Estinzione del giudizio per rinuncia all’azione

La rinuncia all’azione preclude ogni attività giurisdizionale indipendentemente dall’accettazione dell’altra parte poiché ha l’efficacia di un rigetto nel merito della domanda, facendo venire meno l’interesse delle controparti alla prosecuzione del giudizio per ottenere una pronunzia negativa sull’azione proposta dall’attore .

Lo ribadisce la Cassazione con ordinanza n. 1386/20, depositata il 22 gennaio. I fatti. Il Tribunale accoglieva il ricorso proposto da un lavoratore per condannare la società datrice di lavoro delle differenze retributive maturate in ragione del diverso regime contrattuale applicato a seguito del cambio di società e alla regolarizzazione contributiva nei confronti dell’INPS. Nel giudizio d’appello, non risultando costituito il lavoratore, è stato depositato atto di rinuncia da parte delle società appellanti agli atti di cui al ricorso in appello, sulla scorta della transazione intervenuta con il lavoratore. La Corte d’Appello dichiarava estinto il giudizio nel rapporto tra le società e il lavoratore e confermava la decisione del Tribunale condannando le società a rifondere all’INPS le spese sostenute per il gravame. Avverso tale decisione, le società propongono ricorso per cassazione, sostenendo che, dopo la loro rinuncia nei confronti di tutte le parti, prima della loro costituzione, la sentenza impugnata doveva dichiarare estinto il giudizio senza pronuncia sulle spese, anche perché tale rinuncia è stata notificata a tutte le parti. La decisione. Sul punto, la Suprema Corte sottolinea che la rinuncia all’azione preclude ogni attività giurisdizionale indipendentemente dall’accettazione dell’altra parte poiché ha l’efficacia di un rigetto nel merito della domanda, facendo venire meno l’interesse delle controparti alla prosecuzione del giudizio per ottenere una pronunzia negativa sull’azione proposta dall’attore . Pertanto, l’Istituto non aveva interesse a costituirsi in giudizio, poiché il suo scopo era già stato raggiunto con la rinuncia delle due società. A ciò consegue l’accoglimento del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 19 dicembre 2019 – 22 gennaio 2020, n. 1386 Presidente Manna – Relatore Leo Rilevato che, con la sentenza n. 388 del 2012, resa in data 17.7.2012, il Tribunale di Livorno ha accolto il ricorso proposto da M.M. e, accertata la sussistenza del rapporto di lavoro di quest’ultimo alle dipendenze di RFI S.p.A., quale successore di Ferrovie dello Stato S.p.A. sino al 2000 e, successivamente, di Trenitalia S.p.A., ha condannato le due società al pagamento, in favore del dipendente, delle differenze retributive maturate in ragione del differente regime contrattuale applicabile, nonché alla regolarizzazione contributiva, nei confronti, dell’INPS che, nel giudizio di Appello, in data 19.11,.2013, non risultando costituiti nè il M. nè la Società cooperativa Portabagagli, è stato depositato atto di rinunzia, da parte delle due società appellanti, agli atti ed ai diritti di cui al ricorso in appello , sulla scorta della allegata transazione intervenuta con il lavoratore che, in conseguenza di ciò, le società appellanti hanno chiesto che venisse dichiarata l’estinzione del giudizio, ritenendo che quanto avvenuto in sede transattiva avesse posto fine alla lite e privato di interesse anche la coltivazione delle domande formulate nei confronti dell’INPS che, con sentenza pubblicata il 18.9.2014, la Corte di Appello di Firenze ha dichiarato estinto il giudizio di appello nel rapporto tra le società appellanti ed il M. e tra le prime e la Società cooperativa Portabagagli ha confermato la sentenza del Tribunale di Livorno con riguardo al rapporto tra le appellate e l’INPS ed ha condannato le società appellanti, in solido, a rifondere all’INPS le spese sostenute per la fase di gravame che avverso tale decisione la Trenitalia S.p.A. e la Rete Ferroviaria S.p.A. hanno proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo che l’INPS ha resistito con controricorso che il P.G. non ha formulato richieste. Considerato che, con il ricorso, si censura, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 306 c.p.c., in quanto la sentenza impugnata, di fronte alla rinuncia formulata da RFI S.p.A. e da Trenitalia S.p.A., nei confronti di tutte le parti, prima della loro costituzione doveva dichiarare estinto il giudizio senza pronuncia sulle spese e non decidere il merito e condannare le società rinuncianti alle spese , anche perché, come risulta dalle relate di notifica, la rinuncia è stata notificata ritualmente alle parti citate nel giudizio di appello prima che esse si fossero costituite in particolare all’INPS la rinuncia è stata notificata in data 6.11.2013 mentre la sua costituzione in giudizio si formalizzava con memoria depositata il 23.6.2014 che il motivo è fondato, essendo stata notificata la rinunzia di cui si tratta a tutte le parti in data 6.11.2013, prima della costituzione in giudizio delle stesse risulta per tabulas che l’INPS si è costituto con memoria depositata il 23.6.2014 peraltro, la rinunzia all’azione, a differenza della rinunzia agli atti del giudizio che, per essere operativa, deve essere accettata nei modi prescritti dalla legge, preclude ogni attività giurisdizionale indipendentemente dall’accettazione dell’altra parte perché, estinguendo l’azione stessa, ha l’efficacia di un rigetto nel merito della domanda, facendo venire meno l’interesse delle controparti alla prosecuzione del giudizio per ottenere una pronunzia negativa sull’azione proposta dall’attore cfr., tra le molte, Cass. n. 2268/1999 pertanto, poiché, ai sensi dell’art. 100 c.p.c., Per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse - in quanto l’interesse ad agire richiede non solo l’accertamento di una situazione giuridica, ma anche che la parte prospetti l’esigenza di ottenere un risultato giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice cfr. Cass. ord. n. 2051/2011 sent. n. 15355/2010 -, deve concludersi che l’Istituto non aveva interesse a costituirsi in giudizio, in quanto il suo scopo era stato già raggiunto con la rinunzia delle due società rinunzia che, peraltro, non necessitava dell’accettazione dell’INPS che, come innanzi osservato, al momento della notifica della stessa, non si era ancora costituito che, per le considerazioni svolte, il ricorso deve, dunque, essere accolto e la sentenza impugnata cassata nella parte in cui ha disposto la condanna delle due società a rifondere all’Istituto le spese della fase di gravame che, decidendo nel merito, sussistendo i presupposti di cui all’art. 384 c.p.c., va disposta la compensazione delle spese del giudizio di appello, in considerazione del fatto che la sentenza del Tribunale di Livorno è rimasta ferma con riguardo al rapporto tra le società e l’INPS che, dato l’esito della controversia, possono essere compensate anche le spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata in parte qua e, decidendo nel merito, compensa le spese del giudizio di appello e del giudizio di legittimità.