Chi è legittimato a impugnare la dichiarazione di fallimento della società?

Ai sensi dell’art. 18 l. fall, sia il debitore che qualunque interessato è legittimato a proporre reclamo avverso la sentenza dichiarativa del fallimento allorquando da quest’ultima possano derivagli effetti riflessi negativi morali o patrimoniali.

Sul tema la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 7190/19, depositata il 13 marzo. La vicenda. La Corte d’Appello dichiarava l’inammissibilità del reclamo avverso la dichiarazione di fallimento. In particolare la Corte sosteneva che l’istante non fosse legittimato ad impugnare la sentenza di fallimento dato che egli, al momento della dichiarazione di fallimento, non era mai stato socio della fallita né amministratore della stessa all’epoca del fallimento egli, infatti, ricopriva la carica di liquidatore della società. L’istante propone ricorso in Cassazione sostenendo che la Corte del riesame avrebbe – erroneamente – trascurato che egli stesso oltre a essere stato l’amministratore della società fino alla data di esecuzione del sequestro penale delle quote della stessa, è stato ritenuto il sostanziale titolare delle quote della stessa, giacché, in mancanza, il sequestro e la successiva confisca non avrebbero avuto alcun fondamento . La legittimazione. La S.C. precisa che l’art. 18 l. fall. legittima al reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento il debitore e qualunque interessato , legittimazione che spetta iure proprio , dunque, anche all’amministratore di società di capitali. Tale legittimazione, infatti, rappresenta un mezzo impugnatorio diretto a rimuovere gli effetti riflessi negativi , sia morali che patrimoniali, che possono derivare a seguito dalla dichiarazione di fallimento. Di conseguenza, rimarca la Corte, non è rilevante se al momento della dichiarazione di fallimento l’istante fosse, o meno, l’amministratore, stante che lo stesso abbia subito un danno a seguito della dichiarazione medesima. Nella specie, è pacifico che il provvedimento di sequestro dell’intero compendio aziendale e del capitale sociale è stato emesso in danno all’odierno ricorrente sebbene, in quel momento, non era l’amministratore ma il liquidatore della società. Ciò premesso, la Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata rinviando la causa alla Corte d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 21 novembre 2018 – 13 marzo 2019, n. 7190 Presidente Di Virgilio - Relatore Vella Fatti di causa 1. La Corte d’appello di Bari ha dichiarato inammissibile, per difetto di legittimazione il reclamo proposto da A.F. contro la dichiarazione di fallimento della omissis S.r.l. in liquidazione, emessa dal Tribunale di Bari il 14/10/2013, su richiesta del Pubblico Ministero del 17/05/2013. 2. Avverso detta sentenza D.G.P.L. , quale procuratrice generale di A.F. , ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, corredato da memoria, cui tanto C.F. e M.S. - rispettivamente Amministratore Giudiziario e Liquidatore giudiziale della omissis S.r.l. in Liquidazione nominati giusta provvedimento di autorizzazione del Tribunale per le misure di prevenzione di Bari - quanto la Curatela del Fallimento omissis S.r.l. in liquidazione, hanno resistito con controricorso. I restanti intimati non hanno svolto difese. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso viene denunciata la violazione o falsa applicazione della L. Fall., art. 18, per avere la Corte territoriale negato che A. navi fosse legittimato ad impugnare a sentenza di fallimento, pur dando atto che - sebbene egli non fosse stato mai socio della società fallita - ne fu amministratore fino ai 28.12.2011, data in cui gli subentrò l’amministratore giudiziario M.S. , essendo nel frattempo intervenuta confisca di prevenzione del compendio aziendale e del capitale sociale . 1.1. Secondo parte ricorrente, il giudice d’appello avrebbe totalmente trascurato che l’A. , oltre ad essere stato l’amministratore della società fino alla data di esecuzione del sequestro penale delle quote della stessa, è stato ritenuto il sostanziale titolare delle quote della stessa, giacché, in mancanza, il sequestro e la successiva confisca non avrebbero avuto alcun fondamento, stante la totale estraneità della sorella sig.ra A.M.A. - a qualsiasi coinvolgimento nel procedimento penale e nella conseguente misura cautelare disposta dal tribunale per le Misure di Prevenzione . 2. Il motivo è fondato. 2.1. Invero, l’ampia formula adottata nella L. Fall., art. 18 - che legittima al reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento il debitore e qualunque interessato - attesta senza ombra di dubbio che anche all’amministratore di società di capitali spetta iure proprio tale legittimazione, trattandosi di mezzo impugnatorio volto a rimuovere gli effetti riflessi negativi che possano derivargli dalla dichiarazione di fallimento, sul piano sia morale - in relazione ad eventuali contestazioni di reati - che patrimoniale - in relazione ad eventuali azioni di responsabilità - come si evince da consolidato orientamento di questa Corte, ivi incluso il precedente invocato nella sentenza impugnata Sez. U, I 16/02/2006 n. 3368 conf. Sez. 1, 28/06/2002 n. 9491 Sez. 6 - 1, 05/06/2014 n. 12654 . 2.2. Nè rileva al riguardo - una volta verificata la richiamata strumentalità in astratto - se al momento della dichiarazione di fallimento l’amministratore della società fosse ancora in carica ovvero già cessato dalla carica, come avvenuto nel caso di specie, ove invero l’interesse in questione emerge in tutta la sua chiarezza, essendo pacifico che il provvedimento di sequestro dell’intero compendio aziendale e dell’intero capitale sociale relativi alla omissis S.r.l. di proprietà di A.M.A. fu emesso dal Tribunale per le misure di prevenzione di Bari, in data 10/10/2011, proprio in danno del preposto A.F. , che all’epoca rivestiva la carica di liquidatore della società e fu sostituito dall’attuale Liquidatore, avv. M.S. , nominata dall’assemblea della società in data 10/11/2011, previa autorizzazione dello stesso tribunale procedimento n. 3/2011/M.P. . 3. Gli ulteriori due motivi di ricorso restano assorbiti dall’accoglimento del primo, cui consegue la cassazione con rinvio della sentenza impugnata, che si è limitata a rilevare l’inammissibilità del reclamo proposto dall’A. ai sensi della L. Fall., art. 18. P.Q.M. Accoglie il primo motivo, assorbiti i restanti due, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Bari, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.