Dalle scritture contabili può desumersi l’anteriorità del contratto rispetto al fallimento

Nell’ambito della procedura fallimentare, le scritture contabili possono essere idonee ad accertare l’avvenuta erogazione delle somme mutuate alla società fallita, al fine di provare l’anteriorità del contratto di finanziamento rispetto alla dichiarazione di fallimento.

Così la Corte di Cassazione con ordinanza n. 4509/18, depositata il 26 febbraio. Il caso. Il Tribunale di Catania, in seguito alla domanda di insinuazione al passivo promossa da una società per ottenere il rimborso di un finanziamento erogato alla società fallita, riteneva che il contratto di finanziamento prodotto in giudizio fosse privo di data certa, non potendosi questa desumere dalle scritture contabili esibite. Avverso la pronuncia del Tribunale la società creditrice ricorre per cassazione denunciando, tra i vari motivi di ricorso, l’avvenuta produzione della prova della data certa del contratto, anteriore alla dichiarazione di fallimento. Scritture private senza data certa e scritture contabili. Il Supremo Collegio sottolinea che, in sede di accertamento dello stato passivo, qualora un credito sia documentato con scrittura privata priva di data certa e attraverso questo si voglia dare prova del momento in cui il negozio è stato concluso, il giudice di merito ha il compito di valutarne, caso per caso, la sussistenza e l’idoneità a stabilire la certezza della data del documento, con il limite del carattere obiettivo del fatto . Il Giudice di merito ha infatti negato che la data certa del contratto di finanziamento potesse ricavarsi dalle scritture contabili prodotte in giudizio, dalle quali risultavano le somme erogate a titolo di mutuo, ed ha inoltre affermato l’inopponibilità delle stesse al curatore. Ebbene, trattasi di ragionamento errato , posto che il ricorrente si proponeva di dare prova non dell’entità del credito vantato nei confronti del socio della fallita, bensì di un fatto storico l’avvenuta erogazione delle somme mutuate , da cui potere inferire, in maniera oggettiva, l’anteriorità del finanziamento concesso rispetto alla dichiarazione di fallimento. La Corte dunque cassa il provvedimento impugnato con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 28 novembre 2017 – 26 febbraio 2018, n. 4509 Presidente Didone – Relatore Fichera Fatti di causa Il Tribunale di Catania, con decreto depositato il 10 luglio 2012, respinse l’opposizione allo stato passivo del fallimento di C.E., socio illimitatamente responsabile della s.n.c. di C.E. & amp c., promossa dalla Domofin s.p.a., sulla sua domanda di insinuazione al passivo delle somme vantate per il rimborso di un finanziamento erogato in favore del socio poi fallito. Il tribunale ritenne che il contratto di finanziamento prodotto in giudizio risultava privo di data certa opponibile al fallimento, non essendo consentito desumerne l’effettiva formazione dalle scritture contabili esibite dall’opponente - trattandosi di documentazione anch’essa inopponibile al curatore fallimentare - e neppure accedere, a tal fine, agli atti custoditi nel fascicolo della fase di verifica dei crediti. Avverso il detto decreto Domofin s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi il fallimento intimato non ha spiegato difese. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo deduce Domofin s.p.a. violazione degli artt. 2704, 2709 e 2710 c.c., degli artt. 44, 45, 93 e 99 l.fall. e degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c., nonché vizio di motivazione ex art. 360, comma primo, n. 5 , c.p.c., considerato che il giudice dell’opposizione ha erroneamente ritenuto che non fosse stata fornita la prova della data certa, anteriore alla dichiarazione di fallimento, del contratto di finanziamento, nonostante la documentazione prodotta in giudizio comprovasse l’anteriorità, rispetto al fallimento, dell’erogazione delle somme mutuate alla fallita. Con il secondo motivo lamenta violazione degli artt. 112, 115, 116, 210 e 213 c.p.c., dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 90, 93 e 99 l.fall, nonché vizio di motivazione ex art. 360, comma primo, n. 5 , c.p.c., avendo il giudice di merito respinto, non correttamente, sia l’istanza di esibizione della documentazione bancaria attestante la consegna delle somme mutuate alla società poi fallita, sia quella di acquisire il fascicolo della fase di verifica dei crediti innanzi al giudice delegato. 2. Il primo e il secondo motivo, da esaminare congiuntamente stante la stretta connessione, sono fondati nei limiti di cui si dirà. Com’è noto, in sede di accertamento dello stato passivo, ai fini della decisione circa l’opponibilità al fallimento di un credito documentato con scrittura privata non di data certa, mediante la quale voglia darsi la prova del momento in cui il negozio è stato concluso, il giudice di merito, ove sia dedotto un fatto diverso da quelli tipizzati nell’art. 2704 c.c. registrazione, morte o sopravvenuta impossibilità fisica di uno dei sottoscrittori, riproduzione in un atto pubblico , ha il compito di valutarne, caso per caso, la sussistenza e l’idoneità a stabilire la certezza della data del documento, con il limite del carattere obiettivo del fatto, il quale non deve essere riconducibile al soggetto che lo invoca e deve essere, altresì, sottratto alla sua disponibilità Cass. 27/09/2016, n. 18938 . Ora, nella vicenda all’esame, il tribunale ha ritenuto che la data certa del contratto di finanziamento - anteriore alla dichiarazione di fallimento di una delle parti contraenti - prodotto in giudizio dall’opponente, non potesse essere ricavata dalle sue scritture contabili, ove in thesi risultavano annotate le somme erogate a titolo di mutuo, affermando senz’altro l’inopponibilità delle dette scritture al curatore cui non si applica l’art. 2710 c.c Trattasi di ragionamento errato in quanto Domofin s.p.a., attraverso le dette scritture contabili, si proponeva di dare prova non dell’entità del credito vantato nei confronti del socio della fallita, bensì di un fatto storico l’avvenuta erogazione delle somme mutuate , da cui potere inferire, in maniera oggettiva, l’anteriorità del finanziamento concesso al C. rispetto alla sua dichiarazione di fallimento. Parimenti erronea, poi, si mostra la decisione del giudice di merito di respingere senz’altro l’istanza, formulata già nell’atto di opposizione allo stato passivo, tesa ad acquisire il fascicolo d’ufficio concernente la verifica dei crediti innanzi al giudice delegato, ove erano custodite - secondo quanto affermato dalla ricorrente -, esattamente quelle cambiali, tutte munite di bollo e di timbro postale, astrattamente idonee a dimostrare, in maniera certa, che il finanziamento fosse stato erogato al socio della società poi fallita in una data precedente alla sua soggezione alla procedura concorsuale. E invero, secondo l’orientamento più recente di questa Corte, cui si intende dare piena continuità, nel giudizio di opposizione allo stato passivo, l’opponente, a pena di decadenza ex art. 99, secondo comma, n. 4 , l.fall., deve soltanto indicare specificatamente i documenti, di cui intende avvalersi, già prodotti nel corso della verifica dello stato passivo innanzi al giudice delegato, sicché, in difetto della produzione di uno di essi, il tribunale deve disporne l’acquisizione dal fascicolo d’ufficio della procedura fallimentare ove esso è custodito Cass. 18/05/2017, n. 12549 . 4. In definitiva, accolti i motivi del ricorso, nei limiti di cui in motivazione, il decreto impugnato deve essere cassato, con rinvio al Tribunale di Catania, in diversa composizione, che statuirà anche sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. Accoglie il ricorso cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvia al Tribunale di Catania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.