Bidella senza assunzione: inserimento, continuità e rispetto di giornate e orari inchiodano il Comune

Vittoria per la dipendente, che ha lavorato per un anno come bidella in una scuola comunale. Ente locale condannato a versargli le relative retribuzioni. Decisive le dichiarazioni dei testimoni e l’accertamento dei dettagli delle presenze della stessa nell’istituto.

Testimoni fatali per il Comune. Riscontrata così, difatti, la continuità del rapporto di lavoro con una dipendente inserita in modo stabile, pur senza regolare assunzione, come bidella in una scuola. Legittima, quindi, la pretesa della medesima di vedersi riconosciuta la retribuzione per dodici mesi di operatività Cassazione, ordinanza n. 26597/20, depositata il 23 novembre . In primo grado la richiesta avanzata dalla dipendente viene ritenuta priva di fondamento. In Appello, invece, il Comune viene condannato al pagamento in favore della lavoratrice delle retribuzioni maturate, tra gennaio e dicembre 1999, per lo svolgimento di fatto, pur in assenza di regolare assunzione, delle mansioni di bidella e assistente scolastica presso la scuola materna comunale . A chiudere il contenzioso provvede la Cassazione, respingendo le obiezioni proposte dal legale del Comune. In prima battuta, l’avvocato ritiene inutilizzabili le testimonianze assunte in sede di appello, nonostante per il medesimo mezzo probatorio vi fosse stata dichiarazione di decadenza in primo grado per mancata indicazione dei nominativi delle persone da escutere . Su questo fronte i Giudici del Palazzaccio ribattono che allorquando ricorrono i presupposti per l’esercizio dei poteri istruttori del giudice del lavoro, essi possono e devono essere utilizzati a prescindere dal maturare di preclusioni in capo alle parti in causa. Presupposti dell’esercizio di tale potere-dovere sono, altrettanto pacificamente, la ricorrenza di una semiplena probatio rispetto ad una data situazione controversa e l’individuazione ex actis di una pista probatoria , che ben può essere costituita dal riferirsi di alcuni testimoni, per la conoscenza dei fatti, ad altre persone, secondo un’ipotesi già prevista in generale dal codice di rito . In questo caso, l’ammissione officiosa in appello dei testimoni de relato si salda con l’affermazione secondo cui dalla prova testimoniale assunta in primo grado emergeva una sia pur parziale conferma dell’attività lavorativa svolta dalla dipendente. Ciò significa che si è di fronte ad una chiara individuazione della semiplena probatio di cui si è detto, mentre è pacifico che l’ammissione di tali testimoni abbia fatto seguito all’indicazione cosiddetta pista probatoria di tali persone da parte di altro testimone . Aprendo poi un altro fronte, secondo il legale del Comune si è ritenuta la sussistenza dei requisiti del lavoro subordinato pur in assenza di effettivi riscontri rispetto alla continuità del rapporto, all’inserimento della lavoratrice nella struttura organizzativa datoriale e nel rispetto di orari e giornate determinate . Anche queste osservazioni sono prive di fondamento, secondo i Giudici della Cassazione. Ciò alla luce del quadro tracciato in secondo grado e sufficiente per individuare gli elementi propri di una prestazione di natura subordinata . In particolare, difatti, vi è stato un riscontro su continuità del rapporto, inserimento della donna nell’assetto organizzativo della scuola e rispetto di giornate ed orari di lavoro determinate . Ci si trova di fronte, quindi, a una serie di precisi indici rivelatori del lavoro dipendente , osservano dalla Cassazione. Legittima, di conseguenza, la pretesa avanzata dalla lavoratrice nei confronti del Comune.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 15 settembre – 23 novembre 2020, n. 26597 Presidente Tria – Relatore Belle’ Ritenuto che Il Comune di Spezzano Albanese ha proposto ricorso per cassazione, con due motivi, avverso la sentenza con la quale la Corte d'Appello di Catanzaro, accogliendo il gravame proposto da Ma. Fr. Ar. avverso la pronuncia di rigetto del Tribunale di Castrovillari, ha condannato l'ente al pagamento in favore della medesima, ai sensi dell'art. 2126 c.c., delle retribuzioni maturate, tra il gennaio ed il dicembre 1999, per lo svolgimento di fatto, pur in assenza di regolare assunzione, delle mansioni di bidella e assistente scolastica presso la Scuola Materna comunale la Ar. è rimasta intimata Considerato che con il primo motivo, formulato richiamando l'art. 360 n. 3 c.p.c. è denunciata violazione e falsa applicazione dell'art. 437 c.p.c. per essersi la sentenza fondata su testimonianze assunte in sede di appello, nonostante per il medesimo mezzo probatorio vi fosse stata dichiarazione di decadenza in primo grado per mancata indicazione dei nominativi delle persone da escutere il motivo è infondato come è noto, allorquando ricorrono i presupposti per l'esercizio dei poteri istruttori del giudice del lavoro, essi possono e devono essere utilizzati a prescindere dal maturare di preclusioni in capo alle parti in causa Cass. 10 dicembre 2008, n. 29006 e, più di recente, Cass. 25 agosto 2020, n. 17683 presupposti dell'esercizio di tale potere-dovere sono, altrettanto pacificamente, la ricorrenza di una semipiena probatio rispetto ad una data situazione controversa e l'individuazione ex actis di una pista probatoria da ultimo v. Cass. 10 settembre 2019, n. 22628 Cass. 5 novembre 2018, n. 28134 , che ben può essere costituita dal riferirsi di alcuni testimoni, per la conoscenza dei fatti, ad altre persone, secondo un'ipotesi già prevista in generale dal codice di rito art. 257, co. 1, c.p.c , ma che, nel ricorrere dei requisiti di cui agli artt. 421 e 437 c.p.c. resta assorbita nel caso di specie la motivazione della Corte territoriale è del tutto coerente con i menzionati principi, in quanto essa l'ammissione officiosa in appello dei testimoni de relato si salda con l'affermazione secondo cui dalla prova testimoniale assunta in primo grado emergeva una sia pur parziale conferma dell'attività lavorativa svolta dalla ricorrente si è quindi di fronte ad una chiara individuazione della semipiena probatio di cui si è detto, mentre è pacifico che l'ammissione di tali testimoni abbia fatto seguito all'indicazione cd. pista probatoria di tali persone da parte di altro testimone con il secondo motivo è denunciata la violazione art. 360 n. 3 c.p.c. dell'art. 2126, co. 2, c.c. per essersi ritenuta la sussistenza dei requisiti del lavoro subordinato in assenza di effettivi riscontri rispetto alla continuità del rapporto, all'inserimento della lavoratrice nella struttura organizzativa datoriale e nel rispetto di orari e giornate determinate il motivo è inammissibile esso consta infatti di una richiesta di rielaborazione dei dati istruttori, con riferimento all'individuazione degli elementi propri di una prestazione di natura subordinata, a fronte di una sentenza che ha ritenuto riscontrata la continuità del rapporto, l'inserimento della ricorrente nell'assetto organizzativo della scuola ed il rispetto di giornate ed orari di lavoro determinate e quindi una serie di precisi indici rivelatori del lavoro dipendente nonostante l'apparente impostazione nei termini della violazione di legge il motivo ha quindi la sostanza di una richiesta di rilettura del merito della decisione, certamente estranea al giudizio di legittimità Cass., S.U., 25 ottobre 2013, n. 24148 nulla sulle spese, in quanto la lavoratrice è rimasta intimata P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.