Procedura troppo lunga e attivo invenduto? Per il curatore fallimentare compenso minimo

La lunga durata della procedura fallimentare e la mancata realizzazione di gran parte dell’attivo inventariato giustificano la liquidazione al minimo del compenso per il curatore.

Lo ha affermato la Cassazione nell’ordinanza n. 14686, depositata l’11 giugno 2013. Il caso . Un avvocato ricorre per cassazione contro il decreto con cui il Tribunale di Crotone, nell’ambito di una procedura fallimentare, gli ha liquidato i compensi per l’attività professionale prestata, dapprima come commissario giudiziale del concordato preventivo di una società, in seguito come curatore del fallimento. Contesta, in particolare, la presunta liquidazione unitaria dei compensi per le due attività e l’applicazione dei minimi da parte del Tribunale. Concordato e poi fallimento? I compensi del professionista si cumulano. La Cassazione rigetta il ricorso rilevando, in primo luogo, che il Tribunale ha liquidato in modo separato i due compensi, anche se li ha poi sommati per determinare l’importo spettante all’avvocato, facendo dunque corretta applicazione del principio per cui, quando al concordato preventivo faccia seguito il fallimento, i compensi spettanti al professionista per le due attività non si sovrappongono ma si cumulano. Compenso minimo per il curatore se il fallimento è lungo e infruttuoso. La Cassazione conferma il provvedimento impugnato anche nella parte in cui ha applicato i minimi per la liquidazione del compenso spettante al curatore. Il Tribunale, infatti, ha chiarito che i compensi minimi appaiono giustificati sia in ragione della mancata realizzazione della maggior parte dell’attivo inventariato, sia per la lunga durata della procedura . Non basta la stima, conta l’attivo effettivamente realizzato. Nell’attivo realizzato dal curatore, precisa infine la Cassazione, non possono essere compresi il mero valore di stima di un immobile, rimasto poi invenduto, o somme maggiori di quelle effettivamente ricavate dalla vendita dei mobili e ripartite tra i creditori. Per l’avvocato, insomma, molto lavoro per nulla , se dal fallimento non si riesce a ricavare granché.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 16 aprile - 11 giugno 2013, n. 14686 Presidente Di Palma – Relatore Cristiano Fatto e diritto E' stata depositata la seguente relazione 1 L'avv. A.D.B. ricorre per la cassazione del decreto 29.7.2011 con il quale il Tribunale di Crotone gli ha liquidato i compensi per l'attività professionale svolta dapprima quale commissario giudiziale del concordato preventivo della Stalla Elettrodomestici s.r.l. e successivamente quale curatore del fallimento della società. 2 Il ricorrente lamenta, con un primo motivo, violazione degli artt. 19, 20, 21 e 22 del d. lgs. n. 169/07 e degli artt. da 242 a 266 del R.D. n. 267/42, e, con un secondo motivo, vizio di motivazione per aver il Tribunale fatto errata applicazione della disciplina transitoria introdotta dal d. lgs. n. 169/07 ed avergli liquidato unitariamente i due compensi, senza tener conto dell'attivo effettivamente inventariato, senza rivalutare le somme ricavate dalla vendita dei beni e senza chiarire perché nella liquidazione si è attenuto ai minimi. 3 Il primo motivo appare inammissibile il d. lgs. n. 169/07 non ha apportato alcuna modifica agli artt. 165 e 39 della l. fall. e non si comprende, pertanto, a quali diverse norme il Tribunale avrebbe dovuto far riferimento in ogni caso, il ricorrente non deduce l'errata applicazione ratione temporis - dei D.M. nn. 267/87 e 570/92, in base ai quali il giudice del merito gli ha, rispettivamente, liquidato il compenso per l'attività svolta come commissario giudiziale e per quella svolta come curatore. 4 Il secondo motivo appare manifestamente infondato il Tribunale ha infatti liquidato separatamente i due compensi anche se li ha poi sommati, per determinare l'importo ancora spettante al Di Bartolo una volta detratti gli acconti ricevuti e, per ciò che concerne quello dovuto al ricorrente per l'attività svolta come commissario giudiziale, ha tenuto conto di un attivo inventariato di € 569.112,28 ed ha applicato i valori medi quanto poi, al compenso liquidato per l'attività svolta dal D.B. quale curatore, ha chiarito di aver applicato i minimi sia in ragione della mancata realizzazione della maggior parte dell'attivo inventariato, sia per la lunga durata della procedura deve escludersi, infine, che nell'attivo realizzato dal curatore cioè ricavato dalla liquidazione dei beni acquisiti all'attivo o dalla riscossione di crediti o dall'utile esperimento di azioni giudiziarie possano essere compresi il valore di stima di un immobile rimasto invenduto cfr. Cass. nn. 3156/06, 18996/04,100/98 o somme maggiori di quelle effettivamente ricavate dalla vendita dei mobili e ripartite fra i creditori. A parere di questo giudice ricorrono pertanto gli estremi per una pronuncia di rigetto del ricorso in sede camerale, ai sensi dell'art. 375 n. l e 5 c.p.c. Il collegio rileva che l'avv. Di Bartolo ha depositato dichiarazione di rinuncia al ricorso, il quale deve pertanto essere dichiarato estinto ai sensi dell'art. 390 c.p.c. Non v'è luogo alla liquidazione delle spese in favore dell'intimato, che non ha svolto attività difensiva. P.Q.M. La Corte dichiara estinto il giudizio.