L’integrazione al minimo pensionistico non rileva ai fini degli aumenti ex art. 10, comma 3, l. n. 160/1975

In caso di pensione composta da un pro rata italiano e un pro rata estero, le quote aggiuntive di cui all’art. 10, comma 3, l. n. 160/1975 spettano solamente laddove il primo sia superiore al trattamento minimo inoltre, a tali fini non può essere computata la quota di integrazione al minimo concessa sul pro rata italiano, in quanto gli incrementi di cui trattasi sono riconosciuti solo alle pensioni che superano il trattamento minimo e non già a quelle integrate al minimo.

Così si è espressa la Suprema Corte con sentenza n. 14642/20, depositata il 9 luglio , analizzando una questione di estremo dettaglio in materia pensionistica. Il caso. La ricorrente, titolare di trattamento pensionistico in regime internazionale composto da un pro rata italiano e pro rata estero, ha agìto in giudizio nei confronti dell’INPS per vedersi riconoscere gli aumenti previsti dall’art. 10, comma 3, l. n. 160/1975. Dopo la vittoria in primo grado, a seguito di appello dell’Istituto, la Corte di seconde cure ha respinto la sua pretesa, così determinandola a sottoporre la questione al giudice di legittimità. La questione giuridica. Il problema sotteso alla controversia è la modalità di calcolo della pensione ai fini della verifica del superamento o meno della soglia del trattamento minimo , rilevante ai fini di cui all’art. 10, comma 3, l. n. 160/1975. Ad avviso della pensionata – che ha affidato le sue censure ad unico motivo di doglianza, infatti, il trattamento goduto sarebbe superiore al minimo, e ciò in quanto andrebbe sommata alla pensione italiana - integrata al minimo e non nel suo importo a calcolo anche la pensione estera. La normativa di riferimento. L’art. 10, comma 3, l. n. 160/1975 prevede che gli importi delle pensioni, superiori ai trattamenti minimi e previste dal 1° comma sono aumentati di una quota aggiuntiva - ottenuta mediante precisi calcoli matematici in esso specificati si pone, quindi, il problema di comprendere come verificare se l’importo erogato al pensionato sia o meno superiore al minimo. Semplificando la questione, ci si chiede se si debba prendere come riferimento la complessiva somma mensilmente percepita dal pensionato, eventualmente integrata al minimo ed eventualmente considerare anche il pro rata estero, oppure se debba considerarsi solo l’importo a calcolo sulla pensione italiana. Le risposte della Cassazione. In maniera decisa e con un ragionamento lineare, la Corte, anche richiamando precedenti in materia, ha posto i seguenti punti fermi - laddove la pensione sia stata conseguita con la totalizzazione di periodi lavorati in diversi Stati Membri, le quote aggiuntive di cui all’art. 10 comma 3 l. n. 160/1975 spettano solo se il pro rata italiano sia superiore al trattamento minimo, non rilevando affatto l’importo del pro rata estero - laddove sulla pensione italiana sia stata erogata la cd. integrazione al minimo, quest’ultimo importo non assume valenza ai sensi dell’art. 10 comma 3 l. n. 160/1975, dovendosi prendere come base di riferimento il solo trattamento italiano a calcolo prima dell’integrazione stessa. La soluzione concreta. Prendendo le mosse dagli esiti della CTU licenziata nel giudizio di merito, essendo pacifico che il pro rata italiano a calcolo goduto dalla pensionata - senza tenere conto della cd. integrazione al minimo - e parimenti sommato al pro rata estero, non superava il trattamento minimo , la Cassazione ha respinto il ricorso, in quanto infondato. Tra le righe della pronuncia si coglie come, per la Corte, sarebbe incongruo sommare al trattamento pensionistico base” anche la cd. integrazione al minimo, in quanto in tal modo tutte le pensioni – anche quelle che a stretto calcolo sarebbero molto basse – verrebbero ad assumere rilievo ai sensi del comma 3 dell’art. 10 l. n. 160/1975.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 3 marzo – 9 luglio 2020, n. 14642 Presidente Manna – Relatore D’Antonio Fatti di causa 1.La Corte d’appello di Lecce, in riforma del Tribunale, ha rigettato la domanda M.M.A. , titolare di trattamento pensionistico in regime internazionale composto da un pro rata italiano e pro rata esteri, volta ad ottenere gli aumenti di cui alla L. n. 160 del 1975, art. 10, comma 3. La Corte ha affermato che il trattamento pensionistico non era stato superiore al trattamento minimo e che in particolare non poteva essere computata anche la quota di integrazione al minimo sul pro rata italiano al fine di verificare il superamento o meno del trattamento minimo in quanto gli incrementi di cui alla L. n. 160 del 1975, art. 10 spettavano per legge solo alle pensioni che superavano il trattamento minimo e quindi non su quelle integrate al minimo. 2.Avverso la sentenza ricorre la M. con un unico articolato motivo. Resiste l’Inps. Ragioni della decisione 3. La ricorrente denuncia violazione della L. n. 160 del 1975, art. 10. Censura l’affermazione della Corte secondo cui non era applicabile il beneficio di cui alla L. n. 160 del 1975, art. 10, comma 3, in quanto il trattamento pensionistico comprensivo del pro rata italiano ed il pro rata estero ed esclusa l’integrazione al minimo non era superiore al minimo. Afferma che, al fine di verificare il superamento o meno del trattamento minimo, non avrebbe potuto essere computata anche l’integrazione al minimo. 4. Il ricorso deve essere rigettato. 5. La ricorrente ha affermato che, per accertare se la sua pensione fosse o meno superiore al minimo, ai fini del diritto all’applicazione delle quote aggiuntive di cui alla L. n. 160 del 1975, art. 10, comma 3, si doveva sommare la pensione italiana, integrata al minimo non già nel suo importo a calcolo e la pensione estera. 6. il ricorso è infondato. La L. n. 160 del 1975, art. 10 ha stabilito, al comma 1, che, a decorrere dall’1 gennaio 1976 e con effetto dall’1 gennaio di ciascun anno, gli importi delle pensioni, superiori ai trattamenti minimi, a carico del Fondo pensioni dei lavoratori dipendenti, della gestione e del Fondo di cui all’art. 1, siano aumentati in misura percentuale pari alla differenza tra la variazione percentuale di cui al precedente art. 9, comma 1, e la variazione percentuale dell’indice del costo della vita calcolato dall’Istat. Il comma 3 ha poi previsto che con la stessa decorrenza gli importi delle pensioni di cui al comma 1 siano aumentati di una quota aggiuntiva pari al prodotto che si ottiene moltiplicando il valore unitario, di seguito fissato per ciascun punto, per il numero dei punti di contingenza che fossero stati accertati per i lavoratori dell’industria nei quattro trimestri relativi al periodo compreso dal diciassettesimo al sesto mese anteriore a quello da cui ha effetto l’aumento delle pensioni. 7. Si tratta di accertare quale fosse la pensione effettiva che l’Inps ha erogato, ossia il pro rata italiano, e verificare se questo sia o non superiore al minimo, in quanto, solo se superiore, spettano le quote aggiuntive di cui alla L. n. 160 del 1975, art. 10, comma 3, oggetto della domanda della ricorrente. 8. Nella specie detto pro rata era sicuramente inferiore al minimo in quanto è pacifico che su di essa venne corrisposta l’integrazione al minimo, onde le quote aggiuntive non spettano così come deciso dalla Corte territoriale. Tale conclusione risulta confermata,anche da quanto riferito dalla stessa ricorrente, che ha riportato l’esito della CTU svolta dal giudice d’appello da cui era emerso che la ricorrente è titolare di assicurazione n erogata dall’ente previdenziale estero e di pensione di reversibilità maturata in Italia e che considerato il trattamento italiano a calcolo, non integrato al minimo, la somma delle due pensioni non aveva superato il trattamento minimo . 9. La questione posta dal presente ricorso è stata già decisa da questa Corte secondo cui, qualora la pensione sia stata conseguita con la totalizzazione dei periodi lavorativi prestati presso diversi Stati membri della Comunità Europea, le quote aggiuntive previste dalla L. n. 160 del 1975, art. 10, comma 3, possono spettare solo se il pro-rata italiano sia superiore al trattamento minimo, senza che rilevi il diverso regime previsto per la perequazione automatica di cui al comma 1 medesima norma, il cui riconoscimento alle pensioni inferiori al trattamento minimo è stato esteso dal successivo D.L. n. 663 del 1979, art. 14, conv. con L. n. 33 del 1980 Cass. nn. 18744 del 2013, 7308 e 17284 del 2016, nonché, da ult., Cass. nn. 10095 e 10096 del 2018 . 10. Questa Corte ha, inoltre, osservato che se è stata erogata l’integrazione al minimo sulla pensione italiana, e il dato è pacifico, il totale di questa a calcolo, sommata a quella estera, era inferiore al minimo altrimenti, è ovvio, l’integrazione al minimo non sarebbe stata erogata e quindi le quote fisse non spettano ai sensi del ricordato art. 10. Nè si può sostenere che nella somma tra i due trattamenti debba essere compresa anche l’integrazione al minimo su quello italiano, perché in tal modo tutte le pensioni, anche quelle che a calcolo sarebbero bassissime, dovrebbero essere considerate superiori al minimo. cfr Cass. 18744/2013 . 10. Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato con condanna della ricorrente a pagare le spese processuali. Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare le spese processuali liquidate in Euro 3000,00, oltre spese generali ed accessori di legge, nonché Euro 200,00 per esborsi. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.