Giusta causa: può sussistere a prescindere dal danno cagionato

Il licenziamento è legittimo per la gravità del comportamento del lavoratore in sé, a prescindere dal danno cagionato al datore di lavoro.

Questa la netta decisione resa dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 21739/20, depositata l’8 ottobre. La condotta addebitata. Un portalettere veniva licenziato per giusta causa per aver posto in essere una serie di condotte negligenti tra cui, ad esempio, l’aver mal compilato i moduli 28/aut relativi agli atti giudiziari rendendo così impossibile fornire al mittente la prova dell’avvenuta consegna, l’aver sottratto a chi di competenza la consegna di plichi con contrassegno, ritardando l’invio delle somme riscosse e comunque l’aver esorbitato dalle proprie funzioni di caposquadra. La Corte territoriale adita in secondo grado aveva accertato l’ illegittimità del licenziamento per insussistenza della giusta causa, ai sensi dell’art. 18 comma 4 dello Statuto dei Lavoratori nella sua formulazione post l. n. 92/2012 , con conseguente condanna del datore di lavoro alla reintegrazione del lavoratore e al pagamento di un’indennità risarcitoria pari a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto. La Corte territoriale infatti aveva ritenuto insussistente il fatto addebitato al lavoratore per non aver quest’ultimo cagionato alcun danno al datore di lavoro . In altri termini, la Corte territoriale aveva ritenuto che la causazione del danno al datore fosse elemento indefettibile del fatto attribuito ai fini del licenziamento, poiché il contratto collettivo applicabile prevedeva il licenziamento senza preavviso nelle ipotesi di grave nocumento all’azienda ed alla sua organizzazione. Non condividendo tale impostazione, l’azienda datrice di lavoro ricorreva in Cassazione denunciando la violazione e la falsa applicazione dell’art. 18 commi 4 e 5 dello Statuto dei Lavoratori. La sentenza impugnata infatti aveva dichiarato l’insussistenza del fatto sulla base di una valutazione della gravità del danno - e quindi della proporzionalità della sanzione - nonostante una simile valutazione fosse esclusa ex lege . Il giudizio bifasico sulla sussistenza della giusta causa di licenziamento. Secondo la giurisprudenza più recente dal 2015 ad oggi , l’elencazione delle ipotesi di giusta causa di licenziamento contenuta nei contratti collettivi ha una valenza meramente esemplificativa che non vincola il Giudice, il quale deve autonomamente valutare la gravità della condotta addebitata alla luce delle norme di comune etica o del comune vivere civile. La disciplina del licenziamento articolata dalla l. n. 92/2012 e segnatamente quella dei commi 4 e 5 dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori postula un accertamento bifasico in primo luogo il Giudice deve sussumere la fattispecie concreta nella nozione di giusta causa /giustificato motivo soggettivo successivamente , qualora si sia accertata la mancanza di cause giustificative della sanzione espulsiva, il Giudice deve verificare la sussistenza o meno del fatto posto alla base della contestazione disciplinare o della previsione collettiva quale fatto punibile con sanzione conservativa. Nel caso di specie, invece, la Corte territoriale aveva limitato la propria indagine al difetto di prova di uno degli elementi costitutivi della fattispecie contrattuale collettiva e cioè i gravi danni” per l’azienda derivanti dall’inosservanza degli obblighi di servizio, trascurando così il richiamo esplicitamente contenuto nella lettera di licenziamento alle nozioni di giusta causa di cui all’art. 2119 c.c. e 3 l. n. 604/1966. La Corte di Cassazione quindi accoglie il ricorso con rinvio, ricordando che l’accertamento della giusta causa di licenziamento può prescindere dalla sussistenza di un danno al datore cagionato dalla condotta del lavoratore licenziato.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 18 febbraio – 8 ottobre 2020, n. 21739 Presidente Di Cerbo – Relatore Buffa Fatti di causa 1. Con sentenza del 12.9.18, la Corte d’appello di Napoli ha rigettato il reclamo ai sensi della L. n. 92 del 2012, art. 1, presentato da Poste italiane avverso la sentenza del tribunale della stessa sede, che aveva accolto l’opposizione del lavoratore P.A. all’ordinanza del 22.9.16 di rigetto del ricorso presentato contro il licenziamento con preavviso intimatogli dal datore di lavoro in data 10.11.15, conseguentemente condannando la società alla reintegra del lavoratore nel posto precedentemente occupato ed al pagamento di una indennità quantificata nella misura di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto percepita. 2. In particolare, la corte territoriale ha preso atto che il licenziamento era stato comminato, all’esito di procedimento disciplinare, per avere il lavoratore compilato scorrettamente il modello 28/aut relativo a tre atti giudiziari spediti per raccomandata da un avvocato, con conseguente impossibilità di fornire al mittente prova della consegna degli atti, ed altresì per avere il lavoratore provveduto personalmente al recapito di tre plichi con pagamento in contrassegno, sottraendoli ai portalettere incaricati, ed esorbitando dalle proprie mansioni di caposquadra, ed inviando le somme riscosse agli aventi diritto con notevole ritardo. La corte territoriale, quindi, ritenendo che la causazione di un danno al datore fosse elemento indefettibile del fatto attribuito al dipendente ai fini della comminazione del licenziamento disciplinare ai sensi dell’art. 54 c.c.n.l., e ravvisato nel caso di specie l’assenza di una danno subito dal datore di lavoro, ha ritenuto insussistente il fatto ascritto al lavoratore ed ha conseguentemente applicato la tutela reintegratoria prevista dalla legge. 3. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso Poste italiane spa per quattro motivi, cui resiste con controricorso il lavoratore. Le parti hanno depositato memorie. Motivi della decisione 4. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta - ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - violazione e falsa applicazione dell’art. 18, commi 4 e 5 stat. lav. nel testo risultante all’esito delle modifiche della L. n. 92 del 2012 e dell’art. 54 comma 5, lett. c del c.c.n.l. 14.4.11 per il personale di Poste, per avere la sentenza impugnata incluso la gravità del danno e quindi la proporzionalità della sanzione nella nozione di fatto la cui sussistenza/insussistenza rileva ai fini della individuazione della tutela. 5. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta - ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 - violazione e falsa applicazione degli artt. 2014, 1175, 1375, 2118 c.c., nonché art. 80, lett. e del c.c.n.l. 14.4.11 per il personale di Poste, per avere trascurato che il licenziamento è previsto per la gravità del comportamento del lavoratore in sé, a prescindere dal danno. 6. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente deduce - ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 - violazione e falsa applicazione dell’art. 18 stat. Lav. nonché vizio di motivazione, per avere la sentenza impugnata trascurata la rilevanza delle infrazioni del lavoratore ed il suo comportamento colpevole, riconoscendo una tutela reintegratoria in luogo di quella indennitaria prevista dalla legge. 7. Con il quarto motivo di ricorso la ricorrente deduce - ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - violazione e falsa applicazione dell’art. 18 stat. Lav. in ragione della asserita erroneità della sentenza in ordine alla individuazione del regime sanzionatorio applicabile al caso di specie. 8. È preliminare l’esame del secondo motivo di ricorso, con il quale la ricorrente lamenta che la corte territoriale abbia trascurato che il licenziamento è legittimo per la gravità del comportamento del lavoratore in sé, a prescindere dal danno. 9. Esso è fondato. Occorre premettere, infatti, che, questa Corte tra le altre, Cass. Sez. L, Sentenza n. 18195 del 05/07/2019, Rv. 654484 01 Sez. L -, Sentenza n. 19023 del 16/07/2019, Rv. 654495-01 Sez. L, Sentenza n. 12365 del 09/05/2019, Rv. 653758-01 Sez. L, Sentenza n. 14063 del 23/05/2019, Rv. 653968-01 Sez. L, Sentenza n. 27004 del 24/10/2018, Rv. 651246-01 altresì Cass. n. 14053/2019 Cass. 14321/2017, Cass. 2830/2016, Cass. 9223/2015 ha già affermato che l’elencazione delle ipotesi di giusta causa di licenziamento contenuta nei contratti collettivi ha, al contrario che per le sanzioni disciplinari con effetto conservativo, valenza meramente esemplificativa, sicché non preclude un’autonoma valutazione del giudice di merito in ordine alla idoneità di un grave inadempimento o di un grave comportamento del lavoratore contrario alle norme della comune etica o del comune vivere civile, a far venire meno il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore. In tema di licenziamento, infatti, la nozione di giusta causa è nozione legale ed il giudice non è vincolato alle previsioni integranti giusta causa contenute nei contratti collettivi. 10. Va poi aggiunto che, nel contesto normativo dettato dall’art. 18 Stat. Lav. nel testo risultante all’esito delle modifiche della L. n. 92 del 2012, il giudice deve preliminarmente accertare se ricorrano gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, trattandosi di aspetti condizionanti la legittimità del licenziamento secondo previsioni e nozioni legali non modificate dalla riforma tale giudizio viene effettuato sulla base di una pluralità di criteri, che riempiono di contenuto le clausole generali richiamate dalla norma di legge, e che non coincidono necessariamente con i criteri stabiliti dalla contrattazione collettiva. Una volta verificati gli estremi anzidetti, il giudice verifica la tutela applicabile ed in particolare se si tratti di quella generale prevista dal comma 5, ovvero se si tratti di quella prevista dal comma 4, operante nei soli casi di insussistenza del fatto contestato ovvero di fatto rientrante tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili . 11. La nuova disciplina del licenziamento postula dunque due distinte operazioni concettuali la prima consiste nella ricognizione della ricorrenza o meno di una causa legittimante il licenziamento disciplinare, attraverso la sussunzione della vicenda fattuale all’interno della clausola generale della giusta causa o del giustificato motivo soggettivo la seconda, da compiersi solo se viene accertata la mancanza della causa giustificativa e quindi acclarata la illegittimità del licenziamento, consiste nella verifica della sussistenza o insussistenza del fatto posto a base della contestazione disciplinare ovvero della previsione collettiva quale fatto punibile con sanzione conservativa, allo scopo di dedurne il meccanismo sanzionatorio applicabile. 12. Nella specie, la Corte di merito ha del tutto omesso di valutare se l’illecito contestato, per le sue caratteristiche oggettive e soggettive, integrasse una giusta causa o un giustificato motivo di recesso datoriale, anche in base al grado di negazione dei doveri di fedeltà e diligenza e al livello di scostamento dalle regole aziendali interne, arrestando la propria indagine al rilievo del difetto di prova di uno degli elementi costitutivi della fattispecie contrattuale collettiva e cioè dei gravi danni per la società derivati dalla inosservanza di leggi o di regolamenti o degli obblighi di servizio, e trascurando il richiamo, esplicitamente contenuto nella lettera di licenziamento, all’art. 80, lett. e e, attraverso di esso, alle nozioni delineate nell’art. 2119 c.c. e L. n. 604 del 1966, art. 3. 13. In conclusione, l’impugnata sentenza, che non ha effettuato la necessaria valutazione della ricorrenza dei presupposti legali del recesso, deve essere cassata in accoglimento del secondo motivo, assorbiti gli altri. La causa va rinviata, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio, alla medesima Corte in diversa composizione, la quale verificherà, alla stregua delle circostanze tutte del caso concreto, se la condotta posta in essere dalla lavoratrice possa o meno essere ricondotta alla nozione legale di giusta causa o giustificato motivo di licenziamento. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione.