Senza privilegio il pegno è nullo per indeterminatezza ed indeterminabilità dell’oggetto

Il decisum offre lo spunto per alcune riflessioni in ordine a due questioni, l’una strettamente procedurale, legata ai limiti al potere del giudice di rilevare d’ufficio la nullità di un contratto, in base all’art. 1421 c.c. l’altra, derivata per conseguenza, se sia o meno riconoscibile il privilegio, nell’ammissione al passivo, ad un pegno di titoli di credito, il cui oggetto sia indeterminato ed indeterminabile.

Quanto alla prima quaestio , i giudici della Prima Sezione precisano che la rilevabilità d’ufficio della nullità di un contratto va coordinata con il principio della domanda fissato dagli artt. 99 e 112 c.p.c., nel senso che solo se sia in contestazione l’applicazione o l’esecuzione di un atto la cui validità rappresenti un elemento costitutivo della domanda, il giudice può rilevare in qualsiasi stato e grado del giudizio, indipendentemente dall’attività assertiva delle parti, l’eventuale nullità dell’atto stesso, e che se, invece, la contestazione attenga direttamente all’illegittimità dell’atto, una diversa ragione di nullità non può essere rilevata d’ufficio, né può essere dedotta per la prima volta in grado d’appello, trattandosi di domanda nuova e diversa da quella ab origine proposta. E, quanto al pegno, qualora il giudice concluda per l’invalidità sul piano del contenuto dello stesso, ex art. 1413 c.c., nessun privilegio può essergli riconosciuto. Il fatto. Si antepone, per chiarezza di disamina, una rapida descrizione del fatto concreto. Il caso di specie origina dall'impugnazione per cassazione presentata da parte di un istituto di credito avverso la sentenza con la quale la Corte d’appello di Venezia aveva rigettato la sua impugnazione, escludendo la sua ammissione al passivo in via privilegiata al fallimento di una società sulla base di un pegno di titoli di credito vantato dalla banca stessa per indeterminatezza ed indeterminabilità dell’oggetto sottoposto a garanzia. In particolare, la Corte territoriale sottolineava che l’atto costitutivo di pegno su titoli di credito, costituente una fattispecie di pegno su cosa mobile, richiede, al fine della validità, la precisa indicazione dei beni sottoposti al vincolo reale, nonché la specifica indicazione del credito negli atti incorporato, precisando inoltre che l’esigenza della sufficiente indicazione della cosa di cui all’art. 2787, comma 3, c.c., unitamente al requisito della data certa è intesa a tutelare l’interesse degli altri creditori a che la cosa medesima non venga sostituita da altra di maggior valore. La Corte veneta, ciò premesso, rilevava, quindi, d’ufficio la nullità degli atti di pegno per indeterminatezza ed indeterminabilità dell’oggetto. E, la Suprema Corte conferma in toto la correttezza dell’agire della Corte territoriale. In primis, gli Ermellini richiamano il principio secondo cui il potere del giudice di rilevare d’ufficio la nullità o l’insussistenza di un contratto, in base all’art. 1421 c.c., va coordinato con il principio della domanda fissato dagli artt. 99 e 112 c.p.c., nel senso che solo se sia in contestazione l’applicazione o l’esecuzione di un atto la cui validità rappresenti un elemento costitutivo della domanda, il giudice può rilevare in qualsiasi stato e grado del giudizio, indipendentemente dall’attività assertiva delle parti, l’eventuale nullità dell’atto stesso. Pertanto, a nulla rileva che il fatto che il Fallimento nel costituirsi nel giudizio di opposizione ex art. 98 l. fall. non avesse eccepito l’indeterminatezza e/o indeterminabilità delle cose costituite in pegno. In secondo luogo i giudici di legittimità chiariscono che nel caso de quo non rileva il principio pacifico in giurisprudenza, secondo il quale, ai sensi del combinato disposto degli art. 2786, comma 1, c.c. e 2787, comma 3, c.c. nel rapporto tra le parti il pegno non è subordinato ad alcuna formalità, venendo validamente costituito con la sola consegna della cosa, essendo richiesto l’atto scritto con data certa contenente l’identificazione del credito garantito e dei beni assoggettati alla garanzia ai soli fini dell’opponibilità. Difatti – continuano gli Ermellini – la Corte del merito non ha concluso per la nullità per vizio di forma, ex art. 2786 c.c., né per l’inopponibilità ex art. 2787, comma 3, c.c., ma per la invalidità sul piano del contenuto, ex art. 1413 c.c., da cui la non riconoscibilità del privilegio richiesto. Rilevabilità ex officio della nullità da parte del giudice ex art. 1421 c.c Come ribadito dal decisum in commento, e, da ultimo, di recente, anche nella pronuncia cfr. Cass. civ, sez. II, 10 maggio 2012, n. 7173 il potere del giudice di dichiarare d'ufficio la nullità o l'inesistenza di un contratto ex art. 1421, c.c., va coordinato con il principio della domanda artt. 99 e 112, c.p.c. . Difatti, è insegnamento assolutamente costante e prevalente in giurisprudenza che l’ iniziativa d’ufficio del giudice incontri i suoi limiti tradizionali nei principi di matrice procedurale della disponibilità della prova , di cui all’art. 115 c.p.c., nel principio della domanda , di cui all’art. 99 c.p.c., e della corrispondenza tra chiesto e pronunciato , di cui all’art. 112 c.p.c Il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato deve ritenersi violato quando il giudice, introducendo nel processo un titolo nuovo e diverso da quello enunciato dall’una o dall’altra parte a sostegno della domanda o dell’eccezione, pone a fondamento della decisione fatti e situazioni anche presenti o desumibili dagli atti, ma estranei alla materia del contendere. E, nel caso che qui ci occupa, gli Ermellini non hanno rilevato alcuna violazione dell’art. 112 c.p.c. dal momento che il giudice del merito aveva concluso per la nullità dei contratti per indeterminatezza ed indeterminabilità dell’oggetto sottoposto a garanzia, alla stregua delle espressioni del tutto generiche risultanti dagli atti costitutivi di pegno. Pegno di titoli di credito sufficiente indicazione , ex art. 2787, terzo comma, c.c. Con riferimento al requisito della sufficiente indicazione della cosa data in pegno, i problemi si sono posti, in modo particolare, sulla costituzione in pegno di titoli di credito, con specifico riferimento ai titoli del debito pubblico. Sul punto, la Suprema Corte, cfr. Cass. Civ., 5561/2004 sul presupposto che il requisito della sufficiente indicazione mira essenzialmente ad evitare che le parti del rapporto di pegno possano sostituire il bene costituito in pegno con uno avente maggior valore - ribadito dalla Corte veneta - , ha affermato che il requisito della sufficiente indicazione deve ritenersi soddisfatto laddove nella scrittura costitutiva di pegno siano indicati la natura del titolo e l’ammontare del credito in esso incorporato, senza necessità di ulteriori elementi occorrenti per l’esatta identificazione del documento, superflui rispetto all’interesse tutelato. Laddove, invero, come nel caso che qui ci occupa, dagli atti costitutivi di pegno risultino espressioni generiche, inidonee a consentire una diretta ed immediata, e neppure indiretta, individuazione dei titoli e dei valori sottoposti a garanzia si ha la nullità degli atti stessi per indeterminatezza ed indeterminabilità dell’oggetto, da cui la non riconoscibilità del privilegio del pegno medesimo.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 8 maggio – 11 luglio 2012, n. 11651 Presidente Plenteda – Relatore Di Virgilio Svolgimento del processo Il Banco di Brescia San Paolo CAB Società per Azioni chiedeva l'ammissione al passivo in privilegio del Fallimento Noventa Auto s.n.comma di Mestre Paolo & amp C. e dei soci M.P. e P.L. , per la complessiva somma di Euro 470.135,32, deducendo di essere creditore in via privilegiata nei limiti dell'ammontare del pegno, degli importi, quali saldi debitori alla data del 7/11/2002, di Euro 167.085,10, sul c/c n. di Euro 213.039,62, sul c/acquisti merci Italia n. di Euro 65,50 sul c/anticipazioni contestuali presentazione SBF di Euro 37.006,61, sul c/pagamento merci di Euro 52.838,49, sul c/pagamento merci a breve che su tali somme spettava la prelazione in virtù di una serie di atti di pegno aventi ad oggetto l'insieme degli strumenti finanziari dematerializzati caricati su una serie di dossier a nome di P.L. che sussisteva un potenziale residuo rischio di credito di Euro 5370,12 per garanzia a prima richiesta rilasciata il 22/9/2000 in favore di Melina Italia s.r.l., escussa per Euro 35.944,44 il 20/11/2001. Il Giudice delegato non ammetteva il credito al passivo in quanto indeterminato in relazione all'importo richiesto in privilegio, privilegio che comunque non sussisteva, riguardando dossier titoli a favore di posizioni diverse dalla società fallita. Proponeva opposizione il Banco di Brescia San Paolo CAB Società per Azioni, chiedendo in via principale l'ammissione al passivo in via privilegiata per la somma indicata, ed in via subordinata, l'ammissione in chirografo si costituiva il Fallimento, chiedendo il rigetto dell'opposizione. Il Tribunale accoglieva parzialmente l'opposizione ed ammetteva al passivo il Banco di Brescia per la somma di Euro 470.135,32 in chirografo. La Corte d'appello, con sentenza del 30/10-27/11/2008, rigettava l'impugnazione proposta dal Banco. Nello specifico, la Corte del merito ha premesso in diritto che l'atto costitutivo di pegno su titoli di credito, costituente una fattispecie di pegno su cosa mobile, richiede, al fine della validità, la precisa indicazione dei beni sottoposti al vincolo reale, nonché la specifica indicazione del credito negli atti incorporato che l'esigenza della sufficiente indicazione della cosa di cui all'articolo 2787, 3 comma c.c., unitamente al requisito della data certa per i crediti eccedenti Euro 2,58 è intesa a tutelare l'interesse degli altri creditori a che la cosa medesima non venga sostituita da altra di maggior valore che tale esigenza, per il pegno dei titoli di credito al portatore, è soddisfatta dalla indicazione della natura del titolo e dell'ammontare del credito in esso incorporato, senza necessità delle ulteriori specificazioni di tutti gli elementi occorrenti per l'esatta identificazione del documento, e, quanto al debito garantito, la scrittura deve contenere un indice di collegamento da cui possa desumersi l'individuazione dei dati del debito, non sufficiente essendo un collegamento generico. Ciò posto, il Giudice del merito, premessa l'inammissibilità ex articolo 345 c.p.comma della documentazione prodotta in grado d'appello dal Banco, trattandosi di documenti in possesso dello stesso e che la parte avrebbe dovuto produrre nei termini fissati a norma dell'allora vigente articolo 184 c.p.c., ha rilevato che dagli atti costitutivi di pegno ritualmente prodotti in primo grado, con riguardo all'oggetto sottoposto a garanzia, risultavano espressioni generiche, inidonee a consentire una diretta ed immediata, e neppure indiretta, individuazione dei titoli e/o dei valori sottoposti a garanzia, da ciò conseguendo la nullità degli atti di pegno, per indeterminatezza ed indeterminabilità dell'oggetto. Tale vizio, conclude la Corte veneta, sussisterebbe anche a ritenere la conversione dei contratti nulli in contratti di pegno irregolare ex articolo 1851 c.c., necessitando anche detto contratto della specificazione di tutti gli elementi per l'esatta individuazione del bene concesso in pegno. Ricorre per cassazione il Banco, sulla base di tre motivi. Si difende il Fallimento con controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c Motivi della decisione 1.1.- Con il primo motivo, il Banco si duole della violazione e falsa applicazione degli articolo 2786, 1 comma, 2787, 3 comma, 1421 c.comma e degli articolo 99, 112 e 183 c.p.c., in relazione all'articolo 360 n. 3 c.p.comma e del vizio di omessa motivazione su punto decisivo della controversia prospettato dalle parti, ex articolo 360 n. 5 c.p.c La Banca ricorrente evidenzia che il Fallimento, nel costituirsi nel giudizio di opposizione ex articolo 98 l.f., non ha eccepito l'indeterminatezza e/o indeterminabilità del credito garantito o delle cose costituite in pegno, ma si è limitato a contestare che non risultava se l'importo alla fine quantificato costituisse il valore medio di mercato dei titoli o il valore dei dossier titoli ad esempio alla data di dichiarazione di fallimento, e la validità del pegno per estraneità all'oggetto sociale della possibilità di concedere garanzie che pertanto, conseguendo dalla mancanza di atto scritto o, in quest'ultimo, della precisa indicazione dei crediti garantiti e delle cose date in pegno la mera inopponibilità al Fallimento, la Corte del merito non avrebbe potuto rilevare d'ufficio detta eccezione, nel caso mai sollevata dal Fallimento che comunque, risulterebbe violato l'articolo 112 c.p.comma anche nel caso si volesse far discendere dalla mancanza della sufficiente indicazione del credito e della cosa la nullità delle garanzie azionate dal Banco. Sussiste infine, secondo la ricorrente, vizio di motivazione, nell'avere la Corte rinunciato ad esaminare in sede decisoria l'incidenza del rilevato comportamento processuale del Fallimento. 1.2.- Con il secondo motivo, il Banco denuncia vizio di violazione e falsa applicazione degli articolo 324 e 333 c.p.comma e comunque, di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, per non avere la Corte veneta minimamente valutato che, come sottolineato dalla parte in atto d'appello, il Tribunale non aveva ritenuto la nullità dell'atto di pegno del 6/9/2000, di cui al docomma 5 con cui è stata costituita a garanzia la Gestione Patrimoniale Fondi di cui al deposito in amministrazione titoli n. XXXXXX come da lettera di carico dell'11/9/2000 , statuizione non impugnata dal Fallimento in via incidentale, e quindi passata in giudicato. 1.3.- Con il terzo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'articolo 2787, 3 comma c.comma e, comunque, insufficiente, parzialmente omessa e, comunque, incongrua motivazione su punto decisivo della controversia, per avere la Corte del merito, ferme restando le considerazioni sul pegno di cui al doc.5, omesso di esaminare in relazione agli atti di pegno prodotti sub 6 , 7 e 8 , i documenti nella loro interezza, nonché le lettere di carico in origine prodotte sub n. 25, 26 e 27 rispettivamente, del settembre 2000, del 19/4/2001 e del 22/5/2001 . 2.1.- Il primo motivo è infondato. A riguardo, superata agevolmente l'eccezione di inammissibilità per genericità dei quesiti, atteso che, nella complessiva valutazione dei quesiti multipli articolati in chiusura del motivo, è possibile relazionare gli stessi alle specifiche censure fatte valere nel motivo, va rilevato che il Giudice del merito ha concluso non per l'inopponibilità dei contratti, ex articolo 2787, 3 comma, c.c., ma per la nullità degli stessi per indeterminatezza ed indeterminabilità dell'oggetto sottoposto a garanzia, alla stregua delle espressioni del tutto generiche risultanti dagli atti costitutivi di pegno .i titoli ed i valori depositati o che verranno depositati sul deposito a garanzia n . , tra l'altro di ogni altro credito già in essere o che dovesse sorgere a favore dell'azienda di credito verso il cliente i titoli e valori depositati o che verranno depositati sul deposito speciale di titoli e custodia ed amministrazione n il diritto alla restituzione del patrimonio, costituito dagli strumenti finanziari che al saldo del conto speciale succitato . l'insieme degli strumenti finanziari oggetto del mandato conferitovi per le gestione patrimoniale i titoli e/o i valori come risultanti dalle distinte da noi sottoscritte già consegnatevi o conferiti in gestione . Le indicazioni in oggetto,rileva la Corte del merito, prive della individuazione degli elementi propri di ciascuno dei titoli e dei valori e persino della relativa categoria, non consentono di individuare, neppure in via indiretta, i titoli e/o i valori sottoposti a garanzia. Così argomentando, la sentenza impugnata ha reso corretta applicazione del principio affermato tra le ultime, nelle pronunce 1526/2010 e 16621/2008, secondo cui il potere del giudice di rilevare d'ufficio la nullità o l'inesistenza di un contratto, in base all'articolo 1421 c.c., va coordinato con il principio della domanda fissato dagli articolo 99 e 112 c.p.c., nel senso che solo se sia in contestazione l'applicazione o l'esecuzione di un atto la cui validità rappresenti un elemento costitutivo della domanda, il giudice può rilevare in qualsiasi stato e grado del giudizio, indipendentemente dall'attività assertiva delle parti, l'eventuale nullità dell'atto stesso, e che se, invece, la contestazione attenga direttamente alla illegittimità dell'atto, una diversa ragione di nullità non può essere rilevata d'ufficio, né può esser dedotta per la prima volta in grado d'appello, trattandosi di domanda nuova e diversa da quella ab origine proposta dalla parte. Ciò posto, si deve rilevare che le censure della Banca ricorrente non colgono nel segno. Detta parte infatti fa riferimento al principio, pacifico in giurisprudenza, secondo il quale, ai sensi del combinato disposto degli articolo 2786, 1 comma c.comma e 2787, 3 comma, nel rapporto tra le parti il pegno non è subordinato ad alcuna formalità, venendo validamente costituito con la sola consegna della cosa, essendo richiesto l'atto scritto con data certa contenente l'identificazione del credito garantito e dei beni assoggettati alla garanzia ai soli fini dell'opponibilità vedi in tal senso le pronunce 19059/06 e 4079/03 , principio che nel caso non rileva, atteso che la Corte del merito non ha concluso per la nullità per vizio di forma, ex articolo 2786 c.c., né per l'inopponibilità ex articolo 2787, 3 comma, c.c., ma per la invalidità sul piano del contenuto, ex articolo 1418 c.c., da cui la non riconoscibilità del privilegio richiesto. 2.2.- Anche il secondo motivo, superato il rilievo di inammissibilità per le ragioni esposte in relazione al primo motivo, è infondato. Come risulta dalla espositiva della sentenza impugnata, il Tribunale non ha riconosciuto il privilegio richiesto, stante la sostanziale nullità dei contratti di pegno come nulla era l'apposizione al contratto di pegno delle clausole riferentesi genericamente ad ogni altro eventuale credito diretto o indiretto, per cui nessun interesse aveva la Curatela di dolersi della eventuale omessa affermazione incidentale della nullità del negozio di pegno sub docomma 5 , da cui la insostenibilita del passaggio in giudicato del capo della pronuncia di primo grado nella parte in cui non sarebbe stata dichiarata la nullità del contratto di pegno in oggetto. La censura di difetto di motivazione sul punto è priva del requisito della decisività, per quanto sopra già rilevato. 2.3.- Il terzo motivo è inammissibile. A riguardo, si deve in primis ritenere la genericità dei due quesiti articolati in chiusura del motivo inoltre, il secondo quesito non coglie la ratio decidendi seguita dalla Corte veneta, atteso che la stessa ha affermato proprio detto principio in linea di diritto, per poi rilevare la nullità in radice dei contratti, avuto riguardo alle caratteristiche specifiche degli stessi, di cui si è già detto. Quanto al vizio di motivazione, per omesso compiuto esame degli atti di pegno e del contenuto delle lettere di carico titoli a garanzia, prodotte sub 25, 26 e 27, va rilevato che la Banca ricorrente non ha precisato in che atto e come abbia attribuito alle lettere in oggetto, nell'ambito del giudizio di merito, la valenza che oggi intende far valere, nella riferibilità ai pegni sub docomma 6 - 8. Ed invero, come ritenuto nella pronuncia 223242/2007, il potere dovere del Giudice di esaminare i documenti ritualmente prodotti in giudizio sussiste solo se la parte che li ha prodotti o che, comunque, intende trame vantaggio, abbia formulato una domanda o un'eccezione espressamente fondata sui documenti medesimi così anche la pronuncia 15103/2000 . 3.1.- Conclusivamente, il ricorso va respinto. Le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 8000,00, oltre Euro 200,00 per spese oltre spese generali ed accessori di legge.