Il pegno irregolare non è revocabile e la banca può incamerare in via definitiva il denaro ricevuto in garanzia

La Suprema Corte torna sul tema, di notevole ricorrenza nella prassi bancaria, del pegno irregolare, inscindibilmente legato anche al problema della sottrazione alla revocatoria del credito assistito dal pegno stesso.

In particolare, gli Ermellini, con questa decisione n. 24865 del 21 novembre 2014, nel solco della pregressa giurisprudenza di legittimità Cass., n. 3794/2008 , precisano che la possibilità di configurare come regolare il pegno avente ad oggetto un libretto di deposito al portatore non soltanto presuppone che questo sia stato emesso dalla stessa banca creditrice che lo riceve poi in garanzia ma anche che il contratto di costituzione di pegno riconosca a detta banca il potere di immediatamente disporne. Non diversamente da quel che accade per la costituzione in pegno di somme di danaro, di titoli o di altri beni fungibili, insomma, il dato che rileva ai fini della configurabilità del pegno come irregolare non è solo costituito dalla natura del bene, ma anche e soprattutto dalla volontà delle parti di conferire al creditore la facoltà di disporre del bene stesso o, nel caso si tratti di titolo di credito o documento di legittimazione, del relativo diritto per soddisfare i propri crediti facoltà di disposizione solo in presenza della quale la fattispecie esula dai confini del pegno regolare per rientrare, viceversa, nella disciplina prevista dall’art. 1851 c.c., con la conseguenza che il creditore acquisisce immediatamente la proprietà del denaro o dei beni, destinati poi, al momento dell’inadempimento, ad essere restituiti per equivalente o per intero, oppure, in caso d’inadempimento, nella sola misura eventualmente eccedente l’ammontare del credito garantito. E il creditore assistito da pegno irregolare, a differenza di quello assistito da pegno regolare, non è tenuto ad insinuarsi al passivo fallimentare ai sensi dell’art. 53 l. fall. per il soddisfacimento del proprio credito principio affermato dalle Sezioni Unite nella pronuncia n. 201/2002 , e l’incameramento in via definitiva del denaro o delle altre cose fungibili ricevuti in garanzia salvo l’obbligo di restituire l’eccedenza, ex art. 1851 c.c. resta sottratto alla revocatoria, operando la compensazione come modalità tipica di esercizio della prelazione. Il fatto. Il fallimento di una società in accomandita semplice e del socio illimitatamente responsabile agiva in giudizio nei confronti di un istituto di credito per ottenere la declaratoria di inefficacia ex art. 67, comma 1, l. fall., delle rimesse effettuate su un conto intestato al fallito. Il Fallimento, a fondamento della domanda, deduceva che il libretto di risparmio al portatore, di cui era titolare il fallito, contente la somma di lire 90 milioni era stato dato in pegno a garanzia del credito di 120 milioni di lire accordato per sconto di operazioni commerciali ed altre obbligazioni. Venivano quindi effettuate due rimesse sul conto del fallito che venivano incamerate dalla banca per la somma contenuta nel libretto dato in pegno. La banca contestava la natura solutoria delle rimesse e la sussistenza del requisito soggettivo ed eccepiva che astrattamente la fattispecie poteva rientrare nell’art. 67, comma secondo, l. fall Il Tribunale rigettava le domande del fallimento, che venivano invece accolte in seconda istanza dalla Corte d’appello di Napoli. Quest’ultima dichiarava inopponibili al Fallimento le due rimesse per complessivi euro 55.316,45 ed ordinava la restituzione di detta somma, con condanna della Banca alle spese dell’intero giudizio. Avverso quest’ultima decisione l’istituto di credito attuava la tutela di legittimità, articolando cinque distinti motivi di censura, dei quali tre venivano respinti, mentre il quarto veniva accolto. In particolare la Suprema Corte rileva come la Corte del merito avesse erroneamente qualificato come inesistente il potere da parte dell’istituto di credito di incamerare le somme nel caso di inadempimento del debitore. Pertanto – aggiungono gli Ermellini – non trova alcuna giustificazione la revocabilità del pagamento in sé, avvenuto secondo la modalità pattuita nel contratto di pegno, ancorché regolare, in carenza di ogni carattere di anormalità, rivelatore della scientia decoctionis . Natura dell’azione revocatoria fallimentare. Il decisum in commento, in primis , torna ad affrontare la vexata quaestio circa la riconducibilità o meno dell’azione revocatoria nella fattispecie dell’azione pauliana, con la conseguente necessità di provare – anche in caso di revocatoria fallimentare – l’ eventus damni previsto dall’art. 2901 c.c E i giudici della Prima Sezione Civile di Piazza Cavour, richiamando la sentenza n. 7028/2008 delle Sezioni Unite, ribadiscono che ai fini della revoca della vendita di propri beni effettuata dall’imprenditore, poi fallito entro un anno, ai sensi dell’art. 67, secondo comma, l. fall. nel testo originario, applicabile ratione temporis , l’ eventus damni è in re ipsa e consiste nel fatto stesso della lesione della par condicio creditorum , ricollegabile, per presunzione legale assoluta, all’uscita del bene dalla massa conseguente all’atto di disposizione pertanto, grava sul curatore il solo onere di provare la conoscenza dello stato di insolvenza da parte dell’acquirente, mentre la circostanza che il prezzo ricavato dalla vendita sia stato utilizzato dall’imprenditore, poi fallito, per pagare un suo creditore privilegiato non esclude la possibile lesione della par condicio, né fa venir meno l’interesse all’azione da parte del curatore, poiché è solo in seguito alla ripartizione dell’attivo che potrà verificarsi se quel pagamento non pregiudichi le ragioni di altri creditori privilegiati, che successivamente all’esercizio dell’azione revocatoria potrebbero in tesi insinuarsi. Il pegno costituito a garanzia dell’anticipazione bancaria può essere regolare o irregolare. E’ regolare e, pertanto, la banca non può disporre delle cose ricevute in pegno, se essa ha rilasciato un documento nel quale le cose stesse sono individuate, ex art. 1846 c.c. è irregolare se manca l’individuazione delle cose consegnate oppure è stata conferita alla banca la facoltà di disporne. In questa seconda ipotesi, in conformità ai principi che si riferiscono al pegno irregolare, la banca acquista la proprietà delle cose ricevute in pegno e deve restituire solo la somma o la parte delle merci che eccedono l’ammontare dei crediti garantiti, ex art. 1851 c.c La peculiarità del pegno irregolare in relazione al fallimento. La difficoltà di coordinare la funzione di garanzia del denaro o degli altri beni fungibili con il loro trasferimento in proprietà del creditore si presenta in tutta la sua portata in caso di fallimento del debitore il dubbio emerso in giurisprudenza era infatti quello di definire se il credito garantito da pegno – per essere realizzato anche durante la procedura concorsuale dovesse essere preventivamente ammesso al passivo del fallimento ex art. 53 l.fall Il conflitto giurisprudenziale è stato risolto dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 202/2001 che ha escluso la necessità dell’insinuazione al passivo del fallimento per il creditore titolare di pegno irregolare posto che si tratta di credito che si estingue satisfattivamente senza entrare in concorso e che si realizza per di più non sul patrimonio del fallito bensì sugli stessi beni già entrati – al momento della consegna e per effetto della garanzia – nel patrimonio del creditore vi sarà semmai un interesse del curatore ad agire nei confronti del creditore per il recupero di quanto risulti trasferitogli in eccedenza rispetto all’importo del credito garantito . Il pegno su libretto di risparmio al portatore. Il pegno di un libretto di deposito bancario si configura come pegno regolare, di credito, quando sia costituito a favore di un soggetto diverso dalla banca depositaria ovvero quando il libretto di deposito costituito in pegno è acceso presso una banca diversa da quella garantita. Diversa sarebbe invece la conclusione se nel consegnare il libretto alla banca il debitore le concedesse la facoltà di disporre del denaro depositato perché in tal caso bisognerebbe ammettere che oggetto del pegno è costituito dal denaro e non dal libretto in quanto tale. Potere di disporre che, nel caso che qui ci occupa, sussisteva attesa la specifica previsione nel contratto di pegno, stipulato ben prima dell’inizio del periodo sospetto, della facoltà per la banca di incameramento delle somme in caso di inadempimento del debitore. L’infondatezza della revocatoria dell’atto di realizzazione del pegno. In tema di revocatoria fallimentare, nel caso di costituzione di pegno su libretto di risparmio al portatore a garanzia di un’apertura di credito, con riconoscimento in favore della banca – sulla base di atto non impugnato in sede di revoca – della facoltà di prelevare in qualsiasi momento le somme ivi depositate sino a concorrenza del credito vantato, opera la compensazione di cui all’art. 1853 c.c., avendo entrambi i crediti che ne sono oggetto – quello di restituzione delle somme del libretto e quello di rimborso del finanziamento – il fatto genetico della rispettiva situazione giuridica estintiva in data anteriore al fallimento ne consegue l’infondatezza dell’azione revocatoria dell’atto di realizzazione del pegno.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 17 settembre – 21 novembre 2014, numero 24865 Presidente Rordorf – Relatore Di Virgilio Svolgimento del Processo Il Fallimento Linea Corredi s.a.s. di M.A. e del socio illimitatamente responsabile M.A. fallimento dichiarato con sentenza del 9/10/96 agiva in giudizio nei confronti della Banca di Credito Popolare di Torre del Greco, per ottenere la declaratoria di inefficacia ex articolo 67 1 comma l. f. delle rimesse eseguite il 12/4/95 ed il 14/4/95 sul c/c numero omissis intestato al fallito M.A. presso l'agenzia di omissis , pari a lire 107.107.599, con la consequenziale condanna della convenuta alla corresponsione al Fallimento di detta somma, oltre interessi legali e rivalutazione, e con condanna al risarcimento dei danni. Il Fallimento, a fondamento della domanda, deduceva che il libretto di risparmio al portatore numero 5197 presso lo stesso Istituto bancario, di cui era titolare il M. , contenente la somma di lire 90 milioni, era stato dato in pegno a garanzia del credito di 120 milioni di lire accordato per sconto di operazioni commerciali ed altre obbligazioni, anche future, derivanti da scoperti, aperture di credito e forme similari, e depositato presso la Banca che dagli estratti conto risultava che il 12 ed il 14 aprile 1995 erano state effettuate sul c/c intestato al fallito M.A. , in saldo passivo dal 31/12/94, due rimesse di lire 100.000.000 e 7.107.559, per incameramento da parte della Banca della somma contenuta nel libretto dato in pegno che il 5 aprile 1995, la Banca aveva revocato le linee di credito concesse al M. . La Banca si costituiva, contestava la natura solutoria delle rimesse e la sussistenza del requisito soggettivo, ed eccepiva che astrattamente la fattispecie poteva rientrare nell'articolo 67, 2 comma, nel difetto peraltro del requisito temporale. Il Tribunale rigettava le domande del Fallimento proposto appello, la Corte napoletana, con sentenza 12/1-19/3/2007, in accoglimento dell'impugnazione, ha dichiarato inopponibili al Fallimento le due rimesse per complessivi Euro 55316,45 ed ordinato la restituzione di detta somma, oltre interessi nella misura del 3 % annuo dalla domanda, con condanna della Banca alle spese dell'intero giudizio, negli importi liquidati. La Corte di merito ha nello specifico rilevato 1 che il M. , a garanzia del credito accordato dalla Banca, aveva costituito in pegno in favore della stessa la somma di lire 90 milioni, risultante a credito del libretto di risparmio ordinario al portatore emesso a suo nome, con contestuale autorizzazione alla Banca, in caso di inosservanza degli obblighi assunti dal cliente, anche in veste di mandataria di questi, al prelievo del deposito delle somme dovute, senza necessità di messa in mora, con rinuncia a contestazioni, riserve, azioni, indipendentemente dal diritto alla compensazione 2 che il libretto risulta specificamente descritto, ad esso fatto riferimento quale documento costitutivo della garanzia e che non è stato attribuito alla Banca il potere di disporre pienamente delle somme depositate, da cui la natura regolare del pegno 3 che oggetto della revocatoria non è l'atto costitutivo della garanzia, ma le operazioni di realizzo della stessa da parte della Banca, a seguito del mancato rientro ad opera del cliente, mediante le rimesse in contestazione 3 che non può pertanto ritenersi l'omogeneità tra l'obbligazione restitutoria della Banca e quella garantita, in caso di inadempimento, da cui l'illegittimità della compensazione attuata dalla Banca 4 che la Banca non ha provato l' inscientia dello stato di insolvenza, di cui è onerata, trattandosi di mezzo anormale di pagamento, in quanto le rimesse sono state realizzate dalla banca attraverso l'incameramento del danaro depositato sul libretto menzionato, sull'inesistente presupposto del potere di disporne, dopo la revoca dell'affidamento , inscientia in ogni caso contraddetta dalla revoca degli affidamenti attuata in precedenza. Avverso detta pronuncia ricorre la Banca, sulla base di cinque motivi. Il Fallimento ha discusso oralmente all'udienza ex articolo 379 c.p.c Motivi della Decisione 1.1.- Col primo motivo, la Banca si duole del vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 1851, 1834, 1835, 1836 c.c., e degli artt. 53 e 56 l. f., per non avere la Corte di merito considerato che il pegno del libretto di deposito bancario, costituito in favore della stessa Banca depositarla, costituisce di per sé pegno irregolare del danaro depositato, che passa automaticamente in proprietà della Banca. Il ricorrente sostiene a riguardo che il pegno non ha ad oggetto il libretto come res , ma la somma che da esso risulta che solo se il pegno è costituito a favore di Banca diversa dalla depositarla si configura pegno regolare di credito che, secondo l'interpretazione letterale dell'articolo 1851 c.c., la fungibilità dei beni o l'attribuzione al creditore del potere di disporne sono requisiti che possono alternativamente ricorrere, e quindi il discrimen tra pegno irregolare e regolare ben può essere rappresentato dalla fungibilità o meno del bene, per cui a nulla vale il rilievo che è stato individuato il libretto, in quanto il pegno è rappresentato dalle somme già depositate presso la Banca e nella disponibilità della stessa, che si è quindi limitata ad esercitare legittimamente il diritto di prelazione sul libretto di deposito dato in pegno. 1.2.- Col secondo mezzo, la ricorrente fa valere la violazione degli artt. 1360, 1362, 1851 e 2003 c.c., e sostiene che il diritto di prelevamento delle somme depositate si attua quando si verifica l'inadempimento, ma risale nel tempo per il principio di retroattività della condizione alla data della consegna che la natura di titolo di credito al portatore del libretto al risparmio in oggetto comporta che il vincolo pignoratizio investe direttamente solo il titolo - libretto ed in via riflessa rileva sul credito incorporato, con l'effetto che il potere di prelevamento attribuito al soggetto possessore è titolarità di diritto a disporre, indipendente e separato dalla avvenuta costituzione in pegno . 1.3.- Col terzo motivo, la Banca censura la sentenza della Corte di merito per non avere rilevato la carenza di interesse del curatore ad agire in revocatoria dell'atto di estinzione del credito assistito da garanzia non più revocabile. Secondo la ricorrente, il curatore non ha dato la prova che l'escussione del pegno abbia danneggiato altri creditori poziori, da cui l'inammissibilità della domanda. 1.4.- Col quarto mezzo, la Banca si duole del vizio di motivazione, omessa, insufficiente o contraddittoria, e del vizio di violazione di legge, in relazione alla natura anormale del pagamento, ritenuta dal Giudice del merito. Secondo la parte, a ritenere la natura solutoria delle rimesse, si dovrebbe ritenere applicabile l'articolo 67, 2 comma e non 1 comma numero 2 l.f., con dimezzamento del periodo di revocabilità e quindi irrevocabilità, e, anche a ritenere le rimesse di cui si tratta quale mezzo anormale di pagamento con riguardo all'intera operazione, si dovrebbe concludere per l'irrevocabilità, stante che il contratto di pegno del 19/1/1990 precede di oltre un biennio la data del fallimento del 9/10/96. 1.5.- Col quinto motivo, la ricorrente si duole del vizio motivazionale e di violazione e falsa applicazione di legge in relazione al requisito soggettivo, da intendersi come conoscenza effettiva e non astratta conoscibilità, non avendo la Corte di merito espresso alcuna valutazione sulle risultanze di causa, in specie sulla prova testimoniale, né spiegato la contraddizione tra la revoca degli affidamenti e la prova della inscientia , né dato conto della mancanza di protesti, azioni esecutive, decreti ingiuntivi. 2.1.- Il terzo motivo, da esaminarsi prioritariamente per ragioni di ordine logico, è infondato. Come affermato dalle sezioni unite nella pronuncia 7028/06 e conformi le successive, rese a sezioni semplici, 5505/2010, 2557/2010, 7563/2011 e 23430/2012 , ai fini della revoca della vendita di propri beni effettuata dall'imprenditore, poi fallito entro un anno, ai sensi dell'articolo 67, 2 comma, l.f. nel testo originario, applicabile ratione temporis , l' eventus damni è in re ipsa e consiste nel fatto stesso della lesione della par condicio creditorum , ricollegabile, per presunzione legale assoluta, all'uscita del bene dalla massa conseguente all'atto di disposizione pertanto, grava sul curatore il solo onere di provare la conoscenza dello stato di insolvenza da parte dell'acquirente, mentre la circostanza che il prezzo ricavato dalla vendita sia stato utilizzato dall'imprenditore, poi fallito, per pagare un suo creditore privilegiato eventualmente anche garantito, come nella specie, da ipoteca gravante sull'immobile compravenduto non esclude la possibile lesione della par condicio , né fa venir meno l'interesse all'azione da parte del curatore, poiché è solo in seguito alla ripartizione dell'attivo che potrà verificarsi se quel pagamento non pregiudichi le ragioni di altri creditori privilegiati, che successivamente all'esercizio dell'azione revocatoria potrebbero in tesi insinuarsi. 2.2.- Il primo ed il secondo motivo, da esaminarsi congiuntamente, vanno respinti. Come rilevato nella pronuncia 3794/2008, richiamando tra le altre, le sentenze 5290/2006, 12964/2005, 5845/2000, la possibilità di configurare come regolare il pegno avente ad oggetto un libretto di deposito al portatore non soltanto presuppone che questo sia stato emesso dalla stessa banca creditrice che lo riceve poi in garanzia . ma anche che il contratto di costituzione di pegno riconosca a detta banca il potere di immediatamente disporne. Non diversamente da quel che accade per la costituzione in pegno di somme di danaro, di titoli o di altri beni fungibili, insomma, il dato che rileva ai fini della configurabilità del pegno come irregolare non è solo costituito dalla natura del bene, ma anche e soprattutto dalla volontà delle parti di conferire al creditore la facoltà di disporre del bene stesso o, nel caso si tratti di titolo di credito o documento di legittimazione, del relativo diritto per soddisfare i propri crediti facoltà di disposizione solo in presenza della quale la fattispecie esula dai confini del pegno regolare per rientrare, viceversa, nella disciplina prevista dall'articolo 1851 c.c., con la conseguenza che il creditore acquisisce immediatamente la proprietà del denaro o dei beni, destinati poi, al momento dell'inadempimento, ad essere restituiti per equivalente per intero, oppure, in caso d'inadempimento, nella sola misura eventualmente eccedente l'ammontare del credito garantito . E il creditore assistito da pegno irregolare, a differenza di quello assistito da pegno regolare, non è tenuto ad insinuarsi al passivo fallimentare ai sensi dell'articolo 53 l.f. per il soddisfacimento del proprio credito principio affermato dalle Sezioni unite nella pronuncia 201/2002 , e l'incameramento in via definitiva del denaro o delle altre cose fungibili ricevuti in garanzia salvo l'obbligo di restituire l'eccedenza, ex articolo 1851 c.c. resta sottratto alla revocatoria, operando la compensazione come modalità tipica di esercizio della prelazione così, oltre alla pronuncia 3794/08 cit., in senso conforme, tra le ultime, le pronunce 14067/08 e 18597/11 . A detto orientamento, da ritenersi consolidato può ritenersi isolata infatti la pronuncia 7563/2011, che ha valorizzato la mera natura del bene quale genus per ritenere costituito il pegno irregolare , questa Corte intende dare adesione, né gli argomenti fatti valere dalla ricorrente, che in gran parte ricalcano quelli assunti nelle più risalenti decisioni 1380/77 e 9528/97, possono indurre ad un ripensamento. Quanto alle censure rivolte col secondo motivo, intese a far valere l'erronea interpretazione della Corte d'appello in relazione alla mancata attribuzione alla Banca della facoltà di disporre delle somme depositate, va rilevato che detto accertamento di merito, condotto congruamente dalla Corte d'appello alla stregua del contenuto del contratto, è censurato dalla ricorrente senza specificare i canoni interpretativi in tesi violati, e ricostruendo il diritto di prelevamento delle somme come sottoposto alla condizione sospensiva costituita dall'inadempimento, da cui l'efficacia retroattiva nel caso di avveramento della condizione. Di contro a detta prospettazione, è agevole rilevare che secondo la volontà delle parti, l'inadempimento è stato previsto in sede contrattuale come fatto legittimante il prelievo, quindi come facoltà per la Banca la Corte d'appello usa il termine autorizzazione in conseguenza del comportamento inadempiente della controparte e non già come fatto dedotto in condizione, da cui far dipendere l'efficacia del contratto. 2.2.- Il quarto motivo è fondato, nei limiti di quanto rilevato. Va premesso che la ricorrente ha impropriamente formulato, in esito al motivo, un quesito di diritto, nel quale ha inteso far rientrare sia il vizio motivazionale che di violazione di legge nondimeno, il motivo sfugge alla sanzione di inammissibilità secondo l'orientamento rigoroso seguito dalle Sezioni unite nella pronuncia 7770/2009, atteso che sono riscontrabili anche due passaggi di sintesi del vizio ex articolo 360 numero 5 c.p.c., che la parte ha prospettato, a pag. 25, 1 cpv. ed a pag. 26, 1 cpv. del ricorso. In sentenza, premesso che oggetto della revocatoria non è l'atto costitutivo di pegno ma le due rimesse, aventi natura solutoria, in quanto effettuate su conto scoperto, è stata ritenuta la natura anormale di detto pagamento, in quanto espressione dell'attività di recupero e di incameramento della somma esistente sul libretto , sul rilievo dell' inesistente presupposto del potere di disporne, dopo la revoca dell'affidamento, e quindi avvalendosi di un mezzo anomalo di pagamento, quale la compensazione, attuata al di fuori del pegno irregolare pag. 9 della sentenza . Nell'argomentazione della Corte del merito, mentre il richiamo alla compensazione non può ritenersi rilevante ai fini della valutazione dell'anormalità del mezzo di pagamento, relazionandosi al diverso profilo della revocabilità o meno dell'incameramento, l'anomalia del mezzo di pagamento resta riferita all'apprensione delle somme depositate sul libretto dopo la revoca dell'affidamento sull'inesistente presupposto del potere di disporne . Potere che invece sussisteva, attesa la specifica previsione nel contratto di pegno, stipulato ben prima dell'inizio del periodo sospetto, della facoltà per la Banca di incameramento delle somme nel caso di inadempimento del debitore. Orbene, l'anomalia del pagamento, che secondo l'articolo 67, 1 comma numero 2 l. f. giustifica la presunzione di conoscenza a carico del creditore dello stato di insolvenza del debitore, va individuata alla stregua delle concrete modalità di estinzione del debito, e non tanto del tipo astratto di pagamento, proprio perché il legislatore ha ritenuto la specifica modalità estintiva anomala sintomatica della probabile conoscenza dello stato di insolvenza, posto che, altrimenti, il pagamento sarebbe avvenuto con modalità normali. Nella specifica situazione, sarebbe stata ipotizzabile l'anormalità della complessiva operazione, a partire dal contratto di pegno, che prevedeva l'incameramento delle somme del libretto bancario, ed in tal caso sarebbe stato revocabile il contratto, da cui la restituzione del pagamento quale conseguenza della revoca tale fattispecie non è però utilmente invocabile, né invero è stata fatta valere dal Fallimento, posto che il contratto si colloca in data antecedente al periodo sospetto. Se così è, non trova alcuna giustificazione la revocabilità del pagamento in sé, avvenuto secondo la modalità pattuita nel contratto di pegno, ancorché regolare che, come si è già detto, rimane fuori della fattispecie azionata , in carenza di ogni carattere di anormalità, rivelatore della scientia decoctionis . Alla stregua di detto rilievo assorbente dell'ulteriore profilo della censura, relazionato all'operazione complessiva a far data dal contratto costitutivo di pegno , deve concludersi per la fondatezza della censura, da cui consegue la carenza del requisito temporale di cui all'articolo 67, 2 comma l. f., visto che le rimesse sono state eseguite il 12 ed il 14 aprile 1995, ed il fallimento è stato dichiarato il 9 ottobre 1996. 2.4.- Il quinto motivo è assorbito. 2.5.- Conclusivamente, respinti i motivi primo, secondo e terzo, va accolto il quarto, rimanendo assorbito il quinto, e, non occorrendo ulteriori accertamenti di merito, la causa può essere decisa nel merito, ex articolo 384, 2 comma c.p.c., con la reiezione della domanda del Fallimento. Le spese dell'intero giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta i motivi di cui ai nnumero 1, 2 e 3 del ricorso, accoglie il 4 motivo, assorbito il 5, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, respinge la domanda del Fallimento condanna il Fallimento alle spese dell'intero giudizio, liquidate per il primo grado in Euro 1400,00 per diritti, Euro 1800,00 per onorari, ed Euro 180,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge per il secondo grado, in Euro 1200,00 per diritti, Euro 2100,00 per onorari ed Euro 150,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge per il presente giudizio, in Euro 4000,00 per compenso, oltre Euro 200,00 per esborsi oltre spese forfettarie ed accessori di legge.