I requisiti di fallibilità non si considerano annualmente

Il disposto dell’art. 1, comma 2, lett. a e b , l.fall. predetermina soglie calibrate su prospettiva temporale annua di valutazione che non possono essere vanificate da una scelta di abbreviazione dell’esercizio decisa dall’imprenditore i tre esercizi precedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento, da apprezzare ai fini della verifica dei presupposti di fallibilità, devono pertanto intendersi come esercizi aventi ciascuno durata annuale, a meno che non sia trascorso un lasso di tempo inferiore dall’inizio dell’attività dell’impresa.

Così la Cassazione con sentenza n. 12963/18, depositata il 24 maggio. Il caso. Il Tribunale dichiarava il fallimento di una s.r.l. in liquidazione ritenendo sussistenti i requisiti necessari alla dichiarazione di fallimento. Il Tribunale spiegava anche che ai fini della dichiarazione di fallimento per bilancio deve intendersi quello annuale a nulla rilevando la chiusura infrannuale anticipata della società. La Corte d’Appello riformava la sentenza e chiariva che l’art. 1 comma 2 l.fall. fa riferimento alla nozione di esercizio” che è liberamente determinabile dall’assemblea societaria, in assenza di una espressa previsione che impone una sua durata in misura pari all’anno solare. Le parti hanno proposto ricorso per cassazione. Parametri fissi per stabilire i requisiti di fallibilità. La Suprema Corte ha chiarito che i parametri che indicano i requisiti di fallibilità sono fissi, in particolare, due sono i parametri che indicano i dati storici attivo patrimoniale e ricavi lordi nei tre esercizi antecedenti, con soglia annua da rispettare. Detti parametri non devono essere valutati individualmente o per singolo anno, devono, invece, essere considerati unitariamente, così come previsto dalla norma. Se così non fosse, specificano i Giudici, si finirebbe per modificare i criteri es. se si considera un dato per un anno e non per il triennio, si compie una valutazione diversa da quella indicata dalla norma . Sul punto si segnala Cass. n. 501/16 - In tema di requisiti dimensionali per l'esonero dalla fallibilità dell'imprenditore commerciale, il calcolo dell'attivo patrimoniale, richiesto dall'art. 1, comma 2, l.fall., ai fini del computo dei requisiti dimensionali, va operato in riferimento agli ultimi tre esercizi antecedenti il deposito dell'istanza di fallimento - . Tale conclusione scaturisce dalla portata letterale della norma, alla stregua delle modifiche introdotte alla legge fallimentare dal d.lgs. n. 169/2007, a seguito delle quali si è definitivamente chiarito che sia l'attivo patrimoniale, sia i ricavi debbano computarsi in base agli ultimi tre esercizi anteriori al deposito della istanza di fallimento. Tale interpretazione è del resto agganciata al dato letterale della norma, chiaro ed inequivoco, che ne permette la ricostruzione del significato e la connessa portata precettiva. La ratio, della norma, è quella di descrivere la figura dell’imprenditore fallibile, individuandolo in ragione di una descrizione temporale e dimensionale triennale . La valutazione dell’attivo patrimoniale, deve essere effettuata tenendo conto del triennio precedente l’istanza di fallimento, fatta eccezione per l’ipotesi in cui la società abbia età inferiore a tre anni. Irrilevante la chiusura anticipata di un esercizio. Quanto alla irrilevanza della chiusura anticipata di un esercizio, la Cassazione ha affermato il seguente principio il disposto dell’art. 1 comma 2, lett. a e b , predetermina soglie calibrate su prospettiva temporale annua di valutazione che non possono essere vanificate da una scelta di abbreviazione dell’esercizio decisa dall’imprenditore i tre esercizi precedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento da apprezzare ai fini della verifica dei presupposti di fallibilità devono pertanto intendersi come esercizi aventi ciascuno durata annuale, a meno che non sia trascorso un lasso di tempo inferiore dall’inizio dell’attività dell’impresa . Con queste argomentazioni la Corte ha accolto il ricorso e rinviato a differente Corte territoriale.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 10 aprile – 24 maggio 2018, n. 12963 Presidente Didone – Relatore Pazzi Fatti di causa 1. Con sentenza in data 30 novembre 2015 il Tribunale di Torino, in accoglimento dell’istanza presentata da omissis s.r.l., dichiarava il fallimento di s.r.l. in liquidazione, ritenendo che la società debitrice avesse superato la soglia di fallibilità prevista dall’art. 1 legge fall. rispetto all’attivo nell’esercizio chiuso al 30 giugno 2012 a giudizio del Tribunale non assumeva invece rilievo la delibera di anticipazione della chiusura dell’esercizio al 28 febbraio 2015 assunta in sede assembleare il 13 febbraio 2015 e il bilancio chiuso a quella data, dato che gli esercizi rilevanti ai fini della dichiarazione di fallimento non potevano che essere di durata coincidente ed equivalente all’anno solare. 2. Con sentenza depositata il 25 febbraio 2016 la Corte d’Appello di Torino revocava la declaratoria di fallimento pronunciata in primo grado constatando che l’art. 1, comma 2, legge fall. faceva esclusivo riferimento alla nozione di esercizio, che era liberamente determinabile dall’assemblea societaria in assenza di un’espressa previsione che imponesse una sua durata in misura pari all’anno solare. 3. Ha proposto ricorso per cassazione contro questa pronuncia omissis s.r.l. affidandosi a un unico motivo di impugnazione. Ha resistito con controricorso s.r.l. in liquidazione. Il fallimento di s.r.l. in liquidazione, benché ritualmente intimato, non ha svolto alcuna difesa. Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c Ragioni della decisione 3. Il motivo di ricorso presentato denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1 legge fall., in quanto la Corte d’Appello di Torino avrebbe erroneamente escluso, in tesi di parte ricorrente, la fallibilità della convenuta ritenendo che la locuzione che si riferisce ai tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento possa riguardare esercizi infrannuali in tesi di parte ricorrente la disciplina introdotta dalle norme correttive previste dal d.lgs. 169/2007 avrebbe invece individuato l’imprenditore fallibile sulla base di parametri soggettivi di tipo quantitativo, fissati dall’art. 1, comma 2, lett. a e b , legge fall., da ancorarsi a requisiti certi su base annua evincibili dai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi della durata di dodici mesi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento. 4. Il motivo di ricorso presentato è fondato. 4.1 Il legislatore all’interno delle misure correttive introdotte con il d.lgs. 169/2007, nello sforzo di fissare il regime delle esenzioni alla procedura fallimentare con la maggior oggettività possibile, ha fatto ricorso a parametri meramente dimensionali riferiti all’attivo patrimoniale, ai ricavi lordi e all’indebitamento individuando limiti numerici fissi al fine di stabilire i confini della fallibilità. I due parametri relativi a dati storici, costituiti ai sensi dell’art. 1, comma 2, lett. a e b , legge fall. dall’ammontare dell’attivo patrimoniale e dei ricavi lordi, sono stati espressamente stabiliti dal legislatore della riforma con riferimento non solo ai tre esercizi antecedenti, ma anche a uno specifico ammontare complessivo annuo individuato come soglia di rilevanza. Non è dunque condivisibile l’assunto della corte territoriale che, valorizzando il richiamo normativo all’esercizio, disgiunge quest’ultimo dal criterio cronologico in base al quale il singolo requisito deve essere apprezzato. Peraltro una simile operazione interpretativa, oltre a contrastare con il dato letterale del disposto normativo, ne inficia le scelte operate in termini di individuazione dei confini della fallibilità, poiché una riduzione della durata dell’esercizio toglie all’evidenza valore a una valutazione delle soglie di rilevanza effettuata dal legislatore rispetto ad un arco temporale di durata annuale. In altri termini il legislatore ha individuato le soglie dimensionali di un imprenditore la cui insolvenza provoca allarme e deve essere rimossa e ha predeterminato le stesse calibrandole su una prospettiva temporale annua di valutazione. Si tratta di dato oggettivo che va visto alla luce della normale durata annuale di un esercizio e non può essere soggettivizzato, compromettendo la valutazione discrezionale compiuta dal legislatore nella fissazione dei limiti di rilevanza attraverso un ridimensionamento del periodo di riferimento. Dunque i requisiti relativi all’ammontare dell’attivo patrimoniale e dei ricavi lordi devono giocoforza riferirsi al triennio coincidente con i tre esercizi più prossimi alla presentazione dell’istanza di fallimento, con l’unica eccezione, espressamente prevista da ambedue le disposizioni in esame, di un’impresa che abbia dato inizio alla propria attività da minor tempo la quale, ferma ove possibile la prospettiva annuale di valutazione onde non inficiare la scelta legislativa di individuazione delle soglie di fallibilità, presenterà requisiti relativi a un arco temporale di durata inferiore al triennio . La compagine sociale rimane libera di modificare l’epoca di chiusura del proprio esercizio incidendo sulla durata complessiva dello stesso, ma tale deliberazione, se adottata nell’imminenza del procedimento per la dichiarazione di fallimento, non rileva ai fini dell’apprezzamento dell’avvenuto superamento delle soglie di fallibilità, le quali debbono rimanere ancorate a riferimenti, eventualmente riclassificati, di portata annuale. 4.2 Una simile interpretazione corrisponde al costante orientamento di questa corte che in tema di requisiti dimensionali per l’esonero dalla fallibilità dell’imprenditore commerciale ha sempre inteso che l’art. 1, comma 2, lett. a , legge fall. nel testo modificato dal d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169 facesse riferimento a un arco temporale di durata triennale corrispondente agli ultimi tre esercizi antecedenti alla data del deposito dell’istanza di fallimento Cass. 27/5/2015 n. 10952, Cass. 14/1/2016 n. 501 . 4.3 Deve pertanto essere affermato il seguente principio il disposto dell’art. 1, comma 2, lett. a e b , legge fall. predetermina soglie calibrate su una prospettiva temporale annua di valutazione che non possono essere vanificate da un scelta di abbreviazione dell’esercizio compiuta dall’imprenditore i tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento da apprezzare ai fini della verifica dei presupposti di fallibilità devono pertanto intendersi come esercizi aventi ciascuno durata annuale, a meno che non sia trascorso un lasso di tempo inferiore dall’inizio dell’attività dell’impresa . 5. La sentenza impugnata andrà dunque cassata, con rinvio della causa alla corte distrettuale, la quale, nel procedere al suo nuovo esame, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Appello di Torino in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.