Impugnazione della cartella esattoriale da parte del contribuente fallito: quando è ammissibile

Il contribuente fallito conserva eccezionalmente la legittimazione a impugnare l’accertamento tributario o a coltivare l’impugnazione in precedenza proposta nell’inerzia degli organi fallimentari sicché il permanere di questa legittimazione, operante sotto il controllo del curatore secondo una logica di interesse nella massa dei creditori, fa sì che quest’ultimo, al fine di salvaguardare il medesimo interesse collettivo, possa avvalersi dell’esito favorevole dell’azione promossa dal solo contribuente fallito, eccependo il relativo giudicato, onde limitare nel quantum la pretesa del concessionario insinuatosi al passivo per il recupero dell’intero credito tributario contestato.

Pertanto, ove il curatore manifesti il suo interesse a estendere al fallimento l’operatività del giudicato favorevole ottenuto dal fallito a seguito della sua iniziativa individuale, il giudice del merito dovrà ammette al passivo il creditore tributario nei limiti della minor somma acclarata in via definitiva in sede contenziosa ovvero, in caso di mancata formazione del giudicato, ammettere l’intera somma con riserva, da sciogliere poi all’esito della lite. Con la pronuncia del 23 maggio 2018, n. 12854, il S.C. interviene sull’interessante tema dell’opponibilità al fallimento dell’impugnazione promossa dal singolo contribuente, anche in pendenza del fallimento, di un cartella esattoriale. Il caso. Nel caso di specie, un contribuente aveva proposto impugnazione avverso una cartella esattoriale il cui esito veniva pronunciato in pendenza del fallimento, nel quale proponeva insinuazione il concessionario della riscossione. Innanzi al giudice delegato ed in appello, il relativo credito veniva riconosciuto integralmente, ma in sede di legittimità il curatore proponeva ricorso sostenendo l’efficacia, anche nei confronti del fallimento, dell’esito favorevole del ricorso promosso dal contribuente in pendenza di fallimento. In tal senso il S.C. si esprime nei termini della massima di cui sopra, rinviando alla Corte territoriale per un verifica della circostanza così descritta. I poteri processuali del fallito generalità. Secondo l’art. 43 l.fall. n. 267/1942, nelle controversie relative ai rapporti patrimoniali compresi nel fallimento è il curatore il solo abilitato ad esercitare i relativi poteri processuali viene quindi esclusa la possibilità per il fallito di promuovere azioni di carattere patrimoniali nel proprio interesse. Accertamento tributario e poteri residuali del fallito. Ferma la regola generale di cui sopra, la stessa subisce importante eccezioni nel processo tributario. Al riguardo, in giurisprudenza si è osservato, ad esempio, che l'accertamento tributario, se inerente a crediti i cui presupposti si siano determinati prima della dichiarazione di fallimento del contribuente o nel periodo d'imposta in cui tale dichiarazione è intervenuta, deve essere notificato non solo al curatore ma anche al contribuente, il quale, restando esposto ai riflessi, anche di carattere sanzionatorio, conseguenti alla definitività dell'atto impositivo, è eccezionalmente abilitato ad impugnarlo, nell'inerzia degli organi fallimentari, non potendo attribuirsi carattere assoluto alla perdita della capacità processuale conseguente alla dichiarazione di fallimento, che può essere eccepita esclusivamente dal curatore, nell'interesse della massa dei creditori. Eccezioni proponibili dal fallito ed inerzia del curatore. In applicazione di quanto poc’anzi esposto, si precisa che, in caso di fallimento di una società in accomandita semplice, il socio accomandatario dichiarato fallito ai sensi dell'art. 147 della legge fall., in qualità di legale rappresentante, è legittimato ad agire in giudizio nell'inerzia del curatore, la cui legittimazione esclusiva a far valere il difetto di capacità processuale dell'attore esclude che lo stesso possa essere rilevato d'ufficio o su eccezione della controparte. Condono fiscale e poteri residui del fallito. Analogamente, con riferimento al condono fiscale, legittimato a proporre istanza di definizione agevolata, a seguito del fallimento del contribuente, dev'essere considerato, in caso d'inerzia del curatore, anche il fallito quest'ultimo, infatti, non è privato, per effetto della dichiarazione di fallimento, della qualità di soggetto passivo del rapporto tributario, restando esposto ai riflessi anche sanzionatori che conseguono alla definitività dell'atto impositivo, ed essendo per tale motivo legittimato, nell'inerzia degli organi fallimentari, anche a ricorrere alla tutela giurisdizionale, tenuto conto che la perdita della capacità processuale derivante dalla dichiarazione di fallimento ha carattere relativo, potendo essere fatta valere soltanto dal curatore, nell'interesse della massa dei creditori. Efficacia anche verso il fallimento del giudizio promosso dal fallito. Ne consegue che, se il contribuente è considerato, seppur in via residuale, legittimato alla proposizione delle azioni a propria difesa nel processo tributario, l’esito delle stesse risulta opponibili nella procedura di accertamento del passivo, nella quale si dovrà tenere conto dell’esito delle stesse e le cui risultanza porteranno, come nel caso di specie, ad una riduzione delle pretese del concessionario. Ricorso del fallimento ed inerzia autorizzata del curatore. Per contro, è inammissibile, per difetto di legittimazione ad agire ex art. 43, comma 1, l.fall., il ricorso del contribuente contro un avviso di accertamento concernente crediti fiscali i cui presupposti si siano verificati prima della dichiarazione del suo fallimento, ove il curatore abbia omesso di promuovere detto ricorso non per inerzia, ma in seguito ad una esplicita presa di posizione negativa circa la sua utilità per la massa dei creditori.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 16 marzo – 23 maggio 2018, n. 12854 Presidente Genovese – Relatore Pazzi Fatto e diritto Rilevato che 1. con decreto in data 19 febbraio 2010 il Giudice delegato al fallimento della società OMISSIS s.r.l. in liquidazione ammetteva al passivo il credito insinuato da Equitalia Polis s.p.a. per Euro 667.680,75 in chirografo e Euro 2.882.476,06 in privilegio. 2. A seguito dell’opposizione proposta da Equitalia Polis s.p.a. il Tribunale, con decreto depositato in data 20 ottobre 2011, in parziale riforma del decreto impugnato ammetteva al passivo in maggior misura il credito vantato da Equitalia Polis s.p.a., in particolare disponendo riguardo alla cartella n. omissis l’ammissione del credito di Euro 35.319,61 in privilegio e di Euro 2.471,07 in chirografo e rispetto alla cartella n. omissis l’ammissione in chirografo della somma di Euro 269.299,98. 3. Ha proposto ricorso per cassazione avverso questa pronuncia il fallimento della società OMISSIS s.r.l. in liquidazione, al fine di far valere cinque motivi di impugnazione. L’intimato Equitalia Polis s.p.a. non ha depositato alcuna difesa. Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte, ex art. 380 bis.1 c.p.c., sollecitando il parziale accoglimento del ricorso. Considerato che 4.1 il primo motivo denuncia - rispetto alla cartella n. omissis - la violazione e la falsa applicazione degli artt. 93, 98, 44 e 45 legge fall., 2697 e 2704 cod. civ., 112, 116 e 115 cod. proc. civ. in ordine all’onere probatorio esistente a carico dell’ente impositore e del concessionario rispetto all’esistenza di un credito di natura previdenziale nonché l’omessa, erronea o insufficiente valutazione di circostanze ed elementi prospettati, quali la posizione di terzo del curatore e l’inidoneità della documentazione prodotta a suffragare il credito anche ai sensi dell’art. 2704 cod. civ. il Tribunale, dopo aver constatato che la cartella rappresentativa del credito dell’I.N.A.I.L. era stata notificata al debitore poi fallito senza che questi avesse proposto opposizione nel termine di quaranta giorni, aveva ritenuto che il credito fosse opponibile al fallimento, rimanendo precluso al G.D. e al curatore il rilievo di alcuna contestazione rispetto alla pretesa del concessionario al contrario, in tesi di parte ricorrente, il concessionario era comunque tenuto a provare l’an e il quantum debeatur nel rispetto della disciplina prevista dall’art. 2704 c.c. poiché la massa dei creditori e il curatore dovevano considerarsi terzi rispetto al fallito. 4.2 Il motivo è infondato. Il Tribunale ha infatti accertato che il credito previdenziale in questione era stato oggetto di una cartella di pagamento notificata in data 22 maggio 2006 e non impugnata nel successivo termine perentorio di quaranta giorni. Ne discende che il credito previdenziale in questione al momento dell’apertura del fallimento era già cristallizzato dal titolo, poiché la scadenza del termine perentorio, previsto dall’art. 24, comma 5, d. lgs. n. 46/1999, per proporre opposizione a cartella di pagamento determina la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione e produce l’effetto sostanziale dell’irretrattabilità del credito contributivo Cass., Sez. Un., 17/11/2016 n. 23397 . Pertanto il credito previdenziale documentato da cartella esattoriale notificata al fallito in bonis e non impugnata da quest’ultimo deve essere ammesso al passivo de plano, una volta verificata l’avvenuta notifica della cartella di pagamento al contribuente ancora in bonis e la mancata presentazione di alcuna opposizione nei termini previsti dall’art. 24, comma 5, d. lgs. 46/1999 in epoca anteriore al fallimento. 5.1 Il secondo mezzo denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 145, 138, 139 e 141 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ. nonché l’esistenza di una motivazione erronea e insufficiente su un punto decisivo della controversia in ordine alla validità della notifica della cartella esattoriale n. OMISSIS il Tribunale aveva ritenuto valida la notifica effettuata del legale rappresentante della società poi fallita, a mani della moglie del medesimo, benché il concessionario non avesse provato il ricorrere dei requisiti previsti dagli artt. 145, 138, 139 e 141 cod. proc. civ. al fine di dimostrare la regolarità di tale notifica. 5.2 Il motivo è inammissibile. La questione della validità della notifica della cartella esattoriale infatti non è stata in alcun modo affrontata dal Tribunale all’interno della decisione impugnata e il ricorrente non ha indicato se la stessa era stata allegata in sede di merito e dove era stata posta Qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione Cass. 18/10/2013 n. 23675 . 6.1 Il quinto motivo di ricorso denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 19 e 39 d. lgs. 112/1999, 12, 13, 4, 15, 16, 17 e 49 d.P.R. 602/1973 nonché l’esistenza di una motivazione erronea e insufficiente su un punto decisivo della controversia costituito dalla sussistenza della legittimazione attiva del concessionario a richiedere la pretesa tributaria in base a un ruolo nullo o non definitivo secondo il ricorrente la nullità del ruolo e la conseguente insussistenza del titolo avrebbe comportato il venir meno della legittimazione attiva di Equitalia Polis s.p.a., in quanto il titolare del diritto era esclusivamente l’ente impositore. 6.2 La doglianza in esame intende contestare la legittimazione di Equitalia Polis s.p.a. a proporre l’istanza di insinuazione per il credito tributario di cui alla cartella n. OMISSIS in ragione del fatto che lo stesso sarebbe stato in precedenza dichiarato inesistente in sede di contenzioso tributario. Il motivo è infondato. Ciò non solo perché la statuizione adottata dalla Commissione Tributaria Provinciale nel caso di specie non era divenuta definitiva in epoca anteriore al fallimento e dunque non era opponibile alla curatela, ma soprattutto perché la legittimazione all’insinuazione al passivo deriva al concessionario dall’iscrizione a ruolo, che implica l’affidamento di un incarico di riscossione da parte dell’ente impositore, mentre l’esito del contenzioso tributario si riverbera eventualmente sul profilo della fondatezza nel merito della pretesa. 7.1 Con il terzo motivo la sentenza impugnata è censurata per violazione e falsa applicazione degli artt. 92, 42, 43 e 44 legge fall., 300 cod. proc. civ., 16 d. lgs. 46/1999, 87 e 89 d.P.R. 602/1973 e 2697 cod. civ. nonché a causa dell’esistenza di una motivazione erronea e insufficiente su un punto decisivo della controversia in ordine alla opponibilità al fallimento di una sentenza intervenuta successivamente alla dichiarazione di fallimento il Tribunale, benché il fallimento fosse stato dichiarato mentre era in corso il giudizio tributario relativo all’impugnazione di un avviso di accertamento, aveva comunque ammesso al passivo il credito portato dalla cartella n. OMISSIS per la somma di Euro 269.299,88 senza neppure ridurlo nella misura indicata dalla Commissione Tributaria Regionale di Napoli in epoca successiva all’apertura del concorso. 7. 2 Il quarto motivo adduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 52, 93, 94, 95 e 96 legge fall., 2697 cod. civ., 1 e 2 d. lgs. 546/1992, 1, 9 e 633 cod. proc. civ. nonché l’esistenza di una motivazione erronea e insufficiente su un punto decisivo della controversia in ordine alla insussistenza in capo al giudice ordinario del potere di accertare l’esistenza e determinare l’entità del credito tributario il Tribunale, sebbene dovesse compiere un controllo di mera legittimità circa l’esistenza, la validità e l’opponibilità del titolo relativo a crediti tributari, non si era limitato a constatare la non definitività del ruolo, tempestivamente impugnato e oggetto della sentenza della Commissione Tributaria Regionale non opponibile alla procedura concorsuale, ma aveva deciso nel merito della pretesa per cui era carente di giurisdizione e malgrado il concessionario si fosse limitato a esibire il solo estratto di ruolo. 7.3 I motivi, da trattarsi congiuntamente in ragione della loro connessione, sono fondati, nei termini che si vanno a illustrare. La questione posta all’esame di questa Corte consiste nella sostanza nel verificare se e in quali limiti il curatore sia legittimato ad avvalersi di una statuizione favorevole conseguita in sede tributaria dal fallito all’esito di un procedimento pendente prima dell’apertura del concorso e proseguito con la sola partecipazione del contribuente. Ora, la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che il contribuente fallito, rimanendo esposto ai riflessi, anche di carattere sanzionatorio, conseguenti alla definitività dell’atto impositivo, conserva eccezionalmente la legittimazione a impugnare l’accertamento tributario nell’inerzia degli organi fallimentari, non potendo attribuirsi carattere assoluto alla perdita della capacità processuale conseguente alla dichiarazione di fallimento, che peraltro può essere eccepita esclusivamente dal curatore nell’interesse della massa dei creditori Cass. 30/04/2014 n. 9434 Cass. 18/03/2014 n. 6248 . Il permanere di questa duplice, eccezionale, legittimazione a impugnare l’accertamento tributario, operante sotto il controllo del curatore secondo una logica di interesse della massa dei creditori, induce a ritenere che quest’ ultimo, al fine di salvaguardare il medesimo interesse collettivo, possa avvalersi dell’esito favorevole dell’azione promossa dal solo contribuente fallito, eccependo il relativo giudicato, onde limitare la pretesa del concessionario insinuatosi al passivo per il recupero dell’intero credito tributario contestato. Occorrerà dunque verificare se l’esito favorevole del contenzioso tributario pendente da epoca antecedente alla dichiarazione di fallimento e protrattosi in seguito con la partecipazione del solo fallito abbia conseguito carattere definitivo. In questo caso il giudice del merito deve prendere atto dell’eccezione del curatore, interessato a estendere al fallimento l’operatività del giudicato favorevole ottenuto dal fallito a seguito della sua iniziativa individuale protratta dopo l’apertura del concorso, e ammettere al passivo il credito tributario nei limiti della minor somma acclarata in via definitiva in sede contenziosa. Nell’ipotesi in cui la statuizione non sia ancora divenuta definitiva il credito portato dal ruolo, a fronte della rappresentazione della pendenza della lite, va invece ammesso per intero ma con riserva, con differimento all’esito del giudizio della determinazione dell’eventuale minor somma stabilita come dovuta. Nella fattispecie in esame il Tribunale perciò avrebbe dovuto verificare se la decisione ottenuta dal fallito fosse oramai definitiva o meno e, nel primo caso, avrebbe dovuto ammettere la minor somma riconosciuta come dovuta dal Giudice tributario, prendendo atto dell’eccezione del curatore di avvalersi, nell’interesse della massa dei creditori, del giudicato favorevole ottenuto dal fallito, mentre nel secondo caso avrebbe dovuto ammettere l’intera somma riportata nel ruolo, ma con riserva, da sciogliere poi all’esito della lite. Dev’essere dunque affermato il seguente principio di diritto il contribuente fallito conserva eccezionalmente la legittimazione a impugnare l’accertamento tributario o a coltivare l’impugnazione in precedenza proposta nell’inerzia degli organi fallimentari sicché il permanere di questa legittimazione, operante sotto il controllo del curatore secondo una logica di interesse della massa dei creditori, fa sì che quest’ ultimo, al fine di salvaguardare il medesimo interesse collettivo, possa avvalersi dell’esito favorevole dell’azione promossa dal solo contribuente fallito, eccependo il relativo giudicato, onde limitare nel quantum la pretesa del concessionario insinuatosi al passivo per il recupero dell’intero credito tributario contestato. Pertanto, ove il curatore manifesti il suo interesse a estendere al fallimento l’operatività del giudicato favorevole ottenuto dal fallito a seguito della sua iniziativa individuale, il giudice del merito dovrà ammettere al passivo il credito tributario nei limiti della minor somma acclarata in via definitiva in sede contenziosa ovvero, in caso di mancata formazione del giudicato, ammettere l’intera somma con riserva, da sciogliere poi all’esito della lite . 8. Il provvedimento impugnato andrà dunque cassato, con rinvio al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, il quale, nel procedere a nuovo esame della causa, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese di questo grado di giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il terzo e il quarto motivo di ricorso, rigetta gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.