Licenziato il dipendente ritenuto responsabile degli ammanchi di cassa

Evidente per i Giudici la gravità dell’addebito a carico di un bancario. Irrilevante la copertura della perdita subita dall’istituto di credito. Ciò che viene meno è l’affidamento del datore sull’esatto adempimento delle prestazioni future da parte del lavoratore.

Ammanchi di cassa nella filiale dell’istituto di credito. Legittimo il licenziamento del lavoratore ritenuto responsabile per quegli ammanchi. Inutile la sua disponibilità a provvedere alla copertura della perdita subita dalla banca Cassazione, sentenza n. 22787/20, sez. Lavoro, depositata oggi . Ricostruita la vicenda, i Giudici di merito sanciscono la legittimità del licenziamento disciplinare deciso dall’istituto nei confronti della dipendente ritenuta responsabile in relazione ad alcuni ammanchi di cassa . Inutili le obiezioni mosse dal legale della lavoratrice. Per i Giudici vi sono, difatti, indizi gravi precisi e concordanti idonei a fondare la responsabilità della donna per due dei tre ammanchi contestati mentre sono smentite dall’istruttoria espletata le giustificazioni addotte a fronte del terzo ammanco contestato . Di conseguenza, è ravvisabile l’invocata giusta causa di licenziamento . Inutile si rivela il ricorso in Cassazione proposto dal difensore della lavoratrice. Prive di fondamento, in particolare, la censura su una presunta mancanza di proporzionalità tra addebito e sanzione e la segnalazione della presunta omessa considerazione della disponibilità manifestata dalla lavoratrice alla copertura degli ammanchi . E infine ininfluente il richiamo a una presunta prassi di regolarizzazione a posteriori in essere presso la filiale della banca. Dalla Cassazione ribattono ritenendo logico e solido il ragionamento seguito in appello, laddove si sono ritenute inconsistenti le giustificazioni addotte dalla lavoratrice a fronte del contestato ammanco della divisa USA , e aggiungono che, comunque, è evidente la proporzionalità tra addebito e sanzione , ragionando nella prospettiva dell’ affidamento del datore di lavoro sull’esatto adempimento delle prestazioni future da parte del dipendente. Indiscutibile, quindi, la gravità dell’addebito a carico della lavoratrice. E questa valutazione, chiariscono dalla Cassazione, non può essere messa in discussione dalla copertura della perdita subita dalla banca e dalla conseguente inconfigurabilità del danno , né, infine, dalla invocata prassi di regolarizzazione a posteriori .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 12 febbraio – 20 ottobre 2020, n. 22787 Presidente Berrino – Relatore De Marinis Fatti di causa Con sentenza del 7 giugno 2018, la Corte d'Appello di L'Aquila confermava la decisione resa dal Tribunale di Sulmona e rigettava la domanda proposta da Al. Gi. nei confronti della BPER Banca Popolare dell'Emilia Romagna S.p.A. avente ad oggetto la declaratoria dell'illegittimità del licenziamento disciplinare intimato dalla Banca alla Gi. in relazione ad ammanchi di cassa di cui era stata ritenuta responsabile. La decisione della Corte territoriale discende dall'aver questa ritenuto sussistere indizi gravi precisi e concordanti idonei a fondare la responsabilità della Gi. per due dei tre ammanchi contestati e smentite dall'istruttoria espletata le giustificazioni addotte a fronte del terzo ammanco contestato e di conseguenza ravvisabile l'invocata giusta causa di licenziamento mentre infondate le eccezioni formali relative alla genericità e tardività della contestazione ed inammissibile per difetto di impugnazione della statuizione sul punto resa in prime cure l'eccezione relativa alla mancata affissione del codice disciplinare. Per la cassazione di tale decisione ricorre la Gi., affidando l'impugnazione a sette motivi, cui resiste, con controricorso, la Banca. Ragioni della decisione Con il primo motivo, la ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 343 c.p.c. imputa alla Corte territoriale di aver pronunziato sulla base di un percorso logico-giuridico diverso da quello seguito dal giudice di prime cure sorretto dal riferimento a documentazione anch'essa differente da quella in primo grado considerata rilevante e ciò in difetto di proposizione in via incidentale di apposito gravame avverso la predetta sentenza. Con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 101, 112 e 116 c.p.c. in relazione all'art. 24 Cost, la ricorrente ribadisce sotto tale peculiare profilo la censura in ordine all'illegittimità del processo valutativo delle emergenze istruttorie in quanto desunti da mezzi di prova non considerati dal primo giudice. Nel terzo motivo la violazione e falsa applicazione dell'art. 115 c.p.c. è prospettata con riguardo all'asserito travisamento da parte della Corte territoriale del documento in atti denominato giornale di fondo . Con il quarto motivo, rubricato con riguardo alla violazione e falsa applicazione dell'art. 5 L. n. 604/1966 in relazione all'art. 2697 c.c., la ricorrente imputa alla Corte territoriale il malgoverno delle regole sull'onere della prova per aver ritenuto tale onere assolto dalla Banca in difetto di una prova completa e certa. Nel quinto motivo intitolato alla violazione e falsa applicazione dell'art. 2106 c.c., si censura il giudizio di proporzionalità tra addebito e sanzione. Con il sesto motivo la ricorrente deduce il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio imputando alla Corte territoriale l'omessa considerazione della disponibilità manifestata dalla ricorrente alla copertura degli ammanchi. Nel settimo motivo il medesimo vizio è predicato con riferimento all'omessa considerazione da parte della Corte territoriale della prassi di regolarizzazione a posteriori in essere presso la Filiale. A riguardo rilevata l'infondatezza del primo e del secondo motivo, atteso che, costituendo il giudizio di appello una revisio prioris istantiae è del tutto plausibile che l'analogo esito trovi fondamento su un iter logico-giuridico differente, fermo restando l'esonero della parte risultata totalmente vincitrice in primo grado dal proporre ricorso incidentale in vista del conseguimento di un pronunciamento diversamente motivato, si deve ritenere l'inammissibilità del terzo motivo che non si misura con le argomentazioni in base alle quali la Corte territoriale, al di là delle risultanze del giornale di fondo ha ritenuto inconsistenti le giustificazioni addotte dalla ricorrente a fronte del contestato ammanco della divisa USA, infondato il quarto motivo ben potendo l'assolvimento dell'onere della prova essere valutato in relazione ala ricorrenza di prove presuntive, qui neppure fatte oggetto di specifica confutazione, inammissibile il quinto motivo, risultando il giudizio di proporzionalità tra addebito e sanzione congruamente operato dalla Corte territoriale nella corretta prospettiva dell'affidamento del datore sull'esatto adempimento delle prestazioni future, inammissibile il sesto motivo, riguardando i fatti di cui si imputa alla Corte territoriale l'omessa considerazione elementi riconducibili al giudizio di gravità dell'addebito da ritenersi peraltro, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte del tutto irrilevanti a quei fini, quali la copertura della perdita subita dalla Banca e l'inconfigurabilità del danno, infondato il settimo motivo avendo la Corte territoriale espressamente valutato ed escluso l'incidenza nella specie dell'invocata prassi di regolarizzazione a posteriori . Il ricorso va, dunque, rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.