Il ricorso di fallimento presentato da un creditore società estinta non è idoneo a far iniziare il procedimento

L’estinzione della società determina infatti la perdita dell’idoneità soggettiva alla presentazione del ricorso per fallimento del debitore in quanto manca ab origine la legittimazione processuale e sostanziale ad iniziare il procedimento prefallimentare.

Lo afferma la Cassazione con la pronuncia n. 16751 del 4 luglio 2013. La vicenda. La fattispecie al centro della controversia in esame tratta di un reclamo ad una sentenza dichiarativa di fallimento avanzato da un imprenditore individuale, sostenendo, tra l’altro, la mancata rituale costituzione del contraddittorio. La Corte di appello respinge il reclamo ritenendo che la documentazione esaminata non era attendibile in quanto comprendeva un credito incerto. L’imprenditore ricorreva quindi alla Suprema Corte lamentando la violazione dell’art. 6 l. fall. - ai sensi del quale Il fallimento è dichiarato su ricorso del debitore, di uno o più creditori o su richiesta del pubblico ministero. Nel ricorso di cui al primo comma, l'istante può indicare il recapito telefax o l'indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di voler ricevere le comunicazioni e gli avvisi previsti dalla presente legge.” – in quanto, sostiene, non è stata verificata la sussistenza della legittimazione attiva del soggetto che ha richiesto il fallimento, una società per azioni in liquiazione che si è estinta. Infatti, a detta del fallito ricorrente, il creditore istante era stato cancellato dal registro delle imprese, prima di ottenere la provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo relativo al proprio credito, di cui manca la prova dell’esistenza certa. Abrogazione dell’iniziativa d’ufficio . La Cassazione preliminarmente ricorda come il nuovo procedimento per la dichiarazione di fallimento - come tratteggiato dopo la stagione delle riforme della disciplina fallimentare - non prevede più alcuna iniziativa d’ufficio, ma contempli l’iniziativa proveniente dal debitore, da uno o più creditori o dal pubblico ministero, disponendosi l’iniziativa di parte, definita efficacemente dalla dottrina come motore essenziale” del procedimento prefallimentare. Chiaramente, l’iniziativa del creditore insoddisfatto rimane quella assolutamente prevalente, sicché l’attenzione dell’interprete deve necessariamente soffermarsi sui rapporti processuali tra creditore e debitore presunto insolvente durante tutta quella fase che anche la legge chiama oramai prefallimentare. L’atto introduttivo di questa fase è un ricorso e con esso si rivolgono al Tribunale il debitore insolvente ed i creditori. L’iniziativa del Pubblico Ministero viene invece ancora denominata richiesta. Neppure l’iniziativa del PM può avvenire su segnalazione del Tribunale . Infatti, l'esigenza di assicurare la terzietà ed imparzialità del tribunale fallimentare, emergente dalla lettura costituzionalmente orientata art. 111 Cost. degli artt. 6 e 7, l. fall., porta ad escludere che l'iniziativa del pubblico ministero per la dichiarazione di fallimento possa essere assunta su segnalazione proveniente dallo stesso tribunale fallimentare. Qualora, infatti, la segnalazione al pubblico ministero promani dallo stesso tribunale fallimentare, acquisita in esito all'istruttoria prefallimentare conclusasi con un non luogo provvedere per desistenza del creditore ricorrente, detta iniziativa è evidentemente frutto di una valutazione discrezionale del tribunale a seguito della quale il pubblico ministero svolge un ruolo di impulso meramente formale, in quanto trasmette al tribunale fallimentare un dato l'insolvenza dell'imprenditore che il tribunale ha già ben conosciuto e conosce. Pertanto, la nuova formulazione dell'art. 6 l. fall. esclude l'iniziativa d'ufficio del tribunale ed implica, pertanto, che il giudice possa pronunciarsi nel merito solo in presenza di iniziativa proposta da soggetto legittimato ed a condizione che la domanda sia mantenuta ferma, cioè non rinunciata ne deriva che, in caso di accertamento dell'insussistenza del credito in capo al ricorrente, la conseguente carenza di legittimazione di tale parte impone una pronuncia in rito di inammissibilità, senza alcuna possibilità di ulteriore esercizio della giurisdizione. Il credito può anche non essere certo, liquido ed esigibile. La qualità di creditore, necessaria ai fini della proposizione del ricorso ai sensi dell'art. 6 l. fall., si estende a tutti coloro che vantano un credito, nei confronti del debitore, ancorché non necessariamente certo, liquido ed esigibile ovvero non ancora scaduto o condizionale, anche alla luce della nuova formulazione della citata norma la quale si è limitata a riportare il giudice in posizione di terzietà, senza restringere l'area della legittimazione al ricorso per la detta dichiarazione, ed alla quale non può attribuirsi significato diverso da quello di cui all'art. 52 l. fall. che assicura il concorso sul patrimonio del fallito a tutti i creditori per atti o fatti anteriori, compresi, ai sensi dell'art. 55 l. fall., quelli condizionali. La qualità di creditore deve essere oggetto di delibazione incidentale del giudice fallimentare. In merito, inoltre, la giurisprudenza ha precisato che ai fini della verifica della legittimazione del creditore istante a proporre il relativo ricorso, l'accertamento del tribunale fallimentare in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi del credito assunto a fondamento dell'istanza non è precluso dalla delibazione positiva condotta dal giudice che abbia emesso, sulla sua base, la misura del sequestro conservativo in danno del soggetto destinatario del ricorso di fallimento infatti, tale giudice si è limitato a delibare l'esistenza del fumus boni iuris , che esprime un giudizio di mera probabilità delle ragioni del creditore, mentre il credito legittima il ricorso in sede fallimentare, se accertato nei suoi elementi costitutivi, vale a dire an e quantum iCass. n. 24309/2011 . In altre parole, a fronte della contestazione dell’esistenza del credito sulla base del quale il creditore intende dare impulso al procedimento per dichiarazione di fallimento, se il credito non è già stato giudizialmente accertato, il tribunale, per valutarne la legittimazione attiva, dovrà compiere una delibazione sommaria ed incidentale sulla qualità di creditore del ricorrente, delibazione che deve essere tenuta distinta dall’indagine sull’esistenza dello stato di insolvenza. Infatti, dopo la soppressione dell’iniziativa d’ufficio, l’esistenza di debiti della società convenuta nei confronti di soggetti diversi dal ricorrente e la loro incidenza sulla manifestazione dello stato d’insolvenza vanno valutate distintamente rispetto al requisito dell’esistenza del credito del ricorrente i primi rilevano ai fini della valutazione dell’insolvenza, mentre il secondo rileva ai fini della legittimazione del ricorrente medesimo. Peraltro, in proposito, vale ricordare che le recenti Sezioni Unite hanno affermato che l'art. 6 l. fall., laddove stabilisce che il fallimento è dichiarato, fra l'altro, su istanza di uno o più creditori, non presuppone un definitivo accertamento del credito in sede giudiziale, né l'esecutività del titolo, essendo viceversa a tal fine sufficiente un accertamento incidentale da parte del giudice, all'esclusivo scopo di verificare la legittimazione dell'istante Cass. SS.UU. n. 1521/2013 . L a società creditrice istante era estinta. Nella fattispecie al centro della controversia esaminata dalla sentenza in commento la questione riguarda non solo l’incertezza del credito ma la sussistenza della stessa figura del creditore sul piano soggettivo, posto che, successivamente alla cancellazione dal registro delle imprese la società creditrice si è estinta, rimanendo, pertanto, priva della capacità di agire e quindi dell’idoneità soggettiva alla presentazione del ricorso per fallimento del debitore. Infatti, come sostenuto dalle recenti Sezioni Unite, la cancellazione dal registro delle imprese determina l'estinzione del soggetto giuridico e la perdita della sua capacità processuale. Gli ermelliniaggiungono che qualora all'estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale l'obbligazione della società non si estingue ma si trasferisce ai soci, al pari dei diritti e dei beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta Cass. SS.UU. n. 6979/2013 . Ricorso di fallimento inidoneo la creditrice non aveva capacità d’agire. Data l’estinzione della società per azioni creditrice che ha esperito istanza di fallimento, il ricorso presentato è in radice inidoneo a far iniziare il procedimento prefallimentare, e quindi a pervenire alla pronuncia di fallimento. Infatti, l’avvio del procedimento è precluso dalla mancanza fin dall’inizio della legittimazione processuale e sostanziale dell’istante. La Suprema Corte, pertanto, revoca la pronuncia dichiarativa di fallimento perché il procedimento non poteva essere iniziato.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 15 maggio - 4 luglio 2013, n. 16751 Presidente Rordorf – Relatore Di Virgilio Svolgimento del processo Con sentenza 19/7-26/9/2011, la Corte d'appello di Roma ha respinto il reclamo proposto da D.M.E. avverso la sentenza dichiarativa del fallimento di detto imprenditore individuale, resa dal Tribunale di Tivoli in data 30 giugno 2010, e condannato il reclamante alle spese del giudizio. La Corte del merito, respinto il motivo col quale il reclamante faceva valere la nullità della sentenza per la mancata rituale costituzione del contraddittorio, ha respinto altresì gli altri motivi di reclamo, ritenendo 1 che la contabilità della ditta, dalla quale emergeva una situazione patrimoniale e reddituale nei limiti dell'articolo 1 l.f., e da cui non risultavano né il credito della Holbe Dialogue Europe H.B.E. né di Equitalia Gerit, credito quest'ultimo già ammesso al passivo, era palesemente inattendibile, riferendosi il credito dell'istante alla fornitura di merci estranee all'attività dichiarata di officina meccanica, per cui si doveva concludere nel senso che il debitore svolgeva di fatto attività in un settore diverso da quello ufficialmente dichiarato 2 che il fatto che il titolo esecutivo del creditore istante fosse sub judice non escludeva né la legittimazione di questi né la valutazione del credito portato da detto titolo, ai fini dell'accertamento dello stato di insolvenza 3 che la chiusura dell'attività, il pignoramento negativo e l'omessa indicazione di cespiti attivi aggredibili di valore sufficiente a consentire il soddisfacimento dei creditori costituivano elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti, idonei a provare lo stato d'insolvenza 4 che infine non al debitore, ma solo al creditore istante ed al Pubblico Ministero è consentita la prova della chiusura di fatto dell'attività, in data antecedente alla cancellazione dal registro delle imprese. Avverso detta pronuncia ricorre il D.M. , con ricorso affidato a cinque motivi. Si difende il solo Fallimento con controricorso. H.B.E. non ha svolto difese. Il Fallimento ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c Motivi della decisione 1.1.- Con il primo motivo, il ricorrente denuncia il vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione alla sussistenza dei requisiti di non fallibilità di cui all'articolo 1 l.f., come modificato dal d.lgs. 5/2006 e dal d.lgs. 169/2007. La Corte d'appello, alla stregua della documentazione esaminata, da conto della sussistenza dei requisiti di non fallibilità, ma nel contempo ritiene detta documentazione non attendibile, per l'esistenza di un credito incerto, oggetto di valutazione giudiziale nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo con chiamata in causa del terzo, P.A. , ritenuto dal D.M. unico responsabile e vedi la dichiarazione testimoniale del direttore commerciale B.S. , ovvero il credito vantato dalla società H.B.E., e per l'esistenza del credito di Equitalia Gerit, avvertita obbligatoriamente dal Curatore, e nel cui credito è ricompreso non solo quanto facente capo alla ditta individuale del D.M. , ma anche alla persona fisica di questi. L'andamento altalenante dei ricavi, mai comunque vicini alla soglia di fallibilità, è la prova fondamentale della qualità di piccolo imprenditore del D.M. . 1.2.- Col secondo mezzo, il ricorrente si duole della violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 6 l.f., come modificato dal d.lgs.5/2006 nella specie, non è stata verificata la sussistenza della legittimazione attiva del soggetto che ha richiesto il fallimento come chiarito in sede di inibitoria ex articolo 19 l.f., il procuratore dell'istante ha fatto riferimento alla procura in calce al decreto ingiuntivo, ma non ha prodotto il decreto nella procedura fallimentare, né vi è stata alcuna verifica sulla legittimazione in sede prefallimentare solo all'udienza del 7/2/2011, si è appreso che il creditore istante era stato cancellato dal registro delle imprese a far data dal 12/3/2009, ancor prima di ottenere la provvisoria esecutorietà al d.i., e non ha chiesto di essere ammesso al passivo. Nella specie, argomenta il D.M. , manca la prova dell'esistenza certa del credito, essendo questo oggetto di accertamento giudiziale, da cui la carenza della legittimazione della creditrice istante ex articolo 6 l.f. 1.3.- Col terzo mezzo, il ricorrente denuncia il vizio di omessa motivazione circa la legittimazione attiva della società istante per il fallimento, atteso che è risultata la cancellazione della H.B.E. a far data dal 12/3/2009, un anno prima della proposizione dell'istanza di fallimento, come provato dalla visura camerale. 1.4.- Col quarto mezzo, il ricorrente denuncia il vizio di insufficiente motivazione circa l'esistenza del requisito ex articolo 5 l.f. Il verbale di pignoramento mobiliare del 10/12/2009 attesta che l'Ufficiale Giudiziario ha trovato chiuso, ma si trattava di casa di civile abitazione con diversi interni, e la Corte territoriale non ha motivato sul punto, non essendo certo quale fosse l'interno né è chiaro se il pignoramento sia stato tentato presso la sede sociale o il domicilio del debitore. 1.5.- Col quinto mezzo, il D.M. denuncia il vizio di omessa motivazione circa l'inesistenza del requisito di cui all'articolo 1, lett. c l.f., come modificato dal d.lgs. 5/2006 e dal d.lgs. 169/2007. L'importo vantato dal creditore istante era inferiore ad Euro 500.000,00, e tale soglia non è superata anche a sommare a detto credito quanto insinuato al passivo da Equitalia. 2.1.- In via preliminare, va esaminata l'eccezione di inammissibilità del ricorso, per carenza del mandato alle liti in calce alla copia notificata, sollevata dal Fallimento, e comunque rilevabile d'ufficio. Detta eccezione è infondata. Come affermato dalle pronunce 636/2007, 4619/2002, 5932/2010, ai fini dell'ammissibilità del ricorso per cassazione, qualora l'originale dell'atto rechi la firma del difensore munito di procura speciale e l'autenticazione, ad opera del medesimo, della sottoscrizione della parte che la procura ha conferito, la mancanza di tale firma e dell'autenticazione nella copia notificata non determinano l'invalidità del ricorso, purché la copia stessa contenga elementi, quali l'attestazione dell'ufficiale giudiziario che la notifica è stata eseguita ad istanza del difensore del ricorrente, idonei ad evidenziare la provenienza dell'atto dal difensore munito di mandato speciale, mentre la mancanza di tale attestazione, non consentendo di accertare l'identità della persona che ha richiesto la notifica, determina l'inammissibilità del ricorso. Nella specie, risulta nell'originale del ricorso il mandato alle liti al difensore e risulta altresì che l'ufficiale giudiziario ha provveduto alla notifica, secondo la richiesta di detto difensore, così risultando la provenienza dell'atto notificato dal difensore munito di procura speciale. Ciò posto, si deve ritenere fondato il terzo motivo di ricorso, da valutarsi prioritariamente rispetto agli altri, da cui l'assorbimento degli ulteriori motivi. All'udienza camerale del 7/2/2011, la difesa del D.M. ha prodotto la visura camerale della società Holbe Dialogue Europe s.p.a. in liquidazione, da cui risulta la cancellazione della società dal registro delle imprese, in data 12/3/2009, e quindi in data antecedente a quella di presentazione da parte di detta società dell'istanza per il fallimento, risalente al 21/4/2010. Ciò posto, si impongono a riguardo i seguenti rilievi 1 il nuovo procedimento per la dichiarazione di fallimento non prevede alcuna iniziativa d'ufficio, ma dispone all'articolo 6 l.f. che l'iniziativa provenga dal debitore, da uno o più creditori o dal pubblico ministero, così prevedendosi l'iniziativa di parte, definita efficacemente dalla dottrina come motore essenziale del procedimento prefallimentare 2 la giurisprudenza e la dottrina si sono interessate della individuazione del soggetto a cui fa riferimento la norma, quale creditore , senza alcuna specificazione ulteriore, e quindi come colui che vanta un credito nei confronti dell'imprenditore, non necessariamente certo, liquido, esigibile, ma anche non ancora scaduto o condizionale, non ancora munito di titolo esecutivo, sia pure idoneo in prospettiva a giustificare un'azione esecutiva in tali termini, la pronuncia 3472/2011 , e che deve essere oggetto dell'imprescindibile delibazione incidentale del giudice fallimentare così le pronunce 24309/2011 e, resa dalle S.U., la 1521/2013 , proprio in quanto non esiste più l'iniziativa d'ufficio la carenza della legittimazione del creditore istante, a valere non solo alla data di proposizione del ricorso, ma per tutta la durata del procedimento, determina l'arresto del procedimento stesso con pronuncia in rito di inammissibilità così le pronunce 21834/2009 e 3472/2011 3 nella specie, si è verificata una situazione ancor più radicale, attinente alla sussistenza della stessa figura del creditore sul piano soggettivo, atteso che, a seguito della cancellazione dal registro delle imprese, avvenuta il 12/3/2009, e quindi successivamente all'entrata in vigore dell'articolo 4 del d.lgs. 6/2003, che ha attribuito a tale adempimento efficacia costitutiva, la società Holbe Dialogue Europe s.p.a. in liquidazione si è estinta, così rimanendo priva della capacità di agire così tra le ultime, la pronuncia 8596/2013 e la sentenza delle S.U. 6070/2013 , e quindi della idoneità soggettiva alla presentazione del ricorso per fallimento del debitore 4 da ciò consegue che il ricorso per fallimento presentato dalla società estinta è stato in radice inidoneo a far iniziare il procedimento prefallimentare, e quindi a pervenire alla pronuncia di fallimento, dovendosi ritenere precluso l'avvio del procedimento dalla carenza ab origine della legittimazione processuale e sostanziale dell'istante né il rilievo di tale carenza poteva ritenersi precluso in sede di reclamo, non essendo stato fatto valere specificamente dalla parte, che si era limitata alla produzione del certificato camerale della Holbe Dialogue Europe, trattandosi di rilievo ufficioso, in quanto attinente alla sussistenza dell'iniziativa di parte, la sola idonea a dare impulso al procedimento, altrimenti preclusa all'ufficio. 3.1.- Conclusivamente, accolto il terzo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, va cassata la pronuncia impugnata senza rinvio, ex articolo 382, 3 comma c.p.c., in quanto il procedimento non poteva essere iniziato, e va pertanto revocata la pronuncia dichiarativa di fallimento. La novità e la peculiarità della questione giustificano la compensazione delle spese dell'intero giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il terzo motivo, assorbiti gli altri cassa senza rinvio la pronuncia impugnata e revoca la sentenza dichiarativa di fallimento di D.M.E. compensa tra le parti le spese dell'intero giudizio.