È prededucibile il credito sorto per l’indebita occupazione dell’immobile da parte della curatela fallimentare

Laddove il contratto di locazione risulta caducato al momento della dichiarazione di fallimento, il curatore non può esercitare la facoltà di cui all’art. 80, comma 2, l. fall L’eventuale protrazione della detenzione del bene da parte dalla procedura risulta dunque priva di titolo giuridico e fonte di responsabilità extracontrattuale.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 17804/19, depositata il 3 luglio. La vicenda. Una società immobiliare otteneva l’ammissione, in prededuzione, al passivo del fallimento di una S.r.l. per un credito riconosciuto però per un minore importo rispetto all’istanza a causa dell’occupazione sine titulo da parte della curatela, di un immobile della società creditrice dopo la dichiarazione di fallimento. Il Fallimento ha proposto opposizione che veniva però rigettata dal Tribunale di Milano sulla base dell’assunto che il credito fosse sorto in occasione della procedura. La decisione viene dunque impugnata con ricorso per cassazione. Risoluzione del contratto da parte del curatore. Il Collegio coglie l’occasione per ricordare che l’art. 80, comma 2, l. fall., secondo il quale il curatore fallimentare può in qualunque momento recedere dal contratto di locazione corrispondendo al locatore un giusto compenso, è applicabile solo nel caso in cui, alla data della dichiarazione di fallimento, sia in vigore una locazione di cui il fallito sia parte. Tale norma non è invece applicabile laddove il contratto risulti in quel momento già caducato. In tal caso la protrazione della detenzione del bene da parte della curatela risulta priva di titolo giuridico e quindi fonte di responsabilità extracontrattuale. Ne consegue che il creditore del proprietario del bene ha natura integralmente riparatoria e non meramente indennitaria e l’obbligazione risarcitoria viene a carico del fallimento ex art. 111, n. 1, l. fall Applicando tale principio al caso di specie e sottolineando che il capannone era stato utilizzato dalla procedura con richiesta di ripristino della fornitura di illuminazione, la Corte afferma che il curatore, laddove non avesse voluto accollarsi gli oneri di tale indebito utilizzo aveva l’obbligo di liberare il prima possibile l’immobile e restituirlo al proprietario. In conclusione il ricorso viene rigettato e il Fallimento condannato a pagare le spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 7 maggio – 3 luglio 2019, n. 17804 Presidente Di Virgilio – Relatore Solaini Rilevato che Il giudice delegato al fallimento di srl ammetteva al passivo della procedura, in prededuzione, il credito richiesto dalla società Immobiliare Casignolo srl per Euro 41.076,24, riconoscendolo nel minor importo di Euro 30.000,00 per indennità di occupazione sine titulo, da parte della curatela, di un immobile della società creditrice, dopo la dichiarazione di fallimento. La decisione di ammissione al passivo era fondata sulla natura prededucibile del credito, quand’anche ridotta equitativamente in riferimento alla determinazione dell’ammontare dovuto, per la detenzione da parte della organi della procedura, dell’immobile de quo. Con ricorso, L. Fall., ex art. 98, il fallimento srl proponeva opposizione, che veniva rigettata dal Tribunale di Milano, sulla base dell’assunto che il credito fosse sorto in occasione della procedura, caratterizzandosi tale credito sia per l’elemento cronologico credito sorto per occupazione successiva all’apertura della procedura concorsuale sia per riferibilità agli organi della procedura. Ricorre per cassazione avverso questo decreto il fallimento srl, affidandosi a due motivi di impugnazione, illustrati da memoria, mentre, l’Immobiliare Casignolo srl in liquidazione ha resistito con controricorso. Considerato che Con il primo motivo di ricorso, il fallimento ricorrente deduce la violazione dell’art. 1591 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, erroneamente, il Tribunale aveva riconosciuto automaticamente la sussistenza del credito per occupazione senza titolo, al quale ha poi riconosciuto natura prededucibile, mentre, nella vicenda non vi era stata mora restitutoria, perchè il proprietario dell’immobile non aveva mai richieste la restituzione del bene, mentre, il curatore poteva, da parte sua, provvedere alla restituzione solo in sede di verifica del passivo. Con il secondo motivo, il fallimento ricorrente prospetta il vizio di violazione di legge, in particolare, della L. Fall., artt. 52, 87 bis e 103, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e ribadisce l’assunto, sulla base delle norme di cui alla rubrica, che il curatore non poteva restituire l’immobile, prima che il diritto alla restituzione non fosse stato accertato in sede concorsuale a fronte di una specifica domanda avanzata dal titolare del diritto, mentre, la società istante non aveva richiesto la restituzione dell’immobile con la domanda di ammissione al passivo, ma solo l’ammissione al passivo fallimentare dei crediti pecuniari, quindi, era inesistente, un qualsivoglia diritto di credito per indennità da protratta occupazione senza titolo. I due motivi, che possono essere oggetto di un esame congiunto, perchè connessi, sono infondati. Secondo la giurisprudenza di questa Corte La disposizione della L. Fall., art. 80, comma 2 a norma del quale, in caso di fallimento del conduttore, il curatore può in qualunque momento recedere dal contratto, corrispondendo al locatore un giusto compenso è applicabile solo nel caso in cui, alla data della dichiarazione del fallimento, sia in vigore una locazione della quale il fallito sia parte e non nel caso in cui, in quello stesso momento, il rapporto risulti già caducato. In quest’ultima ipotesi, la protrazione della detenzione del bene da parte della curatela risulta carente di titolo giuridico e, quindi, fonte di responsabilità extracontrattuale benchè il verificarsi di siffatta situazione non sia imputabile a dolo o a colpa del curatore ma debba considerarsi dipendente da necessità contingenti o da prevalenti interessi della massa , sicchè il credito del proprietario del bene ha natura integralmente riparatoria e non meramente indennitaria e l’obbligazione risarcitoria viene a carico del fallimento ai sensi dalla L. Fall., art. 111, n. 1, nella specie, il contratto di locazione era stato dichiarato risolto per inadempimento del conduttore prima ancora che quest’ultimo fosse dichiarato fallito e la curatela era rimasta nella detenzione dell’immobile per tutto il tempo necessario alla redazione dell’inventario ed all’espletamento delle operazioni di vendita. La S.C. ha cassato il provvedimento del tribunale fallimentare con il quale era stato liquidato al proprietario dell’immobile un mero compenso, sull’erroneo presupposto che nella fattispecie non ricorressero ipotesi di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale e che il proprietario dell’immobile fosse un beneficiario privilegiato del risultato utile delle operazioni fallimentari espletate sui beni mobili contenuti nell’immobile medesimo Cass. n. 4190/1998, v. in termini, anche Cass. n. 1513/14 . Nel caso di specie, il capannone risulta essere stato utilizzato dalla procedura v. pp. 13 e 17 del controricorso , con la richiesta di ripristino del servizio d’illuminazione e guardiania p. 18 del controricorso , mentre, il curatore, se non voleva accollarsi gli oneri di tale indebito utilizzo fonte di responsabilità extra contrattuale aveva l’obbligo di liberare il prima possibile l’immobile e restituirlo al proprietario nella presente vicenda, non è, invece, applicabile, la disciplina di cui all’art. 1591 c.c., in tema di mora del conduttore nel restituire il bene locato che è tenuto ai danni per la ritardata restituzione, dato che non vi è stato alcun contratto di locazione con il fallimento e il contratto con il soggetto era stato già risolto. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso. Condanna il fallimento srl, in persona del curatore a pagare alla società Immobiliare Casignolo srl in liquidazione, in persona del legale rappresentante pt, le spese di lite del presente giudizio che liquida nell’importo di Euro 4.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.