, con l'ulteriore conseguenza che il disposto normativo da ultimo citato deve essere letto in combinato disposto della L.Fall., art. 120, comma 3 d tale ultima norma, allorquando richiama la parte non soddisfatta dei crediti per capitale ed interessi , si riferisce ai crediti ammessi al passivo e dunque non può essere utilizzata come argomento a sostegno della tesi perorata nel provvedimento impugnato, e ciò anche in ragione di quanto espressamente disposto dalla L.Fall., art. 120, comma 4, che richiama, per la prova del credito, il decreto ovvero la sentenza relativi all'ammissione al passivo del creditore non integralmente soddisfatto in sede di riparto e la mancata valutazione dell'annullamento dell'effetto esdebitatorio del fallimento nei riguardi del fallito che continuerebbe a rispondere dei debito residui con i suoi beni f gli effetti negativi della maturazione degli interessi collegati al protrarsi della procedura ricadrebbero sulla sfera patrimoniale del fallito, senza che quest'ultimo possa incidere sui tempi della procedura e senza che il ritardo nel pagamento possa essere imputabile al fallito, al quale è negata la possibilità di effettuare pagamenti, ai sensi della L.Fall., art. 44 e L.Fall., art. 216, comma 3, medesima legge g il ritenuto maturarsi del credito collegato al mancato pagamento degli interessi corrispettivi violerebbe il disposto di cui all'art. 1282 c.c., non potendosi ritenere il credito sottostante esigibile h l'avversa tesi violerebbe l'art. 6 e l'art. 1 del primo protocollo addizionale Cedu, nonchè gli artt. 2, 3 e 42 Cost. i il riferimento al fideiussore del fallito era improprio perchè quest'ultimo, a differenza del fallito, continua a mantenere la disponibilità del proprio patrimonio e ha, dunque, la possibilità di pagare gli interessi in via di maturazione nel corso della procedura. 6.2 Con il secondo motivo si denuncia, sempre ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5, da un lato, violazione di legge in relazione al profilo della dichiarata validità ed efficacia delle cessioni dei crediti con la conseguente legittimazione attiva della NPL SECURITISATION ITALY SPV s.r.l. a richiedere la riscossione dei crediti per interessi endoconcorsuali, e ciò con riferimento all'art. 1418 c.c., comma 2, art. 1325 c.c., nn. 2 e 3, e art. 1346 c.c., in combinato disposto della L.Fall., artt. 55 e 120 e artt. 1260 e segg. c.c., nonchè dell'art. 24 Cost. e art. 81 c.p.c., e, dall'altro, omesso esame di fatti ed argomentazioni decisive in relazione alla decisione della controversia. 6.3 Con il terzo motivo sempre articolato nel ricorso incidentale della NTL, si denuncia l'erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto dimostrata la pretesa creditoria per capitale sulla cui base è stato azionato il credito per interessi, e ciò per violazione degli artt. 115,2710 e 2697 c.c. e art. 2729 c.c., commi 1 e 2. 6.4 Propongono ricorso incidentale anche CAVARZESE PRODUZIONI INDUSTRIALI SPA in a.s. e FINANZIARIA INDUSTRIALE VENETA spa in a.s., con il quale reiterano i tre motivi di censura già sollevati dalla SOCIETA' ITALIANA PER L'INDUSTRIA DEGLI ZUCCHERI SPA in liquidazione. 7. Occorre esaminare, subito, il primo motivo del ricorso principale. 7.1 Esso è in realtà infondato. Come già sopra ricordato, la ricorrente censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto ammissibile l'intervento adesivo dipendente di Cavarzere Produzioni Industriali S.p.A. in a.s. e della Finanziaria Industriale Veneta S.p.A. in a.s. quali socie della Società Italiana per l'Industria degli Zuccheri S.p.A. in liquidazione, evocata in giudizio per essere condannata a pagare gli interessi cd. post-fallimentari, maturati successivamente alla sua ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria secondo la tesi della ricorrente l'interesse dei soci, a vedere arricchita la loro sfera patrimoniale, è di mero fatto essendo il diritto alla liquidazione della quota e il diritto alla distribuzione degli utili meramente potenziale. 7.1.1 Sul punto, è utile ricordare che la giurisprudenza espressa da questa Corte ha precisato che Con riguardo agli atti compiuti da una società di capitali, il socio riceve una tutela diretta del proprio interesse a preservare il patrimonio sociale limitatamente ai propri rapporti interni con l'ente, e solo in alcuni casi artt. 2377,2379 e 2408 c.c. , mentre, nei rapporti esterni, detta tutela è solo indiretta e mediata, non essendo egli portatore di un interesse autonomo rispetto a quello della società, ma assorbito in questo, e non potendo, quindi, esercitare un'azione individuale, ma solo aderire alle azioni proposte dalla società, a sostegno delle ragioni di questa. L'intervento in causa del socio, pertanto, non può essere qualificato, in tali ipotesi, come principale, ma solo come adesivo, e le domande da lui proposte possono essere accolte esclusivamente nei limiti in cui esse coincidono con quelle della società Cass. 82/2000 . 7.1.2 Va ulteriormente precisato che, sempre secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte l'interesse richiesto per la legittimazione all'intervento adesivo dipendente nel processo in corso fra altri soggetti art. 105 c.p.c., comma 2, c.p.c. , deve essere non di mero fatto, ma giuridico, nel senso che tra adiuvante e adiuvato deve sussistere un vero e proprio rapporto giuridico sostanziale, tal che la posizione soggettiva del primo in questo rapporto possa essere - anche solo in via indiretta o riflessa - pregiudicata dal disconoscimento delle ragioni che il secondo sostiene contro il suo avversario in causa Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1111 del 24/01/2003 . Detto altrimenti, l'intervento adesivo dipendente del terzo è consentito ove l'interveniente sia titolare di un rapporto giuridico connesso con quello dedotto in lite da una delle parti o da esso dipendente e non di mero fatto, attesa la necessità che la soccombenza della parte determini un pregiudizio totale o parziale al diritto vantato dal terzo quale effetto riflesso del giudicato Cass. Sez. 2, Sentenza n. 25145 del 26/11/2014 . Deve tuttavia ritenersi che il socio di una società di capitali è titolare, già prima che divenga esigibile il suo diritto alla quota di liquidazione, di una situazione giuridica direttamente tutelata Cass. 11959/2010 , il che manifesta l'esistenza in capo ai soci di un interesse giuridicamente protetto ad un esito favorevole alla parte adiuvata. 7.1.3 Ciò posto, la motivazione impugnata risulta in parte qua corretta, atteso che tra le società intervenienti e la SIIZ sussiste un rapporto giuridico sostanziale le prime sono socie della seconda , per il quale la condanna al pagamento dei richiesti interessi comporterebbe la definitiva perdita patrimoniale della partecipata, con inevitabili conseguenze sulle sfere patrimoniali delle socie. 8. A questo punto ragioni di pregiudizialità logica consigliano di esaminare, per primi, i ricorsi incidentali. 8.1 Occorre tuttavia una breve premessa in ordine alla disciplina applicabile ratione temporis. 8.1.1 Va evidenziato che la Società Italiana per l'Industria degli Zuccheri in liquidazione è stata sottoposta alla procedura di amministrazione straordinaria il 23.12.1983 e, dunque, la disciplina applicabile è quella dettata dalla legge sulla amministrazione straordinaria del 1979, prima del D.Lgs. n. 270 del 1999 cd. Prodi bis , nonchè quella di cui alla legge fallimentare, nella versione del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, precedente alle modifiche del D.Lgs. n. 5 del 2006. Orbene, L. n. 95 del 1979, art. 1, comma 3, dispone, invero, che la procedura per l'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi è disciplinata dagli artt. 195 e ss. e dalla L.Fall., art. 237. Ne consegue che, alle imprese in amministrazione straordinaria si applica, inoltre, sempre in virtù del richiamo contenuto nella L. n. 95 del 1979, art. 1, comma 3, L.Fall., art. 201 e, dunque, la L.Fall., art. 55, compreso nella sezione II del capo III del titolo II appositamente richiamata nell'art. 201 cit. così, anche Cass. 8160/2000 . 8.1.2 Oggetto di dibattito è, invece, l'applicazione della L.Fall., art. 120, all'amministrazione straordinaria. Anche in questo caso, tuttavia, la soluzione preferibile è quella positiva. 8.1.2.1 L.Fall., art. 120, comma 2 attuale comma 3 , nella vecchia formulazione, qui applicabile ratione temporis dispone, verbatim, che i creditori riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta per capitale e interessi . Va ricordato che, nella disciplina della liquidazione coatta amministrativa, cui faceva riferimento l'amministrazione straordinaria disciplinata dalla Legge Prodi, manca un espresso richiamo all'intero Capo VIII del Titolo II della legge fallimentare ovverosia agli artt. 118 e 123 . Sul punto, va precisato che la L. n. 95 del 1979, art. 6, comma 5, - la cui disciplina normativa prevedeva che la chiusura fosse disposta, anche ai sensi della L.Fall., art. 118, nn. 2 e 4, - è stato, invero, introdotto dal D.L. 9 dicembre 1986, n. 835, art. 4, conv. nella L. 6 febbraio 1987, n. 19 e risulta, pertanto, applicabile alle procedure successive alla data della sua entrata in vigore. Ciò non toglie che ragioni di ordine sistematico impongano l'applicazione all'amministrazione straordinaria dell'intero statuto della chiusura del fallimento e, dunque, anche della L.Fall., art. 120. Tale conclusione è, peraltro, avvalorata da opinione espressa sul punto da autorevole dottrina. 8.1.2.2 Non è dunque apprezzabile la tesi sostenuta dai controricorrenti e ricorrenti in via incidentale secondo cui il mancato richiamo formale alla L.Fall., art. 120, significa che, con la chiusura della procedura di liquidazione coatta amministrativa e di amministrazione straordinaria, i debiti non pagati si estinguano e che, pertanto, i creditori non riacquistino il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta per capitale e interessi. 8.1.2.3 Sul punto, va osservato, in primis, che se si accettasse l'ipotesi secondo cui il debitore - sottoposto, nella specie, ad amministrazione straordinaria - possa, a chiusura della procedura per di più di carattere amministrativo , essere liberato, senza espressa previsione di legge, dai propri preesistenti debiti, si correrebbe il rischio di scardinare il sistema improntato sul principio generale della responsabilità patrimoniale del debitore ex art. 2740 c.c 8.1.2.4 Come correttamente osservato anche dalla Procura generale nella requisitoria scritta che qui si richiama verbatim Nella sostanza, il mancato richiamo della L.Fall., art. 120, è bilanciato dalla mancanza di un'espressa previsione della liberazione dai debiti con la chiusura della procedura. Il che vale a dire che la chiusura della procedura di amministrazione straordinaria, di per sè sola, non produce - in difetto di espressa previsione di legge - l'effetto dell'esdebitazione del soggetto già sottoposto alla procedura . Deve, dunque, ritenersi che la L.Fall., art. 120, altro non sia che la codificazione del più generale principio in base al quale, per effetto delle riacquistate capacità del fallito di amministrare e disporre del suo patrimonio dopo la chiusura della procedura, i creditori debbono poter far valere le loro azioni individuali su tutti i beni, che, in qualsiasi modo, dovessero pervenire al fallito. 8.1.2.5 Ne consegue, ancora, come ulteriore corollario, che la chiusura della procedura di amministrazione straordinaria, qualora non operi, in quanto espressamente prevista l'esdebitazione in questo senso, si legga l'attuale richiamo, contenuto nella L.Fall., art. 120, comma 3, alla L.Fall., art. 142 , comporta la reviviscenza del diritto ad agire verso il debitore per la parte non soddisfatta dei crediti, sia per capitale, sia per interessi. Deve dunque ritenersi che, tra gli effetti della chiusura dell'amministrazione straordinaria, non vi è compresa la liberazione dalle obbligazioni non soddisfatte nel corso della procedura fallimentare, di talchè i creditori riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il debitore anche per la parte non soddisfatta dei loro crediti, sia per capitale che per interessi, ciò comportando la possibilità per il creditore di far valere il suo credito nei confronti del debitore ritornato in bonis . 8.2 Ciò premesso, i ricorsi incidentali, sopra descritti, vanno rigettati. 8.2 In ordine al primo e centrale profilo di doglianza che riguarda l'affermazione del decorso degli interessi nel corso della procedura fallimentare, la Corte ritiene che le censure dei ricorrenti incidentali siano infondate. 8.2.1 Sul punto, va ricordato che la L.Fall., art. 55, comma 1, enuncia la regola di carattere generale della sospensione degli interessi, siano essi legali o convenzionali, corrispettivi o compensativi, sui crediti chirografari. Secondo la dottrina maggioritaria, la sospensione opererebbe ai soli effetti del concorso e fino alla chiusura del fallimento, con la conseguenza che gli interessi stessi continuerebbero a decorrere senza alcuna sospensione nei rapporti tra debitore e singoli creditori, e cioè fuori del concorso fallimentare, potendo essere pretesi dai creditori stessi in caso di revoca del fallimento ovvero dopo la chiusura del medesimo, ai sensi della L.Fall., art. 120, comma 3. Orbene, la dottrina è solita giustificare la sospensione degli interessi come effetto della cd. cristallizzazione della massa passiva alla data della dichiarazione di fallimento. In favore della tesi qui accolta, militano diversi e decisivi argomenti. 8.2.1 In primo luogo, la lettera della norma sopra ricordata, e cioè della L.Fall., art. 55, non lascia dubbi sulla volontà del legislatore a far ritenere che la disposta sospensione del decorso degli interessi valga solo all'interno del concorso e non si estenda anche ai rapporti singolari tra ciascun creditore ed il fallito. Ed invero, la L.Fall., art. 55, applicabile anche all'amministrazione straordinaria oggi in esame, in virtù dei richiami di cui alla L. n. 95 del 1979, art. 1 e L.Fall., n. 201, in tema di liquidazione coatta amministrativa, come sopra osservato cfr. p. 8.1.2 dispone, verbatim, la dichiarazione di fallimento sospende il corso degli interessi convenzionali o legali, agli effetti del concorso, fino alla chiusura del fallimento . La disposizione normativa in esame è chiara nello stabile la sospensione del decorso degli interessi solo agli effetti del concorso , interessi che, pertanto, continuano a maturare al di fuori del concorso e dunque nei rapporti tra il singolo creditore e debitore sottoposto a procedura concorsuale, e ciò secondo le consuete regole di cui all'art. 1282 c.c., ovvero le convenzioni stabilite tra le parti. Sul punto è condivisibile l'argomentazione spesa dalla corte lagunare laddove evidenzia che, qualora il legislatore avesse voluto escludere la maturazione degli interessi in senso assoluto durante il concorso, allora lo avrebbe detto esplicitamente, non utilizzando, dunque, la limitata espressione sospensione degli interessi, ed anzi statuendo espressamente che il credito avrebbe cessato di produrre interessi definitivamente in conseguenza dell'apertura del concorso. 8.2.2 Del resto, tale soluzione è stata già incidentalmente accolta dalla giurisprudenza di questa Corte in altro precedente Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2608 del 05/02/2014, ove è stato affermato .Tale affermazione non tiene conto di un principio tanto risalente quanto pacifico sia nella dottrina unanime che nella giurisprudenza quello secondo cui il R.D. n. 267 del 1942, art. 55, là dove stabilisce che il corso degli interessi è sospeso nel periodo compreso tra la dichiarazione di fallimento e la chiusura dello stesso, rileva solo nei confronti della curatela ed ai soli effetti del concorso. Nei confronti del fallito, invece, gli interessi continuano a decorrere anche durante la procedura, e gli interessi potranno essere domandati dopo la chiusura del fallimento se e quando dovesse tornare in bonis Sez. 2, Sentenza n. 12262 del 03/12/1997, in motivazione prova ne sia che, anche durante la pendenza del fallimento, gli interessi maturati dopo l'apertura di esso restano dovuti dagli eventuali fideiussori del fallito ex permultis, Sez. 1, Sentenza n. 11228 del 28/08/2000 Sez. 3, Sentenza n. 7603 del 14/08/1997 . Il che non potrebbe spiegarsi, data l'accessorietà dell'obbligazione del fideiussore, se non presupponendo che gli interessi dovuti dal debitore principale continuano a maturare dopo l'apertura del fallimento, sebbene non siano dovuti da quest'ultimo . 8.2.3 Sul punto occorre, anche, richiamare un'autorevole opinione dottrinaria secondo la quale la sospensione degli interessi di cui alla L.Fall., art. 55, equivale ad una sorta di inesigibilità temporalmente limitata al concorso , tanto ciò è vero che il credito ben potrà essere azionato nei confronti del fallito, non appena tornato in bonis e sempre che il credito stesso non sia oggetto di esdebitazione, e ciò anche per la parte maturata in corso di procedura. Ne rappresenta un'ulteriore dimostrazione la circostanza che, in caso di riapertura del fallimento, i crediti dei creditori già insinuati possono essere maggiorati della richiesta degli interessi, che sono maturati dalla prima sentenza di fallimento sino alla riapertura. 8.2.4 Del resto, è fermo in dottrina ed anche in giurisprudenza il principio secondo cui la sospensione degli interessi riguarda esclusivamente il soggetto fallito ovvero che si trovi in stato di insolvenza e non può avvantaggiare gli eventuali suoi fideiussori ovvero coobbligati che siano in bonis, e ciò proprio in ragione della circostanza che il blocco degli interessi, nella sede concorsuale, non riguarda la loro maturazione, ma esclusivamente la loro esigibilità nei confronti del fallito Cass. 12 novembre 1981, n. 5985 Cass. 2608/2014, cit. supra . 8.2.4.1 Ma se è indiscutibile che gli interessi maturino nei confronti del fideiussore ovvero del coobbligato nel corso della procedura concorsuale del debitore principale cfr. anche in tal senso Cass. 7603/1997 e Cass. 11228/2000 e che, in ogni caso, continui a persistere l'accessorietà dell'obbligazione del fideiussore rispetto a quella del debitore principale, secondo il disposto normativo di cui all'art. 1941 c.c., allora la diversa tesi perorata dai controricorrenti non riesce a spiegare l'effetto distorsivo di ritenere, da un lato, liberato il debitore principale sottoposto a procedura concorsuale dell'obbligazione di interessi maturati in corso di procedura e, dall'altro, di affermare la contemporanea persistenza della corrispondente obbligazione del fideiussore per il medesimo credito. Detto altrimenti, si libererebbe il debitore sottoposto a procedura concorsuale della obbligazione di interessi che non è a carico della procedura, ma nello stesso tempo il fideiussore dovrebbe rispondere della medesima obbligazione, con la conseguenza inevitabile di un ingiustificato trattamento di favore del solo debitore sottoposto alla procedura concorsuale, non previsto dalla legge ed anzi confliggente con il principio generale della responsabilità patrimoniale decretato dall'art. 2740 c.c 8.2.4.2 Ma ciò che non può essere dimenticata è la natura accessoria della fideiussione. Ed invero, l'art. 1941 c.c., comma 1, così recita La fideiussione non può eccedere ciò che è dovuto dal debitore . Norma quest'ultima che, se rettamente interpretata in relazione all'obbligo di pagamento degli interessi endoconcorsuali L.Fall., ex art. 55, a carico del fideiussore, non può non portare a far ritenere che il debitore, ancorchè fallito, continui anch'egli ad essere obbligato al pagamento degli interessi la cui esigibilità è temporalmente sospesa interessi, dunque, il cui pagamento - diversamente opinando - non potrebbe essere richiesto al fideiussore perchè la richiesta sarebbe contraria proprio al disposto normativo di cui all'art. 1941 c.c 8.2.4.3 Nè convince la spiegazione fornita alla diversità di trattamento tra debitore principale e fideiussore in relazione al pagamento degli interessi endoconcorsuali fondata sulla disponibilità del patrimonio da parte di quest'ultimo e dunque sulla possibilità di adempiere alla prestazione di pagamento, possibilità invece non esistente per il fallito, che è assoggettato, invece, allo spossessamento di cui alla L.Fall., art. 42. In realtà, l'argomento non coglie nel segno, posto che il fallito potrà adempiere al suo obbligo di pagamento solo dopo la chiusura ovvero la revoca della procedura concorsuale, e dunque proprio nel momento in cui, tornando in bonis, avrà di nuovo la disponibilità dei suoi beni la cui liquidazione potrà garantire l'adempimento del pagamento degli interessi continuati a maturare nel corso della procedura e divenuti esigibili solo nel momento della chiusura della procedura concorsuale. 8.2.5 Del resto, non vi è dubbio che la ratio sottesa alla regola della sospensione dell'esigibilità degli interessi decretata dalla L.Fall., art. 55, vada rintracciata nell'esigenza di cristallizzazione del passivo, al fine di garantire, nel migliore dei modi, la par condicio creditorum, in modo tale, cioè, da rendere accertabile l'entità complessiva dei debiti concorsuali, svincolati dall'insorgenza di ulteriori crediti accessori. Ciò non determina in alcun modo, secondo la lettera della norma dettata dalla L.Fall., art. 55, alcun effetto estintivo dei diritti di credito accessori derivanti da interessi connessi ai crediti chirografari ammessi al passivo, ma solo un effetto di temporanea inesigibilità degli stessi sino alla chiusura della procedura, inesigibilità che, tuttavia, non comporta un effetto preclusivo alla maturazione degli interessi nel corso della procedura stessa. 8.2.5.1 Può dunque affermarsi, in conclusione, che il principio della cristallizzazione ha chiaramente una portata interna alla procedura concorsuale, come si ricava dal tenore della norma in questione la cui lettera dispone la sospensione degli interessi agli effetti del concorso, fino alla chiusura del fallimento, così escludendo che debba allo stesso modo operarsi decidendo sui rapporti creditore-debitore al di fuori della procedura Cass. 12262/1997, in motivazione cfr. anche Cass. 6953/2008, Cass. 6672/2005 . 8.2.5.2 Ne consegue, ancora, che l'affermazione secondo cui la sospensione del corso degli interessi, agli effetti del concorso, equivalga ad una sorta di inesigibilità temporalmente limitata al concorso non significa, in realtà, ammettere che i crediti pecuniari idonei a produrre interessi cessino, con l'apertura della procedura, di generare interessi, e ciò in ragione del fatto che il sopravvenire della procedura non rende infruttiferi i crediti pecuniari, bensì rende solo la pretesa agli interessi post-fallimentari inopponibile al patrimonio liquidato ed agli organi della procedura concorsuale. Così, il debito degli interessi matura nel corso della procedura in capo al debitore fallito, il quale con la chiusura del fallimento riacquista, insieme al libero esercizio dei propri diritti, anche l'eventuale patrimonio residuo, con la conseguenza che, come già sopra affermato, i creditori potranno, pertanto, una volta chiuso il fallimento, azionare le loro pretese creditorie sul patrimonio del debitore fallito tornato in bonis. 8.2.6 Una conferma sistematica all'opzione interpretativa qui accolta si rintraccia - a differenza di quanto osservato dai controricorrenti - proprio nel disposto normativo di cui alla L.Fall., art. 120, oggi comma 3. Orbene, la norma da ultimo citata statuisce che - in tema di effetti della chiusura - i creditori riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta dei loro crediti per capitale e interessi, salvo quanto previsto dagli artt. 142 e seguenti . Sul punto, va precisato la L.Fall., art. 120, comma 2 attuale comma 3 , nella vecchia formulazione, qui applicabile ratione temporis disponeva in modo sostanzialmente invariato che i creditori riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta per capitale e interessi . 8.2.6.1 Secondo quanto sopra affermato e seguendo l'opinione invalsa nella dottrina maggioritaria, i creditori hanno, dunque, diritto di ottenere dal debitore tornato in bonis anche il pagamento di tutti gli interessi maturati durante la procedura, proprio perchè la disposizione normativa di cui alla L.Fall., art. 55, comma 1, ha effetto solo endofallimentare e riguarda i rapporti tra fallito e singoli creditori all'interno del concorso. Deve, dunque, ritenersi che la norma sopra ricordata di cui alla L.Fall., art. 120, rappresenti un corollario applicativo, in sede fallimentare, del più generale principio della responsabilità patrimoniale di cui all'art. 2740 c.c., principio applicabile - per quanto sopra ricordato - anche all'amministrazione straordinaria. Sarebbe, infatti, contrario al principio di responsabilità patrimoniale ammettere che il debitore fallito tornato in bonis non risponda del pagamento degli interessi e che sia esentato per sempre dalla relativa obbligazione pecuniaria, a fronte, peraltro di un regime normativo in materia fallimentare che, da un lato, prevede, alla L.Fall., art. 55, comma 1, solo l'effetto di sospendere agli effetti del concorso l'esigibilità degli interessi ai fini della cristallizzazione della debitoria concorsuale e, dall'altro, stabilisce espressamente, alla L.Fall., art. 120, comma 3, la possibilità di richiedere al debitore tornato in bonis il pagamento di capitale ed interessi non soddisfatti. 8.2.6.2 Nè sarebbe accettabile la tesi secondo cui la norma dettata dal predetto L.Fall., art. 120, comma 3, si riferisca solo ai crediti per capitale e interessi ammessi allo stato passivo e non soddisfatti, e non già a tutti crediti per capitale e interessi e, dunque, anche a quelli - come nel caso in esame - per interessi non ammessi al passivo perchè non esigibili nel corso della procedura. In realtà, tale opzione interpretativa, oltre a non avere un sicuro riscontro normativo, collide con la ratio sottesa alla norma ora in esame, atteso che non si comprende per quale ragione dovrebbe verificarsi la sussistenza di un residuo credito relativo a soggetti insinuati al passivo per capitale ed interessi anteriori alla dichiarazione di fallimento e non soluti verso il fallito, che tuttavia sarebbe ancora dotato di un residuo attivo. Ed invero, la condizione da ultimo descritta impedisce, sino al pagamento dei crediti ammessi, la chiusura della procedura ovvero ne determina, a date condizioni, la riapertura quando si accerti l'esistenza di un residuo attivo. 8.2.6.3 Del resto, va aggiunto che proprio l'eccezione prevista dall'art. 120, comma 3 nuova formulazione , relativa alla possibilità di esdebitazione del fallito conferma la regola della maturazione degli interessi in corso di procedura, per i quali la medesima norma dispone expressis verbis il libero esercizio dei relativi diritti sostanziali e processuali, dopo la chiusura del fallimento. 8.2.7 Non risultano ostative all'accoglimento della tesi della maturazione degli interessi sui crediti chirografari nel corso della procedura neanche le argomentazioni legate, da un lato, alla non imputabilità al debitore fallito dei tempi della procedura concorsuale tempi nel corso dei quali maturerebbero gli interessi e, dall'altro, alla non esigibilità del debito principale produttivo di interessi. 8.2.7.1 Sotto il primo profilo, va osservato che la causa dell'apertura della procedura dell'insolvenza è pur sempre riconducibile al debitore e al suo comportamento inadempiente alle obbligazioni contratte che determinano, tra l'altro, lo squilibrio patrimoniale e finanziario dell'impresa conducente all'accertamento dell'insolvenza , sicchè non può ritenersi che il maturarsi degli interessi, nel corso della procedura concorsuale, sia fatto non imputabile al debitore fallito. Del resto, va aggiunto che il pericolo di ritardi nella chiusura della procedura fallimentare imputabili agli organi di quest'ultima ed in particolare al curatore fallimentare può essere contenuto, sul piano patrimoniale, attraverso la possibilità di azioni di responsabilità esperibili nei confronti del curatore stesso. Volendo, poi, spostare il discorso sulla tematica più estesa degli istituti di carattere generale di matrice civilistica, va osservato come, in realtà, nell'ipotesi di mora credendi art. 1207 c.c., comma 1 si registri un caso codificato di non debenza degli interessi, fattispecie che tuttavia non si attaglia alla dichiarazione di fallimento che, per quanto si è ora chiarito, è invece riconducibile a condizioni e situazioni comunque imputabili alla sfera volitiva del debitore. 8.2.7.2 Sotto un secondo profilo di riflessione, va precisato che è proprio la L.Fall., art. 55, comma 2, a statuire che i debiti pecuniari del fallito si considerano scaduti, agli effetti del concorso , alla data di dichiarazione di fallimento, sicchè i relativi crediti devono considerarsi esigibili all'interno del concorso e secondo le peculiari regole previste dalla legge fallimentare. Quanto appena precisato toglie respiro anche all'altra obiezione sollevata dai controricorrenti, e cioè che, ai sensi dell'art. 1282 c.c., comma 1, solo i crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro producono interessi corrispettivi di pieno diritto, posto che, per un verso, i crediti nei confronti del fallito devono ritenersi esigibili, all'interno del concorso, già al momento della dichiarazione di fallimento e che, per altro verso, i medesimi crediti producono, pertanto, interessi durante la procedura, con la sola peculiarità - per quanto sopra spiegato - che quest'ultimi potranno essere richiesti al termine della procedura concorsuale al fallito tornato in bonis, secondo quanto disposto dalla L.Fall., art. 55, comma 1. Occorre infatti distinguere il piano dell'esigibilità del credito, sul cui capitale maturano interessi secondo la regola dettata dalla norma da ultimo citata esigibilità che, all'interno del concorso, è determinata proprio dalla dichiarazione di fallimento , dal piano della sospensione temporanea della esigibilità degli interessi che maturano nel corso della procedura sui crediti nei confronti del fallito che, come detto, con la dichiarazione di fallimento, diventano tutti esigibili, sempre secondo, però, le regole del concorso. 8.2.7.3 Nè risulta di ostacolo a questa ricostruzione l'obiezione secondo cui la mancata disponibilità del patrimonio da parte del fallito che ne è stato spossessato, ai sensi della L.Fall., art. 42 renderebbe inesigibili i crediti, generatori di interessi, nei confronti del fallito. Sul punto, va precisato che, se è vero, per quanto sopra detto che, ai fini dell'apertura del concorso, la dichiarazione di fallimento determina ex sè la esigibilità di tutti i crediti nei confronti del fallito, è altrettanto indiscutibile che la sopra descritta temporanea sospensione dell'esigibilità degli interessi maturati in corso di procedura viene meno proprio allorquando il fallito, tornando in bonis, riacquista la disponibilità del suo patrimonio residuo, e ciò dopo che, fisiologicamente, tale disponibilità era stata trasferita in favore del curatore per consentire la liquidazione concorsuale dei beni. 8.2.8 Deve dunque affermarsi che, secondo la L.Fall., art. 55, comma 1, la sospensione del decorso degli interessi vale solo all'interno del concorso e non si estenda anche ai rapporti singolari tra ciascun creditore ed il fallito. Gli interessi, pertanto, continuano a maturare al di fuori del concorso e dunque nei rapporti tra il singolo creditore e debitore sottoposto a procedura concorsuale, e ciò secondo le consuete regole di cui all'art. 1282 c.c. ovvero le convenzioni stabilite tra le parti. 8.3 Ma anche il secondo motivo corrispondente al primo motivo proposto da Cavarzere Produzioni Industriali S.p.A. in a. è infondato. Infatti, il primo motivo del ricorso proposto da Cavarzere Produzioni Industriali S.p.A. in a.s e il secondo proposto Società Italiana per l'Industria degli Zuccheri in liquidazione censurano la sentenza nella parte in cui ha ritenuto la legittimazione attiva di NPL Securitisation Italy SPV s.r.l. sulla scorta delle cessioni di credito. 8.3.1 In primo luogo, l'argomento fondante la tesi dell'invalidità dell'atto di cessione dei crediti per indeterminatezza dell'oggetto risulta, in parte sconfessato, da quanto già sopra affermato in relazione al primo motivo, e cioè che, durante il corso della procedura concorsuale, gli interessi continuano a maturare nei rapporti tra fallito e singoli creditori, di talchè anche l'oggetto della cessione, riguardante gli interessi cd. postfallimentari, deve ritenersi determinato e comunque determinabile. 8.3.2 In secundis, l'interpretazione dei predetti contratti di cessione è stata correttamente eseguita dalla corte distrettuale con valutazione in fatto che non è censurabile in cassazione, secondo la dedotta e sopra ricordata violazione di legge. Sul punto, non è inutile ricordare che, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte, la parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell'interpretazione di una clausola contrattuale, non può limitarsi a richiamare le regole di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., avendo invece l'onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati, ed in particolare il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l'interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, poichè quest'ultima non deve essere l'unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni, sicchè, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l'interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l'altra così, ex plurimus, Cass. 28319/2017 . 8.4 Il secondo motivo del ricorso proposto da Cavarzere Produzioni Industriali S.p.A. in a.s ed il terzo proposto Società Italiana per l'Industria degli Zuccheri in liquidazione censurano la sentenza nella parte in cui ha ritenuto provati in causa i crediti azionati. Essi sono invece inammissibili. 8.4.1 Sotto un primo profilo di riflessione, le censure non colgono la ratio decidendi della motivazione impugnata che - pur ritenendo tardiva la produzione documentale in appello e non opponibile a SIIZ la documentazione riguardante i piani di riparto della procedura di amministrazione straordinaria - evidenzia come il fatto costitutivo del credito già monitoriamente azionato fosse costituito dall'ammissione al passivo di due crediti chirografari, come tali idonei a far maturare gli interessi qui reclamati. Orbene, tale circostanza è stata ritenuta non contestata ovvero non adeguatamente contestata dalla corte di appello, così come del resto non era stata specificatamente contestata l'entità complessiva degli interessi reclamati. 8.4.2 Sotto altro profilo, va evidenziato come la parte ricorrente non lamenti tanto la violazione delle regole in punto di presunzioni semplici, quanto piuttosto l'apprezzamento in fatto da parte della corte di merito della documentazione attestante il credito azionato in sede giudiziale. Sul punto, non può neanche essere dimenticato che in tema di ricorso per cassazione, la deduzione avente ad oggetto la persuasività del ragionamento del giudice di merito nella valutazione delle risultanze istruttorie attiene alla sufficienza della motivazione ed è, pertanto, inammissibile ove trovi applicazione l'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione novellata dal D.L. n. 83 del 2012, conv., con modificazioni, nella L. n. 134 del 2012. Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 11863 del 15/05/2018 . 9. Va ora esaminato il ricorso principale. 9.1 Esso va accolto nei limiti qui di seguito precisati. Il secondo e terzo motivo del ricorso principale possono essere esaminati congiuntamente. Per quanto già sopra ricordato, la Corte lagunare aveva ritenuto prescritto il diritto agli interessi corrispettivi post-fallimentari, in ragione del decorso del termine quinquennale ex art. 2948 c.c., n. 4. La corte ha fondato tale decisione, da un lato, sulla circostanza che l'invio della lettera raccomandata L.Fall., ex art. 208, ovvero la formazione dello stato passivo da parte del commissario non aveva prodotto alcun effetto interruttivo del termine prescrizionale del credito per interessi post-fallimentari posto che gli accessori non esigibili nei confronti della procedura avrebbero dovuto essere richiesti direttamente al debitore e, dall'altro, perchè, stante il carattere relativo della perdita della capacità processuale del fallito nel periodo compreso tra la dichiarazione di fallimento e la chiusura della procedura, ne sarebbe discesa la conseguenza che il creditore avrebbe potuto convenire in giudizio il fallito personalmente, per chiedere nei suoi confronti la condanna al pagamento di un credito estraneo alla procedura fallimentare, da far valere subordinatamente al ritorno in bonis del convenuto. La questione di fondo e prioritaria riguarda, in realtà, il profilo della sospensione nell'esigibilità dei crediti da interessi post-fallimentari L.Fall., ex art. 55, comma 1 e la decorrenza della prescrizione, secondo quanto disposto dall'art. 2935 c.c Il ricorrente principale sostiene, cioè, che - in considerazione del fatto che, per un verso, il corso di tutti gli interessi sui crediti chirografari rimane sospeso durante la procedura fallimentare e, per altro verso, la domanda di ammissione allo stato passivo L.Fall., ex art. 94, produce l'interruzione della prescrizione con effetti permanenti fino alla chiusura della procedura la decorrenza del termine di prescrizione del diritto agli interessi cd. Post - fallimentari non potrebbe che farsi coincidere con la chiusura della procedura, sussistendo fino a tale momento un ostacolo legale all'esercizio del diritto - espressamente sancito dalla L.Fall., art. 120 - che impedisce il corso della prescrizione. 9.1.1 Deve essere chiarito, in premessa, che la disciplina del codice civile sulla sospensione della prescrizione, prevista agli artt. 2941 ss. c.c. che, peraltro, riveste carattere tassativo , non contiene principi dai quali è possibile dedurre la sospensione della prescrizione del credito degli interessi post-fallimentari per la durata della procedura di fallimento. 9.1.2 Occorre, inoltre, precisare che non è possibile affermare la predetta sospensione secondo il disposto di cui alla L.Fall., art. 55, prevedendo tale disposizione solo l'esclusione della produzione e maturazione degli interessi agli effetti del concorso, mentre nessun principio può essere dedotto in relazione alla prescrizione del credito degli interessi. 9.1.3 Sul punto, la ricorrente invoca il disposto normativo di cui alla L.Fall., art. 120, per dedurne che, fino alla chiusura della procedura, sussiste un impedimento legale all'esercizio del diritto che non consetirebbe il decorso del termine prescrizionale secondo questa prospettazione, il termine di prescrizione non potrebbe mai iniziare a maturare per il fatto che il diritto non può essere esercitato come prevede l'art. 2935 c.c. . 9.1.3.1 Tale assunto non è condivisibile proprio perchè non è esatto che il credito per interessi sia totalmente inesigibile durante il fallimento. Sul punto deve essere chiarito che se è pur vero che il detto credito, per il disposto di cui alla L.Fall., art. 55, è fuori del concorso e, dunque, non può essere ammesso al passivo e così realizzato sull'attivo fallimentare , è altrettanto vero che, fuori dal fallimento, esso è esistente ed esigibile, secondo la naturale maturazione degli interessi, tanto ciò è vero che il creditore ben potrà, in costanza di fallimento, agire in giudizio nei confronti del fallito per l'accertamento di tale credito e la condanna al pagamento di esso tale pronuncia sarà destinata ad avere efficacia esecutiva in riferimento al momento in cui il fallito sarà tornato in bonis, posto che il divieto di azioni esecutive e cautelari L.Fall., ex art. 51 riguarda soltanto i beni compresi nel fallimento Cass. 31843/2019 Cass. 2608/2014 . 9.1.3.2 Così, va detto che - prima della chiusura della procedura - non è da escludersi che la condanna pronunciata a carico del fallito possa costituire titolo per un'azione esecutiva su beni non acquisiti all'attivo fallimentare. A ciò va aggiunto che tra i beni non compresi nel fallimento, aggredibili con azioni esecutive e cautelari, in costanza di fallimento, vi possono essere, oltre ai beni di cui alla L.Fall., artt. 46 e 47, anche i beni pervenuti al fallito durante il fallimento e non acquisiti dal curatore L.Fall., ex art. 42, comma 3, e i beni già esistenti nel patrimonio del fallito alla data della dichiarazione di fallimento non acquisiti all'attivo o rimessi nella disponibilità del debitore, per effetto di rinuncia alla liquidazione da parte del curatore L.Fall., ex art. 104 ter, comma 7, sui quali, peraltro, quest'ultima disposizione introdotta con il D.Lgs. n. 5 del 2006 espressamente consente che i creditori in deroga a quanto previsto nell'art. 51, possono iniziare azioni esecutive o cautelari . 9.1.3.3 Ne consegue che non residuano dubbi sulla possibilità che i creditori, durante la procedura fallimentare, possano agire in executivis nei confronti del fallito, purchè su beni non compresi nel fallimento, e, per far ciò, possano, dunque, procurarsi titoli esecutivi giudiziali, esercitando azioni condannatorie a carico del fallito. 9.1.3.4 Per quanto concerne, più specificatamente, la costituzione in mora dell'impresa in amministrazione straordinaria, pur richiamando la Legge Prodi la L.Fall., artt. 195 ss. e, dunque, L. Fall. art. 44, a sua volta richiamato nella L.Fall., art. 200 , deve tuttavia osservarsi che, pacificamente, il creditore può convenire in giudizio il fallito personalmente, per chiedere nei suoi confronti la condanna al pagamento di un credito estraneo alla procedura, da far valere subordinatamente al ritorno in bonis del convenuto cfr., tra le altre, Cass. 2608/2014, cit. supra . 9.1.3.5 Del resto, la perdita di legittimazione processuale in capo al fallito, per effetto della dichiarazione di fallimento, non è assoluta ma relativa, e non comprende, dal punto di vista oggettivo, i diritti e le azioni esclusi dal fallimento e dal punto di vista soggettivo, i diritti e le azioni proposti da creditori che, in luogo di partecipare al concorso, abbiano scelto di soddisfarsi sull'eventuale patrimonio che residuerà alla distribuzione dell'attivo c.d. tutela post-fallimentare . Così, è stato ammesso che il creditore del fallito possa convenirlo in giudizio in proprio, chiedendo espressamente una condanna da intendersi eseguibile solo nell'ipotesi in cui questi dovesse ritornare in bonis Cass. 5727/2004 . Del pari, è stato affermato che il fallito possa essere convenuto in giudizio con una domanda fondata su un rapporto di cui gli organi fallimentari si siano disinteressati, e diretta ad ottenere una condanna da far valere dopo la chiusura del fallimento Cass. 3245/2003 . 9.1.3.6 Ne consegue che - come correttamente osservato anche dalla Procura generale nella requisitoria scritta - . se il creditore può convenire in giudizio personalmente il fallito per chiedere nei suoi confronti la condanna al pagamento di un credito estraneo può, a più forte ragione, costituirlo in mora per un debito estraneo alla procedura così, quanto affermato da Cass. 11966/2018 deve, dunque, interpretarsi nel senso che non è possibile la costituzione in mora solo per un debito interno alla procedura . Quanto si è fin qui detto vale, naturalmente, anche per l'impresa in amministrazione straordinaria, come sostenuto peraltro dalla dottrina. 9.1.3.7 Ma se così è, allora non può certo dubitarsi che - non sussistendo ipotesi tipizzate di sospensione della prescrizione degli interessi cd. postfallimentari e non potendosi neanche affermare l'assenza di un diritto di azione da parte dei creditori per un credito estraneo alla procedura e tali sono gli interessi postfallimentari L.Fall., ex art. 55 - decorra la prescrizione anche per tali crediti da interessi, prescrivendo, invero la L.Fall., art. 55, comma 1, solo una temporanea e per quanto sopra osservato limitata loro non esigibilità nei confronti del fallito. 9.2 Ciò posto e chiarito, occorre verificare la sussistenza o meno di efficaci atti interruttivi del decorso della prescrizione. Va, dunque, esaminata la questione dell'applicabilità all'amministrazione straordinaria dell'effetto interruttivo permanente previsto dalla L.Fall., art. 94. 9.2.1 Sul punto, va ricordato come la corte di merito avesse ritenuto necessario un atto di interruzione della prescrizione azionato direttamente nei confronti della società debitrice in a.s. da parte dei creditori e ciò per lo meno in sede extragiudiziale , non riconoscendo, dunque, efficacia interruttiva alla domanda di ammissione al passivo. Ebbene, occorre qui richiamare, in termini generali, la giurisprudenza pacifica espressa da questa Corte secondo cui la dichiarazione di fallimento non sospende nè interrompe il termine della prescrizione per l'esercizio delle azioni creditorie e che soltanto la presentazione delle istanze per la insinuazione del credito nel passivo fallimentare, equiparabile all'atto con cui si inizia un giudizio, determina l'interruzione della prescrizione con effetti permanenti fino alla chiusura della procedura concorsuale, in applicazione del principio generale fissato dall'art. 2945 c.c., comma 2 cfr., anche, Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11269 del 22/11/1990 . 9.2.1 Sul punto, va tuttavia precisato, come premessa, che la domanda di ammissione al passivo presentata per il credito da capitale deve ritenersi avere efficacia interruttiva anche in relazione agli interessi che ne costituiscono un accessorio e, dunque, anche per gli interessi postfallimentari, maturati fuori concorso, posto che quest'ultimi non possono ritenersi avulsi dal credito cui ineriscono e che è oggetto di ammissione al passivo, continuando tali interessi a maturare, nel corso della procedura, e risultando la loro esigibilità solo temporalmente sospesa . Del resto, la giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che l'interruzione della prescrizione per pendenza di lite sull'esistenza del credito si comunichi agli interessi relativi allo stesso, non potendosi agire per il conseguimento di essi fino a quando il credito cui si riferiscono non sia accertato mediante definizione del giudizio che lo contesta, con la conseguenza che il termine di prescrizione stabilito dall'art. 2948 n. 4 c.c. è interrotto, fino al passaggio in giudicato della relativa sentenza, anche riguardo agli interessi Sez. 3, Sentenza n. 61 del 07/01/1982 conf. 20/72 cfr. anche Cass. 14 giugno 1993 n. 11071 . 9.2.2 Ciò chiarito in termini generali, occorre, tuttavia, calare i principi sopra riaffermati alla fattispecie oggi in esame, che riguarda un'amministrazione straordinaria. 9.2.2.1 Ebbene, la L.Fall., art. 94, non è richiamato dalla disciplina della liquidazione coatta e, dunque, dell'amministrazione straordinaria. Va anche ricordato che l'apertura della procedura di liquidazione coatta amministrativa, come di amministrazione straordinaria, non determina alcun effetto sospensivo o interruttivo del decorso della prescrizione, come affermato dalla giurisprudenza di questa Corte Cass. 4209/2004 ed anche dalla dottrina. Ebbene, la fattispecie concretamente sottoposta all'esame di questa Corte riguarda, dunque, l'ipotesi di debitore assoggettato ad amministrazione straordinaria con riferimento alla versione disciplinare originaria dettata per questa procedura D.L. n. 30 del 1979, convertito in L. n. 95 del 1979 cfr. sopra, n. 1 com'è noto, il D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 53, comma 1, ha poi stabilito che l'accertamento del passivo prosegue sulla base delle disposizioni della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza, secondo il procedimento previsto dalla L.Fall., artt. 93 ss. . Ora, l'art. 1, comma 4, della citata legge prevede, per quanto non diversamente stabilito, l'applicazione degli articoli della legge fallimentare dedicati alla procedura di liquidazione coatta amministrativa artt. 195 e ss. . Nel concreto, il riferimento, qui in interesse, va agli snodi determinati dalle norme degli artt. 207 e ss., secondo la versione all'epoca vigente nelle sue linee di base, peraltro, non dissimile da quella che risulta nell'oggi vigente comunicazione del commissario liquidatore ai singoli creditori delle somme risultanti a credito di ciascuno secondo le scritture contabili e i documenti dell'impresa art. 207, comma 1 richiesta di riconoscimento di propri crediti da parte dei creditori che non hanno ricevuto la detta comunicazione, nonchè eventuali osservazioni e istanze da parte dei creditori che la comunicazione hanno invece ricevuto art. 208 art. 207, comma 3 formazione dello stato passivo da parte del commissario, con conseguente deposito in cancelleria e connessa esecutività del medesimo art. 209, comma 1 eventuale proposizione delle opposizioni e impugnazioni, ai sensi della L.Fall., artt. 98 e 100, versione vigente al tempo , con ricorso al presidente del tribunale art. 209, comma 2 . 9.2.2.2 Ritiene il Collegio che la diversa rispetto a quella propria dell'esecuzione fallimentare conformazione della procedura di verifica del passivo delineata dalla L.Fall., artt. 207 e ss., non sia sostanzialmente di ostacolo a ravvisare l'applicazione, pure nell'ambito di quest'ultima, di quanto desumibile dalla norma della L.Fall., art. 94. Non sia di ostacolo, più precisamente, a ricollegare alla partecipazione del creditore alla relativa procedura l'effetto di interruzione permanente della prescrizione che risulta per l'appunto stabilito da questa disposizione. Secondo i termini che si vengono ora a tratteggiare. 9.2.2.3 Ostativa al riguardo non è - va messo opportunamente in luce - la circostanza che, secondo la ferma giurisprudenza di questa Corte, la fase di verifica dei crediti di cui alla L.Fall., artt. 207 e 208 e L.Fall., art. 209, comma 1, ha, diversamente da quanto avviene nel fallimento, natura amministrativa e non giurisdizionale quest'ultima sussistendo solo nella fase eventuale delle opposizioni e impugnazioni . In effetti, le pronunce di questa Corte, che si sono soffermate su questo profilo, non hanno mai toccato, nè sfiorato, lo specifico tema, qui in rilievo, dell'interruzione della prescrizione Cass., SS.UU., 1 ottobre 2008, n. 25174 concerne la conformazione del termine di impugnazione Cass., 13 settembre 2017, n. 21216 attiene alla procura conferita al difensore Cass., 26 marzo 2015, n. 6060 riguarda il tema delle domande tardive Cass., 15 febbraio 2016, n. 2917 si occupa del rapporto tra la domanda presentata in sede di insinuazione e quella in sede di opposizione . Non mancano, d'altra parte e, volendo, soprattutto , pronunce che hanno esplicitamente affermato l'applicazione della L.Fall., art. 94, al contesto della procedura di verifica delineata nella L.Fall., art. 207 e 208 e L.Fall., 209, comma 1. Il riferimento in particolare va, con diretto riguardo alla procedura di amministrazione straordinaria, alle sentenze di Cass. n. 8515/1996 e di Cass. n. 9766/1997 entrambe relative a fattispecie di creditori non fatti oggetto di comunicazione da parte del commissario e presentatori di istanze di insinuazione tardiva L.Fall., ex art. 101, versione dell'epoca . Va, altresì, con relazione immediata alla procedura di liquidazione coatta, alle sentenze di Cass. n. 17955/2003 e di Cass. n. 4209/2004 anch'esse concernenti casi di creditori presentatori di istanze di insinuazione tardiva . 9.2.2.4 A supporto della soluzione adottata dalle pronunce or ora richiamate va rilevato che la proposizione di un'istanza, che possieda natura giudiziale art. 2945 c.c., comma 2 , non può essere considerata condizione esclusiva, indispensabile, per la produzione del c.d. effetto permanente della prescrizione. Prevede, invero, la norma dell'art. 2945 c.c., comma 4, nel caso di arbitrato la prescrizione non corre dal momento della notificazione dell'atto contenente la domanda di arbitrato sino al momento in cui il lodo che definisce il giudizio non è più impugnabile . E' importante notare, a questo proposito, che - come puntualmente osservato in dottrina - la detta efficacia permanente prescinde propriamente dall'eventuale passaggio in giudicato del lodo e quindi prescinde in toto dal decreto del tribunale che eventualmente venga a concedere , su richiesta della parte interessata, l'esecutorietà del lodo medesimo cfr. l'art. 825 c.p.c. . Non può essere però dimenticato che, secondo la giurisprudenza di vertice espressa da questa Corte Cass. Sez. Un., ord. n. 24153 del 25.10.2013 , l'attività degli arbitri rituali, anche alla stregua della disciplina complessivamente ricavabile dalla L. 5 gennaio 1994 n. 25 e dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, ha natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario. Tuttavia, non meno importante è osservare che la pronuncia di Cass., 5 dicembre 2001, n. 15410 ha ritenuto applicabile la disposizione dell'efficacia permanente di cui all'art. 2945 c.c., comma 4, anche alle fattispecie di arbitrato irrituale nel caso di specie, al procedimento di perizia contrattuale instaurato dall'assicurato con lettera raccomandata contenente la designazione del proprio tecnico, come accettata dall'assicuratore mediante indicazione del proprio perito . 9.2.2.5 Per altro verso va ancora notato che l'esperimento del procedimento di mediazione , previsto dal D.Lgs. n. 28 del 2010, come condizione di attivazione di tutta una serie di processi civili, viene dal momento della comunicazione alle altre parti automaticamente a produrre sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale . In relazione a questa ipotesi - e ad altre, correnti specialmente in materia previdenziale e in materia di diritto del lavoro -, è stato significativamente osservato che il sistema vigente presenta più casi in cui l'azione giudiziaria possa essere instaurata solo dopo l'effettuazione di un procedimento extragiudiziario, non necessariamente contenzioso e che, in tali evenienze, la tendenza è quella ad equiparare, in tema di efficacia permanente della prescrizione, alla domanda giudiziale l'istanza rivolta al soggetto competente a definire la fase extragiudiziaria. Alla base di questa tendenza sta - come ha provveduto a chiarire la pronuncia di Cass., SS.UU., 16 novembre 1999, n. 783 con immediato riferimento alla fattispecie disciplinata dalla norma del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 112 - il principio secondo cui la necessità di esperire una procedura giudiziaria per realizzare il diritto non deve danneggiare il titolare tale esigenza è viva - si è proseguito - anche quando la realizzazione del diritto soggettivo presupponga l'esperimento necessario di una procedura amministrativa, come avviene di frequente nelle obbligazioni pubbliche e viene soddisfatta o in funzione pretoria oppure . attraverso la legge . In applicazione sostanziale di questi principi, la recente pronuncia di questa Corte, 5 marzo 2019, n. 6343 ha stabilito che in tema di risarcimento del danno da atto amministrativo illegittimo, la domanda di annullamento dell'atto proposta avanti al giudice amministrativo . esprime la volontà del danneggiato di reagire all'azione autoritativa illegittima e, quindi, interrompe per tutta la durata del processo amministrativo il termine di prescrizione dell'azione risarcitoria, successivamente esercitata dinnanzi al giudice ordinario . 9.2.2.6 A positivo conforto della soluzione adottata dalle sopra citate pronunce di questa Corte ultimo capoverso, p. 9.2.2.3 - e che qui viene condivisa - milita, d'altro canto, pure un evidente rilievo di ordine sistematico. In effetti, nel sistema vigente la regolamentazione propria della procedura fallimentare si pone, tra le altre cose, pure come fulcro informatore della disciplina delle altre procedure di origine e tratto più o meno marcatamente amministrativo. Milita altresì, e più in particolare, la constatazione che la norma della L.Fall., art. 209, comma 2, richiama - per le opposizioni e impugnazioni dei crediti non ammessi nello stato passivo dell'amministrazione straordinaria - la normativa della L.Fall., artt. 98 e seg., che è scritta per la procedura fallimentare secondo quanto già accennato sopra, nel p. 9.2.2.1 . Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, invero, il giudizio di opposizione, pur non potendosi identificare nella struttura dell'appello, possiede comunque una natura propriamente impugnatoria cfr., per tutte, Cass., n. 31 luglio 2017, 19003 . Ora, quest'uniformità dei procedimenti di impugnazione pare, tra l'altro, dare per presupposto una parificazione, almeno sostanziale, degli esiti delle rispettive fasi di accertamento dei crediti e degli effetti dalle stesse prodotti. Nè si vede, anche in via correlata, la ragione che - sotto il profilo della partecipazione al concorso - possa giustificare un trattamento differenziato tra creditori comunque ammessi allo stato passivo e creditori che, in quanto esclusi, hanno dovuto proporre opposizione. 9.2.2.7 Ferma questa somma di rilievi, si tratta adesso di individuare l'estensione in cui risulta predicabile, nell'ambito della procedura di amministrazione straordinaria secondo la sua versione originaria, tuttora sostanzialmente in essere per la procedura di liquidazione coatta , l'effetto di interruzione permanente della prescrizione di cui alla disposizione della L.Fall., art. 94. La questione si pone, naturalmente, per i creditori la cui partecipazione al concorso segua in via immediata alla comunicazione del commissario L.Fall., ex art. 207, comma 1, non essendo invero dubitabile - sulla base delle considerazioni sopra effettuate - che la disciplina di cui alla L.Fall., art. 94, si applichi senz'altro alle posizioni comunque legate all'espressa manifestazione di una richiesta da parte del singolo creditore e riconducibili, dunque, alle situazioni considerate nelle norme della L.Fall., art. 209, comma 2, L.Fall., art. 208 e L.Fall., art. 207, comma 3 . 9.2.2.8 Il Collegio ritiene che la regola dell'interruzione permanente della prescrizione, di cui alla L.Fall., art. 94, venga a trovare applicazione anche nei confronti delle posizioni creditorie appena emarginate. E' da osservare, in proposito, che la mancata formalizzazione di una domanda da parte delle posizioni creditorie in esame viene nella sostanza a dipendere dalla peculiare struttura organizzativa che connota la relativa procedura. Al principio dell'impulso della domanda, che governa l'esecuzione fallimentare cfr. le norme della L.Fall., art. 93 e L.Fall., art. 118, comma 1, n. 1 , si sostituisce la regola dell'impulso d'ufficio che tipicamente connota la procedura di liquidazione coatta, quale calco base della versione originaria di quella di amministrazione straordinaria cfr. Cass. S.U., 26 marzo 2015, n. 6060 . In un simile contesto di riferimento specifico, la formale presentazione di una domanda da parte del creditore si manifesta - prima ancora che non necessaria - non utile e, a ben guardare, neppure opportuna. Nella valutazione del legislatore, invero, risulta normale nel senso dell'id quod plerumque accidit che le risultanze documentali dell'impresa in liquidazione - sulla base delle quali il commissario forma le comunicazioni da inviare ai vari interessati cfr. l'ultima parte del primo periodo dell'art. 207, comma 1 - corrispondano ai termini oggettivi delle pretese creditorie non a caso la citata pronuncia delle Sezioni Unite considera semplici temperamenti dell'officiosità della procedura di verifica le facoltà di intervento del creditore previste dalla L.Fall., art. 207, comma 3, e L.Fall., art. 208 . 9.2.2.9 E' da aggiungere che la soluzione qui adottata risulta altresì imposta dal principio di ragionevolezza ovvero e altrimenti detto da quello della parità di trattamento. Non è infatti oggettivamente pensabile che il creditore - che non ha nulla da obiettare alle risultanze documentali espresse dall'impresa in liquidazione sia posto in una posizione deteriore ovvero sia discriminato rispetto a quella del creditore che tale non viene considerato anche solo per misura o grado dalla medesima documentazione. Neppure è pensabile che i creditori ammessi de plano siano posti in posizione diversa e peggiore rispetto a quella di coloro che, per far valere il loro titolo, abbiano dovuto svolgere delle specifiche contestazioni su quest'ordine di rilievi v. già sopra, l'ultimo periodo del p. 9.2.2.6 . 9.2.2.10 Resta ancora da puntualizzare che - per i creditori di cui si sta discorrendo - l'effetto interruttivo della prescrizione viene a prodursi solo al tempo in cui diventa esecutivo l'elenco dei creditori ammessi ai sensi della L.Fall., art. 209, comma 1. Secondo quanto precisato dalla giurisprudenza di questa Corte, infatti, è soltanto con il deposito in cancelleria che il detto elenco non può più essere variato, nè revocato cfr., in specie, Cass., 12 febbraio 2008, n. 3380 . Occorre pertanto una rilettura da parte della Corte di appello della vicenda processuale alla luce dei principi qui affermati, in relazione al secondo e terzo motivo del ricorso principale, che vanno accolti nei limiti di cui in motivazione. 10. Il quarto motivo è assorbito. 11. Il quinto motivo è invece inammissibile in quanto la società ricorrente non ha interesse ad impugnare la statuizione della corte lagunare in relazione alla dichiarata tardività della produzione documentale in appello, posto che, sotto un primo preliminare profilo, tale statuizione non costituisce un capo autonomo della sentenza e, sotto altro profilo di osservazione, occorre ricordare che, sul punto, la odierna parte ricorrente è risultata vincitrice in ordine al proposto appello incidentale con la conseguenza che la medesima parte non è legittimata ad impugnare la detta statuizione. A ciò va aggiunto che il motivo difetta di autosufficienza, requisito per il quale il deducente ha l'onere non solo di trascrivere il testo integrale, o la parte significativa del documento nel ricorso per cassazione, al fine di consentire il vaglio di decisività, ma anche di specificare gli argomenti, deduzioni o istanze che, in relazione alla pretesa fatta valere, siano state formulate nel giudizio di merito, pena l'irrilevanza giuridica della sola produzione, che non assicura il contraddittorio e non comporta, quindi, per il giudice alcun onere di esame, e ancora meno di considerazione dei documenti stessi ai fini della decisione così, Cass. 13625/2019 . Ciò non è avvenuto da parte dell'odierno ricorrente. Occorre pertanto affermare i seguenti principi di diritto Secondo la L.Fall., art. 55, comma 1, la sospensione del decorso degli interessi vale solo all'interno del concorso e non si estende anche ai singoli rapporti correnti tra ciascun creditore ed il fallito. Gli interessi, pertanto, continuano a maturare al di fuori del concorso e dunque nei rapporti tra il singolo creditore e debitore sottoposto a procedura concorsuale . La prescrizione degli interessi sui crediti chirografari ai sensi della L.Fall., art. 55, comma 1, matura anche nel corso della procedura concorsuale . La prescrizione dei crediti da interessi maturati sui crediti chirografari, ai sensi della L.Fall., art. 55, comma 1, viene interrotta, nella procedura fallimentare, dalla domanda di insinuazione al passivo con effetto permanente per tutto il corso della procedura. Nella diversa ipotesi di amministrazione straordinaria, sottoposta alla disciplina originaria di cui alla L. n. 95 del 1979, come avviene anche nella procedura di liquidazione coatta amministrativa, l'esecutività dello stato passivo depositato dal commissario ai sensi della L.Fall., art. 209, comporta interruzione della prescrizione con effetto permanente, per tutto il corso della relativa procedura concorsuale, anche per i creditori ammessi a diretto seguito della comunicazione inviata dal commissario ai sensi della L.Fall., art. 207, comma 1 . In conclusione, va accolto, nei limiti e nei termini che sono stati indicati, il ricorso principale. Vanno respinti i ricorsi incidentali. La sentenza impugnata deve essere pertanto cassata con rinvio alla Corte di appello di Venezia, che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso principale, nei termini di cui in motivazione. Respinge i ricorsi incidentali. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia alla Corte di Appello di Venezia che, in diversa composizione, provvederà anche alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità. Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti incidentali, dell'ulteriore importo a titolo di contributo pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a noma dello stesso art. 13, comma 1 bis.