Quali sono gli “atti di frode” rilevanti per la revoca del concordato?

Il decisum in rassegna offre lo spunto per analizzare la nozione di atti di frode”, quale figura non tipizzata e residuale di revoca del concordato, ai sensi dell’art. 173, l. fall. E, i Giudici della Prima sezione civile di Piazza Cavour, con la sentenza n. 25458/19, depositata il 10 ottobre 2019, conformandosi ai precedenti di legittimità intervenuti in materia, v., da ultimo, Cass., 30537/18 , chiariscono che, a tratto costitutivo e informante della nozione di atto in frode” si pongono due aspetti

In primis, deve trattarsi di una circostanza la cui esistenza viene taciuta nella sua materialità ovvero pure esposta in modo non adeguato e compiuto, come successivamente venuta alla luce in esito alle verifiche ed analisi compiute dal commissario giudiziale. Questo deficit informativo dev’essere, inoltre, tale da risultare per sé idoneo ad alterare la cognizione informativa dei creditori e quindi a incidere in modo significativo sulla valutazione compiuta dagli stessi. A mezzo della previsione dell’art. 173, la legge pretende, in definitiva, che i creditori siano puntualmente informati delle caratteristiche rilevanti di cui alla proposta di concordato, sì da essere messi in grado di esprimere un giudizio – di consenso oppure di dissenso – correttamente informato. Il fatto. Con ricorso del maggio 2012, la Beta s.r.l. e il suo creditore Gamma s.r.l. hanno sporto reclamo, ex art. 18 l. fall. nei confronti della sentenza con cui il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, revocato il decreto di apertura del concordato preventivo ai sensi dell’art. 173 l. fall., ha dichiarato il fallimento della Beta s.r.l. stessa. Tuttavia, anche la Corte d’Appello di Messina ha respinto il reclamo, con sentenza depositata il 16 maggio 2013. Avverso quest’ultima decisione sia la Beta s.rl. che la Gamma s.r.l. hanno proposto ricorso per cassazione, facendo valere cinque distinti motivi di censura. E, la Suprema Corte, accogliendo il terzo e il quarto motivo osserva che non ogni pagamento di debito sorto prima dell’apertura della procedura comporta, ove eseguito in difetto di autorizzazione, la revoca dell’ammissione alla procedura di concordato, ma solo quelli di cui venga accertata la natura fraudolenta” del fatto pagamento. In particolare, gli Ermellini osservano che la pronuncia del merito è pervenuta alla decisione limitandosi a rilevare che la Beta s.r.l. aveva eseguito in difetto di autorizzazione vari e reiterati pagamenti, omettendo di accertarne l’effettiva valenza di atti in frode, nonostante la natura dei rapporti da cui traevano origine i crediti soddisfatti e senza neppure preoccuparsi di verificare la data di insorgenza degli stessi. In esito al giudizio di rinvio, quindi, la Corte d’Appello di Messina ha annullato il provvedimento di revoca del concordato preventivo e revocato la dichiarazione di fallimento, disponendo la rimessione degli atti al Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto. In proposito il Giudice di prime cure ha rilevato che, nella specie, erano stati eseguiti, tra il dicembre 2010 e il maggio 2011, diversi pagamenti per un ammontare complessivo pari ad Euro 66.000,00, a fronte di un fabbisogno concordatario di Euro 2,1 milioni, laddove trattasi, per di più, di somme corrispettive di prestazioni correlate alla procedura o funzionali alla conservazione dei beni e alla continuità aziendale. E, ancora, avverso quest’ultimo provvedimento, il fallimento della Beta s.r.l. presenta ricorso in cassazione, affidandolo a due motivi, che gravitano entrambi sul tema degli atti in frode” di cui all’art. 173 l. fall. il primo concerne i pagamenti compiuti senza autorizzazione il secondo si focalizza sul contenzioso passivo in essere tra la Beta s.r.l. e terzi al tempo dell’apertura della procedura concordataria, e di cui non è stata data comunicazione. La Suprema Corte accoglie il secondo gravame, chiarendo che la mera e generica indicazione nella proposta di un fondo rischi non può certo raggiungere un livello dell’informazione adeguato e compiuto. Di conseguenza, la sentenza impugnata va cassata, per quanto di ragione, e la controversia va rinviata alla Corte d’Appello di Messina, che, in diversa composizione, provvederà anche alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità. La vigilanza del commissario giudiziale nella fase prenotativa” di concordato. Per quanto riguarda la funzione di vigilanza del commissario giudiziale sull’amministrazione dei beni e sull’esercizio dell’impresa da parte del debitore, essa si concreta in un generalizzato potere di controllo e di verifica sull’una e sull’altro ed è specificamente finalizzata a prevenire e, se del caso, denunciare il compimento di atti vietati, e non a sostituirsi al debitore. L’attività di vigilanza del commissario giudiziale sugli atti del debitore è funzionale all’esercizio del potere di attivare il procedimento, ex art. 173, l. fall., per la revoca dell’ammissione al concordato nella fase prenotativa”, non essendo, in realtà, ancora intervenuta l’ammissione si tratta piuttosto dell’apertura di un procedimento volto a dichiarare, se del caso, l’improcedibilità della domanda. La base di partenza sui cui il commissario giudiziale dovrà avviare la propria attività di verifica è rappresentata dai documenti che il debitore deve comunque depositare, ex art. 161, comma 6, l. fall., i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi e l’elenco nominativo dei creditori . È tuttavia opportuno che il commissario celermente esamini anche le scritture contabili che l’impresa è obbligata, già nella fase in esame, a tenere a disposizione del giudice delegato e del commissario giudiziale”, ai sensi dell’art. 170, comma 2, l. fall. Il commissario giudiziale ha quindi il dovere di verificare se l’imprenditore ha tenuto o tiene una delle condotte descritte dall’art. 173, l. fall., al fine di riferire al tribunale, che può, sulla base di tale informativa, aprire più consapevolmente il procedimento per la dichiarazione di improcedibilità della domanda di concordato, ed eventualmente dichiarare il fallimento a seguito del deposito di un ricorso da parte di uno dei soggetti legittimati e dell’accertamento dei relativi presupposti oggettivi e soggettivi. Ai fini della revoca dell’ammissione al concordato rilevano gli atti non espressamente indicati nella proposta che abbiano una valenza decettiva per i creditori. Gli atti di frode esigono che la condotta del debitore venga ricostruita come idonea ad occultare situazioni di fatto suscettibili di influire sul giudizio dei creditori. Difatti, l’intendimento fraudolento di compiere l’atto può anche consistere nella mera consapevolezza di avere taciuto nella proposta circostanze rilevanti ai fini dell’informazione dei creditori, senza che occorra la presenza di una dolosa preordinazione la valenza decettiva dell’atto di frode risolvendosi, per l’appunto, in un comportamento di taglio sostanzialmente falsante. Tale comportamento viene ad assumere rilevanza nella prospettiva della sua mera potenzialità decettiva, non già necessariamente in quella dell’effettiva consumazione, posto che la norma dell’art. 173, l. fall., non richiede che, una volta accertata la presenza di atti di frode, venga dato spazio a successive valutazioni dei creditori la norma, in altri termini, ferma la rilevanza del comportamento alla oggettiva potenzialità del carattere falsificante dell’atto, non richiede, inoltre, il verificarsi di un concreto pregiudizio, non rilevando, cioè, che l’inganno si sia effettivamente realizzato. La disposizione normativa dell’atto di frode ha un carattere aperto”, cioè non preventivamente tipizzato. Pertanto, risultano venuti in discussione nella giurisprudenza di legittimità, una variegata tipologia di situazioni e di atti tra loro anche molto diversificati ex multis , lo scostamento, rilevante e non motivato né plausibile, del valore assegnato alle rimanenze di magazzino in sede di proposta rispetto a quello di bilancio l’omessa indicazione di fideiussioni prestate dal proponente, poi pure escusse lo spin-off immobiliare, non specificato nei suoi precisi termini, con cessione delle quote relative alla nuova società a terzi la mancata indicazione di passività legate alla non dichiarata esistenza di contratti derivati l’operazione di leveraged buy out, descritta in termini incompleti e dunque imprecisi l’inadeguata illustrazione di una delibera di riduzione del capitale della società proponente la taciuta appropriazione di fondi sociali la sussistenza di una situazione debitoria ben superiore a quella emergente dalla domanda la vendita di un pacchetto azionario non adeguatamente illustrato il silenzio mantenuto, nella proposta di concordato, su una transizione pressoché coeva alla deliberazione di richiedere l’ammissione alla procedura concordataria e valutata dalla corte territoriale estremamente svantaggiosa per la debitrice. Concludendo. Il caso che qui ci occupa riguarda l’omessa indicazione del contenzioso che risulta in essere nei confronti della società proponente. Si tratta, nei fatti, di passività potenziali, l’effettiva misura della loro consistenza, dipendendo naturalmente dagli esiti che in concreto avranno i giudizi. E tuttavia rappresentative, queste passività, di rischi senz’altro concreti ed attuali, nonché misurabili sia in punto di prevedibile esito, sia in punto di dimensione degli esborsi ragionevolmente occorrenti. Dunque, la mera e generica indicazione nella proposta di un fondo rischi non può certo raggiungere il livello dell’informazione adeguata e compiuta.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 20 giugno – 10 ottobre 2019, n. 25458 Presidente Didone – Relatore Dometta Fatti di causa 1.- Con ricorso del maggio 2012, la s.r.l. OMISSIS e il suo creditore s.r.l. hanno sporto reclamo L. Fall., ex art. 18 nei confronti della sentenza con cui il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, revocato il decreto di apertura del concordato preventivo ai sensi della L. Fall., art. 173, ha dichiarato il fallimento della società omissis . La Corte di Appello di Messina ha respinto il reclamo, con sentenza depositata il 16 maggio 2013. Avverso questa omissis e hanno proposto ricorso per cassazione, che è stato articolato in cinque motivi. 2.- Respinto il primo motivo di ricorso, la sentenza 19 febbraio 2016, n. 3325 ha accolto il terzo e il quarto motivo quanto ai capi B1 e B2 - intesi a censurare uno, per violazione di legge l’altro, per omessa motivazione la decisione della Corte di Appello, per cui l’effettuazione del pagamento di debiti scaduti senza l’autorizzazione del giudice delegato determina senz’altro la revoca del concordato L. Fall., ex art. 173 -, con assorbimento dei motivi restanti. Di conseguenza, ha cassato il provvedimento impugnato, con rinvio della controversia alla Corte di Appello di Messina. Ha osservato in proposito questa Corte che non ogni pagamento di debito sorto prima dell’apertura della procedura comporta, ove eseguito in difetto di autorizzazione, la revoca dell’ammissione alla procedura di concordato, ma solo quelli di cui venga accertata la natura fraudolenta del fatto pagamento. Per aggiungere che la pronuncia del merito è pervenuta alla decisione limitandosi a rilevare che omissis aveva eseguito in difetto di autorizzazione vari e reiterati pagamenti , omettendo di accertarne l’effettiva valenza di atti in frode, nonostante la natura dei rapporti da cui traevano origine i crediti soddisfatti e senza neppure preoccuparsi di verificare la data di insorgenza degli stessi in buon parte successiva alla presentazione della domanda . 3.- In esito al giudizio di rinvio, la Corte di Appello di Messina ha annullato il provvedimento di revoca del concordato preventivo e revocato la dichiarazione di fallimento, disponendo la rimessione degli atti al Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto. In proposito la Corte del merito ha rilevato che, nella specie, erano stati eseguiti, tra il dicembre 2010 e il maggio 2011, pagamenti per attestazione fattibilità del concordato, per assistenza amministrativa cessione punti vendita, per tenuta contabilità obbligatoria, per ritenute di acconto professionisti, per assistenza legale, per redazione atto notarile, per trasloco attrezzature da omissis , nonché dal giugno 2011 al luglio 2011, per oneri previdenziali, per smaltimento rifiuti merce deperita, per tenuta contabilità e assistenza contabile, per assistenza legale il tutto per Euro 66.000,00 complessivi, a fronte di un fabbisogno concordatario di Euro 2,1 milioni, laddove trattasi, per di più, di somme corrispettive di prestazione correlate alla procedura o funzionali alla conservazione dei beni e alla continuità aziendale. 4.- Avverso questo provvedimento il fallimento della s.r.l. omissis presenta ricorso, affidandolo a due motivi. Resiste, con controricorso, la società. 5.- La controversia è stata chiamata all’udienza non partecipata del 18 dicembre 2018 della Sesta Sezione civile - 1. Entrambe le parti ha depositato memorie difensive. 6.- Con ordinanza interlocutoria del 31 gennaio 2019, n. 2999 il Collegio ha stabilito di rimettere la controversia alla pubblica udienza della Prima Sezione civile. In prossimità della data fissata per lo svolgimento della pubblica udienza, la società controricorrente ha depositato un’ulteriore memoria. Ragioni della decisione 7.- I motivi di ricorso gravitano entrambi sul tema degli atti in frode di cui alla L. Fall., art. 173 il primo concerne i pagamenti compiuti senza autorizzazione il secondo si focalizza sul contenzioso passivo in essere tra la OMISSIS e terzi al tempo dell’apertura della procedura concordataria, e di cui non è stata data comunicazione. 8.- Il primo motivo di ricorso denunzia, in particolare, violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 167 e 168 e 173 in relazione all’art. 360, n. 5 e, in subordine, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 . Sostiene in particolare il ricorrente che la Corte di Appello si è parzialmente e sommariamente adeguata al principio di diritto statuito dalla Corte di Cassazione, ma nel fare ciò, in difformità a quanto statuito dal Supremo Collegio, ha omesso di effettuare una compiuta indagine dei pagamenti e si è limitata ad applicare il principio della modesta entità dei pagamenti rispetto al fabbisogno concordatario . Molti di questi pagamenti - si soggiunge - sono in realtà riferibili a debiti sorti anteriormente alla procedura, posti in violazione della L. Fall., art. 167 ed eccedenti l’ordinaria amministrazione . 8.- Il motivo non merita di essere accolto. Non sussiste, infatti, la lamentata difformità dell’esame compiuto dalla Corte del merito rispetto a quanto stabilito dalla pronuncia n. 3325/2016. In conformità alle indicazioni lì formulate, la sentenza impugnata ha effettuato una valutazione complessiva del peso che i pagamenti, oggetto di discussione e censura, venivano a possedere rispetto alla formazione del giudizio dei creditori e rispetto alla consistenza del patrimonio del debitore. Del tutto ragionevolmente, poi, il relativo giudizio si è chiuso con il riscontro di sostanziale non incidenza dei pagamenti medesimi rispetto all’economia complessiva del concordato proposto posto, da un lato, il rapporto tra la misura del pagato e quella del complesso del fabbisogno concordatario argomento c.d. di proporzione cfr. sopra, nell’ultimo capoverso del n. 3 dall’altro, della rispondenza di tali pagamenti con le finalità della procedura argomento c.d. di coerenza funzionale . Il rilievo che il pagamento non autorizzato di debiti non comporta revoca del concordato nel caso in cui manchi un’effettiva dannosità dell’atto da valutarsi specie alla stregua della clausola generale del migliore soddisfacimento dei creditori è stato ribadito, nei tempi più recenti, da Cass., 21 giugno 2019, n. 16808, e da Cass., 16 maggio 2018, 11958. 9.- Il secondo motivo di ricorso lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 - nullità della sentenza e del procedimento in subordine, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti . Nel concreto, il motivo deduce che, nella pronuncia n. 3325/2016, questa Corte ha ritenuto assorbiti una serie di profili dal ricorrente già articolati nel procedimento di reclamo , anche precisando che tali profili sarebbero stati riproponibili nel giudizio di rinvio. Fa presente, inoltre, che nel procedimento di rinvio ha chiesto il riesame dei motivi medesimi in particolare, della mancata comunicazione della pendenza di alcuni procedimenti giudiziari. Puntualizza, ancora, di avere espressamente indicato questo aspetto come un atteggiamento posto in essere in frode ai creditori priva di ogni giustificazione appare la mancata comunicazione dell’ingente contenzioso che - secondo l’elencazione in atti cfr. relazione del Commissario giudiziale, p. 33 ss. - era per la maggior parte già pendente . Segue un elenco composto di n. 11 procedimenti, promossi avanti a diversi tribunali siciliani nei confronti della s.r.l. omissis prima del deposito L. Fall., ex art. 161 , con pedissequa indicazione del valore delle singole controversie per un ordine di grandezza complessivo gravitante intorno ai 280.000,00 Euro . Fermate queste premesse, il motivo rileva che la Corte di Appello ha in toto omesso l’esame di un simile aspetto e, dunque, della rilevanza L. Fall., ex art. 173 della mancata informazione della sussistenza del medesimo. 10.- Il motivo è fondato. Al riguardo, è opportuno osservare, prima di ogni altra cosa, che la fattispecie concretamente in esame rinvia in modo diretto alla nozione di atti di frode , quale figura non tipizzata e residuale di revoca del concordato posta dal legislatore a fianco di una serie di fatti specificamente individuati, l’uno e gli altri di carattere tra loro sostanzialmente omologo cfr. la L. Fall., art. 173, comma 1, primo periodo . Nei confronti di questa nozione, la giurisprudenza di questa Corte ha rilevato - in relazione al profilo fraudolento dell’intendimento di compiere l’atto - che, in realtà, questo può anche consistere nella mera consapevolezza di avere taciuto nella proposta circostanze rilevanti ai fini dell’informazione dei creditori , senza che occorra la presenza di una dolosa preordinazione cfr., tra le altre, Cass., 26 giugno 2018, n. 16856 la valenza decettiva dell’atto di frode risolvendosi, per l’appunto, in un comportamento di taglio sostanzialmente falsante . Tale comportamento viene - è stato altresì puntualizzato - ad assumere rilevanza nella prospettiva della sua mera potenzialità decettiva , non già necessariamente in quella dell’effettiva consumazione, posto che la norma dell’art. 173 non richiede che, una volta accertata la presenza di atti di frode, venga dato spazio a successive valutazioni dei creditori Cass., 26 novembre 2018, n. 30537 la norma, in altri termini, ferma la rilevanza del comportamento alla oggettiva potenzialità del carattere falsificante dell’atto, non richiedendo inoltre il verificarsi di un concreto pregiudizio non rilevando, cioè, che l’inganno si sia effettivamente realizzato Cass., 26 giugno 2014, n. 14552 . 11.- L’esperienza di questa Corte mostra la sussistenza di un’ampia, variegata gamma di atti ritenuti idonei a perpretare la frode sanzionata dalla L. Fall., art. 173. Risultano venuti in discussione così, tra gli altri, lo scostamento, rilevante e non motivato nè plausibile, del valore assegnato alle rimanenze di magazzino in sede di proposta rispetto a quello di bilancio Cass., 14 giugno 2018, n. 15695 l’omessa indicazione di fideiussioni prestate dal proponente, poi pure escusse Cass., n. 30537/2018 lo spin-off immobiliare, non specificato nei suoi precisi termini , con cessione delle quote relative alla nuova società a terzi Cass., n. 16858/2018 la mancata indicazione di passività legate alla non dichiarata esistenza di contratti derivati Cass., 28 marzo 2017, n. 7975 l’operazione di leveraged buy out, descritta in termini incompleti e dunque imprecisi Cass., 18 maggio 2014, n. 9050 l’inadeguata illustrazione di una delibera di riduzione del capitale della società proponente Cass., 2 febbraio 2017, n. 2773 la taciuta appropriazione indebita di fondi sociali Cass., 7 dicembre 2016, n. 25165 la sussistenza di una situazione debitoria ben superiore a quella emergente dalla domanda Cass., 8 giugno 2018, n. 15013 la vendita di un pacchetto azionario non adeguatamente illustrato Cass., 7 dicembre 2016, n. 25164 il silenzio mantenuto, nella proposta di concordato , su una transazione pressoché coeva alla deliberazione di richiedere l’ammissione alla procedura concordataria e valutata dalla corte territoriale estremamente svantaggiosa per la debitrice Cass. n. 14552/2014 . Si tratta, come si vede, di situazioni e di atti tra loro anche molto diversificati com’è del resto naturale, posto il carattere aperto non preventivamente tipizzato, cioè della disposizione normativa dell’ atto in frode . 12.- In realtà, a tratto costitutivo e informante della nozione di atto in frode si pongono due aspetti, ben individuati e scolpiti dalla giurisprudenza di questa Corte, che stanno, per così dire, a monte della variata tipologia di atti e situazioni appena ricordati. Deve trattarsi, dunque, di una circostanza la cui esistenza viene taciuta nella sua materialità ovvero pure esposta in modo non adeguato e compiuto, come successivamente venuta alla luce in esito alle verifiche ed analisi compiute dal commissario giudiziale. Questo deficit informativo dev’essere, inoltre, tale da risultare per sé idoneo ad alterare la cognizione informativa dei creditori e quindi a incidere in modo significativo sulla valutazione compiuta dagli stessi cfr., tra le altre, Cass., n. 14552/2014 Cass. n. 16858/2018 Cass., n. 30537/2018 . A mezzo della previsione dell’art. 173, la legge pretende, in definitiva, che i creditori siano puntualmente informati delle caratteristiche rilevanti di cui alla proposta di concordato, sì da essere messi in grado esprimere un giudizio - di consenso oppure di dissenso - correttamente informato. 13.- Il caso di specie riguarda l’omessa indicazione del contenzioso che risulta in essere nei confronti della società proponente. Si tratta, nei fatti, di passività potenziali, l’effettiva misura della loro consistenza, dipendendo naturalmente dagli esiti che in concreto avranno i giudizi. E tuttavia rappresentative, queste passività, di rischi senz’altro concreti e attuali - posto appunto che il riferimento va a controversie già pendenti -, nonché misurabili sia in punto di prevedibile esito, sia in punto di dimensione degli esborsi ragionevolmente e prevedibilmente occorrenti. Il valore nelle diverse controversie raggiunge, nel suo complesso, un montante economico di ordine significativo cfr. sopra, n. 9 . Come tale, la relativa informazione è fatto senz’altro in grado di concorrere a orientare ovvero, se taciuta, a disorientare la formazione del giudizio dei creditori. Posti questi elementi, la mera e generica indicazione nella proposta di un fondo rischi - richiamata dal controricorrente - non può certo raggiungere il livello dell’informazione adeguata e compiuta ben al di là quindi - è bene puntualizzare - del problema della eventuale sufficienza del fondo di cui alla proposta a coprire il rischio prodotto dal contenzioso in essere, idoneità che, d’altro canto lo stesso controricorrente viene a mettere in discussione . 14.- In conclusione, respinto il primo motivo di ricorso, va accolto il secondo motivo. Di conseguenza, va cassata, per quanto di ragione, la sentenza impugnata e la controversia rinviata alla Corte di Appello di Messina che, in diversa composizione, provvederà anche alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, respinto il primo motivo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, per quanto di ragione, alla Corte di Appello di Messina che, in diversa composizione, provvederà anche alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.