Lavoratore ferito in un agguato e presenza non giustificata, niente rendita INAIL

Respinta definitivamente la richiesta di un operatore ecologico, rimasto ferito in occasione di un agguato che ha provocato la morte di due suoi colleghi. Nessun onere a carico dell’INAIL. Decisiva la constatazione che la presenza sul luogo del drammatico avvenimento è stata frutto di una libera scelta del lavoratore.

Agguato ai danni di tre dipendenti di un’azienda che si occupa di raccolta e smaltimento dei rifiuti due di loro perdono la vita, il terzo riesce a salvarsi. Per quest’ultimo, però, non c’è nessun indennizzo da parte dell’INAIL, poiché viene escluso il nesso tra il drammatico episodio e l’occupazione lavorativa. Decisiva la constatazione che il dipendente sopravvissuto non avrebbe dovuto essere in viaggio, assieme ai due colleghi, per recarsi alla sede aziendale e lì depositare i fogli presenza Corte di Cassazione, ordinanza n. 10559/21, sez. Lavoro, depositata il 21 aprile . Scenario della drammatica vicenda è la provincia siciliana. Il fattaccio risale al maggio del 2009, quando in un agguato vengono uccisi due lavoratori mentre un terzo lavoratore – inquadrato come operatore ecologico – rimane seriamente ferito . Tutti e tre sono dipendenti di un’ azienda che si occupa di raccolta e smaltimento dei rifiuti . E il lavoratore sopravvissuto ritiene l’episodio catalogabile come infortunio sul lavoro consequenziale la sua richiesta nei confronti dell’INAIL per vedersi riconosciuta la relativa rendita . In primo grado la domanda del lavoratore è ritenuta legittima. In secondo grado, invece, i Giudici liberano l’INAIL da ogni obbligo, rinvenendo il rischio elettivo, non indennizzabile, nel coinvolgimento, e conseguente ferimento, del lavoratore nell’agguato ad opera di ignoti a fronte dalla carenza di prove concrete sul fatto che egli fosse rimasto implicato nel tragico evento in cui perirono due colleghi in dipendenza ovvero in occasione della sua attività lavorativa di operatore ecologico . In particolare, i Giudici d’Appello ritengono certo che non vi era stato un ordine vincolante impartito dal preposto deceduto nell’evento di dover raggiungere la sede aziendale, nella località teatro dell’agguato, per consegnare i ‘fogli presenza’ dei lavoratori . Ciò significa che è rimasta indimostrata la ragione per cui il lavoratore, con mansioni di semplice operatore ecologico e in quanto tale non tenuto alla consegna quotidiana dei fogli presenza o di altri documenti, si fosse recato presso la sede operativa, nel giorno del tragico evento . Tutti gli elementi a disposizione spingono i Giudici a ritenere che il lavoratore aveva scelto liberamente di recarsi, assieme ai due colleghi, nella sede aziendale. A togliere ogni speranza al lavoratore è la Cassazione, che conferma in pieno la linea seguita dai Giudici d’Appello. In sostanza, il drammatico agguato non è collegabile ad alcuna occasione di lavoro . Mentre nella condotta del lavoratore infortunatosi è ravvisabile il rischio elettivo non indennizzabile . Anche perché dal compendio probatorio è emersa la libera scelta del lavoratore, al di fuori delle mansioni di operatore ecologico alle quali era addetto, di seguire i due colleghi, uno dei quali preposto gerarchicamente, verso la sede operativa , così avviandosi inconsapevolmente verso l’agguato. In sostanza, alla luce del contesto e delle modalità in cui è avvenuto l’ infortunio , va definitivamente respinta l’ ipotesi della rendita targata INAIL in favore del lavoratore.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 8 ottobre 2020 – 21 aprile 2021, n. 10559 Presidente Berrino – Relaotre Mancino Rilevato che 1. con sentenza in data 14 gennaio 2015, la Corte di Appello di Palermo, riformando la sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda dell’attuale ricorrente volta al riconoscimento della rendita per l’infortunio sul lavoro occorso nel omissis 2. la Corte territoriale ha ravvisato il rischio elettivo, non indennizzabile, nel coinvolgimento, e conseguente ferimento, dell’attuale ricorrente nell’agguato, ad opera di ignoti, in carenza di idonea prova che il lavoratore fosse rimasto implicato nel tragico evento in cui perirono due colleghi in dipendenza ovvero in occasione della sua attività lavorativa di operatore ecologico 3. in particolare, la Corte del gravame riteneva, dal testimoniale acquisito alla causa, che non vi fosse stato un ordine vincolante impartito dal preposto deceduto nell’evento di dover raggiungere la sede aziendale, nella località teatro dell’agguato, per consegnare fogli presenza dei lavoratori, e che fosse rimasta indimostrata la ragione per cui il lavoratore, con mansioni di semplice operatore ecologico e in quanto tale non tenuto alla consegna quotidiana di fogli presenza o altri documenti, si fosse recato presso la sede operativa di Bagheria, nel giorno del tragico evento, concludendo, perciò, nel senso della libera scelta di recarvisi 4. avverso tale sentenza S.I. ha proposto ricorso, affidato a quattro motivi, ulteriormente illustrato con memoria, al quale ha opposto difese l’INAIL con controricorso. Considerato che 5. si denuncia - deducendo violazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 2 erronea valutazione della ricorrenza, in concreto, del parametro normativo dell’occasione di lavoro e motivazione omessa, insufficiente, erronea - la lettura restrittiva del requisito dell’occasione di lavoro per avere la Corte di merito considerato l’evento infortunistico sotto il profilo della mera oggettività materiale e sottovalutato la portata del grave fatto delittuoso, come tale escludente qualsiasi coinvolgimento del lavoratore nella condotta dei due colleghi che aveva seguito, esorbitante dal normale svolgimento dell’attività lavorativa e posta in essere nell’esecuzione dell’ordine di un superiore primo motivo violazione dell’art. 2697 c.c., anche ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per avere fondato la decisione sulla mancata prova di un fatto storico di impossibile dimostrazione, quale il rifiuto degli altri dipendenti di eseguire l’ordine del superiore perito nell’agguato prima che il medesimo ordine venisse rivolto allo S. e per avere onerato il lavoratore di una prova, impossibile e ininfluente sulla decisione la mancata irrogazione della sanzione conseguente all’insubordinazione degli altri dipendenti , e avere erroneamente ritenuto assolto l’onere probatorio, a carico dell’INAIL, in ordine alla scelta personale del lavoratore di essersi trovato sul luogo dell’agguato secondo motivo si denuncia, ancora, violazione dell’art. 2697 e degli artt. 115 e 116 c.p.c., per avere la Corte di merito omesso di porre a fondamento della decisione fatti non specificamente contestati dall’INAIL e avere sollevato, d’ufficio, un’eccezione proponibile soltanto dalle parti, quale la mancanza di prova del rifiuto degli altri lavoratori da sanzionare, ad avviso della Corte territoriale, come insubordinazione terzo motivo il quarto mezzo, col quale si ripropongono le medesime censure, con l’aggiunta della devoluzione del vecchio vizio di motivazione e dell’art. 360 c.p.c., n. 4, denuncia l’insufficiente esplicazione del convincimento del giudice in ordine all’ininfluenza, ai fini dell’aggravamento del rischio generico, delle circostanze di tempo e luogo pacificamente accertate e consistenti nell’essere al momento dell’infortunio sul percorso per recarsi in sede per depositare fogli di servizio con un rischio di danno per il lavoratore impegnato nell’esercizio delle sue mansioni a prescindere dall’individuazione della specifica incombenza cui attendeva, omettendo di prendere in considerazione il fatto storico rilevante, quale l’evento delittuoso da cui era derivato il decesso di Z. e L.G. e il ferimento del ricorrente 6. il ricorso è inammissibile 7. invero, pur a fronte delle censure di error in iudicando, in realtà la parte ricorrente lamenta essenzialmente una erronea valutazione delle circostanze fattuali che, se rettamente apprezzate, avrebbero dovuto condurre ad un diverso esito, tentando di far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito all’opinione che di essi abbia la parte ed, in particolare, il prospettare un soggettivo preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, tali aspetti del giudizio tutti interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attinenti al libero convincimento del giudice, nella specie nell’apprezzare, nella condotta del lavoratore infortunatosi, il rischio elettivo non indennizzabile 8. risulta, inoltre, inammissibilmente dedotto il vizio di motivazione della sentenza impugnata perché non collocabile nel paradigma del novellato art. 360 c.p.c., comma 2, n. 5, come sostituito dal D.L. n. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b , convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis, il quale prevede che la sentenza può essere impugnata per cassazione per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti v. Cass., Sez. U, 7 aprile 2014, n. 8053 e numerose successive conformi 9. le Sezioni unite della Corte, con la citata sentenza n. 8053 del 2014, hanno, fra l’altro, precisato che l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie con la conseguenza che in sede di legittimità non è data ora come del resto non era altrimenti data allora, vigente il testo precedente dell’art. 360 c.p.c., n. 5 la possibilità di censurare che la prova di un dato fatto sia stata tratta o negata dall’apprezzamento o dalla obliterazione di un determinato elemento istruttorio, atteso che una tale critica ha ad oggetto non già un fatto storico, ma la stessa attività di valutazione del corredo probatorio, che solo al giudice di merito compete 10. inadeguate, dunque, le censure svolte secondo il paradigma del vizio di motivazione nel paradigma antecedente alla novella del 2012, neanche risulta pertinente la censura di omesso esame dell’evento delittuoso, preso in considerazione, invece, dalla Corte nel percorso argomentativo di apprezzamento del compendio probatorio nel senso dell’accertata libera scelta del lavoratore, al di fuori delle mansioni di operatore ecologico alle quali era addetto, di seguire i due colleghi, uno dei quali preposto gerarchicamente, verso la sede operativa 11. ed ancora, con le censure svolte si tenta di introdurre surrettiziamente il riesame del merito dell’intera vicenda e, pertanto, va ricordato che, quanto alla dedotta violazione dell’art. 2697 c.c., siffatta doglianza, in continuità con i numerosi precedenti di questa Corte v., ex multis, Cass. n. 8554 del 2018 , è configurabile, integrando motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne risulta gravata, secondo le regole dettate da quella norma, mentre laddove la censura sia incentrata sulla valutazione delle risultanze istruttorie, attività regolata dagli artt. 115 e 116 c.p.c., il relativo vizio può essere fatto valere, ai sensi del n. 5 del citato art. 360 codice di rito, secondo il paradigma del novellato vizio di motivazione, secondo l’interpretazione data dalla già richiamata sentenza delle Sezioni unite della Corte nn. 8053 e 8054 del 2014 cit. e numerose successivi conforme 12. in definitiva il ricorso, in tutte le articolazioni e mezzi d’impugnazione, sollecita inammissibilmente la riformulazione della valutazione di merito effettuata dalla Corte territoriale nell’apprezzamento del contesto e delle modalità in cui avvenne l’infortunio, valutazione insindacabile in questa sede di legittimità v., fra le tante, Cass. n. 12487 del 2015 Cass. n. 2451 del 2011 Cass. n. 447 del 1998 non ravvisandosi neanche, nella statuizione impugnata, la radicale carenza di motivazione o il suo estrinsecarsi in argomentazioni inidonee a rivelare la ratio decidendi nei termini affermati da Cass., Sez. Un., nn. 8053 e 8054 del 2014 cit. 13. segue coerente la condanna al pagamento delle spese del giudizio 14. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1, se dovuto. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 5.250,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del 15 per cento. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1, se dovuto.