Il credito del professionista è sempre prededucibile?

Il decisum in commento affronta il tema della preduducibilità del credito vantato da un team di avvocati per l’attività professionale prestata al fine di ottenere l’omologazione di un accordo di ristrutturazione, ex art. 182-bis, l. fall Nello specifico, si tratta di stabilire se sussista, o meno, la prededuzione, nel caso di fallimento consecutivo, seguito successivamente all’omologa dell’accordo.

E, i Giudici della Prima sezione civile di piazza Cavour, con la sentenza n. 1182/18 depositata il 18 gennaio, chiariscono che, in ordine al concordato preventivo questa Corte ha affermato che il credito del professionista nella specie, un avvocato che abbia svolto attività di assistenza e consulenza per la redazione e la presentazione della domanda, rientra de plano tra i crediti sorti in funzione della procedura e, come tale, a norma dell’art. 111, comma 2, l. fall., va soddisfatto in prededuzione nel successivo fallimento, senza che, ai fini di tale collocazione, debba essere accertato, con valutazione ex post , che la prestazione resa sia stata concretamente utile per la massa in ragione dei risultati raggiunti cfr. Cass. n. 22450/15 . La ragione specifica di tale affermazione va rinvenuta nell’essere l’ammissione al concordato in sé sintomatica della funzionalità delle attività di assistenza e consulenza connesse alla presentazione della domanda e alle eventualmente successive sue integrazioni, giacché la norma detta un precetto di carattere generale che, per favorire il ricorso a forme di soluzione concordata della crisi d’impresa, ha introdotto un’eccezione al principio della par condicio. La spiegazione rileva anche a proposito delle prestazioni funzionali all’accordo di ristrutturazione, nel senso che, avutasi l’omologazione, non è necessario verificare la definitiva tenuta del risultato” delle prestazioni medesime. Invero le prestazioni vanno correlate al segno della funzionalità di accesso alla procedura minore per la quale sono state svolte. L’utilità concreta per la massa dei creditori, ove poi consegua il fallimento, non è richiesta, atteso che i concetti – di funzionalità e di utilità concreta – non possono essere sovrapposti, e men che meno confusi tra loro. In particolare la norma di cui all’art. 111, comma 2, l.fall., come è stato osservato per il concordato preventivo ut supra , Cass. n. 22450/15 , risulterebbe priva di senso e non potrebbe mai ricevere applicazione nel fallimento consecutivo se la funzionalità delle prestazioni svolte allo scopo di ottenere l’ammissione alla procedura alternativa dovesse essere nuovamente valutata ex post con riguardo al fallimento che sia stato infine comunque dichiarato. Ciò sta a significare che non può escludersi la funzionalità della prestazione, per gli effetti di cui all’art. 111, l. fall., per il semplice fatto che all’omologazione dell’accordo di ristrutturazione sia conseguito il fallimento. Mentre è possibile che l’opera intellettuale prestata dal difensore sia valutata di nessuna utilità per la massa dei creditori poiché prestata in condizioni che sin dall’inizio non consentivano nessun salvataggio dell’impresa. Il fatto. Il caso di specie origina dall'impugnazione per cassazione presentata da tre avvocati avverso il decreto con cui il Tribunale di Verona rigettando l’opposizione proposta dai predetti professionisti avverso lo stato passivo del fallimento della Alfa s.r.l. aveva escluso la prededucibilità del credito fatto valere dagli opponenti a titolo di compenso vantato in relazione a prestazioni di assistenza e consulenza giudiziale e stragiudiziale funzionali all’omologazione di un accordo di ristrutturazione ex art. 182- bis l. fall In particolare, il Tribunale scaligero, respingendo l’opposizione ha ritenuto la fattispecie ex art. 182- bis l. fall., estranea, per il carattere privatistico, alla disciplina delle procedure concorsuali, precisando ulteriormente che in ogni caso l’accordo di ristrutturazione, pur omologato, non aveva apportato alcuna utilità alla massa dei creditori, essendo stato dichiarato il fallimento a distanza di poco tempo dall’omologa. Avverso quest’ultima decisione i professionisti proponevano quindi ricorso per cassazione facendo valere due distinti motivi di censura a cui resisteva la curatela con controricorso. In particolare, col secondo gravame, gli avvocati lamentavano la violazione e la falsa applicazione dell’art. 111 l. fall., censurando il decreto impugnato nella parte in cui aveva escluso la prededucibilità del credito relativo al compenso per l’attività professionale prestata in base al mero fatto della successiva dichiarazione di fallimento. E, gli Ermellini, dichiarando il motivo de quo fondato, chiariscono che non può escludersi la funzionalità della prestazione, per gli effetti di cui all’art. 111 l. fall., per il semplice fatto che all’omologazione dell’accordo di ristrutturazione sia conseguito il fallimento. Mentre è possibile che l’opera intellettuale prestata dal difensore sia valutata di nessuna utilità per la massa dei creditori poiché prestata in condizioni che sin dall’inizio non consentivano nessun salvataggio dell’impresa. Pertanto, la Suprema Corte, accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, ammette in prededuzione allo stato passivo del fallimento i compensi vantati dagli avvocati veronesi. La prededucibilità dei crediti dipende dal vantaggio arrecato alla massa dei creditori. L’art. 111 l. fall. individua i crediti prededucibili in quelli qualificati tali da espresse previsioni di legge nonché in quelli sorti in occasione ovvero sorti in funzione di procedure concorsuali. Le due categorie di crediti prededucibili, occasionali e funzionali, rispecchiano il portato del pregresso sforzo interpretativo e, in particolare, da un lato, un criterio cronologico, per i crediti sorti dopo l’apertura della procedura concorsuale, e, dall’altro, un criterio teleologico, per i crediti, pur sorti prima dell’inizio della procedura, che tuttavia risultano strumentali ad essa e, quindi, all’interesse della massa dei creditori. Sul punto – come già avevano precisato i Supremi Giudici nella sentenza di qualche anno addietro più volte richiamata nel decisum in rassegna cfr. Cass. n. 22450/15 - è pur vero che l’art. 99 , comma 1, lett. b , d.lgs. n. 5/2006, nell’affermare la prededucibilità dei crediti sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali, stabilisce un duplice criterio, cronologico e teleologico, in tal modo prefigurando un meccanismo satisfattorio destinato a regolare non solo le obbligazioni della massa sorte all’interno della procedura, ma tutte quelle che interferiscono con l’amministrazione fallimentare ed influiscono per l’effetto sugli interessi dell’intero ceto creditorio il carattere alternativo dei predetti criteri non consente peraltro di estendere la prededucibilità a qualsiasi obbligazione caratterizzata da un sia pur labile collegamento con la procedura concorsuale, dovendosi in ogni caso accertare il vantaggio arrecato alla massa dei creditori. La prededucibilità dei crediti vantati dai professionisti per la predisposizione di atti introduttivi di procedure concorsuali. La nuova tendenza registrata nella giurisprudenza di legittimità promette un’ampia dilatazione dell’area della prededucibilità in particolare, a favore dei professionisti, che hanno reso le proprie prestazioni in favore dell’impresa in crisi. La casistica è varia e possono solo individuarsi quelle fattispecie di più comune ricorrenza quali quelle relative alle prestazioni professionali rese per la predisposizione degli atti introduttivi di procedure concorsuali, ad esempio, come nel caso che qui ci occupa, di un accordo di ristrutturazione. L’accordo di ristrutturazione, ex art. 182-bis, l.fall., appartiene agli istituti del diritto concorsuale. Per quanto suscettibile di venir in considerazione come ipotesi intermedia tra le forme di composizione stragiudiziale e le soluzioni concordatarie della crisi dell’impresa, e per quanto oggetto di annosi dibattiti dottrinali, l’accordo di ristrutturazione di cui all’art. 182- bis l. fall., appartiene agli istituti del diritto concorsuale, come è dato desumere dalla disciplina alla quale nel tempo è stato assoggettato dal legislatore disciplina che, in punto di condizioni di ammissibilità, deposito presso il tribunale competente, pubblicazione al registro delle imprese e necessità di omologazione, da un lato, e meccanismi di protezione temporanea, esonero dalla revocabilità di atti, pagamenti e garanzie posti in essere in sua esecuzione, dall’altro, v. l’art. 182- bis l. fall., nei suoi vari commi, e l’art. 67, comma 3, lett. e , l. fall., suppone realizzate, nel pur rilevante spazio di autonomia privata accordato alle parti, forme di controllo e pubblicità sulla composizione negoziata, ed effetti protettivi, coerenti con le caratteristiche dei procedimenti concorsuali. L’appartenenza al diritto concorsuale può del resto considerarsi implicitamente contrassegnata dalla decisione nelle quali i Supremi giudici hanno accostato l’accordo al concordato preventivo. La funzionalità della prestazioni svolte al fine di ottenere l’ammissione alla procedura alternativa non può essere nuovamente valutata ex post con riguardo al fallimento. E, proprio con riguardo alle prestazioni strumentali alla presentazione della domanda di concordato, un punto di crisi può individuarsi nella necessità o meno che una procedura di concordato sia giunta almeno all’ammissione da parte del tribunale. L’emissione del decreto di ammissione, ex art. 161 l. fall., è ritenuta requisito indispensabile per configurare una procedura concorsuale aperta cui agganciare il successivo fallimento. Pertanto, qualora al ricorso, ex art. 161 l. fall., non segua siffatta dichiarazione di ammissibilità, il riconoscimento della prededuzione sarebbe conseguentemente precluso non ravvisandosi consecutio. Parimenti, circa l’accordo di ristrutturazione, ex art. 182- bis l. fall., che qui ci occupa, non può escludersi la funzionalità della prestazione per gli effetti di cui all’art. 111 l. fall., per il semplice fatto che all’omologazione dell’accordo di ristrutturazione sia conseguito il fallimento.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 25 ottobre 2017 – 18 gennaio 2018, n. 1182 Presidente Didone – Relatore Terrusi Fatti di causa Gli avvocati L.L., C.M. e P.M. chiesero di essere ammessi al passivo del fallimento di s.p.a., in prededuzione, per il compenso vantato in relazione a prestazioni di assistenza e consulenza giudiziale e stragiudiziale funzionali all’omologazione di un accordo di ristrutturazione ex art. 182-bis legge fall. Col decreto di esecutività dello stato passivo, il credito venne ammesso in privilegio, ai sensi dell’art. 2751-bis, n. 2, cod. civ Il tribunale di Verona, adito ai sensi dell’art. 98 legge fall., ha respinto l’opposizione ritenendo la fattispecie ex art. 182-bis legge fall. estranea, per il carattere privatistico, alla disciplina delle procedure concorsuali. Ha poi affermato che in ogni caso l’accordo di ristrutturazione, pur omologato, non aveva apportato alcuna utilità alla massa dei creditori, essendo stato dichiarato il fallimento a distanza di poco tempo dall’omologa segnatamente il 26-7-2013 a fronte della data di omologazione del 16-3-2012. Per la cassazione del decreto del tribunale di Verona, depositato il 16-2-2015 e comunicato via Pec in pari data, i predetti avvocati hanno proposto ricorso affidato a due motivi. La curatela ha resistito con controricorso. Le parti hanno depositato una memoria. Ragioni della decisione 1. Nelle memorie depositate ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ., le parti hanno rappresentato di aver raggiunto un accordo per comporre bonariamente la controversia. L’accordo prevede l’ammissione dei ricorrenti al passivo fallimentare in prededuzione, secondo l’ammontare per ciascuno indicato - Euro 10.000,00 quanto all’avv. L. ed Euro 5.000,00 ciascuno quanto agli altri. Come tale postula un provvedimento di modifica dello stato passivo. Per giungere a un tale epilogo il collegio reputa di esaminare il fondamento dei motivi di ricorso onde fissare i principi di diritto rilevanti in materia, visto che la questione sottostante, relativa al particolare atteggiarsi del rapporto tra l’art. 111 legge fall. e l’istituto dell’accordo di ristrutturazione, non ha precedenti nella giurisprudenza della Corte. 2. Può dunque osservarsi che col primo mezzo i ricorrenti, deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 182-bis legge fall., ascrivono al tribunale di avere erroneamente escluso che l’accordo di ristrutturazione dovesse rientrare tra le procedure concorsuali. La tesi sostenuta dai ricorrenti è fondata. Per quanto suscettibile di venir in considerazione come ipotesi intermedia tra le forme di composizione stragiudiziale e le soluzioni concordatarie della crisi dell’impresa, e per quanto oggetto di annosi dibattiti dottrinali, l’accordo di ristrutturazione di cui all’art. 182-bis appartiene agli istituti del diritto concorsuale, come è dato desumere dalla disciplina alla quale nel tempo è stato assoggettato dal legislatore disciplina che, in punto di condizioni di ammissibilità, deposito presso il tribunale competente, pubblicazione al registro delle imprese e necessità di omologazione, da un lato, e meccanismi di protezione temporanea, esonero dalla revocabilità di atti, pagamenti e garanzie posti in essere in sua esecuzione, dall’altro, v. l’art. 182-bis legge fall., nei suoi vari commi, e l’art. 67, terzo comma, lett. e , legge fall. suppone realizzate, nel pur rilevante spazio di autonomia privata accordato alle parti, forme di controllo e pubblicità sulla composizione negoziata, ed effetti protettivi, coerenti con le caratteristiche dei procedimenti concorsuali. L’appartenenza al diritto concorsuale può del resto considerarsi implicitamente contrassegnata dalle decisione nelle quali questa Corte ha accostato l’accordo al concordato preventivo, quale istituto affine nell’ottica delle procedure alternative al fallimento v. per spunti Cass. n. 2311-14 n. 16950-16 . 3. Col secondo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 111 legge fall., i ricorrenti ascrivono al tribunale di Verona di aver erroneamente escluso la prededuzione in base al mero fatto della successiva dichiarazione di fallimento, quando invece nessun addebito era stato mosso, o sarebbe stato possibile muovere, a essi ricorrenti in relazione alla presunta carenza di fattibilità dell’accordo raggiunto e, poi, omologato. 4. Anche il secondo motivo pone una critica fondata. Giova premettere che in ordine al concordato preventivo questa Corte ha affermato che il credito del professionista nella specie, un avvocato che abbia svolto attività di assistenza e consulenza per la redazione e la presentazione della domanda, rientra de plano tra i crediti sorti in funzione della procedura e, come tale, a norma dell’art. 111, secondo comma, legge fall., va soddisfatto in prededuzione nel successivo fallimento, senza che, ai fini di tale collocazione, debba essere accertato, con valutazione ex post, che la prestazione resa sia stata concretamente utile per la massa in ragione dei risultati raggiunti v. Cass. n. 22450-15 . La ragione specifica di tale affermazione va rinvenuta nell’essere l’ammissione al concordato in sé sintomatica della funzionalità delle attività di assistenza e consulenza connesse alla presentazione della domanda e alle eventualmente successive sue integrazioni, giacché la norma detta un precetto di carattere generale che, per favorire il ricorso a forme di soluzione concordata della crisi d’impresa, ha introdotto un’eccezione al principio della par condicio v. pure Cass. n. 8533-13 e n. 8958-14 . La spiegazione rileva anche a proposito delle prestazioni funzionali all’accordo di ristrutturazione, nel senso che, avutasi l’omologazione, non è necessario verificare la definitiva tenuta del risultato delle prestazioni medesime il risultato ultimo . Invero le prestazioni vanno correlate al segno della funzionalità di accesso alla procedura minore per la quale sono state svolte. L’utilità concreta per la massa dei creditori, ove poi consegua il fallimento, non è richiesta, atteso che i concetti - di funzionalità e di utilità concreta - non possono essere sovrapposti, e men che meno confusi tra loro. In particolare la norma di cui all’art. 111, secondo comma legge fall., come è stato osservato per il concordato preventivo appunto da Cass. n. 22450-15 , risulterebbe priva di senso e non potrebbe mai ricevere applicazione nel fallimento consecutivo se la funzionalità delle prestazioni svolte allo scopo di ottenere l’ammissione alla procedura alternativa dovesse essere nuovamente valutata ex post con riguardo al fallimento che sia stato infine comunque dichiarato. Ciò sta a significare che non può escludersi la funzionalità della prestazione, per gli effetti di cui all’art. 111 legge fall., per il semplice fatto che all’omologazione dell’accordo di ristrutturazione sia conseguito il fallimento. Mentre è possibile che l’opera intellettuale prestata dal difensore sia valutata di nessuna utilità per la massa dei creditori poiché prestata in condizioni che sin dall’inizio non consentivano nessun salvataggio dell’impresa. 5. Il decreto del tribunale di Verona va dunque cassato previa fissazione dei suddetti principi di diritto. L’accordo raggiunto inter partes rende ovviamente non necessari ulteriori accertamenti di fatto, sicché la Corte può decidere la causa anche nel merito, ammettendo i crediti in prededuzione al passivo del fallimento di . s.p.a. nella misura per ciascun creditore indicata e ordinando in tal senso al curatore di effettuare le opportune variazioni dello stato passivo. Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese dell’intero giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, ammette in prededuzione allo stato passivo del fallimento di . s.p.a. l’avv. L. , per l’importo di Euro 10.000,00, e gli avv. C. e P. per l’importo di Euro 5.000,00 ciascuno ordina la variazione dello stato passivo del fallimento medesimo compensa le spese dell’intero giudizio.