Inefficacia dell’ipoteca giudiziale, concordato preventivo e declaratoria di fallimento

Ai sensi dell’art. 168, comma 3, l.fall. sono inefficaci nei confronti dei creditori anteriori al concordato le ipoteche giudiziali iscritte nei 90 giorni antecedenti la data di pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese. Questo principio vale anche nel caso in cui al concordato preventivo faccia seguito la declaratoria di fallimento.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con ordinanza n. 6381/19, depositata il 5 marzo. Il caso. Il Tribunale respingeva l’opposizione allo stato passivo di un fallimento proposta da una società per ottenere l’ammissione del proprio credito in privilegio ipotecario anziché al chirografo per ritenersi l’ipoteca giudiziale trascritta inefficace verso i creditori. Il Tribunale riteneva inefficace l’ipoteca stessa, in quanto iscritta nei 90 giorni antecedenti alla pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e ha escluso l’incidenza al riguardo della successiva revoca dell’ammissione. Ricorre per cassazione, così, la società denunciando violazione dell’art. 168 l.fall. dolendosi dell’inserimento nell’ambito fallimentare di un’ipotesi di inefficacia ex lege prevista nel concordato preventivo e di ristrutturazione dei debiti. La procedura concordataria e l’intervento della S.C In particolare, la questione su cui è chiamata a pronunciarsi la Suprema Corte verte sull’interpretazione dell’art. 69, comma 3, l.fall., cioè se la inefficacia prevista rispetto ai creditori anteriori al concordato delle ipoteche giudiziali iscritte nei 90 giorni antecedenti la data di pubblicazione della domanda di concordato preventivo si determini anche nel caso in cui la procedura concordataria si concluda senza giungere all’omologa e si dichiari il fallimento. E sul punto gli Ermellini affermano che, la disposizione di cui all’art. 168, comma 3, l.fall., secondo cui sono inefficaci nei confronti dei creditori anteriori al concordato le ipoteche giudiziali iscritte nei 90 giorni antecedenti la data di pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese, si applica, in forza del principio della consecuzione delle procedure, anche nel caso in cui al concordato preventivo faccia seguito la declaratoria di fallimento, ed a valere anche nei confronti dei creditori successivi, anteriori alla sentenza di fallimento . Sulla base di tale principio affermato, i Giudici del Palazzaccio respingono il ricorso con compensazione delle spese.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 4 dicembre 2018 – 5 marzo 2019, n. 6381 Presidente Didone – Relatore Di Virgilio Rilevato Che Con decreto del 4/4/2014, comunicato il 9/4/2014, il Tribunale di Mantova ha respinto l’opposizione allo stato passivo del Fallimento omissis srl in liquidazione, proposta dalla Ri.Pa.spa, per ottenere l’ammissione del proprio credito in privilegio ipotecario anziché al chirografo, come disposta dal GD, per ritenersi l’ipoteca giudiziale trascritta in data 23/07/2012 inefficace verso i creditori L. Fall., ex art. 168, visto il deposito del ricorso L. Fall., ex art. 161, del 21/09/2012, esclusi interessi Escluse altresì le spese per nota di iscrizione ipotecaria in quanto inopponibili alla massa, stante l’inefficacia dell’ipoteca . Nei fatti, Ri.Pa. spa aveva chiesto ed ottenuto il 13/4/2012 decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo nei confronti della omissis spa, non opposto e quindi divenuto esecutivo in forza di detto titolo, Ri.Pa. aveva iscritto il 23/7/2012 ipoteca giudiziale a carico della Panorama su diversi immobili di proprietà della debitrice la Panorama presentava il 21/9/2012 domanda di ammissione al concordato preventivo con riserva e tale domanda veniva pubblicata nel Registro delle Imprese il 23/9/2012 la società veniva ammessa al concordato con decreto del 19/3/2013 l’ammissione veniva successivamente revocata ai sensi della L. Fall., art. 173, e con sentenza del 6/6/2013, veniva dichiarato il fallimento della . Il Tribunale ha ritenuto l’inefficacia dell’ipoteca L. Fall., ex art. 168, u.c. come introdotto dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 33, convertito con modificazioni con la L. 7 agosto 2012, n. 134 , in quanto iscritta nei novanta giorni antecedenti alla pubblicazione del ricorso nel Registro delle imprese ha escluso l’incidenza a riguardo della successiva revoca dell’ammissione e quindi della mancata omologazione la L. Fall., art. 168 al comma 1 prevede la definitività del decreto di omologazione, ma solo quale termine finale del divieto per i creditori di iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari, senza alcun riferimento alla inefficacia delle ipoteche giudiziali ha ritenuto applicabile il principio della cd. consecuzione delle procedure, visto il breve lasso temporale nove mesi tra la domanda di ammissione al concordato preventivo e la dichiarazione di fallimento, resa a seguito della revoca dell’ammissione al concordato preventivo, e la sussistenza dello stato di insolvenza già contenuta nel decreto di apertura della procedura minore ha ritenuto assorbite le ulteriori valutazioni sulla revocabilità fatte valere dal Fallimento. Ricorre la RI.PA, con ricorso affidato ad un unico motivo. Il Fallimento si difende con controricorso, illustrato con memoria. Il PG ha chiesto l’accoglimento del ricorso. Rilevato Che Con l’unico motivo, la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione della L. Fall., art. 168, anche con riguardo alla L. Fall., artt. 67, 69 bis e 169, artt. 12 e 14 preleggi si duole la ricorrente dell’inserimento nell’ambito fallimentare di un’ipotesi di inefficacia ex lege prevista nel concordato preventivo e di ristrutturazione dei debiti, in contrasto col dato letterale e la ratio legis ed a conferma della propria tesi, nell’ottica di un’interpretazione sistematica, richiama il disposto di cui alla L. Fall., art. 69 bis, introdotto proprio col D.L. n. 83 del 2012, che specificamente regola la sorte delle ipoteche giudiziali in caso di successivo fallimento, e sostiene che, ove si accedesse all’interpretazione adottata dal decreto impugnato, si darebbe luogo ad una evidente disparità di trattamento, rilevante sotto il profilo costituzionale, tra i creditori di un fallimento consecutivo, gravati da una inefficacia ex lege senza possibilità di provare la inscientia decoctionis, e quelli del fallimento non consecutivo, che avrebbero la possibilità di resistere alla revocatoria. La questione che si pone nel presente giudizio verte sull’interpretazione della L. Fall., art. 69, comma 3, e precisamente se la prevista inefficacia rispetto ai creditori anteriori al concordato delle ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che precedono la data di pubblicazione della domanda di concordato preventivo si determini anche nel caso in cui la procedura concordataria si chiuda senza pervenire all’omologa e si dichiari il fallimento. La norma in oggetto è stata interpretata, sia nella giurisprudenza di merito che in dottrina, o come prevedente l’inefficacia ex lege anche nel caso in cui alla procedura minore segua la dichiarazione di fallimento, in accordo col principio della consecuzione delle procedure, o come invece intesa a determinare l’inefficacia necessariamente collegata alla procedura di concordato preventivo, e quindi destinata a spiegare detto effetto ex lege solo all’interno della procedura minore, da cui l’inapplicabilità nel caso di consecuzione. Ora, la ratio della disposizione è chiaramente nel senso di evitare che i creditori, avvedutisi dello stato di crisi, si muniscano di titoli di prelazione, destinati ad incidere sul buon esito della procedura concordataria e del piano di concordato, nonché a danno della massa dei creditori, e non v’è dubbio sul carattere speciale della norma, che, come rileva attenta dottrina, segna il termine a ritroso per ritenere inefficace nei confronti dei creditori anteriori alla pubblicazione del ricorso L. Fall., ex art. 161 l’iscrizione di ipoteca, le cui modalità di costituzione si sono perfezionate nel periodo indicato. La difesa della Ri.Pa., avuto riguardo alla collocazione della norma, alla ratio sopra riportata ed alla natura speciale del disposto normativo in oggetto, nonché all’introduzione da parte dello stesso D.L. n. 83 del 2012 della L. Fall., art. 69 bis che specificamente regola la sorte delle ipoteche giudiziali nel caso in cui alla domanda di concordato preventivo segua il fallimento conclude per l’inapplicabilità della L. Fall., art. 168, comma 3, nel caso in cui segua la dichiarazione di fallimento, stante il nesso necessario tra detta disposizione e la procedura concordataria. Su tale linea interpretativa si pone anche il P.G., che evidenzia peraltro sulla scia di dottrina come l’inefficacia di cui si tratta costituisce un effetto che non può sopravvivere non già per limiti all’applicabilità del principio della consecuzione, ma perché è destinato ad esaurire la sua funzione nel contesto della singola procedura . Detta conclusione non può essere condivisa. Nè la natura speciale della norma nè la ratio della stessa possono essere invocate per ritenere inapplicabile nel caso il principio della consecuzione tra le procedure, che vale ad impedire che l’ipoteca, una volta divenuta inefficace, possa acquisire nuovamente efficacia a seguito della dichiarazione di fallimento. Al principio di consecuzione deve infatti riconoscersi valenza di carattere generale, dato che, come affermato nelle pronunce 4959/2013 e 18437/2010, nel caso in cui all’ammissione da parte del tribunale della domanda di concordato preventivo, proposta ai sensi della L. Fall., art. 160, ratione temporis vigente, secondo il testo successivo alla L. n. 80 del 2005 e al D.Lgs. n. 5 del 2006 ed anteriore al D.Lgs. n. 169 del 2007, segua dichiarazione di fallimento L. Fall., ex art. 162, comma 2, per effetto della mancata approvazione dei creditori L. Fall., ex artt. 177 e 178, trova applicazione il principio della consecutività delle due procedure concorsuali, costituendo la sentenza di fallimento l’atto terminale del procedimento, non assumendo rilievo l’abbandono - in sede normativa dell’automatismo di tale dichiarazione, per la quale ora sono necessari l’iniziativa di un creditore o del P.M., il positivo accertamento dell’insolvenza e il comune elemento oggettivo. Pertanto quando si verifichi a posteriori nella specie, con sentenza passata in giudicato che lo stato di crisi in base al quale era stata chiesta l’ammissione al concordato in realtà coincideva con lo stato di insolvenza, l’efficacia della sentenza dichiarativa di fallimento va retrodatata alla data della presentazione della predetta domanda . E per la considerazione unitaria della procedura di fallimento seguita al procedimento di concordato preventivo, si vedano, tra le tante, le pronunce 8439/2012 e 7324/2016. Nè può essere seguita la tesi della ricorrente, secondo cui l’inefficacia resterebbe confinata alla procedura di concordato. Infatti, in questa procedura i creditori portatori dei crediti ipotecari colpiti da inefficacia e come tali legittimati al voto perché degradati a chirografari, avrebbero tutto l’interesse a votare contro l’approvazione della proposta di concordato in quanto con la dichiarazione di fallimento essi riacquisterebbero la natura di creditori ipotecari. Dunque la finalità della norma ne uscirebbe stravolta. Quanto al rilievo della difesa della Ri.Pa., volto ad evidenziare la disparità di trattamento in tesi conseguente all’applicazione della L. Fall., art. 168 all’ipotesi del fallimento, va di contro osservato che le norme di cui alla L. Fall., artt. 67 e 69 bis postulano presupposti diversi, nè pertanto si potrebbe concludere per un’irragionevole disparità di trattamento, dato che sono diverse le fattispecie di partenza. Nè, infine, può invocarsi quale precedente favorevole alla tesi della Ri.Pa. l’ordinanza 14671/2018, dato che questa si è pronunciata nel caso in cui la ricorrente voleva avvalersi dell’inefficacia L. Fall., ex art. 168, comma 3, in relazione ad ipoteca giudiziale, considerandosi la seconda domanda di concordato depositata nella vigenza della L. Fall., art. 168, comma 3 , ma avendo riguardo alla decorrenza del termine di novanta giorni a far data dalla prima domanda di concordato e correttamente detta pronuncia ha ritenuto che nel caso era del tutto incongruo il riferimento al principio della consecuzione delle procedure, dato che si dibatteva della relazione tra due distinte domande di concordato, prescindendosi dalla dichiarazione di fallimento. Conclusivamente, va respinto il ricorso, enunciandosi il seguente principio di diritto Il disposto di cui alla L. Fall., art. 168, comma 3, secondo cui sono inefficaci nei confronti dei creditori anteriori al concordato le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che precedono la data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese, si applica, in forza del principio della consecuzione delle procedure, anche nel caso in cui al concordato preventivo faccia seguito la declaratoria di fallimento, ed a valere anche nei confronti dei creditori successivi, anteriori alla sentenza di fallimento . Attesa la novità della questione, si reputa di compensare tra le parti le spese. P.Q.M. La Corte respinge il ricorso compensa le spese. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.