E’ revocabile il debito pecuniario estinto con una datio in solutum?

Il decisum in commento affronta il tema della revoca del pagamento di debiti pecuniari. Nello specifico, si tratta di stabilire se sia, o meno, assoggettabile ad azione revocatoria, ex art. 67, primo comma, n. 2, l. fall. un debito estinto dall’obbligato mediante una cessione pro soluto di propri crediti vantati nei confronti di altre società facenti parte del medesimo gruppo.

E, i Giudici della Prima sezione Civile di piazza Cavour, con la sentenza n. 4265, depositata il 4 marzo 2016, conformandosi ad un consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità v., ex multis , Cass., 3905/09 , precisano che qualora un debito pecuniario, scaduto ed esigibile, venga estinto dall’obbligato mediante una prestazione diversa, consistente nel trasferimento di una res pro pecunia , la ricorrenza di una datio in solutum , e il suo conseguente assoggettamento, in considerazione della non normalità del mezzo di pagamento, ad azione revocatoria fallimentare a norma dell’art. 67, primo comma, n. 2, l. fall., va riconosciuta indipendentemente dallo strumento negoziale adottato dalle parti per attuare il suddetto trasferimento e quindi anche quando il trasferimento medesimo sia effetto di un valido contratto di compravendita che evidenzi l’indicato intento dei contraenti per la mancata corresponsione del prezzo di vendita. E – aggiungono gli Ermellini, richiamando un grand arrêt delle Sezioni Unite del 2010 n. 6538 – tale principio dev’essere coniugato con quello che attiene alla domanda avente ad oggetto atti oggettivamente funzionali all’adempimento di debiti altrui. Atti che, da ultimo, sono stati da questa Corte ritenuti caratterizzati da una presunzione di gratuità, con trasferimento sul creditore dell’onere della prova circa l’avvenuto ottenimento di un corrispettivo da parte del solvens ai fini della conseguente applicazione del regime di revoca degli atti a titolo oneroso o, altrimenti, di inefficacia di quelli a titolo gratuito. Il fatto. Il caso di specie origina dall'impugnazione per cassazione presentata da una società in amministrazione straordinaria avverso la decisione della Corte d’appello di Catania, che, confermando la decisione del giudice di prime cure, aveva escluso che la vendita immobiliare di un box, effettuata da una s.r.l., mediante cessione pro soluto di crediti vantati nei confronti di altre due società fosse servita ad estinguere i debiti di queste ultime. Tali società, invero, facevano parte del medesimo gruppo societario con a capo la predetta s.r.l. venditrice, la quale aveva incorporato pochi giorni dopo il contratto di vendita una delle due società, sicché la vendita aveva costituito il mezzo per pagare quei medesimi debiti. In particolare, la ricorrente lamenta, in sede di legittimità, la violazione dell’art. 67, primo comma, n. 2, l.fall., poiché il giudice di merito avrebbe dovuto valutare la circostanza che l’atto di vendita era valso ad estinguere i debiti delle due citate società, e che dunque avrebbe dovuto essere considerato alla stregua di pagamento eseguito da un terzo. E, gli Ermellini accogliendo il gravame de quo , precisano come la ricorrenza di una datio in solutum comporti il suo assoggettamento ad azione revocatoria fallimentare a norma dell’art. 67, primo comma, n. 2, l.fall Inoltre, aggiungono ancora i supremi Giudici, in presenza di debiti di società collegate, è pacifico che l’atto sia revocabile, qualunque sia la forma del pagamento, e quindi anche ove il pagamento avvenga previo trasferimento di un bene. Si può discutere solo del regime afferente, se cioè relativo alla revocabilità in senso proprio di atti da considerare a titolo oneroso ovvero all’inefficacia di diritto di atti da considerare a titolo gratuito, ex art. 64 l. fall Il ricorso, pertanto, viene accolto dalla Suprema Corte che cassando la decisione rinvia ad una diversa sezione della Corte d’appello di Catania. I mezzi normali di pagamento di debiti pecuniari. Dottrina e giurisprudenza ormai quasi uniformi concordano nel riconoscere alla cessione di credito il carattere di estinzione anormale del debito scaduto. E’ noto, infatti, che l’esatto adempimento dell’obbligazione assunta si compie soltanto mediante la prestazione convenuta e che i mezzi normali di pagamento di debiti pecuniari sono costituiti dal denaro e da quegli effetti di commercio o da quei titoli di credito che si possono considerare valori commerciali equivalenti al denaro, e quindi non possono essere rifiutati dal creditore, essendo comunemente accettati nella normale pratica degli affari, quali le cambiali, i vaglia cambiari, gli assegni circolari e di conto corrente, i pagamenti a mezzo di stanze di compensazione e così via. Ne restano esclusi tutti gli altri che non siano usati comunemente come mezzi di scambio e in genere tutti quelli in cui è in re ipsa insita la anormalità. La datio in solutum va considerata mezzo anormale di pagamento di debiti pecuniari. Con la datio in solutum , invece, si esegue una prestazione che non è quella convenuta, il che può determinare a favore del creditore un onere o un disturbo ingiustificato, onde, potendo il creditore rifiutare, essa deve essere da lui espressamente consentita. Pertanto vanno considerati mezzi anormali di pagamento ad estinzione di debiti pecuniari i pagamenti fatti con merci, con titoli azionari, cessioni di credito pro soluto – come nel caso di specie – o pro solvendo , così come ormai ammesso dalla più corrente dottrina e recente giurisprudenza. La revocatoria degli atti a titolo gratuito. L’art. 64 l. fall., non modificato dalle recenti riforme, sancisce l’inefficacia degli atti a titolo gratuito compiuti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento. La norma, peraltro, propone un concetto ampio di gratuità, che si fonda unicamente sulla diminuzione del patrimonio del fallito senza corrispettivo. Difatti, la nozione ricavabile dalla lettera e dalla collocazione dell’art. 64 l. fall. è che per atto gratuito deve intendersi l’atto di disposizione compiuto dal fallito senza alcun corrispettivo, diretto o indiretto ossia, la norma colpisce, con la dichiarazione di inefficacia, l’atto gratuito in quanto esso refluisce negativamente sul patrimonio del fallito diminuendo la garanzia dei creditori, senza tener conto della posizione del terzo contraente, sicché nessuna protezione viene a questi accordata quando non abbia sopportato alcun sacrificio riversabile nel patrimonio del fallito, perché la legge ha come punto di riferimento la tutela dei creditori per gli effetti dell’atto sul patrimonio del fallito. Per quanto qui ci occupa, in linea generale può essere esclusa la gratuità quando la società disponente abbia comunque realizzato un vantaggio economico, come nella specie è stato dedotto dalla ricorrente mercé il rilievo che l’atto era valso a estinguere i debiti di società del gruppo infine destinati ad incidere sull’assetto economico della stessa capogruppo, con conseguente acquisizione di utilità economica anche per questa. La gratuità degli atti funzionali all’adempimento di debito altrui va compiuta con riguardo alla causa concreta. In generale, in accordo con la giurisprudenza di legittimità, anche più recente, in tema di dichiarazione di inefficacia degli atti a titolo gratuito, ai sensi dell’art. 64 l. fall., la valutazione di onerosità o gratuità di un negozio va compiuta con riguardo esclusivo alla causa concreta, costituita dallo scopo pratico della stessa. Le Sezioni Unite, nella decisione del 2010 n. 6538, ut supra richiamata, con specifico riguardo agli atti di adempimento del debito altrui, affermano che quest’ultimi sono caratterizzati da una presunzione di gratuità, con trasferimento sul creditore dell’onere della prova circa l’avvenuto ottenimento di un corrispettivo da parte del solvens . Nel caso de quo , pertanto, può essere esclusa la gratuità quando la società disponente abbia comunque realizzato un vantaggio economico difatti, la vendita immobiliare di un box era valsa ad estinguere i debiti di società del medesimo gruppo. La funzione solutoria, dunque, può essere desunta dal fatto che il fallito paghi, qualunque ne sia il mezzo, debiti altrui, con la sola differenza concernente l’assoggettamento dell’atto al regime dell’inefficacia ex lege ovvero al regime della revocatoria, a seconda che si tratti, secondo il dianzi citato criterio distributivo dell’onere della prova, di atto da considerare gratuito o oneroso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 3 febbraio – 4 marzo 2016, n. 4265 Presidente Forte – Relatore Terrusi Svolgimento del processo Con atto 19-3-2001 la f.11i Costanzo s.p.a., di cui il tribunale di Catania, con sentenza del 2-3-1996, aveva dichiarato lo stato d’insolvenza e che successivamente, con decreto 26-3-1996, era stata posta in amministrazione straordinaria, convenne in giudizio la CT Metalli s.r.l. poi divenuta Cavicondor s.r.l. proponendo azione revocatoria ex art. 67, 1 comma, n. 2, della l. fall. riguardo a una vendita immobiliare stipulata ai rogiti notar Licciardello in data 22-11-1994. Propose, alternativamente, un’azione volta a ottenere la declaratoria di inefficacia dell’atto siccome a titolo gratuito e, ancora alternativamente, un’azione revocatoria ex art. 67, 1 comma, n. 1, legge fall Sostenne, difatti, che l’atto avrebbe dovuto essere considerato alla stregua di pagamento con mezzi non normali di debiti della fallita o di altre società del medesimo gruppo o, in subordine, che l’atto avrebbe dovuto essere revocato in ragione della sproporzione delle prestazioni, essendo stato il prezzo corrisposto mediante cessione pro soluto di crediti di nessun valore, vantati dall’acquirente CT Metalli nei riguardi di società decotte. Il tribunale di Catania respinse la domanda e la sentenza è stata confermata dalla corte d’appello della stessa città. La corte d’appello, in particolare, ha affermato che la fallita non era risultata affatto debitrice dell’acquirente, avendo semmai l’acquirente estinto il proprio debito circa il corrispettivo della vendita mediante cessione pro soluto di crediti vantati nei confronti di altre società, Ceap s.p.a. e Proter s.r.l Ha quindi condiviso l’assunto col quale il tribunale aveva escluso che la vendita fosse servita a estinguere debiti di queste ultime società, dal momento che il prezzo era stato pagato mediante cessione di crediti vantati, nei riguardi delle dette società, dalla stessa acquirente il che non poteva considerarsi indicativo di una datio in solutum , essendosi realizzata semplicemente la sostituzione del soggetto creditore la f.11i Costanzo al posto della CT Metalli. Infine la corte d’appello ha ritenuto infondata la domanda incentrata sull’art. 67, 1 comma, n. 1, legge fall. giacché non era stata fornita la prova della sproporzione tra il valore del bene e il valore dei crediti ceduti. Per la cassazione della sentenza d’appello, la società f.lli Costanzo, in amministrazione straordinaria, ha proposto ricorso sorretto da quattro motivi. L’intimata non ha svolto difese. Motivi della decisione I. - Col primo motivo di ricorso viene dedotta l’omessa motivazione della sentenza, in relazione all’art. 360, n. 5, cod. procomma civ. con riguardo alla non ritenuta esistenza del presupposto di cui all’art. 67, 1 comma, n. 2, legge fall. La ricorrente censura l’affermazione della corte d’appello circa il non essere la F.lli Costanzo risultata debitrice dell’acquirente. Addebita alla corte di non aver valutato i che il debito di lire 962.181 era stato estinto proprio con l’atto di vendita, mediante compensazione ii che era stato ceduto un credito di lire 6.698.968 vantato nei confronti della stessa venditrice iii che del debito della controllata Ceap doveva esser chiamata a rispondere la stessa venditrice, quale socia totalitaria, ai sensi dell’art. 2362 cod. civ. iv che la qualità di unica azionista della venditrice era invero risultata da un atto di fusione per incorporazione prodotto in giudizio sub docomma 44. Col secondo e col terzo motivo la ricorrente, deducendo violazione dell’art. 67, 1 comma, n. 2, legge fall., lamenta che il giudice di merito avrebbe dovuto valutare la circostanza che l’atto di vendita era valso a estinguere debiti delle società. Ceap e Proter, e che dunque avrebbe dovuto esser considerato alla stregua di pagamento eseguito da un terzo. Deduce inoltre, con riguardo al medesimo profilo, l’illogicità della motivazione della sentenza, in quanto la circostanza che la cessione dei crediti fosse stata contestuale alla vendita non serviva a smentire la qualificazione dell’atto come pagamento fatto da un terzo, finendo semmai per costituirne il presupposto. Né l’ovvio rilievo che la cessione aveva prodotto la sostituzione del soggetto creditore aveva miglior valenza, non potendo impedire che la vendita fosse comunque qualificata come pagamento di un terzo, giacché la vendita di un bene a un proprio creditore, con conseguente compensazione del credito per il prezzo, è idonea a conseguire l’effetto della datio . Infine col quarto motivo la ricorrente denunzia un ulteriore vizio di motivazione dell’impugnata sentenza nella parte in cui ha escluso la sproporzione delle prestazioni in rapporto alla domanda proposta ai seni dell’art. 67, 1 comma, n. 1, legge fall., non avendo considerato l’esistenza di plurimi protesti contro i soggetti nei cui confronti esistevano i crediti ceduti pro soluto in pagamento del prezzo di vendita sintomo evidente di una situazione di insolvenza da cui si sarebbe dovuto dedurre un valore di tali crediti prossimo allo zero. II. - I primi tre motivi di ricorso, suscettibili di unitario esame per connessione, sono fondati. È principio risalente e consolidato v. Sez. 1^ n. 23714-04 e n. 3905-09 che qualora un debito pecuniario, scaduto ed esigibile, venga estinto dall’obbligato mediante una prestazione diversa, consistente nel trasferimento di una res pro pecunia, la ricorrenza di una datio in solutum , e il suo conseguente assoggettamento, in considerazione della non normalità del mezzo di pagamento, ad azione revocatoria fallimentare a norma dell’art. 67, 1 comma, numero 2 , legge fall., va riconosciuta indipendentemente dallo strumento negoziale adottato dalle parti per attuare il suddetto trasferimento e quindi anche quando il trasferimento medesimo sia effetto di un valido contratto di compravendita che evidenzi l’indicato intento dei contraenti per la mancata corresponsione del prezzo di vendita. Tale principio dev’essere coniugato con quello che attiene alla domanda avente a oggetto atti oggettivamente funzionali all’adempimento di debiti altrui. Atti che, da ultimo, sono stati da questa ritenuti caratterizzati da una presunzione di gratuità, con trasferimento sul creditore dell’onere della prova circa l’avvenuto ottenimento di un corrispettivo da parte del solvens ai fini della conseguente applicazione del regime di revoca degli atti a titolo oneroso o, altrimenti, di inefficacia di quelli a titolo gratuito Sez. un. n. 6538-10 . III. - Nel caso di specie risulta dalla sentenza e dalla trascrizione operata nel corpo dell’attuale ricorso che la domanda aveva attinto, sub specie di revocatoria di pagamenti eseguiti con mezzi anomali, una vendita immobiliare di un box posta in essere al prezzo di lire 35.970.000. Il prezzo era stato pagato dalla CT Metalli mediante cessione pro soluto di propri crediti vantati nei confronti sia della stessa venditrice per lire 962.181, in atto compensati , sia di società terze, Ceap e Proter. Tali società tuttavia era stato dedotto far parte del medesimo gruppo societario con a capo la venditrice F.lli Costanzo, la quale pure era stato dedotto aver incorporato pochi giorni dopo il contratto de quo una delle due società Ceap . In presenza di pagamenti di debiti di società collegate ovvero del pagamento del debito del socio da parte della partecipata o viceversa , è pacifico che l’atto sia revocabile, qualunque sia la forma del pagamento, e quindi, anche ove il pagamento avvenga previo trasferimento di un bene. Si può discutere solo del regime afferente, se cioè relativo alla revocabilità in senso proprio di atti da considerare a titolo oneroso ovvero all’inefficacia di diritto di atti da considerare a titolo gratuito art. 64 legge fall. - con la precisazione che i concetti di gratuità e di onerosità vengono in rilievo nel significato economico, previo spostamento della loro qualificazione dal negozio all’attribuzione patrimoniale v. appunto Sez. un. n. 6538-10 . In linea generale può essere esclusa la gratuità quando la società disponente abbia comunque realizzato un vantaggio economico, come nella specie è stato dedotto dalla ricorrente merce il rilievo che l’atto era valso a estinguere debiti di società del gruppo Ceap e Proter infine destinati a incidere sull’assetto economico della stessa capogruppo, con conseguente acquisizione di utilità economica anche per questa. È del resto un fatto che la ricorrente, appellando la sentenza del tribunale, non aveva riproposto la domanda originariamente formulata anche ai sensi dell’art. 64 della legge fall Non si può, invece, sostenere - per la contraddizione che non consente - che l’atto rilevante ai sensi dell’art. 1180 cod. civ., per quanto suscettibile di esser considerato eventualmente oneroso in base alle circostanze del caso concreto, non sia idoneo a svolgere la funzione propria del pagamento, suscettibile di essere considerata, quindi, nell’alveo dell’art. 67, 1 comma, n. 2, della l. fall IV. Su tutta questa tematica e sul connesso apprezzamento dei fatti decisivi del giudizio l’impugnata sentenza - carente persino sul piano della comprensione astratta della questione sottostante - non ha svolto alcuna pertinente considerazione. Invero, affermando che l’art. 67, 1 comma, n. 2, della legge fall. si riferisce solo ad atti estintivi di debiti pecuniari, la corte d’appello ha detto cosa ovvia quanto inutile ai fini specifici, avendo l’attrice dedotto che proprio quella era stata la funzione del contratto, essendosi realizzata una datio in solutum . E osservando che tale funzione solutoria era da escludere per avere la società acquirente ceduto crediti verso terzi, la corte ha detto cosa inconferente in rapporto alle deduzioni di parte, giacché era stato dedotto, appunto, che i debitori, la cui obbligazione era stata ceduta in conto del prezzo, appartenevano al medesimo gruppo che aveva a capo la venditrice, sicché la vendita aveva costituito mezzo per pagare quei medesimi debiti. La funzione solutoria può essere desunta e normalmente va desunta dal fatto che il fallito paghi - qualunque ne sia il mezzo - debiti altrui, con la sola differenza concernente l’assoggettamento dell’atto al regime dell’inefficacia ex lege ovvero al regime della revocatoria, a seconda che si tratti, secondo il dianzi citato criterio distributivo dell’onere della prova, di atto da considerare gratuito o oneroso con onere della prova dell’onerosità in capo al creditore . V. - Anche il quarto motivo è fondato. La questione posta dall’attrice era quella dell’inesistente valore di realizzo dei crediti ceduti, cui doveva conseguire la deduzione circa la sproporzione del valore tra le prestazioni e la conseguente alterazione del sinallagma. E su tale profilo, decisivo in relazione alla domanda subordinata e fatto valere in base alla documentata esistenza di centinaia di protesti nei confronti dei debitori ceduti, la motivazione della sentenza è stata omessa. VI. - In conclusione il ricorso va accolto in relazione a tutti i motivi l’impugnata sentenza va cassata con rinvio alla medesima corte d’appello di Catania, diversa sezione, la quale si uniformerà ai principi di diritto sopra esposti provvedendo ai conferenti accertamenti di fatto. La corte d’appello provvederà infine anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte d’appello di Catania.