Nullità della delibera di approvazione del bilancio: agli amministratori il dovere di integrazione e rettifica delle voci contestate

A seguito e per effetto della declaratoria di nullità della delibera di approvazione del bilancio di esercizio, gli amministratori hanno l'obbligo sotto la propria responsabilità di adeguare lo stesso rappresentando in maniera corretta e chiara la reale situazione finanziaria della società e l'effettivo risultato economico, ripristinando i diritti societari del socio che siano stati lesi.

Con la sentenza del 15 aprile 2016, n. 7586, il S.C. rammenta che spetta agli amministratori il compito, una volta accertata la nullità della delibera di approvazione del bilancio di una società, apportare le opportune modifiche ed integrazioni, ma solo qualora la sentenza che ha accertato le contestazioni sia passata in giudicato. Il caso. La vicenda decisa dal S.C. prende le mosse da una delibera di approvazione del bilancio di una società a responsabilità limitata che viene impugnata in sede giudiziale e dichiarata nulla. Il socio promuove quindi un ulteriore giudizio per l’accertamento della nullità del bilancio successivamente approvato. In sede di merito tale profilo è stato rigettato posto che non risultava il passaggio in giudicato della prima sentenza, in quanto solo nel momento in cui diventano definitive le cause di nullità di una delibera di bilancio, sorge l’obbligo per gli amministratori di integrare o modificare o redigere un nuovo bilancio. Tale orientamento è confermato in sede di legittimità nel senso della massima sopra riportata. Nullità della delibera di approvazione del bilancio la regola generale. Secondo la disciplina codicistica in materia, la violazione del principio di chiarezza rende invalida la delibera di approvazione del bilancio al pari della violazione del principio di verità. La delibera assunta dall'assemblea in violazione del principio di chiarezza è, infatti, affetta da nullità. Nullità del bilancio e successiva delibera di aumento del capitale. Di conseguenza, la nullità del bilancio travolge la successiva delibera di azzeramento e contestuale aumento del capitale sociale, posto che tale seconda delibera si fonda su una situazione patrimoniale viziata. Funzione del bilancio e criteri utilizzati in quali casi è nullo? Come ampiamente affermato in giurisprudenza, la circostanza che il bilancio d'esercizio di una società di capitali abbia come destinatari non solo i soci, ma tutta una pluralità di terzi, i quali, potendo venire in contatto con la società, abbiano interesse a valutarne la situazione patrimoniale ed economica, rende irrilevante - ai fini della illiceità del bilancio stesso e della conseguente nullità della relativa deliberazione assembleare di approvazione - che il metodo di redazione del bilancio contrario ai principi di chiarezza e precisione sia stato adottato in passato con il consenso o, addirittura, su iniziativa del socio che poi ha impugnato il bilancio. Né giova in senso contrario fare appello al principio di continuità formale dei bilanci, il quale comporta solo che non si adottino metodi di rilevazione del bilancio diversi da quelli adottati in passato, senza darne adeguato conto nella relazione degli amministratori, ma non giustifica certo il protrarsi nel tempo dell'adozione di metodi di redazione poco chiari o imprecisi. Quali obblighi per gli amministratori? Dalla sentenza dichiarativa della nullità della deliberazione di approvazione del bilancio scaturisce ex lege a carico degli amministratori l'obbligo di fare luogo ad una nuova redazione del bilancio medesimo. Irregolarità nella redazione del bilancio non sempre è causa di nullità. Solo in alcuni casi, peraltro, a fronte di alcune irregolarità di ha una nullità del bilancio. In particolare, si è osservato che nell'impugnazione del bilancio di una società di capitali, l'allegazione dell'irregolarità di una voce non giustifica l'annullamento del bilancio per qualsiasi ragione attinente a quella voce, ancorché diversa - anche solo in diritto - da quelle originariamente indicate, perché ciò lederebbe il contraddittorio. Infatti la causa petendi”, intesa come elemento di identificazione della domanda sulla quale si radica il contraddittorio, non è costituita esclusivamente dall'allegazione degli elementi del fatto sui quali si fonda la pretesa, ma include necessariamente le ragioni di diritto che giustificano le richieste formulate in giudizio, e questo principio vale anche nelle azioni di nullità, nelle quali il potere d'ufficio del giudice di pronunciare la nullità del contratto deve coordinarsi con il principio della domanda, e non è consentita la dichiarazione di nullità per un motivo diverso da quello indicato dalla parte. In un caso, in particolare, il S.C. ha confermato la sentenza di secondo grado, che aveva ritenuto inammissibile la deduzione in appello della irregolarità dell'appostazione nello stato patrimoniale, piuttosto che nel conto economico, delle spese di manutenzione di un immobile locato, mentre in primo grado era stato dedotto soltanto che quelle spese, in quanto costi di manutenzione ordinaria, dovevano figurare, quale credito nei confronti del locatario, nell'attivo del conto economico invece che al passivo come costi di esercizio.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 16 marzo – 15 aprile 2016, n. 7586 Presidente Forte – Relatore Genovese Svolgimento del processo 1. La Corte d’Appello di Catanzaro, con sentenza non definitiva del 2009, in accoglimento parziale del gravame proposto dal signor P.G. avverso la sentenza del Tribunale di quella stessa città, ha dichiarato la nullità della decisione di primo grado con la quale era stata impugnata la delibera assembleare di approvazione del bilancio al 31 dicembre 1998 e, rinnovata la CTU, con sentenza definitiva, ha respinto la domanda proposta dall’appellante nei confronti della società srl . 1.1 . La Corte territoriale, in particolare, accolto - con la detta pronuncia non definitiva - il motivo di appello con il quale si lamentava del fatto che la sentenza impugnata era stata resa dal Tribunale in composizione monocratica anziché collegiale , ha respinto tutte le altre doglianze sollevate dal socio verso la sentenza di prime cure, che pure le aveva rigettate ritenendole, nel merito, del tutto infondate. 1.2. Preliminarmente, per ciò che rileva ed interessa ancora in questa fase del giudizio, la Corte territoriale ha respinto le due eccezioni sollevate dal socio appellante a quella relativa agli effetti di altra sentenza di merito la n. 651/08, oggetto di ricorso pendente in Cassazione , riguardante l’impugnativa del bilancio sociale al 31 dicembre 1991, che aveva disposto l’annullamento di quella deliberazione per il mancato rispetto dei termini di convocazione del detto socio ai sensi dell’art. 11 dello Statuto , decisione acquisita dal giudice distrettuale nel corso dell’appello, perché giudicato documento sopravvenuto b quella riguardante la regolarità della CTU, atteso che il Consulente del giudice aveva dato regolare avviso alle parti delle operazioni peritali per tutte le sedute svoltesi prima della sospensione dell’attività peritale, mentre successivamente alla cessazione della causa di sospensione non sarebbero state fissate altre riunioni con le parti ma, solo, redatta e depositata la Relazione. 1.3 . Del resto, l’appellante non avrebbe dedotto neppure quale sia stato il pregiudizio concretamente subito, per effetto dell’ultimazione dell’incarico da parte del CTU, senza dare l’ulteriore avviso ai difensori. 2.Avverso tale decisione il socio ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico ed articolato mezzo, contro cui resiste la società, con controricorso. Motivi della decisione 1. Con il primo profilo dell’unico motivo di ricorso violazione degli artt. 2379 e 2433 e ss. c.c. della normativa in materia di formazione ed approvazione dei bilanci societari art. 360 n. 3 c.p.c. il socio censura la sentenza definitiva in quanto non avrebbe dichiarato l’esistenza del vizio della delibera di approvazione della contabilità sociale al 31 dicembre 1998 in conseguenza della invalidità derivata dalla decisione di annullamento della deliberazione assembleare di approvazione del bilancio sociale al 31 dicembre 1991. 1.1. Secondo il ricorrente, il giudice distrettuale avrebbe erroneamente negato rilevanza alla pronuncia relativa al bilancio del 1991, costituente - per il principio di continuità - il presupposto di quelli successivi, e trascurando di valutare il contenuto di esso e le sue ripercussioni sui bilanci successivamente approvati. Infatti, la rimozione di quel bilancio avrebbe fatto venir meno le poste costituenti i presupposti vincolati del bilancio successivamente approvato ed impugnato. 2. Con il secondo profilo dell’unico motivo di ricorso violazione degli artt. 2379 e 2433 e ss. c.c. della normativa in materia di formazione ed approvazione dei bilanci societari art. 360 n. 3 c.p.c. il socio censura la sentenza definitiva nella parte in cui ha escluso il vizio attinente alla CTU per la mancata comunicazione alle parti, anche in ordine all’inizio delle operazioni peritali. 2.1. Secondo il socio le valutazioni, illegittimamente compiute dal CTU in ragione dei vizi del contraddittorio, costituirebbero la base ed il fondamento della sentenza impugnata. 3. I due profili dell’unico mezzo di ricorso vanno esaminati disgiuntamente. 4. Il primo di essi, infatti, lamenta una violazione del principio di continuità dei bilanci, avendo il giudice di appello acquisito, agli atti del giudizio, una decisione, peraltro oggetto di ricorso per cassazione del quale s’ignora, allo stato degli atti, l’esito , con la quale è stata annullata la delibera di approvazione del bilancio al 1991. 4.1. Di contro, la società eccepisce l’impossibilità di avvalersi degli effetti favorevoli di quella sentenza, sia perché ancora non passata in giudicato e sia perché il socio non avrebbe impugnato uno dei bilanci intermedi posti tra il 1991 ed il 1998 e, particolarmente, quello del 1996 . 5. Osserva la Corte che la prima delle due eccezioni della società controricorrente è fondata e merita accoglimento, alla luce del principio di diritto già affermato da questa Corte Cass. Sez. 1, Sentenza n. 2379 del 1977 e secondo cui Il bilancio di esercizio di una società per azioni, in forza del principio della cosiddetta continuità, deve partire dai dati di chiusura del bilancio dell’anno precedente, anche nel caso in cui l’esattezza e la legittimità di questi ultimi siano state poste in discussione in sede contenziosa, e siano state negate con sentenza non passata in giudicato nella specie, per distribuzione di utili contra legem . Infatti, solo il passaggio in giudicato di quella sentenza fa sorgere il dovere degli amministratori di apporre al bilancio contestato le variazioni imposte dal comando giudiziale, e, quindi, di modificare conseguenzialmente i dati di partenza del bilancio successivo . 5.1. Il principio è tanto più efficace, e va in tal senso ribadito dandogli continuità nel caso in esame, in quanto il ricorrente non ha neppure indicato quali siano state le poste contestate nella vertenza in esame e che si trovano nell’ipotizzata stretta e diretta dipendenza dall’annullamento del bilancio al 1991. 6. Il secondo profilo del mezzo di cassazione contesta il mancato rilievo dei vizi per violazione del principio del contraddittorio da cui sarebbe stata affetta la Relazione del CTU. 7. Il profilo è inammissibile sotto una duplicità di profili. 7.1. Anzitutto non censura, se non genericamente, l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata con la quale si sono respinte le doglianze proposte in appello per la mancata indicazione e specificazione delle presunte menomazioni alle facoltà difensive che la parte ricorrente abbia subito in forza di un mancato avviso che, peraltro, il giudice di merito contesta sia stato consumato. 7.2. In secondo luogo, pur postulandosi, ancora genericamente, una stretta connessione tra la Relazione del CTU e la motivazione della sentenza che ha esaminato le censure di merito al bilancio del 1998, nessuna specifica indicazione viene fornita in ordine al perché e percome il ragionamento peritale abbia potuto alimentare e nutrire il ragionamento reiettivo svolto, assai diffusamente alle pp. 10-18 della sentenza , dalla Corte territoriale, in ordine a ciascuna minuta contestazione posta a base della propria domanda giudiziale. 8. In conclusione, il ricorso deve essere respinto. 6. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. Respinge il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali di questo grado di giudizio, che liquida - in favore della resistente - in g 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali forfettarie ed agli accessori di legge.