Il danno morale si aggiunge a quello biologico

L’attribuzione congiunta del danno esistenziale e del danno biologico inteso come danno che incide sulla vita quotidiana del soggetto e sulle sue attività dinamico-relazionali costituisce una duplicazione risarcitoria, poiché tali voci di danno” appartengono alla stessa area protetta dall’art. 32 Cost. ciononostante, il giudice può compiere una differente ed autonoma valutazione circa la sofferenza interiore patita dal soggetto in conseguenza ad una lesione di un suo diritto e ciò, anche, in conformità alla nuova formulazione dell’art. 138, lett. e , c.d.a

Con la sentenza n. 4099/2020, la Corte di Cassazione reinterpreta le sentenze San Martino”. Un danno profondo. Una dipendente di una nota compagnia croceristica aveva subito violenza sessuale da parte di due colleghi e si rivolgeva al Giudice del Lavoro per ottenere il risarcimento del danno ai sensi dell’art. 2049 c.c., secondo cui il datore di lavoro è responsabile indiretto del fatto illecito commesso da un dipendente nell’esercizio delle sue mansioni. L’analisi tradizionalista dei giudici di merito Il giudice di primo grado, accertati postumi di carattere permanente, riconosceva alla lavoratrice due poste di danno uno biologico, pari al 15%, liquidato secondo il sistema del c.d. punto variabile tabelle del Tribunale di Milano , e l’altro non patrimoniale alla vita di relazione, individuato e liquidato in misura eguale al primo. Il giudice di secondo grado, rilevando conseguenze dannose del tutto peculiari, anomale ed eccezionali, operava la c.d. personalizzazione del danno, aumentando del 50% la misura del danno biologico e ritenendo, così, di effettuare l’incremento massimo possibile per la lesione subita. Siffatta liquidazione del risarcimento lasciava però insoddisfatta la lavoratrice che lamentava la mancata liquidazione del danno morale, specificamente individuato dalla CTU come danno alla vita di relazione”. La Corte d’Appello, infatti, nell’ambito della liquidazione unitaria del danno non patrimoniale aveva omesso di considerare la voce del danno morale, come sofferenza ulteriore e diversa rispetto al danno biologico – relazionale, limitandosi ad incrementare il valore del danno biologico, in ragione del particolare patimento. Il danno morale soggettivoontologicamente diverso da quello esistenziale e biologico. Il ragionamento della Corte di Cassazione parte dal principio il nostro ordinamento riconosce il danno non patrimoniale come categoria unitaria ed omnicomprensiva così SS.UU. 26972/2008 . Ciò significa che il giudice è tenuto a valutare congiuntamente, ma in maniera distinta, la fenomenologia della lesione, indagando l’aspetto dinamico relazionale atto ad incidere in senso peggiorativo su tutte le relazioni di vita esterne del soggetto e quello interiore da identificarsi come danno morale, derivato dal dolore, dalla disperazione, dalla vergogna, dalla disistima di sé . In altri termini, il giudice deve valutare tutte le conseguenze peggiorative dell’evento dannoso omnicomprensività , evitando però di attribuire nomi diversi ad un unico pregiudizio unitarietà . Tale principio, però, non preclude una valutazione autonoma e differente della sofferenza interiore del danneggiato, che costituisce il c.d. danno morale soggettivo. Il danno morale soggettivo, come sofferenza interiore, rappresenta una voce di danno ontologicamente diversa da quella del danno biologico, che si riferisce alla sola incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico relazionali della vita del danneggiato. Entrambi i danni quindi meritano di essere risarciti. Pertanto, sebbene il giudice debba provvedere ad una liquidazione unitaria del danno non patrimoniale, potrà riconoscere al danneggiato una somma di denaro che tenga conto del pregiudizio complessivamente subito, sia sotto l’aspetto interiore che relazionale, senza ulteriori frammentazioni nominalistiche”. Le istruzioni. Rilevata la mancata considerazione dell’aspetto interiore del danno da parte della Corte d’Appello, la Corte di Cassazione cassa con rinvio la sentenza impugnata, invitando i giudici a riconsiderare le componenti del danno ferma restando la voce di danno biologico, riconosciuto nella misura del 15% e congruamente incrementato del 50%, La Corte d’Appello dovrà provvedere alla liquidazione di un’autonoma voce di danno per il pregiudizio intrinseco, personale, connesso alla sofferenza interiore della danneggiata, valutata in considerazione della sua giovane età e della sua situazione familiare. Pare quindi che nella categoria del danno non patrimoniale vada ricompreso anche il danno morale, che è diverso dal danno biologico relazionale e quindi passibile di una valutazione autonoma.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 14 novembre 2019 – 18 febbraio 2020, n. 4099 Presidente Nobile – Relatore Piccone Ritenuto in fatto Con sentenza in data 26 settembre 2014, la Corte d’Appello di Genova, in parziale riforma della decisione del locale Tribunale, ha aumentato ad Euro 97.185,00 l’importo pari ad Euro 69.110,00 riconosciuto a titolo di risarcimento del danno in favore di M. M. M. condannando altresì in solido la Costa crociere S.p.A. e la Cruise Ships Catering and Service International alla rifusione delle spese di lite. In particolare, il giudice di secondo grado ha ritenuto, confermando sul punto la decisione del Tribunale, che la responsabilità indiretta del datore di lavoro ex art. 2049 c.c., per il fatto dannoso commesso dal dipendente, non richiede che fra le mansioni affidate all’autore dell’illecito e l’evento sussista un nesso di causalità, essendo sufficiente un nesso di occasionalità necessaria, per essere irrilevante che il dipendente medesimo abbia agito con dolo o per finalità strettamente personali. La Corte d’appello ha, tuttavia, ritenuto insufficiente la somma quantificata in primo grado per il risarcimento del danno subito dalla lavoratrice, in considerazione della gravità del pregiudizio fisico e psichico riportati per effetto delle molestie sessuali poste in essere nei suoi confronti da due dipendenti, suoi superiori gerarchici, e seguite, breve distanza di tempo, dallo stupro perpetrato nei propri confronti da uno dei due. Il giudice di secondo grado, quindi, ha reputato equo aumentare del 50% l’importo riconosciuto a titolo di danno non patrimoniale, per consentire un pieno ristoro del pregiudizio subito dalla ricorrente. Per la cassazione della sentenza propone ricorso, assistito da memoria, M. M. M. , affidandolo ad un motivo. Resistono, con controricorso, la Costa Crociere S.p.A. e la Cruise Ships Catering And Services International. Considerato in diritto 1.Con l’unico motivo di ricorso si censura la decisione di merito ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, deducendosi la violazione degli artt. 112 e 116 c.p.c., nonché dell’art. 2697 c.c., per omessa pronunzia sull’eccepito difetto di valutazione e motivazione delle risultanze della CTU medico legale del primo grado che riconoscevano un danno alla vita di relazione in misura equivalente al danno biologico, deducendosi, in particolare, il difetto di pronunzia sull’eccepito mancato riconoscimento di una voce di danno. Il motivo è fondato. 1.1. Sottolinea parte ricorrente, al riguardo, che il consulente tecnico d’ufficio aveva riconosciuto esiti di carattere permanente, rappresentati dal disturbo post traumatico da stress, con stato depressivo, quantificati in misura pari al 15% specificando, altresì, che i postumi in questione incidono negativamente in misura equivalente al biologico sulla vita di relazione della ricorrente evidenzia, quindi, che erano state determinate due poste, una di danno biologico pari al 15% secondo le tabelle del risarcimento del danno e l’altra di danno non patrimoniale alla vita di relazione, riconosciuto in egual misura rispetto al danno biologico e, pertanto, pari anch’esso al 15%. 1.2. Va premesso, con riguardo all’allegata violazione dell’art. 2697 c.c., che essa si configura solamente qualora il giudice di merito applichi la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l’onere della prova a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni Cass., Sez. U., 05/08/2016, n. 16598, pag. 35 . Profilo che, nel caso di specie, deve escludersi avendo il giudice di secondo grado fatto corretta applicazione della disposizione normativa considerata e posto alla base della decisione gli elementi di prova offerti dalla parte ricorrente, in ossequio al disposto di cui all’art. 2697 c.c 1.2.1. Quanto all’omessa pronunzia, giova rilevare che sul piano del diritto positivo, l’ordinamento riconosce e disciplina esclusivamente le fattispecie del danno patrimoniale nelle due forme del danno emergente e del lucro cessante art. 1223 c.c. e del danno non patrimoniale art. 2059 c.c. art. 185 c.p. . La natura unitaria e onnicomprensiva del danno non patrimoniale, secondo quanto affermato dalla Corte costituzionale e dalle Sezioni Unite della Suprema Corte Corte Cost. n. 233 del 2003 Cass., Sez. U., 11/11/2008, n. 26972 implica innanzitutto l’unitarietà rispetto a qualsiasi lesione di un interesse o valore costituzionalmente protetto e non suscettibile di valutazione economica ed inoltre, l’onnicomprensività intesa come obbligo, per il giudice di merito, di tener conto, a fini risarcitori, di tutte le conseguenze che abbiano inciso in peius sulla precedente situazione del danneggiato derivanti dall’evento di danno, affiancata dal limite di evitare duplicazioni attribuendo nomi diversi a pregiudizi identici, procedendo, a seguito di compiuta istruttoria, a un accertamento concreto e non astratto del danno, e dando quindi ingresso a tutti i necessari mezzi di prova, fra cui il fatto notorio, le massime di esperienza, le presunzioni e il cui contenuto consenta di distinguere definitivamente il danno dinamico-relazionale da quello morale Sul punto, cfr. Cass. 20/08/2018, n. 20795 . Compito del giudicante è, quindi, quello di valutare congiuntamente, ma in modo distinto, la compiuta fenomenologia della lesione non patrimoniale, e, cioè, tanto l’aspetto interiore del danno sofferto il danno definito morale, da identificarsi con il dolore, come in ipotesi della vergogna, della disistima di sé, della paura, ovvero della disperazione quanto quello dinamico-relazionale atto ad incidere in senso peggiorativo su tutte le relazioni di vita esterne del soggetto . Nella valutazione del danno in parola, in particolare, ma non diversamente che in quella di tutti gli altri danni alla persona conseguenti alla lesione di un valore/interesse costituzionalmente protetto, il giudice dovrà, pertanto, valutare, a fini risarcitori, tanto le conseguenze subite dal danneggiato nella sua sfera morale - che si collocano nella dimensione del rapporto del soggetto con sé stesso - quanto quelle incidenti sul piano dinamico-relazionale della sua vita - che si muovono nell’ambito della relazione del soggetto con la realtà esterna, con tutto ciò che, in altri termini, costituisce altro da sé - Cfr, in questi termini, Cass. n. 20795/2018 cit. . La misura standard del risarcimento prevista dalla legge o dal criterio equitativo uniforme adottato dagli organi giudiziari di merito oggi secondo il sistema c.d. del punto variabile può essere poi aumentata, nella sua componente dinamico-relazionale, in presenza di conseguenze dannose del tutto anomale, eccezionali e del tutto peculiari, quali quelle ritenute sussistenti nel caso di specie Cass., 21/09/2017, n. 21939, Cass., 17/01/2018, n. 901, Cass., 27/03/2018, n. 7513 . 1.2.2. Deve, quindi, ritenersi che costituisca duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione del danno biologico - inteso, secondo la stessa definizione legislativa, come danno che esplica incidenza sulla vita quotidiana del soggetto e sulle sue attività dinamico relazionali - e del danno cd. esistenziale, appartenendo tali categorie o voci di danno alla stessa area protetta dalla norma costituzionale art. 32 Cost. nondimeno, una differente ed autonoma valutazione andrà compiuta con riferimento alla sofferenza interiore patita dal soggetto in conseguenza della lesione del suo diritto alla salute, peraltro oggi alla luce dalla nuova formulazione dell’art. 138 del c.d.a., alla lett. e . Conseguentemente, il danno biologico, rappresentato dall’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico relazionali della vita del danneggiato, è pregiudizio ontologicamente diverso dal cd. danno morale soggettivo, inteso come sofferenza interiore patita dal soggetto in conseguenza della lesione del suo diritto alla salute entrambi devono essere risarciti cfr, in terminis, Cass. 30/10/2018, n. 27482 . Sebbene il giudice debba provvedere ad una liquidazione unitaria di tale danno, allo stesso modo di ciò che avviene con riguardo al danno patrimoniale, dovrà essere riconosciuta al danneggiato una somma di danaro che tenga conto del pregiudizio complessivamente subito, tanto sotto l’aspetto della sofferenza interiore, quanto sotto quello dell’alterazione/modificazione peggiorativa della vita di relazione in ogni sua componente, senza ulteriori frammentazioni nominalistiche in questi termini, Cass. Cass., 20/04/2016, n. 7766 . 2. Alla luce del descritto panorama normativo e giurisprudenziale appare evidente l’omissione in cui è incorsa la Corte di merito. La Corte, infatti, nell’affermare che . il danno non patrimoniale va ben al di là del pregiudizio fisico psichico . il danno non patrimoniale deve quindi comprendere e con percentuale molto significativa anche i suddetti pregiudizi e non può essere liquidato, come giustamente rilevato dall’appellante principale, applicando rigidamente, sia pure nei valori massimi, tabelle formate essenzialmente sulla responsabilità civile legata alla circolazione stradale . fa riferimento a quelle conseguenze psichiche che sempre rientrano nell’ambito del danno biologico appunto danno fisio - psichico per stessa ammissione della Corte d’Appello e, pure, ne riconosce l’esigua determinazione da parte del giudice di primo grado e ne statuisce un incremento nella misura del 50% onde procedere a quello che ritiene il massimo ristoro possibile della lesione subita dalla ricorrente. Omette, tuttavia, in tale liquidazione, completamente la voce del danno morale inteso come sofferenza intrinseca ed ulteriore del danneggiato stricto sensu e che in modo inesatto il CTU denomina danno alla vita di relazione. In questo senso, è evidente che la personalizzazione del danno con l’aumento in misura del 50% non soddisfa i canoni risarcitori normativamente e giurisdizionalmente previsti, atteso che una voce, il danno morale, quale lesione intima, interiore, la sofferenza interna come componente indefettibile del danno non patrimoniale in determinate circostanze, peraltro particolarmente rilevante nel caso di specie, oggetto di domanda sia in primo che in secondo grado, è stata del tutto omessa nella motivazione non essendosi in alcun modo provveduto al riguardo. 3. Alla luce delle suesposte argomentazioni, la sentenza deve essere cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione, che dovrà attenersi ai principi sopra enunciati e, ferma la voce di danno biologico tout court, riconosciuto nella misura del 15% e congruamente incrementato dalla Corte d’appello nella misura del 50%, dovrà provvedere alla liquidazione di una autonoma voce di danno per il pregiudizio intrinseco, personale, connesso alla sofferenza interiore, valutato in considerazione anche della giovane età della danneggiata e della situazione familiare e personale della stessa ma non quantificato dal giudice di merito. La Corte d’appello provvederà altresì alla liquidazione delle spese relative al giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione, anche in ordine alle spese relative al giudizio di legittimità.