Revoca dei contributi pubblici sempre opponibile al fallimento

La Cassazione si esprime in merito all’opponibilità della revoca dei contributi pubblici.

Il caso. Il Ministero dell'Istruzione, dell’Università e della Ricerca MIUR presentava domanda di ammissione al passivo nel fallimento di una s.p.a. alla quale aveva concesso in bonis un finanziamento. Per effetto dell'intervenuta procedura concorsuale nell'agosto 2011 il MIUR revocava il finanziamento nel dicembre 2011 e domandava il riconoscimento con rango privilegiato del proprio credito per le somme spettanti a seguito della revoca del finanziamento, nonché per gli interessi di mora a titolo di risarcimento danni. Il Tribunale respingeva la domanda spiegando che la revoca era stata disposta solo successivamente al fallimento pertanto non sorgeva alcun diritto al risarcimento danni. Sotto altro profilo non poteva essere riconosciuto il privilegio al credito per le somme conseguenti dato che tale caratteristica trovava fondamento in un decreto ministeriale e non in una legge dello Stato. Opponibile la revoca dei contributi pubblici in favore delle imprese. La revoca dei contributi pubblici in favore delle imprese, disposta dall'Amministrazione a causa della dichiarazione di fallimento dell'impresa beneficiata, ha natura di mero accertamento del venir meno di una delle condizioni per la permanenza del beneficio sicché essa resta opponibile alla massa anche se intervenuta dopo la pubblicazione della sentenza di fallimento dell'impresa. Nel ricorso in Cassazione il MIUR ribadiva che la revoca del finanziamento poteva essere disposta solo a seguito dell'intervenuto fallimento proprio perché la causa della stessa era la procedura concorsuale come previsto dall’4, comma 18, d.m. n. 954/1997 applicabile ratione temporis alla fattispecie. Giustificata era quindi la richiesta di risarcimento danni in termini di interessi di mora. La Cassazione accoglie il motivo di ricorso. In primo luogo la Corte ricorda che dall'art. 72 L.F. - nel testo originario - si desume il principio di carattere generale secondo cui lo scioglimento del rapporto contrattuale determinato dalla dichiarazione di fallimento non comporta il diritto al risarcimento danni. Successivamente però le modifiche legislative del d.lgs. n. 5/2006 hanno stabilito che l'azione di risoluzione contrattuale può essere opposta al curatore solo se promossa prima del fallimento art. 72, comma 5, L.F. e che in generale sono inefficaci le clausole negoziali che fanno dipendere la risoluzione del contratto dal fallimento art. 72, comma 6, L.F. . Delineato il quadro normativo generale, gli Ermellini osservano che in materia di contributi e sovvenzioni pubbliche quando l'Amministrazione revoca un finanziamento non opera alcuna valutazione discrezionale, né alcuna attività ulteriore. Semplicemente accerta il venire meno di un presupposto previsto dalla legge, cioè la cessazione dell'attività imprenditoriale dovuta alla dichiarazione di fallimento così avevano stabilito le Sezioni Unite con la sentenza n. 15867/2011 . Da ciò discende inevitabilmente che la revoca del finanziamento pubblico potrà avvenire solo dopo il fallimento, poiché la procedura concorsuale stessa è la causa di simile effetto come stabilito dal citato d.m. n. 954/1997. In altre parole, in tali casi non può esistere un’azione di risoluzione anteriore al fallimento dato che l’art. 4, comma 18, del decreto ministeriale prevedeva puntualmente la revoca della sovvenzione pubblica da parte dell’Amministrazione nel caso in cui il contraente risulti in procedura concorsuale . Pertanto il provvedimento di revoca è sempre opponibile al curatore fallimentare, sebbene disposto solo una volta intervenuta la procedura concorsuale. Di conseguenza al MIUR spetta anche il risarcimento del danno – in termini di interessi di mora – per il venir meno delle condizioni di ammissione al beneficio. In ordine al rango privilegiato del credito vantato dal Ministero, la Cassazione ricostruisce il complesso quadro normativo vigente all'epoca dei fatti confermando anche da questo punto di vista la pretesa del ricorrente. È vero infatti che il Ministero aveva invocato un decreto ministeriale, il già citato n. 954/1997 art. 12, comma 2 , a sostegno del privilegio per i crediti nascenti da finanziamenti erogati alle imprese, ma tale disposizione era specificamente attuativa di altra norma di rango legislativo, cioè il d.l. n. 32/1995 convertito in legge n. 104/1995 che accordava sempre il privilegio ai crediti nascenti da simili finanziamenti. Peraltro, spiega la Cassazione, alla fattispecie è direttamente applicabile ratione temporis l'art. 4, comma 3, d.lgs. n. 297/1999 il quale - ricalcando il citato d.l. n. 32/1995 - stabilisce i crediti nascenti dai finanziamenti erogati ai sensi del presente titolo sono assistiti da privilegio generale che prevale su ogni titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall'art. 2751- bis c.c., fatti salvi i precedenti diritti di prelazione spettanti a terzi . Esiste quindi una disposizione di rango legislativo che attribuisce il carattere privilegiato al credito invocato dal ricorrente rispettando così la regola della tipizzazione per legge dei privilegi. In conclusione, secondo gli Ermellini, le ragioni dell'Amministrazione, sia in ordine al privilegio, sia in relazione alla richiesta di risarcimento, sono condivisibili nei termini brevemente riepilogati e i motivi di ricorso vengono accolti.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 28 novembre 2017 – 26 febbraio 2018, numero 4510 Presidente Didone – Relatore Fichera Fatti di causa Il Tribunale di Treviso, con decreto depositato il 12 luglio 2012, respinse l’opposizione allo stato passivo del fallimento della s.p.a., in liquidazione, promossa dal Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca di seguito MIUR , sulla sua domanda di insinuazione al passivo, con il rango privilegiato, delle somme dovute a seguito della revoca del finanziamento concesso alla società fallita, nonché per gli interessi di mora spettanti a titolo risarcitorio. Il tribunale ritenne che la revoca del finanziamento alla fallita fosse stata disposta solo successivamente alla sua dichiarazione di fallimento, non spettando quindi alcun diritto al risarcimento del danno, trattandosi di contratto pendente all’epoca dell’apertura del concorso soggiunse che non poteva essere riconosciuto il rango privilegiato sulle somme ammesse al passivo, poiché esso trovava fondamento in una norma contenuta in un decreto ministeriale anziché in una legge dello Stato. Avverso il detto decreto il MIUR ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi il fallimento della s.p.a., in liquidazione, ha depositato controricorso. Le parti hanno depositato memorie ex art. 380-bis.1 c.p.c. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo deduce il MIUR violazione dell’art. 4, comma 18, del d.m. 8 agosto 1997, numero 954, poiché la revoca del finanziamento poteva essere disposta, proprio a causa dell’intervenuta dichiarazione di fallimento del beneficiario, soltanto dopo l’apertura della procedura concorsuale. Con il secondo motivo lamenta violazione dell’art. 9, comma 5, del d.lgs. 31 marzo 1998, numero 123, del d.lgs. 27 luglio 1999, numero 297 e dell’art. 12, comma 2, del d.m. numero 954 del 1997, avendo il giudice di merito erroneamente ritenuto non spettante il privilegio generale previsto dalla vigente normativa in tema di finanziamenti agevolati per la ricerca. 2. Il primo motivo è fondato. Secondo il tradizionale orientamento di questa Corte, dal tenore della disposizione dell’art. 72 l.fall. - nel testo introdotto dalla legge del ‘42 - si desume il principio secondo cui lo scioglimento del rapporto contrattuale, determinato dalla dichiarazione di fallimento, non giustifica l’insorgere, in favore del contraente in bonis, del diritto al risarcimento dei danni subiti a causa dell’anticipata interruzione del rapporto, salvo che il danno non sia riconducibile ad inadempimenti verificatisi prima della sentenza dichiarativa del fallimento. A tale principio si ricollega l’art. 55 l.fall., il quale, disponendo che i crediti sono conteggiati, agli effetti del concorso, per l’importo esistente alla data di apertura della procedura, esclude la possibilità di riconoscere, agli stessi fini, in favore dei singoli creditori, malgrado ogni intesa contraria, pretese risarcitorie o indennitarie non riconducibili a situazioni determinatesi prima di tale momento Cass. 04/09/2009, numero 19219 Cass. 25/02/2002, numero 2754 . E l’art. 72, comma quinto, l.fall., nel testo novellato dal d.lgs. 9 gennaio 2006, numero 5, proprio in applicazione dei suddetti principi, stabilisce oggi che soltanto l’azione di risoluzione del contratto promossa prima del fallimento nei confronti della parte inadempiente, spiega i suoi effetti nei confronti del curatore, soggiungendo il comma sesto del medesimo art. 72, che sono inefficaci le clausole negoziali che fanno dipendere la risoluzione del contratto dal fallimento . Occorre tuttavia considerare che in materia di contributi e sovvenzioni pubbliche, chiamate a stabilire il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e amministrativo, le Sezioni Unite di questa Corte hanno precisato che l’Amministrazione, nel revocare il contributo già accordato ovvero nel dichiarare la decadenza del soggetto beneficiario, non compie alcuna valutazione discrezionale, ma si limita ad accertare, con la cessazione dell’attività imprenditoriale per intervenuto fallimento , il venir meno di un presupposto già previsto in modo puntuale dalla legge Cass. s.u. 20/07/2011, numero 15867 . Dunque, non potendosi ragionevolmente pretendere che il mero -accertamento di quello che è uno dei presupposti legali per la revoca del finanziamento - id est la soggezione del soggetto beneficiario ad un procedura concorsuale -, debba intervenire addirittura prima dell’evento medesimo, deve concludersi che la revoca del finanziamento pubblico, giustificata appunto dalla dichiarazione di fallimento del destinatario delle provvidenze pubbliche, risulta sempre opponibile al curatore fallimentare, ancorché sia stata disposta com’è del resto inevitabile - sempre dopo l’apertura del concorso tra i creditori. Conformemente all’orientamento già recentemente espresso da questa Sezione Cass. 31/05/2017, numero 13751 , deve allora pronunciarsi il seguente principio di diritto La revoca dei contributi pubblici in favore delle imprese, disposta dall’Amministrazione a causa della dichiarazione di fallimento dell’impresa beneficiata, ha natura di mero accertamento del venir meno di una delle condizioni per la permanenza del beneficio sicché essa resta opponibile alla massa anche se intervenuta dopo la pubblicazione della sentenza di fallimento dell’impresa . Nella vicenda di cui si discute, poi, è incontroverso che l’art. 4, comma 18, del d.m. 8 agosto 1997, numero 954-Nuove modalità procedurali per la concessione delle agevolazioni previste dagli interventi a valere sul Fondo Speciale per la Ricerca Applicata - disciplina ratione temporis applicabile ai progetti, quale quello della s.p.a., presentati fino al trentesimo giorno successivo alla pubblicazione nella G.U. risalente al 18.1.2001 del d.m. 8 agosto 2000 numero 593-Modalità procedurali per la concessione delle agevolazioni previste dal decreto legislativo 27 luglio 1999, numero 297 prevedeva la revoca della sovvenzione pubblica da parte dell’Amministrazione nel caso in cui il contraente nell’ulteriore corso delle attività contrattuali risulti in procedura concorsuale . Dunque, deve ritenersi che la revoca del finanziamento disposta con decreto ministeriale adottato il 28.12.2011, dopo la dichiarazione di fallimento della s.p.a. risalente al precedente 5.8.2011, fosse pienamente opponibile alla massa con il risultato che spetta al ministero revocante il risarcimento del danno per il venire meno delle condizioni di ammissione al beneficio, come determinato in seno al ridetto contratto di finanziamento. 3. Anche il secondo motivo è fondato. Va ricordato che in tema di finanziamenti pubblici per la ricerca, già l’art. 4 della legge 25 ottobre 1968, numero 1089, istituì il c.d. Fondo speciale per la ricerca applicata presso l’Istituto Mobiliare Italiano IMI , che lo avrebbe amministrato con le modalità proprie dell’istituto ed in base ad apposita convenzione da stipularsi con il Ministro del tesoro. Successivamente, l’art. 6, comma 6, del d.l. 8 febbraio 1995, numero 32, convertito dalla legge 7 aprile 1995, numero 104, stabilì che i crediti nascenti dai finanziamenti erogati in virtù della disciplina prevista per il detto Fondo speciale , fossero assistiti da privilegio generale che prevale su ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall’art. 2751-bis del codice civile, fatti salvi i precedenti diritti di prelazione spettanti a terzi. La costituzione e l’efficacia del privilegio non sono subordinate né al consenso delle parti, né a forme di pubblicità. Siffatta disciplina venne ribadita, in sede attuativa, dal ricordato d.m. 8 agosto 1997, numero 954, che all’art. 12, comma 2, si limitò a ripetere alla lettera il dettato legislativo Ai sensi dell’art. 6, comma 6, del Decreto Legge 8 febbraio 1995, numero 32, convertito, senza modificazioni, dalla legge 7 aprile 1995, numero 104, i crediti nascenti dai finanziamenti erogati ai sensi dell’art. 2, comma II, della legge numero 46/82, e successive modificazioni ed integrazioni, sono assistiti da privilegio generale che prevale su ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall’art. 2751 bis c.c., fatti salvi i precedenti diritti di prelazione spettanti a terzi . Il d.lgs. 27 luglio 1999, numero 297-Riordino della disciplina e snellimento delle procedure per il sostegno della ricerca scientifica e tecnologica, per la diffusione delle tecnologie, per la mobilità dei ricercatori oggi integralmente abrogato dall’art. 63 del d.l. 22 giugno 2012 numero 83-Misure urgenti per la crescita del Paese convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, numero 134 , poi, innovando radicalmente la disciplina in materia, affidò invece direttamente al Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica MURST - attualmente il MIUR - l’erogazione dei finanziamenti agevolati alle imprese. Più precisamente, l’art. 4, comma 3, d.lgs. numero 297 del 1999, di tenore esattamente identico all’art. 6, comma 6, del d.l. numero 32 del 1995, stabilì che I crediti nascenti dai finanziamenti erogati ai sensi del presente titolo sono assistiti da privilegio generale che prevale su ogni titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall’art. 2751-bis del codice civile, fatti salvi i precedenti diritti di prelazione spettanti a terzi . L’art. 9 del detto decreto legislativo, inoltre, introdusse una complessa disciplina transitoria in particolare, per quello che qui ancora rileva, il comma 4 del ridetto art. 9 fissò l’abrogazione, a decorrere dall’entrata in vigore del primo fra i decreti non regolamentari adottati dal MURST previsti dall’art. 6, comma 2, del medesimo decreto legislativo, sia dell’art. 4 della legge numero 1089 del 1968 - che come visto aveva istituito il Fondo speciale per la ricerca applicata -, sia dell’art. 6, comma 6, del d.l. numero 32 del 1995, in forza del quale godevano del privilegio generale mobiliare i crediti derivanti dai finanziamenti erogati attraverso il detto Fondo. È noto, infine, che il primo decreto non regolamentare ai sensi dell’art. 6, comma 2, del d.lgs. numero 297 del 1999, fu adottato dal MURST, con d.m. 8 agosto 2000 numero 593-Modalità procedurali per la concessione delle agevolazioni previste dal decreto legislativo 27 luglio 1999, numero 297 pubblicato come visto sulla G.U. del 18.1.2001, numero 14 , che ancora una volta, all’art. 19, comma 2, ribadì la natura privilegiata dei medesimi crediti oggi vantati dal MIUR Ai sensi dell’art. 4, comma 3, del decreto legislativo numero 297/99, i crediti nascenti dai contributi di cui al comma precedente sono assistiti da privilegio generale che prevale su ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall’art. 2751 bis c. c., fatti salvi i precedenti diritti di prelazione spettanti a terzi . Così ricostruito il quadro normativo vigente all’epoca dei fatti per cui è lite, va anzitutto rilevato che - a differenza di quanto sostenuto dal Ministero ricorrente - nella vicenda all’esame non trova applicazione l’art. 9, comma 5, del d.lgs. 31 marzo 1998, numero 123-Disposizioni per la razionalizzazione degli interventi di sostegno pubblico alle imprese, a norma dell’articolo 4, comma 4, lettera c , della l. 15 marzo 1997, numero 59, essendo già vigente, al momento in cui venne erogato dal MIUR il finanziamento in favore della fallita s.p.a. 25.6.2003 , l’art. 4, comma 3, del d.lgs. numero 297 del 1999, ferma restando peraltro l’applicabilità del d.m. numero 954 del 1997, trattandosi di progetto presentato prima che divenisse efficace il d.m. numero 593 del 2000 si veda il citato art. 23 di quest’ultimo decreto ministeriale . Dunque, ha errato il Tribunale di Treviso nell’escludere il privilegio invocato dall’Amministrazione, spettando a quest’ultima, per i finanziamenti erogati alle imprese in favore della ricerca scientifica, il privilegio generale mobiliare riconosciuto dalla legge vigente al momento dell’erogazione del mutuo il ridetto art. 4, comma 3, del d.lgs. numero 297 del 1999 mentre assumono un valore meramente confermativo del chiaro dettato della legge, le disposizioni prima l’art. 12, comma 2, del d.m. numero 954 del 1997 e poi l’art. 19, comma 2, del d.m. numero 593 del 2000 contenute nei decreti ministeriali di attuazione della disciplina di volta in volta divenuta applicabile nel corso degli anni. 4. In definitiva, accolti tutti i motivi del ricorso, nei limiti di cui in motivazione, il decreto impugnato deve essere cassato, con rinvio al Tribunale di Treviso, in diversa composizione, che statuirà anche sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. Accoglie il ricorso cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvia al Tribunale di Treviso, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.