Il privilegio in caso di ammissione al passivo del credito dell’impresa artigiana

L’art. 2751-bis c.c., nel prevedere l’ammissione privilegiata per i crediti da retribuzioni e provvigioni, crediti dei coltivatori diretti, delle società od enti cooperativi e delle imprese artigiane non ha natura interpretativa né efficacia retroattiva, ragion per cui riguardo al periodo anteriore all’entrata in vigore della novella, resta fermo che l’iscrizione all’albo delle imprese artigiane ex art. 5 l. n. 443/1985 non spiega alcuna influenza sul riconoscimento del privilegio, dovendosi ricavare la nozione di impresa artigiana dai criteri generali di cui all’art. 2083 c.c

Così la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 28795/18, depositata il 9 novembre. Il caso. Una S.r.l. proponeva inutilmente opposizione al passivo del fallimento di una S.p.a. dichiarato esecutivo con apposizione del credito dell’opponente in via chirografaria. Il Tribunale motivava il mancato riconoscimento del privilegio sul fatto che, prima dell’entrata in vigore del d.l. n. 5/2012, conv. in l. n. 35/2012 che ha modificato l’art. 2751- bis c.c. l’iscrizione all’albo delle imprese artigiane non ha alcuna influenza sul riconoscimento del privilegio stesso posto che la nozione di impresa artigiana avrebbe dovuto essere dedotta dai criteri generali dall’art. 2083 c.c La S.r.l. ricorre in Cassazione dolendosi per l’omessa valutazione della prevalenza o meno della componente lavoro intesa anche in senso qualitativo e funzionale oltre che quantitativo ai fini del riconoscimento della natura di impresa artigiana. Definizione dell’impresa artigiana. Ai fini del riconoscimento del privilegio di cui all’art. 2751- bis c.c. l’iscrizione all’albo delle imprese artigiane è presupposto indispensabile ma non sufficiente, dovendosi comunque accertare la coesistenza degli altri elementi indicati nella c.d. legge quadro artigiana n. 443/1985. Precisa inoltre il Collegio che il momento cui occorre fare riferimento è quello in cui il credito è sorto, e non quello in cui esso viene fatto valere come sancito anche dalle Sezioni Unite secondo cui la norma citata non ha natura interpretativa e valore retroattivo, facendo difetto sia l’espressa previsione nel senso dell’interpretazione autentica, sia i presupposti di incertezza applicativa che ne avrebbero giustificato l’adozione, sicchè riguardo al periodo anteriore all’entrata in vigore della novella, resta fermo che l’iscrizione all’albo delle imprese artigiane ex art. 5 l. n. 443/1985 non spiega alcuna influenza sul riconoscimento del privilegio, dovendosi ricavare la nozione di impresa artigiana dai criteri generali di cui all’art. 2083 c.c. . Correttamente dunque il Tribunale ha fatto riferimento a quest’ultima norma che definisce piccolo imprenditore l’artigiano che eserciti una attività professionale, organizzata prevalentemente con il proprio lavoro e dei componenti della famiglia. In conclusione, la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 17 luglio – 9 novembre 2018, numero 28795 Presidente De Chiara – Relatore Iofrida Fatti di causa Il Tribunale di Roma Sez.Fall., con decreto numero 363/2013, ha respinto l’opposizione, ex articolo 98 L.F., proposta dalla BE.TE.CO. srl, avverso lo stato passivo del fallimento omissis in liq. Spa, dichiarato esecutivo con decreto del 23/9/2009, con il quale il credito della opponente, di Euro 338.465,00 per opere edili, installazioni elettroniche ed ulteriori lavori eseguiti, negli anni 2004, 2006 e 2007, presso i cantieri di omissis , è stato ammesso, non in via privilegiata, ma in via chirografaria. In particolare, il Tribunale ha precisato che, quanto ai periodo anteriore all’entrata in vigore della novella di cui al d.l. 5/2012, conv. in l. 35/2012, che ha modificato l’articolo 2751 bis c.c., l’iscrizione all’albo delle imprese artigiane, ex articolo 5 l. 443/1985, non spiega alcuna influenza sul riconoscimento del privilegio, dovendosi ricavare la nozione di impresa artigiana dai criteri generali dettati dall’articolo 2083 c.c., cosicché occorre verificare la circostanza che risultato dell’attività, espresso come volume di ricavi, sia imputabile prevalentemente, rispetto agli altri fattori della produzione, all’apporto personale del titolare e dei soci, nella specie non provata emergendo anzi, dai bilanci relativi a quegli anni, un’incidenza molto rilevante, rispetto al fattore lavoro e quindi alla professionalità ed alle attitudini del proprio legale rappresentante , del costo delle materie prime e dei servizi . Avverso il suddetto decreto, la BE.TE.CO. srl propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, notificato il 18/11/2013, nei confronti del Fallimento omissis in liq. spa che non svolge attività difensiva . Ragioni della decisione 1. La ricorrente lamenta 1 con il primo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex articolo 360 numero 3 c.p.c., dell’articolo 2083 c.c., non avendo il Tribunale valutato la ricorrenza o meno della prevalenza della componente lavoro, intesa non solo in senso quantitativo ma anche qualitativo e funzionale, sugli altri fattori produttivi nel suo complesso, ricomprendendo, oltre al lavoro del titolare, anche quello dei dipendenti 2 con il secondo motivo, l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, ex articolo 360 numero 5 c.p.c., avendo il Tribunale revocando pregressa ordinanza ammissiva della prova orale richiesta da BE.TE.CO., impedito alla ricorrente di dimostrare la prevalenza dei lavoro personale del titolare, in quanto direttore tecnico della società, anche dal punto di vista qualitativo 3 con il terzo motivo, l’omesso esame, ex articolo 360 numero 5 c.p.c., circa un fatto decisivo controverso, rappresentato dall’ammissione, con domanda tardiva, al passivo nei medesimo fallimento, per altri crediti, sorti nello stesso periodo, con il riconoscimento del privilegio ex articolo 2751 bis c.c 2. La prima censura è infondata. Questa Corte ha già affermato cfr. Cass., sez. unumero , 20 marzo 2015, numero 5685 che, ai fini dell’operatività dell’articolo 2751 bis c.c., come modificato dall’articolo 36 d.l. 5/2012, conv. in legge numero 35/2012 in base al quale, ai fini dell’attribuzione del privilegio, l’iscrizione all’albo delle imprese artigiane costituisce un presupposto indispensabile, anche se non sufficiente, dovendosi accertare la coesistenza degli altri elementi indicati nella c.d. Legge quadro artigianato numero 443/1985 , occorre fare riferimento al momento in cui il credito sorge, non a quello in cui esso viene fatto valere. Le Sezioni unite hanno, quindi, enunciando seguente principio di diritto In tema di privilegio generale sui mobili, l’articolo 2751-bis, 1 comma, numero 5, cod. civ., come sostituito dall’articolo 36 d.l. 9 febbraio 2012, numero 5, convertito dalla l. 4 aprile 2012, numero 35, laddove accorda il privilegio ai crediti dell’impresa artigiana definita ai sensi delle disposizioni legislative vigenti , non ha natura interpretativa e valore retroattivo, facendo difetto sia l’espressa previsione nel senso dell’interpretazione autentica, sia i presupposti di incertezza applicativa che ne avrebbero giustificato l’adozione, sicché, riguardo al periodo anteriore all’entrata in vigore della novella, resta fermo che l’iscrizione all’albo delle imprese artigiane ex articolo 5 l. 3 agosto 1985, numero 443, non spiega alcuna influenza sul riconoscimento del privilegio, dovendosi ricavare la nozione di impresa artigiana dai criteri generali di cui all’articolo 2083 c.c. . Il Tribunale ha dunque correttamente fatto applicazione del disposto di cui all’articolo 2083 c.c., vertendosi in tema di ammissione al passivo d crediti sorti anteriormente all’entrata in vigore della Novella 2012 conf., di recente, Cass. 13887/2017 . Ora, l’articolo 2083 cod. civ. definisce piccolo imprenditore l’artigiano che eserciti una attività professionale, organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia, occorrendo valutare dunque l’attività svolta, il capitale impiegato, l’entità dell’impresa, numero dei lavoratori, l’entità e la qualità della produzione, finanziamenti ottenuti Cass. S.U. 5685/2015 . Pertanto, l’artigiano, va considerato un normale imprenditore commerciale, come tale sottoposto alle procedure concorsuali, allorché abbia organizzato la sua attività in guisa da costituire una base di intermediazione speculativa e da far assumere al suo guadagno i connotati del profitto, avendo in tal modo organizzato una vera e propria struttura economica a carattere industriale con un’autonoma capacita produttiva, sicché l’opera di esso titolare non sia più né essenziale né principale cfr. Cass. 22 dicembre 2000, numero 16157 ord. 31 maggio 2011, numero 12013 4 luglio 2012, numero 11154 6 ottobre 2005, numero 19508 . Questa Corte Cass. 17996/2011 Cass. 9340/1997 Cass. 6221/1995 , già da tempo, aveva chiarito che ai fini dei riconoscimento del privilegio al credito vantato da impresa artigiana, ai sensi dell’articolo 2751 bis, numero 5, cod. civ., occorre la preminenza dei fattore lavoro sul capitale investito e la prevalenza del lavoro personale del titolare dell’impresa, che va intesa non solo nel senso quantitativo, ma anche in senso funzionale e qualitativo, in rapporto con le caratteristiche strutturali fondamentali dell’impresa e con la natura del bene prodotto o del servizio reso e tale preminenza è stata riconosciuta sulla base della natura manuale dell’attività d panificazione svolta dal titolare dell’impresa, il quale preparava l’impasto, nonché della sostanziale coincidenza tra costo dei salari e utile dell’imprenditore, dell’esiguo numero dei dipendenti e della preminenza rispetto al capitale fisso, di salari e utili . L’articolo 2083 c.c., a differenza dell’articolo 3 secondo comma l. 443/1985, ne porre quale requisito dell’impresa artigiana anche quello della preminenza del fattore lavoro sul capitale , non fa riferimento all’intera componente della forza lavoro e, quindi, anche all’attività dei dipendenti, ovvero al lavoro altrui, ma soltanto all’attività dei titolare dell’impresa e dei componenti della sua famiglia Cass. 5980/2005 . Peraltro, quand’anche possa essere ricompreso, ai fini della prevalenza del fattore lavoro su quello capitale, il lavoro altrui, dei dipendenti dell’imprenditore, si deve trattare di un numero esiguo di dispendenti Cass. 17996/2011 . 3. Il secondo motivo è inammissibile, alla luce della nuova formulazione dell’articolo 360 numero 5 c.p.c., essendo il controllo sulla motivazione limitato all’omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti. In ogni caso, il motivo è altresì infondato, in quanto il fatto lamentato vale a dire il fatto storico oggetto della prova testimoniale inizialmente ammessa, con ordinanza poi revocata non era decisivo, alla luce di quanto esposto al par.2. 4. Il terzo motivo è improcedibile. Con esso, al di là dell’improprio riferimento all’articolo 360 numero 5 c.p.c., si deduce, in sostanza, la violazione dei principi sul giudicato, in quanto il Tribunale avrebbe omesso di motivare e trascurato di rilevare che, per altri crediti, sorti nello stesso periodo, alla medesima società, in sede di ammissione al passivo su domanda tardiva, era stato riconosciuto privilegio come richiesto ai sensi dell’articolo 2751 bis ma la ricorrente, in violazione dell’articolo 369, secondo comma, numero 4 c.p.c. non ha prodotto copia degli atti da cui risulterebbe l’ammissione privilegiata di tali altri crediti e non ne ha neppure richiamato il contenuto in ricorso. 5. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Non v’è luogo a provvedere sulle spese processuali, non avendo l’intimato svolto attività difensiva. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma i bis dello stesso articolo 13.